Se ne scappa anche l’Etna che fa scappare: fermatela, era il solo punto fermo che avevamo.

Scoprire che scivola verso il mare l’unico punto fermo che abbiamo nell’isola più instabile del mondo, sapere che scappa anche l’Etna che fa scappare, accettare quest’estrema, umiliante emigrazione della Montagna che cammina è per i siciliani etnei lo spaesamento finale, come perdere la patria. Tutto infatti si può permettere all’Etna, ma non che se vada. Ci sottomettiamo alla sua polvere nera, a incendi, terremoti, cambiamenti di orografia e di paesaggi. Chi è cresciuto alle sue pendici sa anche che gli spasmi  dei titani plasmano il carattere dell’ uomo instabile, privato di futuro, e gli fanno amare l’ ozio, il demonio del sole e dell’ aggressività biochimica. Però già Tocqueville, segnalando il paradosso del disastro buono, attribuiva all’Etna la cultura irrigua della Sicilia orientale contrapposta a quella secca occidentale. L’Etna dei diavoli e della ginestra che si nutre di fuoco, del cane-dio egizio e di tutte le leggende, l’Etna delle donne, regine-ricamatrici, sante-streghe, artiste-ribelli, l’Etna maschio ma montagna generatrice, creca reddito, inventa coltivazioni, doma la terra forte. E’  Proserpina ed è “il Vulcano che pensa”  (è il titolo del libro di Andrea Cerra, historica editore), il dio sciancato e cornuto di artigiani e fabbri, scalpellini e minatori. E’ la catastrofe come resurrezione, il solo distruttore che è anche costruttore: l’ architettura lavica è tra le più belle del mondo in bianco e nero, che sono i colori della vita senza sfumature : neve e lava, il bianco del cielo di scirocco e il nero del vino, il bianco del latte di mandorla, il bianco e nero della granita di caffè con panna, la ricotta e la seppia, le case e le chiese, gli occhi e i capelli, i veli e le lenzuola ai balconi: eccessi del genius loci con quel centro di gravità permanente che Battiato ha poi trovato lì dove è nato, nell’unica montagna al mondo che neppure la fede e la scienza possono spostare. Perciò fermate l’Etna!, per favore. Ma senza diavolerie e senza e i veli di Sant’Agata che mai l’hanno spento. Semplicemente parlandogli e convincendolo a restare dov’è.

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