In difesa di Cottarelli, calunniato (dai giornalisti di regime) perché è bravo

Ce l’ hanno con lei perché spiega l’economia e le pensioni come  Alberto Angela spiega Pompei e la Sistina? Come si addice al servizio pubblico lei,  in campo economico,  è chiaro, convincente, autorevole, con un curriculum internazionale molto speciale, e senza appartenenze politiche.  Davvero sembra il manifesto del servizio pubblico. Invece  i suoi nemici per ‘servizio pubblico’ intendono ‘servizio governativo’ e dunque la accusano di non fare propaganda al governo. E spacciano per cambiamento questo vecchissimo servilismo dell’informazione.

“Per età sono più Piero che Alberto Angela.  Ma anch’io credo che  ce l’abbiano con me per partito preso.  Si capisce dal fatto  che mi rimproverano di andare in televisione proprio ora che ci sto andando molto meno di prima. Aggiungo, sorridendo, che mi chiamano professore forse perché, nei paradossi di quest’Italia, professore è diventato un insulto. Ma io vorrei dire,  una volta per tutte, che non sono un professore. Ho tenuto un corso alla Cattolica e sono stato visiting professor,  ma  non ho mai vinto un concorso per diventare professore.  Ho la laurea e dunque sono dottore. E infatti “dottor Cottarelli” mi hanno sempre chiamato.   Ora penso però, e lo dico con allegria, che gli stessi che mi rimproverano di andare in tv mi promuovono professore perché vado in tv”.

 Un tempo, le teorie strampalate gridate nei talk show ci sembravano folclore. Oggi gli svillaneggiatori televisivi sono forze di governo. E riempiono le tv di finti esperti.

“Io non capisco bene quali siano le logiche della tv. Personalmente sono per una Rai privata, lasciando pubblico solo un canale.  Gli equilibri della tv pubblica non mi riguardano e non ne tengo conto. Dico quel che penso, e basta. E dirigo l’Osservatorio sui conti pubblici, che ha nella ragion critica il suo metodo naturale quale che sia il governo  in carica”.

Hanno scritto che lei, “trombato”,  si ricicla come critico in tv

“Quella del ‘trombato’ è stata la falsità al tempo stesso più insostenibile e più cattiva. Io sono stato davvero molto felice quando il presidente Mattarella mi ha ‘liberato’ annunciandomi che l’Italia avrebbe avuto un governo politico e che dunque non c’era più bisogno del governo elettorale  che stavo cercando di formare. Credo che tutti gli italiani si siano accorti che ero contento, sinceramente e profondamente contento”

Lei è il solo tecnico allegro nel lungo elenco italiano dei tecnici “prestati” alla politica, da Dini sino a Monti. Non ha l’aria millenaristica, anche quando dice cose preoccupate. Forse è per questo che i populisti la temono, perché ostenta qualcosa di easy e di friendly e dunque li sfida sul loro stesso campo. E si è concesso pure qualche demagogia, come lo zainetto,  la ricevuta del taxi … Infine ha l’aspetto dinoccolato, verticale, un po’ montanelliano. Quanto è alto?

“Sono 1,76. Montanelli era molto più alto di me, in tutti i sensi. Era geniale. Ho letto tutti suoi libri. Anche quelli che ha scritto con Gervaso”.

Che cosa sta leggendo adesso?

“Nial Fergusson ,’ La Piazza e la Torre’, dove la piazza è la Rete e la torre è la gerarchia. Fergusson sostiene, citando Churchill, che tutto è già nel passato e che non ci sono, nel populismo, categorie nuove.”

Neppure le fake news, che sarebbero in fondo come le vecchie calunnie. A lei per esempio  rimproverano i compensi che non prende: 6500 euro a puntata.

“L’ho detto e ridetto, l’ho scritto, ma non c’è niente da fare: continuano a calunniare. Io non prendo compensi per partecipare alla trasmissine di Fabio Fazio.  Li prende, e non dalla Rai, l’Università Cattolica e li utilizza per finanziare borse di studio per giovani ricercatori. Dunque il contratto che riguarda la mia partecipazione  a “Che tempo che fa” è stato stipulato dalla  società di produzione  del programma di Fazio  e dall’Università Cattolica. La Rai aveva già comprato quel programma per una cifra che è rimasta uguale. La mia presenza non l’ha cambiata e perciò non incide sui costi della Rai. Alla fine io non intasco nulla di nulla.  Sarebbe facile da capire se non ci fosse, appunto, un partito preso. E guardi che anche l’Osservatorio della Cattolica non mi paga: lo dirigo gratis. Mi spiace dirlo, ma visto che mi mettono le mani in tasca aggiungo che i proventi dei miei libri, due italiani e uno americano, sono destinato all’Unicef.”

L e rimproverano di essere andato in pensione a soli 59 anni.

“Nel novembre 2013 il governo Letta mi chiamò a fare il commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica. Accettai e mi dimisi perché  se avessi usufruito dell’aspettativa avrei  alimentato un conflitto di interessi. Avevo maturato una posizione di carriera e, in base alla regole del Fondo monetario, che non  ho certo inventato io, la possibilità di andare in pensione, anche se si trattava di una pensione ovviamente ridotta. Dunque mi sono messo in pensione e sono partito per l’Italia”.

Chi paga la sua pensione?

“Ovviamente  viene erogata dal Fondo monetario internazionale e non dall’ Inps. Anche se pago le tasse in Italia. E verso al fisco italiano molto di  più di quanto pagherei negli Stati Uniti dove ho  vissuto per trent’anni”.

Quanto prende di pensione?

“E’ in dollari e dipende dal cambio. All’incirca è di 140mila euro l’anno.  Io dissi al Fondo monetario che, per motivi di immagine, sarebbe stato meglio che le pensioni fossero meno alte. Mi risposero che non c’erano ragioni economiche per  abbassarle perché i contributi versati erano messi a profitto.  Insomma, a differenza dell’Inps,  il fondo pensioni del Fondo monetario è in attivo, con un capitale di 11 /12 miliardi, perché i contributi vengono investiti”.

Sua moglie, la compagna di tutta la sua vita, è un’economista, Miria Pigato. E avete due figli, Nicolò ed Elisa, laureati in Economia negli Stati Uniti. Non è monotona una famiglia di soli economisti?

“Se la guarda come una casa di ragionieri, sì. No, se ci conosce. Ma non mi piace parlare della mia famiglia. Non è un tema da intervista”

Glielo chiedo perché tutte queste competenze accumulate, – Banca mondiale, grandi università, incarichi in Africa, in Inghilterra … –  invece di  dare forza e prestigio al suo nome e al pensiero, lo rendono oltremodo ‘sospetto’  nell’Italia populista dell’uno vale uno.

“Ma no, alla fine si capirà che il mio Osservatorio  è nato per fare trasparenza, per cercare di spiegare le cose. Noi tecnici serviamo a dare valore aggiunto e non a fare scelte che spettano alla politica. Non c’è niente di più politico delle decisioni  sui conti pubblici.  Il nostro compito è dare suggerimenti critici, la politica poi decide”.

Oggi Le Monde titolava: “Bruxelles ha paura del confronto con l’Italia”.

“Perché il ‘rischio Italia’ è ‘rischio Europa’. Io non credo che ci saranno sanzioni contro l’Italia né penso che l’Italia chiederà l’aiuto delle istituzioni europee come fece la Grecia. Tutto dipenderà dai mercati, dagli investitori.  Ma non penso che ci sia già in vista un vera crisi. Certo, qualora dovesse arrivare …”

C’è una vicenda nella storia milanese alla quale assistette Alessandro Manzoni che ne trasse ispirazione per raccontare il famoso assalto ai forni. E’ il linciaggio del  ministro Prina. Nell’aprile del 1814 fu aggredito in piazza San Fedele e, in nome del popolo sovrano e con la complicità del ‘Corriere milanese’, fu straziato e ucciso dalla folla. Era considerato un genio della finanza, un uomo profondamente onesto, un tecnico senza appartenenza come ricorda Silvano Nigro nel libro che gli ha appena dedicato, con il bellissimo titolo “La funesta docilità” (Sellerio). L’Italia non è a questo punto, ma …

“… ma non tutto quel che è accaduto è destinato a ritornare, a ripetersi. Anche se forse è passato troppo tempo da quando abbiamo letto e studiato i Promessi sposi e dunque tutti,  e io per primo, non ce ne ricordiamo .”

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>