SIAMO IN GUERRA, HA RAGIONE HOLLANDE, PERCHE’ PARIGI E’ LA MADRE DELLE NOSTRE PATRIE

“Siamo in guerra”, ha ragione Hollande, perché hanno osato violentare non la nostra Fede e il nostro Dio, che vale quanto il loro, ma la patria dove il loro Dio ha gli stessi diritti del nostro. “Siamo in guerra”, ha ragione Hollande, non perché aggrediscono la Croce, ma perché hanno sparato sulla Marsigliese che ha rifatto il mondo a nostra immagine e somiglianza e che, cantata dai tifosi in fuga, ha restituito l’ onore persino allo stadio, uno dei luoghi più degradati della Terra. Siamo in guerra perché Parigi per noi è più patria di New York e la Torre Eiffel non ha una gemella. Siamo in guerra perché “siamo la patria dei diritti umani” ha detto ieri un Hollande trasfigurato in Mitterrand e in De Gaulle, un omino diventato omone nella solennità di un Parlamento che è tornato quello di Victor Hugo.
Siamo in guerra perché hanno colpito la madrina della modernità, la patria dove sui muri delle aule scolastiche non ci sono i crocifissi e non per cedimento a quella che gli islamofobi chiamano Eurabia, ma perché dall’ amplesso di lex e crux nascono sempre mostriciattoli ridicoli. Eppure, anche per la maggioranza dei francesi, il crocifisso è un simbolo inseparabile dai loro pensieri e dai loro più profondi sentimenti, anche per loro Cristo è il profilo antropologico dell’ Occidente, anche a loro piacciono, come a noi, la sua barba e i suoi capelli. Tutti noi europei abbiamo introiettato i suoi occhi e le sue mani e ciascuno di noi, non importa se ateo o credente, è come una sindone: si porta dentro l’impronta della faccia di Cristo. Ma in Francia la religione non è (più) un randello di Stato. E’ un ramoscello. E neppure i vescovi coltivano quei sogni revanscisti che i terroristi ora vorrebbero risvegliare.
Il Terrore, che pure in Francia è nato con il famoso Comitato di Salute Pubblica e con la ghigliottina di Robespierre, in Francia è stato definitivamente sopraffatto proprio dalla felicità laica dei diritti. E anche grazie alla vittoria sul Terrore, la Francia fu la prima patria-madrina dei neri che si affrancarono dalla catene dello schiavismo. Fu francese la lingua degli schiavi liberati, sono francesi i primi neri in marsina nei quadri dell’orgoglio repubblicano, e divenne un amatissimo eroe francese quel Toussaint Louverture, ex schiavo di Santo Domingo, celebrato dalla chitarra di Carlos Santana.
Persino Hitler, a suo modo, risparmiò Parigi e limitò la sua ferocia che solo lì gli procurava qualche vergogna. E infatti in questa capitale del mondo che non è una città ma mille atmosfere, una giostra delle meraviglie, anche l’occupazione da assedio divenne amplesso. Le consuete atrocità furono commesse di nascosto, con il carbone nelle stufe dei caffè, lo champagne sui tavoli e quell’amore tra il comandante delle truppe tedesche e Coco Chanel che ancora lo aspettava all’uscita del carcere di Norimberga.
Certo, dobbiamo abituarci e ci abitueremo a convivere anche con questo terrorismo che ci procurerà altri lutti terribili. Ci abitueremo, senza mai assuefarci, agli attacchi di questi predatori, che nelle banlieues da dove vengono sono i pochi che non ce l’hanno fatta. Non bisogna infatti credere che le banlieues siano popolate di terroristi. Queste periferie, vere e proprie città anche se piccole, non sono soltanto i luoghi di non- diritto con i palazzoni tutti uguali e tuttavia diversi dove sembra sparito l’Occidente e dove si perderebbero anche Arianna e Teseo. La civiltà francese – andate a vedere – lì ha costruito anche parchi e giardini, panchine e fontane e, nel centro di La Courneuve, la città della famosa racaille, della feccia, il boulevard è uguale a quello dei tanti quartieri multietnici di Parigi, con i supermercati, le lavanderie, la piazza, il municipio, la chiesa, il grande bar e i bistrot … Nella banlieue c’è sempre una maggioranza operosa di piccoli commercianti, tassisti, impiegati, fruttivendoli, droghieri e operai. E sono mussulmani, islamici, come i tanti medici, professori, giornalisti e avvocati che ce l’hanno fatta. Parigi è una delle città d’Europa dove l’ integrazione è più riuscita. E i terroristi sono solo gli scarti di questa integrazione, gli sbandati, gli sfigati che si farebbero reclutare da qualsiasi commando di morte pur di sfogare il loro mal di vivere, la loro disperazione.
Dunque ci abitueremo a loro come ci si abitua ai terremoti che arrivano imprevisti e imprevedibili. Altri uccellacci si avventeranno sugli uccellini, sui nostri figli che sono già tornati nei teatri e nei caffè che sono le vere piazze di Parigi, i suoi mondi più aperti e più simbolici. Sparare alla gente dei caffè di Parigi è come sparare contro le bancarelle del Lungosenna. Ogni strada, ogni angolo dove si è sparato, è un nostro quadro mentale, e l’XI arrondissement non è solo la Bastiglia e la rivoluzione, è anche il quartiere dove abita Maigret. E la rue de la Roquette è la strada dei ristoranti arabi… Non c’è un solo angolo della vecchia Parigi che non definisca la nostra identità, perché Parigi è il nostro vincolo di europei, e ci vogliamo tutti bene in mezzo alle folle di questa città grigia, sotto i cieli leggeri dei suoi autunni .
Dunque hanno colpito, chissà quanto consapevolmente, tutti i nostri quadri mentali: il concerto rock, lo stadio, i caffè, i ragazzi e le ragazze che a Parigi si divertono più che altrove perché la libertà è contagiosa. E ,anche quelli che non lo sanno, si muovono tutti tra Voltaire e Prevert, tra Rousseau e Proust nella patria della ragione e del sentimento, e ogni bacio che si scambiano è un bacio di Doisneau… Parigi deve sembrare un incubo all’islamismo fanatico dell’Isis. Se quello alla torri gemelle fu l’eccidio dei nostri fratelli bianchi, neri, ispanici e arabi, una dichiarazione di guerra non solo al simbolo architettonico ma al cuore fisico dell’occidente, quello verticale, quello della tecnica che corre in cielo, quello della democrazia, l’attacco a Parigi è un attacco alla storia della nostra civiltà che è impastata con le ragioni dell’altro, all’idea di Stato nazionale, alla vera Rivoluzione, a Napoleone e all’ illuminismo, ai treni in orario, alle Poste che tutto il mondo invidia, alla erre moscia, ai parfums e alle gran donne, vere femmes fatales, non come la Concetta Cafiso dell’Aria del Continente che solo quando si fingeva ballerina di cancan a Parigi diventava Milla Milord l’irresistibile.. E poi alla grande letteratura che ci ha formato tutti. Ma anche alla pietas laica. E al pacifismo persino, quello di Boris Vian che scrisse al presidente_:”Il faut que je vous dise/ Ma décision est prise /je m’en vais déserter “. E De Gaulle gli rispose: “Se siamo un Paese libero lo dobbiamo agli uomini che non disertarono, che non si posero la questione di sapere se la guerra può mai essere giusta oppure no”.

8 thoughts on “SIAMO IN GUERRA, HA RAGIONE HOLLANDE, PERCHE’ PARIGI E’ LA MADRE DELLE NOSTRE PATRIE

  1. giacomo

    penso che su SIRIA, LIBIA ed altri, il presidente francese, e quello di prima , dovrebbero anche raccontarci perchè la guerra l’hanno scatenata loro. E laggiù i morti sono decine di migliaia, se non centinaia.

  2. Francesco

    Siamo in guerra perché chi, avvicinandosi alla terza età, ha voglia di emozioni forti, senza capire che questa guerra ha un nemico invisibile e che il novecento è finito da un pezzo. Sante’

  3. Bruno Venturi

    Grazie Merlo, lo condivido in pieno. Chi conosce a fondo la Francia , e Parigi, sa che è così. Purtroppo poi parla anche chi non conosce e non sa. E anche per questo la ringrazio, per il fatto di permettere a chiunque di scrivere a commento dei suoi scritti quelle che in francese si chiamano ‘bêtises’, dettate più che altro dall’odio di cui sopra

  4. angelo libranti

    La Francia è anche quella nazione che ha scatenato la guerra gratuita alla Libia e accolto e coccolato molti terroristi dei famosi “anni di piombo”.
    L’articolo è condivisibile ma vale il detto: chi sputa in cielo….con quel che segue.

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