La banana, spina dorsale della dignità IL POTASSIO EVERSIVO

È potassio eversivo la banana antirazzista. Rimanda alla posizione eretta della dignità perché è curva come la colonna vertebrale e come la verità secondo Nietzsche. La banana di Dani Alves disarma il razzismo più dei discorsi di Abramo Lincoln ed è magnifica la decisione di farne il simbolo dei mondiali che il 12 giugno si apriranno a San Paolo. Il morso di quel calciatore mulatto di trent’anni, che raccatta da terra e mangia il frutto della vergogna vigliacca e impunita perché protetta e nascosta dalla folla, ha infatti il ritmo della samba allegra di Josephine Baker che mostrava al mondo quant’era era bella la scimmia esotica e nera coprendo e scoprendo con un tutù di banane il corpo più desiderato della Terra. Ecco perché in un solo giorno è stato più efficace del film ‘Dodici anni schiavo’ l’ imprevisto spettacolo della banana in calcio d’angolo che la velocità e la spontaneità del web hanno reso più popolare dei Papi santificati dai Papi.
Probabilmente Alves non sa che lì dentro, in quel gesto veloce e denso che passerà alla storia come il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos, c’è il riassunto di due secoli di Ironia: dall’uso degli sberleffi contro il potere di Goldoni alla sapienza di Chaplin che mostrava al mondo spaventato quant’era ridicolo Hitler, da “Banana Boat Song” di Harry Belafonte, il canto dei lavoratori giamaicani ( “Come, Mister Tally Man, / tally me banana, vieni, signor padrone / a contare le mie banane”) sino alla riserva di umorismo proletario e alla potenza della satira del nostro Altan che, già prima di Dani Alves, aveva dimostrato che la banana è di sinistra (ma il banana è di destra)
C’è pure, nella sapienza naturale di Alves, un’intera enciclopedia della provocazione, la stessa riassunta dalla banana colta e colorata di Andy Warhol sulla copertina delle canzoni più esplosive di Lou Reed, quelle dell’eroina e dei lacci emostatici, “I am waiting for my man / 26 dollars in my hand”, con il bianco che trova appunto il suo angelo nero nel ghetto di Harlem. E c’è, ancora, un trattato di tolleranza nel rito semplice dei capocomici e dei commedianti che in tutte le epoche disinnescano l’odio e la maleducazione del pubblico raccogliendo gli ortaggi e la frutta sino all’atto estremo di gustare appunto la banana dell’offesa, trasformata nel suo contrario come in quel manifesto commissionato contro il bullismo ad Oliviero Toscani: la foto di una banana con la didascalia “uomo” e poi la foto di un pisello con la didascalia “bullo”.
Questa banana che ha seppellito il razzismo è infine politica, perché affianca l’antologia della risata alla fenomenologia dello spirito della libertà. Ed è bello dedicarla non solo a Balotelli ma soprattutto alla nostra ex ministra, la signora Kyenge, che a Cantù fu accolta dai razzisti della Lega a ‘bananate’, e purtroppo a nessuno degli indignati d’Italia venne in mente di mangiarne una come Gargantua e Pantagruele mangiarono il Mondo. Del resto anche nella Mosca ferrigna della Unione Sovietica la banana era il Mondo, una specie di Macondo, il sapore morbido e tuttavia croccante della fuga perché era l’unico frutto straniero che il regime riusciva ad importare grazie all’ asse con la Cuba che dagli anticomunisti veniva assimilata, con un cortocircuito ideologico, alle famigerate dittature filo statunitensi del Centro America: Panama, Nicaragua , Honduras… A riprova che la risata è una declinazione della libertà queste repubbliche delle banane ispirarono uno dei primi e più felici film di Woody Allen (‘Il dittatore dello stato libero di Bananas’). E la repubblica delle banane è pure l’insulto che periodicamente ci lanciano i giornali straneri, la metafora che accompagna tutte le gaffe di Berlusconi, detto appunto “il banana”.
Una meraviglia di partita è stata dunque quella di domenica tra il Barcellona e il Villa Real, una vera festa di liberazione perché per la prima volta un gesto abbagliante come un fulmine ci ha affrancato dall’ ipocrita venerazione dell’invincibilità dello stadio. La banana di Alves ha finalmente trasformato in intelligenza critica il nostro oscuro e preoccupato biasimo del razzismo gridato dalle curve dove gli ultras ricoverano i loro problemi pesanti e i loro feroci conti aperti con il mondo. Non infatti le leggi speciali, gli elicotteri che fanno vento ed emettono fasci di luce rossa, le prediche ideologiche e l’esibizione della forza non usata, ma l’ironia spavalda della vecchia banana ha smontato l’anomia dello stadio, la dimensione del fuorilegge, del luogo extraterritoriale dell’impunità che nel mondo è forse più antica delle corna dell’arbitro ma non del razzismo.

6 thoughts on “La banana, spina dorsale della dignità IL POTASSIO EVERSIVO

  1. Flavius Impestatus

    Caro Merlo,
    speravo che almeno Lei scrivesse due parole sulla schifosa dichiarazione post- banana di Alves “Sono in Spagna da 11 anni, non è cambiato nulla. Non ci rimane che ridere di questi ritardati mentali”.

    Come è possibile che tutti s’indignino per il lancio della banana e nessuno zittisca il calciatore che si permette di ridere dei ritardati mentali? Ma dove viviamo? Dove sta la coerenza? Un cretino lancia una banana e finisce in prigione. Un altro sbeffeggia delle persone con gravissimi problemi e viene innalzato ad eroe da milioni di pecoroni. Dove sta la giustizia, la dignitá delle persone?

    Manca il coraggio di andare contro, manca la pecora nera che sappia distinguersi dal gregge.

    Ci pensi, caro Merlo, scriva due righe, faccia andare di traverso la banana al calciatore.

    1. Enzo F.

      Caro Flavius,
      Merlo è un giornalista di regime. Cosa ti aspetti?
      E’ un modaiolo e non scriverà mai nulla che vada contro al pensiero unico.

  2. Frederick

    Miei cari commentatori,
    penso che F. Merlo non si sia voluto disturbare a scrivere due righe sulla “schifosa dichiarazione post- banana di Alves”
    e nulla in generale che scontenti il regime o il pensiero unico, perché il pulpito da cui parte la vostra predica è cosa vecchia e conosciuta. Di fatto voi siete parte integrante del sistema, come tutti noi, pur pensando erroneamente di essere originali. Diversamente vi sareste scandalizzati prima di tutto, per il destino crudele di quella povera banana, strappata dal suo albero, sopravvissuta in un frigo per migliaia di km, venduta come squallida merce alla tratta dell’ortofrutta, per poi essere acquistata da un imbelle travestito da tifoso che la lancia vigliaccamente contro un ricco calciatore, che con tutti i miliardi che ha, non si fa pregare due volte di fronte a cotanta fortuna, e se la mangia con gusto e a spregio delle intenzioni del gesto. A quella povera banana negli ultimi secondi della sua triste vita, prima che gli acidi gastrici l’abbiano vinta su di lei, le vostre ciniche parole risuoneranno come l’ultima beffa. Pensateci la prossima volta, prima di lanciarne un’altra, o al massimo, lanciatevi in campo vestiti da banane. Avrete successo, perché non credo che lo stomaco di Dani Alves sia attrezzato fino a questo punto.

    1. Flavius Impestatus

      Se tu avessi un ritardato mentale fra i tuoi amici/familiari/compgni di scuola, certe cose (per non dire stronzate) non le scriveresti.
      Volevo solo sottolineare che, a fronte del gesto del lancio della banana (schifoso, merdoso quanto vuoi), nessuno ha speso due righe per stigmatizzare la risposta schifosa e merdosa di Dani Alves.
      A casa mia la merda rimane merda.
      A casa tua, probabilmente, c’è merda e merda.
      Saluti (merdosi)

      ps
      Mi perdoni, caro Merlo, il linguaggio ma certe persone meritano questo e altro.

  3. Frederick

    Non ho ritardati mentali fra i miei amici/familiari. Come potrei? C’è stata certamente qualche convivenza forzata, in percentuale ce ne è sempre qualcuno tra i compagni di scuola, in un ufficio, ma non si poteva di certo diventare amici, ma nemmeno nemici. Per intenderci allora, il ritardato non è colui a cui erroneamente viene affibbiato come stigma un ritardo biologico su una prestazione intellettuale, (ritardo poi su cosa, o su chi? saremmo allora tutti in varie misure dei ritardati) ma i veri ritardati sono appunto quelli che da sempre si mettono di traverso rispetto a ogni progresso, a ogni conquista culturale dell’umanità. Il ritardo ha preso storicamente vari nomi, forme ed espressioni: razzista, fondamentalista di tutte le religioni, fascista, nazista, e via dicendo. Ha un’accezione negativa, ma mai al suo nascere. Lo diventa poi nel tempo, quando il danno è già stato fatto. Generalmente il ritardo è frutto e conseguenza del risentimento umano, anche se il portatore del ritardo è incallito millantatore del suo contrario, cioè di un sentimento di superiorità. Insomma trattasi di un vero ritardo o assenza completa della comprensione, di tipo semidoloso, che per la più parte dei casi, non avrà mai il tempo di essere colmato, e tale rimarrà a vita.
    A casa mia invece c’è merda e merda, dipende da cosa mangi. Se metaforicamente mangi merda, se il tuo cervello mangia altra merda, l’effetto mefitico, è esponenziale. Chi si sforza di mangiar sano, pulito, limita al minimo gli effetti indesiderati dell’evacuazione. Non dimentichiamoci poi che la tanta vituperata merda, è catalizzatrice di vita, se non di bellezza: “dal letame nascono i fior”.
    In conclusione, in via eccezionale, potrei offrirti la mia amicizia, trasformando la banana in un boomerang, rimandandola al mittente. Ma, ahimè, per far fede fino all’ultimo alla tua patente, non avrai di certo l’intelligenza di raccoglierla.

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