LAVITOLA E TARANTINI / Berlusconi appeso all’ albero della truffa

Al marito raccomanda di non riferire niente alla moglie: <Non devi fare che tutte le cose che io ti dico, tu gliele vai a dire a Nicla>. E alla moglie: <Non è possibile che quello che io dico a te tu lo dici a lui>. Della moglie di Tarantini, Lavitola è anche l’amante e, sfogandosi con il marito, sembra quasi che lo rivendichi: <Io mi sono legato troppo a tua moglie, a te e compagnia cantante>. Al punto che gli chiede aiuto per renderla meno petulante: <Non dirgli tutti i cazzi, perché quella si fa pigliare dalle crisi isteriche e mi fa una capoccia così>. Come triangolo è inedito, una sorta di aggiornamento dei ‘Mostri’ di Dino Risi al capitolo ‘adulterio’, l’applicazione moderna della sentenza popolare che <i denti quando spuntano fanno male,  ma poi ci mangi>.

Ma anche la truffa classica subisce qui un’evoluzione. Non solo Lavitola deruba entrambi, marito e moglie, della gran parte dei soldi (400 mila euro su 500) che quelli a loro volta avevano estorto a Berlusconi ma costringe i truffati a ringraziarlo d’essere stati truffati. Lavitola truffa anche la truffa.

Quando Tarantini dunque scopre di essere stato raggirato,  evoca Lele Mora che ha <avuto 4 milioni di euro, 4 milioni !> ma <Emilio Fede, a tromba, l’ha truffato>. Perciò adesso si ritrova  peggio di Mora che <fa schifo a Berlusconi>. Lavitola , come i magliari della borsa nera, non nega: ammette di avere trattenuto il danaro, ma non per sé. E si indigna persino: <Dovessimo fare che alla fine, dopo tutti i casini che faccio, sembra pure che mi dovessi fottere i soldi io?>. No, è per il loro futuro che ha messo da parte il bottino:< Stanno in un conto chiuso in Uruguay>. Glieli  tiene lì <per l’emergenza> . E non gli dà neppure il numero del conto e il nome della banca: <E se ti arrestano con il bigliettino in tasca?>.  Esibisce una sovrabbondanza di sentimenti: <Tu sei il mio fratello più piccolino>. E lo chiama <amore mio> e <fratellino mio>.

Ecco: <Più merda c’è e meglio è>, dice Lavitola che al contrario di Lutero sguazza nello sterco del diavolo. E lì che lavora,  in quella roba con la quale tutti noi abbiamo dei problemi, è il suo habitat. Ed è la frase che meglio riassume il dramma dell’Italia,  sommersa dall’immondizia che  non riesce a smaltire perché ci sono gli animali, le pantegane e  i topi che se ne beano, i mafiosi e i camorristi che ci speculano e i Lavitola che la trasformano in  plusvalenze finanziarie e in rapporti industriali con le aziende di Finmeccanica, con l’Augusta, la Selex, la Telespazio, e con la Rai. E’ al contatto con questo suo elemento che Lavitola diventa  più vivo e più forte.

Così quando Tarantini scopre la truffa, è Lavitola che lo rimprovera e gli fa pure la morale. Gli rinfaccia di condurre  una vita <esagerata>, di frequentare  il lussuoso ristorante ‘Assunta madre’<ingioiellato ed elegante> , di comprare alla moglie <la borsa di Cartier> . E dice di averne parlato anche con Berlusconi, il quale gli avrebbe detto che  <Tarantini consuma come una Ferrari>.  Tarantini  piagnucola, ma Lavitola è spietato: <E cosa gli devo dire, che tu consumi come una ‘500’? >. E ancora: <Vuoi sapere la mia, tu i cinquecentomila euro  te li spendevi in sei mesi>.  E Tarantini diventa sempre più malinconico: <Tu sai che sto con le pezze al culo>. E di nuovo ricorre alla moglie : <Devo comprare la macchina a Nicla>. Prova pure a commuoverlo: <Mia madre va girando a Bari con il cappellino per non farsi vedere per strada>. Ma l’altro è implacabile: < Mi hai iniziato a dire che ci stanno da dare 15000 euro al salumiere, me lo hai detto mò, un minuto fa>. E mentre Tarantini se ne esce con un comicissimo <no!> noi pensiamo al salumiere di Dickens, quello della voluttà animalesca in vetrina, dell’affettato d’oro, e chissà cosa mangiavano e bevevano i Tarantini con Lavitola, e quanti brindisi augurali di compiacimento reciproco, anzi ‘tre-ciproco’.

Il lungo colloquio telefonico tra l’umiliato Tarantini e il bieco Lavitola  – leggetene l’intera trascrizione, perché ne vale la pena – è il capitolo più sapido di questa sozzeria imperiale dove anche il crimine diventa un dettaglio che galleggia sulla fanghiglia, morale  politica e sessuale.

Tarantini e Lavitola sono uniti dalla truffa. È il loro codice e la loro pulsione. Perciò la loro è una partita aperta anche se non rimanda al fascino letterario del crimine ma alla grassa comicità della truffa sguaiata.  Si tratta tuttavia di un riso che si spegne subito perché sullo sfondo  c’è Berlusconi  nel ruolo del vecchio ricattato e rapinato. Nella vetrina dickensiana del salumiere di Tarantini-Lavitola,  Berlusconi ha il ruolo della porchetta con la mela in bocca. Lavitola lo chiama <quello là>,  dice <lo teniamo sulla corda> e anche  <è uscito di testa>… Ma poi glielo passano al telefono e allora le escort di Tarantini cessano di essere  <puttane> , <baldracche> e <troie>.  E la pietas viene fuori come per paradosso quando Lavitola dice al dottore: <Io sinceramente non credo che ci sia una donna al mondo che se lei le telefona e le dice ‘vieni qua a farmi una pompa’, quella non viene correndo>. E va bene che siamo vaccinati e conosciamo la forza dell’adulazione sperticata del servo infedele. Ma Berlusconi che cede a Lavitola che gli solletica il punto debole, lo ricatta, lo truffa e lo spolpa, è uno spettacolo tristissimo.

E rimane misterioso l’origine del ruolo di Lavitola che  egli stesso definisce <tra virgolette, di assistenza>.  Perché lo stipendio che Berlusconi versa a Tarantini deve passare per Lavitola?  <Io gli ho detto che a te ti do 8.000 euro al mese, mentre invece te ne do 14, più tutti gli extra … fitto già pagato, più l’avvocato, più quello, più le emergenze che tieni. ‘Tu sei impazzito’ mi ha detto lui>. E anche i cinquecentomila  <perché credi che te li ha dati? Perché io gli ho fatto due palle come una mongolfiera>.

Un punto di alta comicità Lavitola lo raggiunge quando difende, sino al non senso, l’esclusività del rapporto con Berlusconi,  con la sua segretaria e con il suo portafoglio. E bisogna dire che in tutti i settori,  del lavoro e del sapere italiani, ci sono i territori di caccia riservata. L’Italia è costruita così, nelle università per esempio dove l’antichista e il manzoniano non consentono intrusioni; nelle professioni, nel sindacato, nella critica d’arte,persino nei parcheggi urbani. Chi individua una risorsa non è disposto a condividerla con nessuno perché attraverso il monopolio di quella miniera stabilisce prezzi, valori e gestisce potere. Ebbene è così anche nella truffa.

Lavitola è il  WistonWolf  di Berlsuconi, quel personaggio di Tarantino che  si presentava così: <Risolvo problemi>. E si sa che ha guidato la macchina del fango che ha travolto Fini. Ed è il  collega rivale di Bisignani che infatti riempie di contumelie:  <fetente, stronzo, pezzo di merda, una mezza figura, una testa di legno, uno che ha paralato con i giudici, e questa  – dice a Tarantini – è la stronzata che hai fatto anche tu. Quando uno va dai magistrati e parla, poi se la piglia solo nel culo>. Odia Bisgnani e  il suo protettore Letta. Ci fosse oggi  un Guareschi disegnerebbe Berlusconi con questi due diavoli che gli volano attorno, Lavitola armato di forcone e Letta con le alucce, l’aureola e la faccia di Bisignani.

E sono, ahinoi, giornalisti: tra i detriti  che il berlsusconismo ritirandosi lascia sulla spiaggia italiana ci sono questi giornalisti appunto, che gestiscono le notizie come risorse finanziarie o come  arme improprie,  ne fanno un uso criminoso, tra il gossip la marchetta e il ricatto che nel caso di Lavitola va a sporcare indelebilmente la storia dell’Avanti, un monumento della memoria italiana.

E c’è nel linguaggio di Lavitola, molto più che altrove, tutta la misera del turpiloquio che  cresce a mano a mano che diminuiscono gli argomenti. Quando appunto Lavitola inventa per la moglie di Tarantini un colloquio con Berlusconi che non vuole riceverli: < Li può vedere? ‘Per che cosa?’ Niente… e lui mi fa ‘ma che cazzo dobbiamo fare’, io ho detto che ne so,  ‘ma non ho capito perche cazzo ’,  ‘gli stiamo facendo tutto’, presidè non gli stiamo facendo un cazzo,  e lui dice ‘ come un cazzo’, … guarda io mi sono rotto i coglioni>. Come si vede, non c’è alcun senso.  Ma c’è la parola cazzo che copre la mancanza di senso. Il turpiloquio di Lavitola è l’ira del dire  che scardina e surroga i significati. Bisognerebbe fare circolare questi documenti nelle scuole: come avvertimento, come ammonimento.

E’ il linguaggio di tutte le pedine della truffa.  C’e’ infatti un modo di truffare anche la lingua. E speriamo che Lavitola millanti quando vanta un patto scellerato con il procuratore di Bari Antonio Laudati.  E chissà, più che uno sbuffo di bile, in quel <me ne vado da questo paese di merda> di Sivlio Berlusconi, potrebbe esserci uno sbuffo di  coscienza che, come un grillo parlante, gli indica una strada.

Queste intercettazioni saranno materia per il diritto penale, l’indagine è appena cominciata ma viene fuori, come dicevamo, un senso  di pietas per  il modo  in cui Lavitola e la sua banda fanno grullo Berlusconi approfittando della sua decadenza fisica e psichica. Danno il senso della putrefazione del paese, e la pietas  somiglia a quella che all’ antifascismo più valoroso provocarono i corpi penzolanti di Mussolini e della Petacci. Anche Berlusconi, alla  fine di questa lunga ordinanza del giudice di Napoli,  penzola dall’albero della truffa.  Neppure  sa di essere un personaggio di Foucault. E’ lo scuoiato vivo. E’ il disgraziato a cui non hanno rubato solo i soldi, ma anche la dignità.

9 thoughts on “LAVITOLA E TARANTINI / Berlusconi appeso all’ albero della truffa

  1. Violetta

    Poichè la dignità sia rubata, prima dovrebbe esserci. Come si puo’ rubare qualcosa a chi non l’ha mai vista e quindi non la conosce? Il cavaliere Laqualunque non è mai stato presentato a quella strana donna. Lei, la Dignità, non frequenta mai i Tarantini né i Lavitola, né i Lele né i Fede. I bunga bunga la farebbero spegnersi. Non se ne lascia trascinare. Prefferisce una vita semplice e bella, un paesaggio dove respirare, piu’ di quella vita da fantoccio che finisce all’ombra dell’albero della truffa. Quella degna signora sarebbe un’impossibile aporia nel paradiso dell’immondizia.

  2. vuesse gaudio

    Idea per una commedia: un personaggio arrestato scopre che è cornuto per delle fotografie che gli mandava il presidente di un consiglio. L’amante della moglie, intanto, è andato a vendere il pesce in Sudamerica. Il Ros scopre che il pesce palla era un pesce sega, lo scorfano un succhiatore bianco, il cefalo un pesce porco,l’ostracione dalle corna l’arlecchino dei Sargassi, il pesce pipistrello il pesce cieco di Cuba, il portatore di spada un pesce di Grimaldi; tra i pesci femmina rinvenuti bocca d’oro, corvina, ombrina, pesce vipera, alaccia, alosa, sogliola pelosa, sarda, triglia di scoglio e passera di mare. Alla fine le fotografie appaiono su un giornale del presidente di un consiglio che, intanto, è stato insignito di una laurea honoris causa da una università del sud afferente al venditore di pesce all’estero che ha il giornale senza articolo in Italia che gli ha lasciato un altro venditore di pesce in Tunisia che, per questo, la “L” è caduta in mare. In una delle fotografie si vede che il cornuto ha deciso di lasciare la moglie perché è fuggita in Finlandia con un venditore di stoccafisso in Basilicata che fa il giornalista nelle isole Far Oer e quando gioca la nazionale di calcio va allo stadio in una cassa di palloni per non pagare il biglietto e invece sbaglia cassa e si trova in una cassa di ostracioni dalle corna e pensare che lui credeva di essere un pesce pagliaccio finito in mezzo ai pesci palla…
    (da: “Se fosse il diario di Woody Allen”)

  3. Roberto Pellegrini

    Caro Merlo, leggendo i Suoi articoli da questo piccolo angolo del mondo, mentre guardo ed ascolto le notizie, Lei mi sembra una voce nel deserto. Un essere lucido che graffia le sue idee chiare, sulle pareti di un tunnel oscuro, nerissimo, in cui solo gli occhi che portano luce interna riescono a leggere. Il resto – tranne qualche eccezzione-, sembra una sfilata di pazzi storditi. Così vanno le cose travvolte in quelle frenessie della disperazione vuota. Cioè del senso micidiale del non senso dei personaggi in estinzione, inghiottiti dalle tenebre. Lo conferma questa società non già liquida, ma in uno stato irreversibile di evaporazione crescente. Allucinante. Come credere che quei Tarantini, quei Lavitola, quei Berlusconi o Brunetta, appartengano alla realtà e non alla triste, ridicola e guastata commedia senz’arte, dove tutto rottola verso il nulla imprigionato dallo stesso nulla? Sembrano pupi degli universi simbolici di Michael Ende. La massa oscura, il cane-lupo arrabiato senza un perchè che devora le scene per il gusto bulimico di divorare, la palude della depressione disperata, le tartarughe incollate al suolo, che passano il tempo credensosi al di sopra della loro condizione, la finta terribilità di una esfinge nella porta dell’incoscio, che inganna e crede di dominare la morte, fino a quando l’uomo si sveglia a scopre in sè l’inganno dello specchio. Cioè della copia compulsiva con cui la menzogna crede di assumere il volto della verità. È come fosse un quadro del Bosco. La nomenclatura dell’assurdità ed il canto del cigno della mediocrità. Un tempo che si scioglie mente fa scigliere le sue creature. Un Cronos che divora i suoi figli senza nessun complimento. Bisogna imparare la distanza e lo sguardo sereno della verità per capire. Anche godere il succo dell’ironia che trasforma il ridicolo innevitabile dei pazzi in una pietà anche inevitabile per quanto umanissima e connaturale. Sana e lieta.

  4. vuesse gaudio

    DA PRESCRIZIONE A PROSCRIZIONE, I MUTAMENTI DELLA POSA
    Nella Tavola dei Cornuti di Fourier(1772-1837), il “cornuto di prescrizione” , il numero 11, è quello che fa lunghi viaggi, durante i quali la natura e il mare parla ai sensi della moglie che, dopo una lunga difesa, è alla fine costretta dalla lunga durata delle privazioni ad accettare l’aiuto di un con terrone caritatevole.
    Nell’Ordinanza del Gip di Napoli(1 settembre 2011), il “cornuto di proscrizione”, il numero 2, è quello che, sprovvisto di mezzi personali per fotografare la sposa, si rassegna al volere di Dio e della Confraternita, la sposa era sì in posa ma la pellicola è latitante, si trincera dietro la giustizia e si dichiara innocente; la moglie, quando lo viene a sapere, fa un’altra fotografia e il marito allora finisce per accettare un amante ma vuole inquadrarlo lui, dichiarandosi così compensato.

  5. Violetta

    Mi sembra benissimo la libertà di espressione, ma cosa centrano nel soggetto di questo post quei discorsi surrealistici sui tradimenti matrimoniali, le classifiche ittiologiche ed il povero Woody Allen?? Signore Merlo, potrebbe Lei fare qualcosa?

    1. vuesse gaudio

      Ma lei non lo sa che l’attività di base di questo tale giornalista professionista(veda altro commento sotto) vende pesce all’estero?E non lo sa che dall’ordinanza del Gip il Tarantini ha appreso che la moglie gli faceva le corna con il venditore di pesce giornalista professionista sunnominato?

  6. Marco

    Quello che io non capisco è come i consiglieri di Berlusconi, i figli, in parte anche la ex moglie anche non abbiamo fatto in modo da tenerlo lontano da certe persone. Non voglio fare il moralista ma insomma: ho letto interviste a Marina Berlusconi che imputa tutto a un problema di Giustizia (e forse non ha del tutto torto) ma non ha mai parlato col padre, non si è mai resa conto del pantano nel quale, privatamente era caduto? Mi sembra davvero il personaggio di una farsa. E con lui anche tutti “gli attori”…

  7. vuesse gaudio

    IL GIORNALISTA PROFESSIONISTA IN ITALIA PUÒ VENDERE PESCE ALL’ESTERO?
    Non riesco a capire, da quando è apparso agli onori della cronaca questo oscuro personaggio, tutti a dire ma chi è questo strano personaggio? Che vende pesce all’estero? E dirige quello che non si sa se è l’organo di un partito che non c’è più o è l’ex organo di quel partito e prende finanziamenti ingenti…e nessuno a dire: ma come fa a vendere pesce, che poi, adesso vediamo, ammazza quanto pesce vendeva!, e a “dirigere” un “giornale” che è di “sua proprietà”? Adesso , l’italiano inconsapevole scopre che questo venditore di pesce per conto di aziende dello Stato era addirittura nell’elenco dei giornalisti professionisti, e quindi come ha fatto? Praticantato, dove? Art. 33, pratica giornalistica, art.34 dove? Con quattro professionisti redattori ordinari o almeno sei se era un periodico dove ha fatto la pratica? Ma il bello è che adesso l’ordine del Lazio applica l’art.39, quello della condanna penale, e l’art. 40 , l’esclusività professionale, mai visto? Vendeva pesce a loro insaputa? E l’art. 55 del Regolamento per l’esecuzione della Legge 3 febbraio 1963:”La domanda di iscrizione deve contenere inoltre esplicita dichiarazione che, dal momento dell’avvenuta iscrizione, il professionista cesserà ogni altra attività professionale o impiegatizia prima eventualmente svolta”? Ah, prima non vendeva pesce, lo vendeva dopo che l’ordine regionale ha deliberato l’iscrizione? Oppure, vendeva pesce e lavorava per l’Eni, la Finmeccanica , eccetera, a insaputa dell’Ordine? E adesso che l’Ordine lo sa perché non fa una bella applicazione dell’articolo 40 e lo manda, senza alcun obbligo, a vendere pesce liberamente ed esclusivamente?

  8. Alessandro Mastrogiuseppe

    Vede, caro Merlo, io non so proprio come ringraziarla. In ogni suo articolo, perfino nelle sue singole parole, amo perdermi, come davanti un bicchiere di un Montepulciano d’annata…m’illumino, m’illumina…non d’immenso purtroppo…le sue riflessioni sono costante motivo d’angoscia che mi fanno davvero ritenere di vivere in un paese di merda. Spero tanto di poterla conoscere un giorno e stringerle la mano per la profonda stima ammirazione e persino affetto. alessandro m.

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