I vigili di Roma e l’Italia del certificato IL SINDACATO DEI CODARDI

AL SINDACO De Blasio, che è il loro capo, i poliziotti di New York hanno mostrato le terga. Al sindaco Marino, che è il loro capo, i vigili di Roma hanno mostrato il certificato. Esporre mille terga, per quanto possa apparire paradossale, significa metterci la faccia. Procurarsi mille certificati falsi significa al contrario nascondere la faccia, imbrogliare e degradarsi. Da un lato c’è il coraggio sfrontato della ribellione, fosse pure per ragioni non condivisibili, dall’altro lato c’è la viltà stracciona, fosse pure per ragioni condivisibili. Qui poi non c’è neppure l’assenteismo dei fannulloni, non c’è l’accidia del travet che Brunetta perseguitava come il pelandrone assistito. Questi sono i ceffi di Stato che usano la truffa del certificato-patacca come lotta sindacale, sino all’odioso ricorso, per disertare, alla donazione del sangue e, peggio, all’assistenza retribuita dei familiari disabili (legge 104), atti generosi ridotti a trucchi pelosi, norme di civiltà usate come forconi, la libbra di carne di Shylock il mercante di Shakespeare.

E la regia sindacale, che a New York rimanda alla ribellione ostentata dei simboli e mai all’insubordinazione agli ordini, a Roma rimanda al reato associativo che è molto alla moda nella capitale come ha denunziato anche il Capo dello Stato nel messaggio di fine anno. Ed è drammatico che a questo reato di falso, commesso insieme ai medici di famiglia, concorrano tutti i sindacati, per una volta uniti nella difesa della malattia simulata e spacciata per diritto alla protesta. Siamo ben al di là delle già ridicole indennità, da quella per tenere pulita e in ordine la divisa a quella per il servizio in strada (e dove, se no?), sino alla bizzarria poetica della “seminotte”, l’invenzione più creativa del contratto integrativo dei vigili, con inizio (non è uno scherzo) alla 15,48 che è, come dire, due minuti prima delle quattro meno dieci, un orario che evoca il binario 9¾ della stazione di Harry Potter dove si respirava corno di bicorno in polvere e tritato di unghie di cavallo. È un pentagramma di comicità corporativa che sicuramente sta facendo schiattare di invidia gli orchestrali e i coristi dell’Opera di Roma che l’umidità retribuita la subiscono soltanto al calar del sole e non al suo semicalar. A New York, secondo il sindacato dei poliziotti, de Blasio ha offeso la dignità degli agenti perché ha consigliato al proprio figlio (Dante, di origine afro-italiana) di “stare attento alla polizia”. A Roma, secondo il sindacato della polizia municipale, Ignazio Marino e il comandante Raffaele Clemente, da lui nominato, hanno offeso la dignità dei vigili perché li hanno obbligati alla rotazione nei quartieri trasformandoli così in presunti corrotti, senza più distinzione tra onesti e disonesti.

Ma cosa c’è di più disonesto di 835 certificati falsi? E come può un vigile restare legittimato come controllore delle regole se è il primo che le viola, e per di più in questo modo così meschino e cacasotto? Chi sceglie la ribellione deve pagarne il prezzo e non rifugiarsi nella miseria del certificatuzzo del dottorino di famiglia connivente e correo. E non sto parlando della ribellione del pugno chiuso alla Tommie Smith alle Olimpiadi del 1968, ma soltanto di chi fa sciopero sapendo che perderà il salario. Chi si ammala invece lo conserva. E addirittura lo ruba chi fa finta di ammalarsi. E va bene che la medicina è una scienza incerta, duttile e spaziosa, ma la flogosi che subisce l’influsso sindacale, l’agente patogeno che si scatena in un intero Corpo, imprevedibile, imprendibile e inqualificabile come un pirata della strada, è una deriva triste dell’Italia del certificato, quella della visita fiscale che non sgama più nessuno, e non solo perché avviene in fasce orarie governabili dal finto malato ma anche perché costa troppo alle strematissime amministrazioni.

Punito con pene irrisorie, quasi sempre con la multa, e in attesa di depenalizzazione, il falso certificato medico chiama, suscita e raduna tutti i fantasmi dell’Italia rancida dell’inguacchio, del disertore vile, del pavido che si rintana in un letto. Ma attenti a riderne e a evocare il solito Alberto Sordi e la commedia all’italiana, il paese degli assenteisti, dei sempre stanchi, degli sfaticati, del “dottore è fuori stanza”, della pubblica amministrazione che tutti vorrebbero giustamente riformare e qualcuno sogna di punire. La verità è che, morta ormai la faccia bonaria di Roma e persino della piccola corruzione tollerata, anche il poliziotto municipale si rivela più fellone dell’ultimo degli automobilisti che supera la fila invadendo la corsia d’emergenza. E il trucco della malattia non è più la risorsa dello studente pelandrone che, per marinare la scuola, alza il mercurio al caldo di un termosifone, o della recluta che si infilava il mezzo toscano sotto l’ascella, o ancora del coscritto che si infliggeva ferite di ogni genere sino al taglio di un dito e alla simulazione della pazzia. Qui è persino più deludente del Badoglio di Tutti a casa il sindacato che mette il falso certificato al posto del riscatto sociale di Di Vittorio e della concertazione di Luciano Lama. C’è anche, nell’epidemia di finti malati, l’ennesima prova dell’inutilità dell’Ordine dei medici che non è intervenuto, non ha represso, non ha intimidito, non ha sospeso, e non ha neppure aperto un’indagine. Tutti ci aspettiamo che Marino licenzi, che il comandate Clemente punisca, che la magistratura metta sotto accusa e nessuno si domanda cosa pensano dei certificati bugiardi i presidenti dell’Ordine di Roma, Roberto Lala, e dell’Ordine nazionale, Amedeo Bianco, anche loro assenti ingiustificati in uno scandalo che dissolve nella nostalgia pure i versi di Gianni Rodari: “Chi è più forte del vigile urbano? / Ferma i tram con una mano. / Con un dito, calmo e sereno, /tiene indietro un autotreno: / cento motori scalpitanti / li mette a cuccia alzando i guanti. / Sempre in croce in mezzo al baccano: / chi è più paziente del vigile urbano?”.

7 thoughts on “I vigili di Roma e l’Italia del certificato IL SINDACATO DEI CODARDI

  1. LUCIANO MORGANTE

    Gentile Dr. Merlo, Lei è una delle poche firme per le quali continuo a comprare “Repubblica” e condivido quasi sempre e nella totalità i suoi articoli ma oggi mi sembra un pò troppo feroce con i Vigili Urbani (sarà perchè ne ho fatto parte per 8 anni in gioventù); desidero sottolineare però un aspetto per me molto importante: quello della legittimazione da parte dei vigili che si sono comportati fraudolentemente; può darsi che oggi siano meno legittimati di prima, ma mi si perdoni l’accostamento: che dire del nostro Premier (dallo stai sereno Enrico, ai pasticci del job act, alla odierna vicenda della manina sul decreto della delega fiscale)?Oso dire che dal punto di vista della credibilità, forse quella di Renzi mi pare più compromessa. O sbaglio? Con infinita stima ed a leggerLa a presto. Luciano Morgante

    1. mara

      Gent. sig. Luciano morgante, come può constatare ho letto con notevole ritardo il Suo commento all’ articolo del dr. merlo riguardo alle assenze “giustificate” dei vigili romani .Mi stupisce il paragone che Lei propone per giustificare certi atteggiamenti in coloro che sono chiamati ad espletare un così delicato compito anche nella considerazione che Lei ha fatto parte del corpo dei vigili urbani. Dovrebbe perciò aver presente che l’aver accettato un contratto di lavoro obblighi ciascun lavoratore ad osservare i doveri imposti dal proprio ruolo perchè si concretizzi il rapporto sinallagmatico lavoro/retribuzione. Per le rimostranze, ancorchè legittime, non si possono fornire giustificazioni a coloro che assumono atteggiamenti furbetti al fine di assentarsi e , poichè giustificati da un certificato medico, mantenere per intero la retribuzione giornaliera .
      Per manifestare le insoddisfazioni di categoria la nostra Costituzione prevede il diritto di sciopero.
      Anch’io ho avuto esperienza ultratrentennale nella pubblica amministrazione e Le posso assicurare che la maggioranza dei dipendenti al momento di aderire oppure no ad un sciopero indetto dalle OO.SS. per portare sul tavolo del Governo i disagi più che evidenti nei rapporti di lavoro, opta per la seconda risposta perchè altrimenti si vedrebbe decurtato lo stipendio.
      Ecco allora spiegato il ricorso al certificato medico.
      Nè si può ragionevolmente pretendere che i medici di famiglia la sera del 31 dicembre verifichino “de visu” la sintomatologia accusata dal paziente il quale, se veramente avesse presentato uno stato doloroso tale da impedire la presenza nel turno di lavoro, avrebbe potuto ricorrere al pronto soccorso. Per i donatori di sangue e per i beneficiari della L: 104, nel caso di accertamento di fruizione falsa del permesso, si dovrebbero spendere parole in più sulla loro generosità.
      Sono certa che le considerazioni da me espresse siano ben presenti anche a c hi come Lei tenta di giustificare certi atteggiamenti assolutamente negativi portandoli a confronto con quelli, altrettanto discutibili e per nulla giustificabili, di altri personaggi chiamati a ricoprire cariche pubbliche ben più importanti.
      Questo modo di agire non è pedagogico per riportare nella nostra società quei valori di rispetto e di legalità che nell’ultimo ventennio sono andati dispersi.
      Mara Vallocchia

  2. Ntalino Gangemi

    Condivido tutto il suo articolo. Volevo solo segnalare che in questo sfortunato paese c’è un Silvan-ducetto che fa apparire e scomparire articoli e commi come se fossero caramelle. Una tale indecenza non si era mai vista neanche con Berlusconi, lo dica ai suoi amici di Repubblica ,che compro dalla sua prima uscita, presi dalla missione impossibile di nascondere le malefatte dell’imbroglione di cui sopra. Tutti i i giornali, anche i filo governativi, in questi giorni sono pieni di articoli critici sull’operato del ragazzo di Firenze. Sto aspettando che anche Repubblica faccia sentire la sua voce, mi aspetto da lei un intervento altrettanto efficace come quello di oggi. Mi rendo conto che è molto più facile attaccare i Vigili che Renzi, ma resto fiducioso , conoscendolo, di leggere un suo articolo in proposito.

  3. Enrico Bianchi

    Sono un medico di famiglia di Livorno,quindi non direttamente coinvolto a quanto successo a Roma.Si fa presto a dire che la colpa è dei medici di medicina generale:per malattie non obiettivabili,come si fa a negare un certificato di malattia?mi spiego meglio: se capita un paziente nel primo pomeriggio chiedendo un certificato perché la notte ha avuto vomito e diarrea,come mi posso rifiutare?la cosa più semplice e banale sarebbe rendere autocertificabili il primo,o meglio i primi tre giorni di malattia,come in molti altri paesi europei.

    1. Francesco Merlo

      Gentile dottor Bianchi, lei ha ragione, qualche volta è difficile dire no, ma qualche altra è facile, spesso sarebbe necessario. Lei invoca l’autocertificazione. Ma si possono autocertificare i sintomi, e non le malattie che giustificano l’assenza dal lavoro. La discrezionalità del medico (di famiglia) è fatta di conoscenza diretta del cliente e spesso la complicità è totale. Non sono pochi i medici che rilasciano certificati per telefono: “lo lascio in portineria”. Un qualche controllo della sintomatologia è spesso possibile, ed esiste anche la dissuasione. E sarebbe già tanto sapere che i medici (tutti) fanno resistenza. E si sa che il medico di famiglia ha interesse ad assecondare il cliente per non perderlo. Certo, se ci fosse una campagna preventiva dell’Ordine per sensibilizzare ed eventualmente sanzionare i propri iscritti… Noi abbiamo inutilmente chiamato in causa i presidenti dell’Ordine (esistono veramente?). Ho visto che qualcuno si è lamentato perché ho definito ‘dottorino’ il medico di famiglia compiacente che rilascia ‘certificatuzzi’. Ma è il certificatuzzo che trasforma il dottore in dottorino e degrada i medici di famiglia a piccola burocrazia complice, così avvilendo una delle più nobili e belle professioni. Forse chi si è sentito offeso ha solo la coda (il certificato) di paglia. Grazie davvero per il suo intervento. Francesco Merlo

      1. Stefano Tafi

        La risposta della “coda di paglia” l’ha regalata il sig. Merlo alla mia mail. Non ritengo utile per nessuno continuare in una diatriba che non porterà a nessun frutto date le posizioni da lei assunte. Invito però volentieri il sig. Merlo a venire un giorno a lavoro assieme a me (spero di trovare un metodo per realizzare la cosa senza ledere la privacy di nessuno) così, forse, si ricrederà sul lavoro del medico di medicina generale. Su una cosa sono d’accordo con lei: è la burocrazia che dequalifica il nostro lavoro. Resto a sua disposizione.
        Cordiali saluti.
        Stefano Tafi

  4. in moderazione

    c’è poco da condividere sulla scontata sostanza
    c’è da amirare: la forma, come la sincerità che trasuda e si sente a distanza

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