IL MARE ASCIUTTO

(IL TIRRENO 4 agosto 2013)
Quando abbonda, il mare, come la lettera rubata di Poe, corre il rischio di nascondersi per troppa evidenza. Ebbene, da Donoratico sino a Vada, c’è così tanto mare che non si vede. Poi, quando superi la pineta, addomesticata ma non curata, lo scopri senza porti, senza navi e senza marinai, un mare di spiaggia e di canzoni.
Eppure è bellissimo d’inverno, quando è apertura di sguardo e paesaggio dell’ intermittenza, del ‘vedi e non vedi’. A volte sembra che il vento sposti la Corsica come una Concordia alla deriva. E poi compare la formica di Capraia, l’Elba, Montecristo, e qualcuno punta l’indice sentenzioso e grida “la Sardegna, quella è la Sardegna”, ma chissà che cosa ha visto. D’inverno questo mare assorbe e tonifica, ma d’estate esala e rammollisce e dunque viene quasi voglia di liberare con un gesto del braccio l’orizzonte dal disordine affollato che è un ingorgo di bei volumi, come al Duomo di Firenze.
L’estate è il mondo degli altoparlanti e dei bagnini che aprono e chiudono le cabine per famiglia e ritrovano i bimbi che si smarriscono, con poche punte di eccellenza nell’accoglienza, come la Tana del pirata di Donoratico e ,nella grande cucina, la Pineta a Marina di Bibbona. Il dolce è obbligatorio mangiarlo da Principe e il gelato, tra i migliori d’Italia, alla latteria Rosati a Cecina.
Prevalgono il bianco e il blu del liberty balneare, una sorta di pastiche felliniano in cui la costa azzurra si mescola con Rimini. E immancabilmente, ogni anno, nei lidi dell’indolenza arriva la notizia che qualcuno è annegato a dieci metri dalla riva. E qualche volta muore pure il salvatore che, sempre generoso, è spesso inadeguato davanti a un mare che all’improvviso rovescia barche e pescherecci, velieri e motoscafi, aggredisce e, forse per risarcire quelli che lo amano davvero, ridicolizza i ‘capitani coraggiosi’ che, specie dalle parti di San Vincenzo e di Baratti, si esibiscono panzuti sulle barche d’ agosto, topless e champagne, ma non sanno nuotare.
Non c’è un lungomare che espone il litorale. La sola maniera di costeggiarlo è camminare a piedi lungo la riva, e solo d’inverno non è opprimente moltitudine senza diventare noiosa solitudine. Ed è un bella ricchezza di emozioni e un piacevole esercizio fisico arrivare sino alle spiagge bianche di Vada-Rosignano che sono belle “pour cause” della chimica, una via di mezzo tra le Seychelles e il deserto rosso di Antonioni, grandi spazi di rena finissima, acqua trasparente, al margine gli alberi accartocciati su se stessi come per resistere al vento e a destra, verso Nord, le ciminiere e la struttura industriale, un paesaggio postmoderno di ammirazione e repulsione che avrebbe levato il fiato a Le Corbusier, innamorato com’era delle macchine e del mare.
Non mi piace, invece, la privatizzazione dell’arenile sotto Bolgheri, la spiaggia dei vip che sembra la spiaggia dei morti, con quelle capanne tollerate sul demanio che sono teatro sociale dell’abusivismo di classe e ti impediscono di leggere la scena come libertà e come natura. Lo so che alle grandi famiglie di Castagneto e di Bolgheri dobbiamo l’eccellenza dei vini, ma io ho imparato a diffidare del capitalismo familiare che al tempo stesso protegge il territorio ma gli impedisce di crescere e con educatissima ribalderia soffoca lo spirito di iniziativa. E infatti il litorale non è attrezzato e si capisce subito che è una risorsa mancata. C’è qualche albergo inutilmente pretenzioso e con i conti in rosso, a conferma che il paradiso della Toscana finisce al di qua dei binari.
I paesi della costa sono ordinati e puliti ma ordinari, e bisogna salire un poco per trovare gli incantevoli borghi murati, , con porte d’ingresso che sono piccoli archi di trionfo, il monumentalismo gentile degli impianti urbani, una bella densità di ottime trattorie con l’eccellenza, anche nel rapporto qualità/prezzo, del Ghiotto di Canneto.
Solo con il mare alle spalle scopri la grande bellezza, e non solo del viale di Bolgheri, che purtroppo è asfaltato, ma anche dei cervi e persino ho visto una specie di stambecchi, non so se grandi mufloni, che credevo fossero creature solo di montagna. Appena ti allontani dall’Aurelia e sali in collina incontri tassi, volpi, i ricci che qualcuno mangia con soddisfazione illegale, e poi gli istrici, i cinghiali… Qui le bestie sono meno selvatiche degli uomini che solo sulla costa hanno l’aria fuori posto, marinai e pescatori con la faccia terragna, corpi che non rimandano alla barca ma al cavallo, animale totemico e protesi contadina, un mare di terra insomma, il più terragno dei mari d’Italia, l’unico mare asciutto.

2 thoughts on “IL MARE ASCIUTTO

  1. enrico

    Viva l’Italia, l’Italia liberata,
    l’Italia del valzer, l’Italia del caffè.
    L’Italia derubata e colpita al cuore,
    viva l’Italia, l’Italia che non muore.
    Viva l’Italia, presa a tradimento,
    l’Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
    l’Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
    viva l’Italia, l’Italia che non ha paura.
    Viva l’Italia, l’Italia che è in mezzo al mare,
    l’Italia dimenticata e l’Italia da dimenticare,
    l’Italia metà giardino e metà galera,
    viva l’Italia, l’Italia tutta intera.
    Viva l’Italia, l’Italia che lavora,
    l’Italia che si dispera, l’Italia che si innamora,
    l’Italia metà dovere e metà fortuna,
    viva l’Italia, l’Italia sulla luna.
    Viva l’Italia, l’Italia del 12 dicembre,
    l’Italia con le bandiere, l’Italia nuda come sempre,
    l’Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
    viva l’Italia, l’Italia che resiste.
    F.D.G.

  2. Daniela

    “Approfittando della lontananza reciproca che vieta alle coste di comunicare se non attraverso il mare o percorrendo ampie giravolte, egli (il mare) lascia credere ad ogni riva che si sta dirigendi verso di lei in particolare” (FRANCIS PONGE)

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