IL CODICE SEGRETO DELLA MALEFICENZA

     Emanuela Arcuri che dice no a Berlusconi e rinunzia all’ambito cadeau di presentare Sanremo è la nostra piccola Anna Magnani, la Mamma Roma, sgrammaticata e generosa anche nelle forme, di questa Italia in sottana. E tanto più ci fa piacere perché ha la faccia improbabile nel ruolo della casta diva. Come Gassman, che nella ‘Grande Guerra’ di Monicelli si rivela eroe per smentire il suo naturale abito di codardo, per provare che si può essere italiani ma di fegato, allo stesso modo Manuela  testimonia che nell’Italia sporcacciona di Berlusconi  si può essere avvenenti per stile e non per soldi, sexy ma senza vendersi.

     Tanto più davanti allo spropositato numero delle donne che gli vende Tarantini, 26, una folla solitaria da malato, l’incubo paradisiaco promesso ai martiri dell’Islam, il serraglio dell’impotente. E c’è una sorta di contrappasso nel rifiuto (morale) di incontrarlo che gli ha opposto il presidente turco Erdogan,  il quale in fondo  viene dal mondo che ha inventato i serragli. Ma l’harem di Berlusconi più che ottomano è felliniano, è la città delle donne che ogni volta Tarantini gli apparecchia a pagamento, non un sultanato ma un’ossessione che sempre più lo rende vittima del meretricio, del pappone appunto e soprattutto di Lavitola  che, in questa saga della ricotta, è il vero profittatore, il capo bastone della crapula e della copula.

    Ma cos’è Lavitola per lui e lui per Lavitola? Il saluto, tanto per cominciare dalla fine, è di grande intimità: <Un bacione>. E ci risiamo con il bacio, che in Italia è il rituale del comparaggio, anche se questa volta, è solo figurato. Essendo un flatus vocis e non uno schioccar di labbra, il bacio ha qui bisogno di un accrescitivo: diventa appunto <un bacione>. 

    Comunicano, Lavitola e Berlusconi, con le allusioni e le parole coperte, con il linguaggio della gang, non il codice della beneficienza ma quello della maleficenza. E non soltanto perché Lavitola chiama  < foto>  il danaro e persino Marinella, la segretaria di Berlusconi, non capisce: <Effettivamente ho fatto avere delle foto del presidente a Lavitola>. Ma quello non sa che farsene delle immagini. <Dissi a Berlusconi che Lavitola parlava delle ‘foto’ in modo strano, come se volesse alludere a qualcos’altro. E il presidente capì subito e mi disse di prelevare diecimila euro>. E chissà come pronunziava la parola ‘foto’ il gagliardo Lavitola. Forse scandiva, forse mormorava o magari gli bastavano quelle pause di sospensione che nel parlato sono come le virgolette: segnali lampeggianti, sirene d’allarme.

    Ma perché chiamare ‘foto’ gli aiuti a una famiglia bisognosa? E’ questo il lessico della pietà? <Il presidente capì subito…>. E’ evidente che Lavitola e Berlusconi hanno concordato un cifrario protetto contro le intercettazioni, contro i magistrati, un argot fuorilegge.<Mi disse di prelevarle dalla sua cassa privata, una piccola cassaforte dove custodisce i contanti>. E perché in contanti? L’uso del contante è anomalo sia per un regalo sia per un prestito. Vi ricorre chi vuol nascondere il versamento. Il contante passa nelle buste, nelle valigette, è il danaro in nero, il danaro sporco, il danaro del peccato e della corruzione.  Provate negli Stati Uniti a presentarvi in un negozio qualsiasi con una banconota da cento. Il cassiere chiama subito la polizia.

    <Mi disse di suddividere la somma in due buste da  5 mila euro> racconta ancora la segretaria. Una legge del governo Berlusconi vieta i pagamenti in contanti superiori  a 5000 euro (l’ultima finanziaria abbassa la soglia a 2500). Berlusconi dunque fraziona il pagamento per rompere la graniticità della sua stessa legge. E pure la piccola cassaforte piena di contanti, in questa sceneggiatura, è un oggetto gaglioffo. Non è il nascondiglio dei gioielli di famiglia né  del gruzzoletto d’emergenza che il contadino meridionale chiamava ‘polmone’. E’ invece il fondo-mance per i servi d’alcova, quelli che correvano  a comprare la creolina per ammazzare piattole e pidocchi. Il suo modello non è il Padrino, ma il delinquente cubano Scarface che teneva in cassaforte il danaro che non avrebbe potuto conservare altrove, perché ribaldo nell’origine e nella destinazione. E’ sempre da una cassaforte malandrina che vengono i soldi della politica corrotta, quelli che finirono nel pouf della Poggiolini, nella valigetta del giudice Squillante, nella scatola di scarpe di Milanese, in casa di Penati.

   Ci sono nel dialogo tra Lavitola e Berlusconi un testo e un sotto testo.  <Hai visto che avevo ragione?>  gli chiede Berlusconi e si capisce che gli sta rinfacciando  le intercettazioni che Lavitola aveva escluso perché le schede utilizzate erano sudamericane. E, di nuovo, è roba da malaffare di suburra (telematica) il ricorso alle schede esotiche che si presumono sicure: le usano  i giocatori d’azzardo e  i siti porno nei vicoli e nei labirinti del web.

    Ed è un avvertimento in codice quel <vi scagionerò naturalmente tutti> perché Berlusconi aggiunge: <Io non so quali sono le vostre affermazioni tra di voi, che non conosco … io quando posso aiuto, quando non posso non aiuto>. Leggetelo bene: è un attestato di rassegnazione ma è anche una minaccia, un mettere le mani avanti, il porre un limite alla misericordia. Berlusconi insomma reagisce come un uomo braccato e sconfitto, come il potente che finalmente fa i conti con la propria impotenza, capisce d’esser pappato dai papponi, e dunque parla ‘a mezza botta’, usa il linguaggio del dire per non dire e del non dire per dire, e non nella versione nobile di Aldo Moro ma in quella dei questurini der Pasticciaccio: <famo a capirci>.

   Non solo parla ‘con’ i Lavitola, ma parla ‘come’ i Lavitola. Persino nell’abbigliamento si è fatto assorbire dal quel mondo: somiglia a un buttafuori da discoteca. Ecco dunque cos’è Lavitola per lui e cos’è lui per Lavitola.

     E’, per esempio, il mondo sporco dei dossier. Per manganellare Fini, Lavitola si presentò davanti alla telecamere con uno stravagante ministro e ci costrinse tutti a studiare la geografia per individuare l’isola di Santa Lucia. E sono  passati dalle mani di Berlusconi anche il video di Marrazzo  con i trans e l’intercettazione illegale di Piero Fassino -abbiamo una banca! – che  tutto contento fece pubblicare su “Il Giornale” del fratello prestanome.

    Povero Berlusconi, ricattato dai Lavitola e amministrato da un battaglione di avvocati che gli allungano l’agonia, che lo intossicano in un accanimento difensivo.<Nel settembre 2010 mi chiamò il presidente Berlusconi che mi chiese di assumere la difesa di Tarantini> racconta l’avvocato (l’ennesimo) Giorgio Perroni che aggiunge di avere estromesso Lavitola, avendone capito subito la natura truffaldina. Al contrario Bersusconi  si lavitolizza sempre di più. Nella decadenza trova conforto in questa comitiva di  mascalzoncelli di contorno. Ha superato la fase dei semplici adulatori,  vuole solo procacciatori: <Chi mi porti stasera?>.  E viene in mente  il tristo attendente di D’Annunzio morente che reclutava per il Vate contadine e prostitute e gliele presentava pietosamente travestiste da contesse e principesse.

7 thoughts on “IL CODICE SEGRETO DELLA MALEFICENZA

  1. vuesse gaudio

    POLKA, OP.26…
    Nell’argot, « photographie » è la « photographie obscène » , la « polka »;
    « polka » è il “marchand d’objets obscènes, photographies, cartes transparents, etc.
    (Georges Delesalle, Dictionnaire Argot-Français & Français-Argot, Paris, Paul Ollendorff éditeur 1896, pag. 225). « Photographier » : Allez vous faire phot…ographier=Allez vous faire foutre(G.Delesalle,cit. : pag.213) !
    Trovo straordinario il fatto che Merlo indichi il 26 come numero-sintéma o simbolo che in qualche modo si abbina all’impotenza del cavaliere: nella smorfia il 29 , lo sappiamo, è il fallo; il 9 capovolto è il 6,perciò il 26 è il “fallo moscio”!

  2. Roberto Pellegrini

    Sembra che non sia l’impotenza sessuale il male peggiore e piu’ preoccupante di un premier, ed invece lo sia la sua impotenza palese per governare comme il faut. Come si fa necesario per i cittadini di qualsiasi paese. Il problema dell’ossessione per un governante, così e quindi per tutti quelli che lo soffrono, è che essa, la sua ossessione, gli fa diventare inutile per pensare a qualcosa che non sia il suo delirio morboso. Potrebbe essere stato il gioco a carte o la clettomania, la velocità, l’acool o le droghe-medicine, come capita ai famosi che se ne confessano su fboock o sulla t.v. ovvero sulla stampa come hanno fatto altri. La differenza è che questi ultimi si aprono spudoratemente, forse pure narcisisticamente, e forse anche per paura di vivere in solitudine il loro dramma, di perdere il loro glamour imbruttiti dalla malattia. Calare nella dimenticanza del pubblico che è stato da anni la loro droga piu’ dura.
    Altrimenti non è quello lo stile Berlusoni. Lui agisce sempre di nascosto. Solo confessa le sue sporcizie tramite il telefono,segretamente, in chiave fotografico-audio-ettoplasmica. A lui piace invece l’immagene onnipotente, altera, anzi cotroffatta se serve, tinta, rialzata dai tacchi e protesi, abbronzata dai raggi UVA, impiantata, liftingata, peelingata, e ridicola, tronfia e roza. Ma non per lui, che non ha l’abilità abbastanza per guardarse e vedersi da fuori, dagli occhi altrui. Neanche da quelli delle donne a pagamento che lui immagina affascinate, colpite da morire dalla sua potenza che lui crede sex-appeal, ed invece è soltanto potere-appeal e money-appeal.
    Una brutta storia tra idiozia e beffa, che sarebbe da ridere se non la si pagasse e non la si dovesse sopportare fra tutti gli italiani ed anche tutti gli europei.

  3. Nicola Di Turi

    «E poi dobbiamo parlare di quella cosa a due, ma ti rendi conto, minimo per quello ci deve, se dovessimo fare una cosa del genere, ci deve già avere il contratto davanti firmato»
    Riscriverebbe tale e quale l’articolo di ieri, oggi?

  4. Luciano Capone

    Generosa è generosa…come le vostre patenti di eroismo: a lei bastava una comparsa del fratello per concedersi, a voi basta un rifiuto a berlusconi per concedere il titolo di eroina e “piccola Anna Magnani”.
    A Merlo, facce ride!

  5. Johnny Hammond

    Tutto bello, peccato solo per l’eccessivo slancio verso la Manuelona nazionale, visto che ad oggi sembrerebbe che il gran rifiuto non fosse dovuto ad una questione di stile bensì ad una più pragmatica divergenza di vedute sulla contropartita (un ruolo per il fratello Sergio in una fiction, anziché Sanremo… peraltro già presentato dalla Nostra nel 2006… ) .

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