MA CONTRO BAGLIONI SALVINI E’ PERDENTE

Non bastano a proteggerlo dagli insulti seriali della suburra salviniana  50 anni di applausi. E la Rai, che dovrebbe difendere il suo campione, lo minaccia come in altri Sanremo minacciava l’allora comico Beppe Grillo. Eppure, davvero Claudio Baglioni è un romantico mite ed impolitico, un artista malinconico che mai si è sognato di sostituirsi a Giovanni Sartori e a Norberto Bobbio, e nemmeno  ha mai provato a fare il predicatore alla Celentano. Perché dunque  il potere grillin-salvianiano  lo maltratta  come i democristiani e i clerico fascisti maltrattarono Dario Fo? Quale limite è stato superato, quale regime al tempo stesso sovietico e mattoide può coprire di bile nera il cantante che arreda la memoria di ogni italiano,  ciascuno con il suo motivetto in testa : la maglietta fina, il passerotto, l’anima mia.

Baglioni, che si è solo augurato un ‘Italia meno “incattivita” e più accogliente verso gli immigrati, non appartiene né alla famiglia degli impegnati di sinistra, da Guccini a Pelù, né a quella degli anarcoidi  che posano a poeta maledetto, da Piero Ciampi a Morgan. C’è dunque qualcosa di più miserabile della solita malmostosa censura Rai nella condanna della neo direttrice di Raiuno, la signora Teresa De Santis, che pure ha – lei sì – un passato da engagée, nientemeno al Manifesto di Pintor e Parlato, all’Europeo e al Tg3. Anche perché la signora che, come lo sceriffo di Sherwood è armata di brutalità ma non di coraggio, ha solo lasciato intendere che Baglioni non avrà, nel prossimo anno, il suo terzo Sanremo. Non lo ha infatti dichiarato, ma appena appena sibilato ai cronisti che le stavano attorno. Si è insomma esercitata nell’ avvertimento: uomo avvisato mezzo salvato.  Tutte le guerre alla libertà alla lunga sono perdenti, come dovrebbero ben sapere la Lega e i Cinque stelle che vengono dai margini e hanno scalato il cielo. Ma se c’è una battaglia che nessun presidente della Rai sovranista, nessun Marcello Foa al servizio di capitani in divisa paramilitare potrà  mai vincere è quella contro “il sabato pomeriggio” e “viva l’Inghilterra”, la guerra contro Baglioni appunto che riempie gli stadi ed è amato da tutti gli italiani che sono tutti romantici proprio perché sono italiani.

Questo è il cantante che non ha bisogno di tingersi i capelli, come fanno invece Gianni Morandi, Mick Jagger e Paul McCartney, per restare fedele al proprio mito di artista che custodisce la nostra memoria e la nostra illusione quando intona “mille giorni di te e di me” o  quando tornato a Porta Portese ” va avanti a gomitate / tra la gente che si affolla”. Baglioni, che è nato nel 1951, si è  laureato in Architettura nel 2004, con un scelta di nuovo romantica persino negli studi visto che ha scritto la tesi sull’area del gasometro di Roma dove passeggiava da bambino con il padre. Ed è romantico anche nell’idea di integrazione che per lui è un concerto, polifonia e sudore come sono le grandi  metropoli del mondo, un concerto dove tutti stanno vicini vicini come nella piazze e nei centri commerciali del mondo. L’integrazione di Baglioni è tutti a cantare a Lampedusa ,  Checkpoint Charlie dell’immigrazione africana in Europa. Per ben dodici anni, prologo di Sanremo, vi ha organizzato un festival della canzonetta chiamato in lampedusano  O’ Scià che significa fiato mio. La canzonetta, quando ha il successo di  Baglioni, sembra niente ma è tutto, come il fiato e come la malinconia che commuove i più duri. E’ il fischiettare del solitario ma è anche la civiltà del coro, del popolo senza populismo, è la colonna sonora della democrazia.

Ecco perché Salvini con il suo tweet anti Baglioni questa volta è perdente. E’ vero che ha dichiarato guerra alla Francia e alla Germania; ha sfidato la Chiesa, sostenendo che Dio è con lui quando chiude i porti e caccia gli immigrati con il rosario in mano;  ha insolentito il presidente della Repubblica; ha usurpato Berlusconi ; e con quel ghigno e quel grugno  è riuscito a diventare l’illustrazione dell’epoca, il ceffo compiaciuto del razzismo creativo italiano…, ma contro Baglioni Salvini si è fatto male da solo: “male duro/ male detto / un male dell’anima”.

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