Processo e assoluzione della sindaca RAGGI, LA BUGIA NON E’ REATO L’INCAPACITA’ NEPPURE

Mai si era vista un’assoluzione che, come questa, condanna l’imputata, una sentenza che la assolve dall’accusa di falso, ma la dissolve nel ruolo di onesta tontolona ormai certificato da un tribunale, alla fine di un processo grande grande per un reato piccolo piccolo. Alle 15,30 di ieri, in un sabato pomeriggio di assolata indolenza romana, il giudice Roberto Ranazzi, romano di 54 anni, un signore calvo, sempre attento e veloce, gentile e bonario non solo d’aspetto,  ha stabilito che Virginia Raggi forse ha mentito o forse no, ma la sua bugia è stata un’astuzia politica, non un reato; una bugia per difendere se stessa, e dunque non punibile, senza dolo. Bugiarda sì, ma perché, come canta Gaber, “non può fare di meglio / la sua unica arma / è salvare se stessa / con l’aiuto di un imbroglio / … non è per stravaganza o per follia: / viva la bugia!”

Alla lettura del dispositivo – “assolta perché il fatto non costituisce reato”- nell’aula di Piazzale Clodio, dove Virginia, dolente, gli occhi infossati, il pallido viso tirato, si struggeva come la Traviata, hanno pianto gli assessori e gli avvocati, che pure volevano la formula ” assolta perché il fatto non sussiste”, e anche i portavoce, i portaborse e gli attivisti che, stipati nell’aula, hanno applaudito come fossero a uno spettacolo di Beppe Grillo. La sindaca ha alzato la mano ed è cominciata la fila degli abbracci e dei baci, una festa di famiglia per il Movimento che si sente vincitore, benché tutti sappiamo che, se avesse perso, Virginia avrebbe perso da sola. E’ stata assolta e hanno vinto loro.

Condannata, la Raggi sarebbe stata costretta a dimettersi per una mezza bugia, che è stata probabilmente il suo atto politico più sincero, una piccola furbizia da “non ne posso più”, la soluzione di libertà del bambino di Gaber appunto. Bugiarda sì – ” l’ho voluta io e solo io la nomina e la promozione del fratello di Renato  Marra” – ma per rivendicare l’autonomia: dagli occhiuti vertici del Movimento e dallo stesso Marra che lei si era inventata come antidoto a quelli lì.  E invece – tu quoqe  – la imbrogliava e la raggirava più degli altri, perché conosceva il Comune e la strada, la Roma di dentro e la Roma di fuori. “Erano come Rasputin e la Zarina Alessandra” è stato detto, come si sa, da una teste d’accusa e più che ‘povera Raggi!’ viene da pensare ‘povero Rasputin!’ che le subì davvero tutte, il veleno, la fucilata al cuore, l’annegamento, il rogo, l’asportazione del famoso pene, ma nessuno lo aveva ancora paragonato a un piccolo faccendiere del disgraziatissimo Comune i cui sindaci, la Raggi dopo Marino, pur diversi finiscono con il somigliarsi, e mai si accorgono dei loschi collaboratori che girano loro intorno. La storia si ripete: l’ innocenza giudiziaria della Raggi non  basta per governare ma basta per non cacciarla; la protegge da chi vuole mandarla via, ma non la assolve dall’incompetenza.

Strambo processo, a partire da sms, whatsapp, chat, mail, e “tutte le diavolerie del pensiero breve dove non ci sono i fatti ma solo la fretta e la furia” hanno detto con simpatica semplicità e verità gli avvocati della sindaca, Emiliano Fasulo e Alessandro Mancori.  E però l’illustre professore Piefrancesco Bruno, principe del Foro, ne ha tratto una lectio magistralis su “la procedura comparativa, il contenuto precettivo e il contenuto narrativo, il falso omissivo e la corrispondenza tra voluto e dichiarato,e – nientemeno – il manicheismo razionale”. Per concludere:  “Di che stiamo parlando?”.

E mentre insultano i giornalisti, “puttane e sciacalli”,  esultano i veri responsabili – Libiam ne’ lieti calici / Libiam ne’ dolci fremiti – che hanno manovrato la Traviata come un  burattino.  Dal 22 giugno del 2016 le hanno via via imposto – Virginia ne ha fatto un parziale elenco al processo -: assessori che la sindaca non aveva mai visto, un direttorio che è stato poi rimaneggiato, una folla di consiglieri e funzionari, e tra loro qualche presunto malandrino. Ma c’è di più: i protettori-carnefici della sindaca hanno santificato ieri il primo processo italiano che, al di là delle intenzioni del giudice, è stato celebrato non solo con il Codice Penale,  ma anche con il Codice Etico del loro Movimento. Infatti, come dicevamo, se fosse stata condannata, e i procuratori Paolo Ielo e Francesco DallOlio avevano chiesto una pena minima di soli 10 mesi, Virginia Raggi sarebbe stata costretta a dimettersi non per l’evidente dramma del collasso di Roma, che il mondo le rimprovera, ma per lo strampalato  melodramma di questo Codice Etico di Grillo e Casaleggio appunto, che è il nuovo pomposo nome che i grillini danno alla vecchia, laida spietatezza contro i perdenti. Ebbene, per quanto onesto ed imparziale sia il giudice Ranazzi, nessuno può escludere che non abbia sentito il peso di questa pena “accessoria”, più grande di quella principale che mai avrebbe comminato le dimissioni da sindaca.

Su richiesta delle parti il giudice ha acquisito agli atti alcune precisazioni dottrinarie su questo Codice Etico, che ha già subito una riforma, e un elenco dei precedenti, applicati a Livorno, Palermo… Ha chiesto il giudice: “Qual è la fonte?”. Gli avvocati: “Il blog delle stelle”. “Da chi è firmato?”. “E’ il blog ufficiale”. Taglia corto il Pm  Dall’Olio: “La consideri fonte aperta”.

Roma è governata malissimo, ma non è certo trasformando una bugia politica in reato che può salvarsi da quel degrado, prima di tutto amministrativo, che Repubblica racconta da ben più di dieci anni – molti dei quali quasi in solitudine – e ormai come un manto di sugna ricopre la città più bella del mondo.

Questo processo impossibile, senza reato, ha fatto alla fine intravvedere che nello smarrimento della esile Raggi c’è  forse il destino di tutti i nuovi burattini della politica, gli alter ego ormai più numerosi e più fake delle fake news, il presidente del consiglio per procura, i deputati per  sorteggio, la sindaca puppet:…è lo smarrimento epocale della nostra democrazia.

2 thoughts on “Processo e assoluzione della sindaca RAGGI, LA BUGIA NON E’ REATO L’INCAPACITA’ NEPPURE

  1. Andrea Costa

    Credo che questa ultima frase può benissimo essere posta come sintesi per chi voglia capire, in futuro, i tempi che stiamo vivendo. Disegna uno scenario molto fosco ma verissimo.
    Complimenti, non si poteva scriverlo meglio.

  2. Maria

    Il momento che stiamo vivendo mi sembra tristissimo, sì, l’ultima frase di questo articolo denuncia tutto lo squallore del governo italiano. Grazie Merlo per la lucidità con cui scrive, descrive e “alleggerisce”.

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