Il tormentone 2018 è la caccia al nero L’ESTATE DEL NOSTRO DISONORE Orribile ma cretino è il razzismo diffuso

In questo 2018, da Moncalieri a Catania, è la caccia al nero il delitto dell’estate,  che non è solo la stagione delle zanzare e dei pensieri cattivi, ma anche della violenza seriale e del crimine che, ripetendosi come un orrendo tormentone, diventa un vizio maligno, una patologia sociale, una sottocultura nazionale di orrore e di morte. Per esempio rimanda, questa caccia al nero estiva, ai sassi gettati dai cavalcavia che, nell’estate del 2014, divennero valanghe di pietre. E fu chiaro a tutti che la criminale – e non inedita – bravata, qualche volta mortale, in quel 2014 si contagiava per imitazione, si riproduceva per emulazione. Gli episodi denunziati furono infatti 90 e i minorenni fermati 70. E abbiamo anche avuto l’estate degli aggressori delle prostitute,  dei pirati della strada, dei barboni dati a fuoco, dei coltelli in discoteca.

E’ vero che l’espressione “razzismo diffuso” applicata a un ritornello dell’estate ha un suono orribile, ma questa infocata caccia al nero è così ripetuta, così replicata e così imitata  che davvero sembra la versione demoniaca di “Sapore di sale”, di “Vamos alla playa / todos col sombrero”,  e poi “Ostia Fregene Rimini Riccione / un’altra estate un’altra canzone”.  E può finire come ad Aprilia dove Hady Zuady, marocchino di 43 anni, è stato ucciso a pugni e calci perché “ladro”, o come in Piemonte dove all’atleta nera Daisy Osakue, 22 anni,  che  rischia di perdere l’occhio, sono state lanciate  uova da un’auto in corsa. E pensate a cosa ha trasformato in un razzista quel normale milanese di 55 anni che ha visto un nero parlare al telefono in cingalese e dunque lo ha inseguito al grido di “parla italiano!”.  Secondo voi, chi due emanava un afrore selvatico, arcaico e animalesco, il senegalese al telefono o il milanese che lo ha aggredito con un coltellino e una rabbia aggravata dall’ inconsistenza, dalla mancanza dell’ offesa?

Siamo i primi a pensare che la sociologia vada applicata ai delitti di nera con estrema prudenza, ma per esempio nell’estate del 2010  la cronaca ha cominciato a registrare casi di violenza familiare finiti con l’acido sul viso. E a poco a poco, di nuovo per contagio, l’acido si è imposto, in un’escalation di donne, e  qualche volta di uomini, sfregiate dagli ex. La barbarie dell’acido – nitrico, solforico, cloridrico – che i mafiosi abitualmente usano per sciogliere i cadaveri e farli sparire,  entrò nel degrado delle famiglie, sostituendo, che so?, la rottura dei piatti, il “torno da mia madre”, il “vado a comprare le sigarette”. L’acido, che è il massimo dell’offesa con il minimo della spesa, fu la spia rivelatrice di un monstrum italiano, della ferocia che stava avvelenando il Paese, dai forconi al teppismo politico spacciato per rivoluzione,  sino al femminicidio appunto: l’acido fu il dettaglio rivelatore d’epoca.

Ebbene oggi,  la spia d’epoca è il razzismo.  L’ estate italiana, oltre che dalle vespe e dalle sciocchezze sui social, è infatti dominata dalla caccia al nero. Così nel piazzale della stazione di Catania , come raccontano i testimoni, alle 9.30 del mattino , un autista del bus per Taormina ha chiuso le porte in faccia  a un gruppetto di africani che stavano per salire muniti di biglietto. Li ha lasciati a terra e se n’è andato: tié. In provincia di Vicenza, un operaio nero è stato ferito da un pallino di piombo sparato dalla terrazza di un appartamento, mentre a Partinico l’agguato è avvenuto al grido di “sporco negro” e poi l’aggressore si è scusato così: “avevo bevuto qualche birra di più”.

Come si sa il primo ad aprire la caccia  a neri fu, in campagna elettorale, Luca Traina a Macerata, che in galera a Piacenza adesso riceve fiori, regali, messaggi di solidarietà – “sei un grande” -: insomma  affetto, sostegno e offerte di denaro. Sono passati cinque mesi e solo ora, nel pieno dell’estate italiana che con i suoi ormai abituali 40 gradi  arroventa e rincretinisce il paese, la caccia al nero si sta diffondendo in tutto il territorio nazionale ,“isole comprese” dicevano i piazzisti di una volta, con la creatività del maligno.  Ma poiché nel Paese del sole che corrode i nervi, in luglio ed agosto i misfatti e i reati si contagiano nell’ aria opprimente insieme alle gastriti, alle coliti, ai deliri, alla sbracatezza e al sudore, può anche darsi  che uno fosse davvero ubriaco e che l’altro abbia sparato ma non mirato. E c’è pure quello che “non sapevo che era nero”. Ci sono poi quelli che “è  tutta un’esagerazione della sinistra pietista e buonista”, e quelli che “nessuno si occupa delle uova lanciate ai bianchi”.  Può darsi insomma che il razzismo stia per ora mostrando solo la sua faccia cretina. E forse è anche così che vanno  raccontate queste orribile storie, con il codice dei cretini: spaventosi, fantasmagorici, tragicomici, colossali cretini.  Come appunto all’ospedale  di Giulianova, provincia di Teramo, dovea Ibrahima  Diop,  naturalizzato italiano di 39 anni, sposato con un’italiana e padre di un sedicenne, è stato detto di rivolgersi al reparto Veterinaria. Chissà le risate di questi cretini. La caccia al nero è come allegro tormentone , dunque, proprio come qualsiasi altro refrain identitario delle piccole variazioni che poco alla volta cambiano un paese:  da “A A Abbronzatissima” a “Sento il mare dentro a una conchiglia”, sino al Salento dei Negramaro e alla taranta. Canzoni  e delitti: i tormentoni di quest’estate sono la caccia al nero e “andale andale / portami giù dove non si tocca”.

3 thoughts on “Il tormentone 2018 è la caccia al nero L’ESTATE DEL NOSTRO DISONORE Orribile ma cretino è il razzismo diffuso

  1. giacomo

    dopo Famiglia Cristiana , Saviano, Civati e pochi altri ci voleva questa chiara e forte dichiarazione. Grazie . PS. se non si tratta di una informazione inventata, il signor Grillo ha dichiarato , sul fatto Daisy , che si tratta solo di un uovo in faccia. Bene, gli auguro di avere la stessa fortuna .

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