IL GIURAMENTO DEGLI SPERGIURI Sfila al Quirinale il neonato potere: ecco la nomenklatura populista che l’ha giurata ai più deboli.

Giurano gli spergiuri, Di Maio goffamente compiaciuto e Salvini goffamente agitato, entrambi storditi dalla liturgia del Quirinale che il leghista chiama “Bastiglia”. La piazza dell’ indolenza romana è presidiata dalla polizia e tuttavia due belle ragazze tedesche, nella baraonda, denunziano il furto di una borsa: “Verdammte Italiener”!   Le ragazze non sanno che dentro quel palazzo un professore, Paolo Savona, sta giurando vestito da ‘Piano B’. E che Mattarella ancora lo guarda come fosse l’angelo della storia. “Complimenti” gli mormora. E Savona: “grazie presidente”.  Anche la formalità impeccabile può essere ironia.

Gli accrediti stampa sono 800, ne arrivano poco più di 250 e sono già folla baudelairiana. Il cerimoniale accoglie e accompagna i parenti dei ministri, signore in abito lungo, mamme e zie dei sans-cuolottes che oggi indossano, tutti, abito scuro e cravatta, l’uniforme dell’Ancien Régime. Il nuovo potere delle destre populiste si veste infatti da nomenklatura e fa la prova generale del petto in fuori e del passo cadenzato. Alla fine della cerimonia, i parenti, stipati su un lato della sala, applaudono come a una laurea di provincia e Di Maio è il solo che alza la mano per incitarli e salutarli come se si trattasse davvero di pubblico e non di una festa di famiglia.

Nella sala dei tre lampadari, che il grande specchio dorato moltiplica in una fuga senza fine, giurano pure i lealisti agli ordini del generale dei carabinieri  Sergio Costa, il ministro dell’Ambiente che, secco e alto,  batte i tacchi e insegna la verticalità anche ai Corazzieri. Nessuno in questi casi sa mai dove mettere le mani,  ed è un peccato che non ci sia Fico che, come sappiamo, le tiene in tasca. Il premier Conte rimane sempre sull’attenti accanto a Mattarella che ogni tanto le appoggia sul tavolo. Assisto al terzo giuramento del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi, un doppio cognome aragonese che, per avventura migratoria, conquistò il Lodigiano sin dal 1400 e infatti sul giornale di Lodi “il Cittadino”  è ogni volta celebrato come “il diretto discendente dei Bocconi, fondatori prima della Rinascente e poi dell’Università”. Fu il Gianni Letta di Mario Monti , poi il superministro di Enrico Letta, e ora, nella Commedia Umana dell’assalto al cielo, è la dottrina discreta della Tradizione, il contrario del maoista Di Maio che è invece la tabula rasa, e incarna l’idea che la persona più comune sia la più adatta ad  affrontare   le circostanze più fuori dal comune.

Questa volta non ho visto Moavero Milanesi  esibirsi in uno dei suoi eleganti baciamano che sedussero la Merkel. Al contrario il Di Maio bastonato “bacia la mano che non può tagliare”, e giura, nelle mani del “traditore” Mattarella, che non lo tradirà.

Di Maio non è più il grillino rifatto che, 89 giorni fa, indossando l’abito del terno a lotto, per la prima volta varcò il portone del Quirinale  come fosse di casa, come se il Palazzo fosse già suo. Oggi l’abito è più scuro ma l’ex commesso dello stadio, “il fantastico napoletano” disse Grillo nello streaming con Renzi, esibisce l’ euforia per esorcizzare il logorio delle sue stesse urla: l’impeachment, l’alto tradimento, la rivoluzione, le elezioni subito . Alla fine è stato addomesticato dalla ditta “Mattarella&Cottareli Servitori dello Stato”, e ovviamente da Salvini, il solo che, invece di scandire, bofonchia la formula del giuramento “giuro di essere fedele…” e lo firma pure con uno svolazzo spavaldo.  E chissà che non ci sia un senso profondo in questi nomi dei tre vincitori che sono diminutivi (Sal-vini, Matta-rella, Cotta-relli) quasi a dire che la forza, buona o cattiva che sia,  nella galassia di Star Wars ha bisogno di rimpicciolirsi e non è roba per tontoloni che “riscriviamo la storia”.

Forse oggi “più popolo” di Di Maio è la simpatica bionda Barbara Lezzi che in giacca  bianca e pantaloni neri sembra Rose Leslie, la domestica di Downton Abbey quando diventa segretaria. Impiegata a Lecce, dove ha il merito di avere battuto alle elezioni Massimo D’Alema, è Ministro per il Sud.  Dunque eredita, nientemeno, la questione meridionale di Salvemini, Villari, Fortunato, Nitti, Gramsci, Gobetti, Fiore, Dorso  Rossi-Doria….

L’ultimo giuramento lo ha pronunziato la ministra della Salute, siciliana di pelle chiara e capelli biondi. Si chiama Giulia Grillo questa piccola normanna  dei “No Vax”. Ha dunque l’aria gentile il sottosopra contro i vaccini e contro la ragione che farebbe inorridire Umberto Veronesi e Rita Levi Montalcini. Anche Riccardo Fraccaro, ombroso persino mentre giura, ha un compito minore ma inquietante: è il ministro per la democrazia diretta, una specie di distopia orwelliana. Da sempre i grillini  hanno infatti come obiettivo e ragione sociale il superamento della democrazia rappresentativa, custodito sin nel nome della piattaforma di Casaleggio: Rousseau. Certo è difficile immaginare la democrazia  “totalitaria” realizzata da… Fraccaro (quello che scrisse Itler, così, senza H).

Ma quando poi arriva il momento della foto di gruppo, che è la memoria di ogni festa, torna in primo piano il volto paffutello e gli occhiali appesi al collo di quel professore. Nella foto Savona occupa il posto dell’Homo Sapiens (o Sacer) che pensa di saperla più lunga di Mattarella che ha la mite intransigenza dell’Homo Erectus. Salvini è invece l’Homo Habilis, il terrone padano che ha intortato il terrone napoletano. Savona è per Salvini  quel che Miglio fu per Bossi, la corda pazza dell’ Accademia, dei libri e della scienza. Gli hanno dato le Politiche comunitarie ma Salvini gli ripete che sarà lui il vero ministro dell’economia: ha l’autorità che non ha nessuno, certamente non il presidente del Consiglio che, disseppellito e risorto,  rimane una figura drammatica perché presto sarà costretto a scegliere tra i troppi duellanti: i suoi duce vice innanzitutto, di cui non potrà per sempre fare il vice.

Come sempre, la foto di gruppo ci dà il senso di tutto in un istante: è l’ interminabile brontolio razzista, l’isteria dell’ordine e della spazzatura umana che ingombra le strade, la lotta contro i poveri, i disgraziati, i vagabondi,  l’Islam,  i gay, i miserabili, i clochard, i Rom. E’ per questo che hanno giurato, gli spergiuri.

22 thoughts on “IL GIURAMENTO DEGLI SPERGIURI Sfila al Quirinale il neonato potere: ecco la nomenklatura populista che l’ha giurata ai più deboli.

  1. Ivan Mallardi

    Sig. Merlo, la sua ampollosa retorica riesce soltanto a rimarcare il suo ben noto ossequioso servilismo.
    Si rassegni. Una nuova epoca è cominciata. E lei non ne fa parte.

    1. Francesco Merlo

      Caro Mallardi, non esiste un solo mio articolo servile. Lei non lo troverà. Esiste la diffamazione di Travaglio che l’ossessione rende fessacchiotto. Ripeterla non la fa vera.
      E che vuol dire non far parte della nuova epoca? Io scriverò sempre quel che penso. Lei se ne faccia una ragione mentre si gode l’epoca. Grazie

  2. Francesco Utzeri

    Egregio dottor Merlo, il suo stile di scrittura è gradevole, altrettanto quanto è sgradevole il contenuto. Ebbene, una semplice impiegata del sud diventa ministro, come un semplice steward da stadio che può diventare vice presidente del centro, si chiama Democrazia: che le piaccia o no !

    1. Alberto

      A parte il “vice presidente del centro”, la prossima volta consiglio una specie di lotteria. Così, per democrazia…

      1. Francesco Utzeri

        Volevo dire a chi ha puntualizzato il mio “centro” che è stato un refuso del correttore di Google che ha sostuito il mio ” consiglio” con ” centro” . L’ errore era comunque evidente.

  3. Mario

    Concordo con i commenti che mi hanno preceduto. Il giornalisti sono anche i mediatori del messaggio politico, pertanto sono anche essi responsabili della situazione. I giornalisti sono più occupati a trasmettere le proprie opinioni a “educare” il popolo, a ergersi come moralisti.

  4. Michele

    Dott. Merlo, le faccio notare che la bionda Barbara Lezzi è quella geniale signora che si batte per la meritocrazia. Infatti dovendo assumere un assistente, ha richiesto l’invio dei cv. Le sono pervenuti circa 20000 cv di giovani speranzosi nella meritocrazia, dotati di cv, non taroccati, ma che non avevano nulla da invidiare a quello del Prof. Conte. Immagino che dopo aver passato notti intere a spulciare i cv, alla ricerca del più meritevole, la scelta è ricaduta sulla figlia del compagno, non proprio una persona a caso. Se, come si dice, nel Sud per trovare lavoro, da sempre, si ha bisogno di una raccomandazione, direi che è la persona giusta al posto giusto.

  5. Mario

    Provo a circostanziare la mia osservazione sui giornalisti che non informano ma si atteggiano a moralisti ed educatori. Scrive Francesco Merlo:
    “Giulia Grillo questa piccola normanna dei “No Vax”. Ha dunque l’aria gentile il sottosopra contro i vaccini e contro la ragione che farebbe inorridire Umberto Veronesi e Rita Levi Montalcini.”
    Un giornalista dovrebbe informare e quindi dare parola e voce a quei medici e ricercatori come Roberto Gava, Dario Miedico e altri che, avendo espresso opinioni contrarie o critiche, sono stati prontamente radiati, quindi condannati a morte professionale. Un giornalista dovrebbe andare a scavare la vicenda di Andrew Wakefield, studiare il suo articolo su The Lancet, studiare l’azione di killeraggio promossa da Brian Deer nei suoi confronti. Un giornalista coraggioso dovrebbe denunciare la colossale menzogna del ministro Beatrice Lorenzin. Invece si preferisce scrivere una nota colorita, un siparietto.

  6. Paolo Gandolfo

    Dottor Merlo, in questo articolo, come in tutti i suoi, la capacità quasi visionaria di saper trarre dalla descrizione dei fatti la vera essenza di persone e cose è pari solo alla straordinaria prosa con cui è vergato.
    Le sue opinioni possono essere (da altri) non condivise, veramente non capisco il motivo di venire sul sito a postare commenti insultanti. Grazie.

  7. Germano D’Acquisto

    Amo ogni singola lettera, ogni singola parola, ogni singolo periodo. E ne condivido inoltre l’idea, il pensiero. Grazie di cuore.

  8. Annarita Monni

    Insultando al limite dell’intimidazione, un giornalista libero come Francesco Merlo, contribuite ad abbassare la posizione dell’Italia nella classifica dell’informazione libera. Salvo poi lamentarvene, additando altri come responsabili del triste primato. Le liste di proscrizione riempite con i nomi di giornalisti che non vi piacciono, le hanno stilate i personaggi che difendete ciecamente, con la complicità di Marco Travaglio.

  9. Nicola

    Commesso, domestica, segretaria, sono dei lavori ma lei li cita per non per indicare gente che lavora, ma in senso spregiativo per indicare pochezza… Complimenti, secondo me non è nemmeno in grado di comprendere la pochezza del suo articolo, lei

  10. Salvatore Mattei

    Il fatto che un giornalista, sul proprio sito internet, dunque su un sito che paga di tasca propria, accetti i commenti dei suoi lettori e accetti di lasciare quelli sgradevoli, dice veramente tutto sulla statura morale di quest’uomo. Non è il più grande giornalista vivente per questo, ma questa ne è una ulteriore conferma e riprova.

    1. Nicola

      la miseria, che giornalista serio però, lascia anche i commenti sfavorevoli… ovunque su internet funziona così, mica è la carta stampata, cancellare commenti per un giornalista equivale a suicidarsi, più o meno

  11. Andrea Sansò

    Mamma mia che articolo schifosamente classista. Provo malinconia a condividere le origini siciliane con uno che all’asciuttezza tagliente della prosa di Sciascia preferisce l’ampollosità che tradisce la pochezza del pensiero. Userò questo articolo per insegnare come non si scrive.

  12. Lucia

    Le parole usate da Francesco Merlo sono fin troppo generose rispetto all’attuale disastro italiano: “la mancanza di una classe dirigente (responsabile)”, in simili condizioni, le famiglie si sciolgono e le imprese falliscono. Il problema parte da lontano, un tappa significativa e’ stata 20 anni la riforma dell’Universita’ voluta da Prodi-Berlinguer basata sulla “autonomia” degli atenei (che comportava programmi di insegnamento e concorsi per professore a livello locale). Pietro Citati su Repubblica (credo del 1998) allora scrisse: “cosi’ il paese rinuncia ad avere una classe dirigente”. E gli effetti si vedono oggi, con 2 personaggi (DiMaio e Salvini) che non sono nemmeno riusciti a laurearsi in Giurisprudenza e Scienze Politiche (dove basta che studi un po’ a memoria, e l’esame lo passi). Due non laureati che danno ordini ad un Docente (Conte) che e’ diventato Professore Ordinario a 40 anni senza avere (almeno uno tra questi): Specializzazione/Master, Dottorato di Ricerca, Pubblicazioni internazionali (nel 2005 grazie ai concorsi locali …).

  13. angelo libranti

    L’articolo denuncia un certo rosicume. L’autore se ne faccia una ragione: la ruota gira e questa volta mostra una faccia inedita.

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