E’ più epico del Post il film su Pippo Fava (un emozionante Fabrizio Gifuni) e il suo giornalismo libero L’EROE CHE MORENDO COSTRUI’ IL FUTURO

Va detto subito, come anticipo di conclusione, che il nostro Fabrizio Gifuni se la batte con Tom Hanks e Meryl Streep, che il suo  Pippo Fava è memorabile ed emozionante, e che Prima che la notte di Daniele Vicari è forse più epico del Post di Steven Spielberg. Ma prima bisogna spiegare che questa non è solo una storia di ferocia e  di strapotere mafioso perché l’assassinio di Fava è speciale anche tra i delitti di mafia. Non c’è infatti nel nostro Paese un altro giornalista che è diventato eroe nel senso classico  – omerico, virgiliano, shakespeariano, conradiano – dell’uomo che con il suo eroismo apre le coscienze e trasforma in  luce il buio nero della propria morte. E infatti il film, che sarà presentato stasera e messo in  onda su Raiuno il 23 maggio, si chiude con lo scandalo evangelico dell’assassinio che cambia il passo dello Stato, con i carabinieri che, arrivati dal Nord come il capitano Bellodi del Giorno della Civetta (1960), arrestano gli intoccabili: il cavaliere Gaetano Graci, che aveva tentato di comprare Pippo Fava con 200 milioni, e gli altri eccellenti di Catania – i Cavalieri dell’Apocalisse li aveva battezzati Fava – i signori assoluti dell´orrore urbano di calce e cemento.

Prima che la notte è innanzitutto la storia di una città, Catania, la città innocente di Brancati e di Capuana, di Verga e De Roberto ,del teatro di Martoglio e Turi Ferro, che uccide il suo giornalista, lo scrittore che, pur non essendovi nato, più l’amava e ne era riamato proprio perché molto le somigliava per impeto e creatività vulcanica. E infatti, già prima di dedicarsi alla lotta alla mafia, era l’artista geniale che meglio la raccontava con la sua scrittura espressionista, i disegni, le incisioni, la pittura: occhi sbarrati e corpi barocchi come le forme architettoniche della Sicilia orientale ricostruita dopo il terremoto del 1693.

Gifuni è Fava nell’accento, che non è l’insopportabile strascicato siciliano cinematografico, “minchia, aahh”, ma è l’accenno all’infanzia di una lingua. Indossa l’abbigliamento eversivo dell’ angry young man di 59 anni, e sempre accende la Nazionale senza filtro che è come la pipa di Maigret e il sigaro di Churchill, ma con i denti ancora tutti bianchi che Fava esibiva nel sorriso allegro e spavaldo. E chissà dove Gifuni ha imparato a mangiare  i  masculini — le alici —  che piccoli, argentei, dissanguati,  crudi  o fritti, sono il cibo identitario, più della granita di gelsi neri. Gifuni diventa Fava nel nero dei capelli e della barba, nero di Sicilia, da cui si originano tutti i neri del mondo, con i riflessi rossi che gli venivano dal mare di Ognina dove a piedi nudi Gifuni riesce a muoversi sugli scogli neri e taglienti  con l’agilità e la prensilità del granchio, dell’uomo simbiotico all’ambiente. E c’è il rapporto con l’acqua che guarisce :“Vai a farti un bagno a mare!”. “Ma come, ti hanno licenziato e mi faccio il bagno a mare?”. E sullo sfondo c’è sempre il Vulcano, quando Fava accetta la direzione e quando gliela tolgono, quando torna  a scrivere di teatro e quando fonda “I Siciliani” con niente e 16 carusi. Vulcano è il carattere intraprendente e iperattivo,l’intelligenza che sorprende e che conquista, la vita sovraeccitata che lascia sempre a bocca aperta e si fa beffe persino della paura e della mafia, anche quando Fava “pre-sente” come andrà a finire.

I carusi hanno tutti i loro nomi reali, e hanno il fascino di quei carusi veri questi giovani attori. Delizioso è il ritratto dell’eleganza meridionale per ‘tocco’ di famiglia, con la bella figlia Elena che ride come il padre  mentre il figlio si tende come la madre Lina, che è la donna-matriarca che, a tutti i costi, tiene in piedi la famiglia.  E sembra dipinto da Degas il viso intenso di Lorenza Indovina mamma e moglie, la moglie-mamma della poesia di Martoglio: “… si ‘n avissi a tia, ju ‘ntra ‘ stu munnu, mi sintissi persu;… a tia ca sì la megghiu puisia; e di la puisia lu megghiu versu”.

Non è più un’immaginetta questo Fava, anarchico, socialista, romantico siciliano sempre in bilico tra il restare e l’andarsene. E  non c’è la politica – il film lo dice molto bene –  che c’è invece nella storia del Post. Dietro quel grande giornalismo americano c’erano infatti un fantastico editore democratico e lo scontro  tra i due grandi partiti. Nel giornale di Fava non ci sono  partiti e non ci sono editori democratici, anzi gli editori sono malefici, e su tutto, come ha spiegato il regista Vicari, vince la passione  della libertà, che “o è totale o non è” e in Fava era  amore e gioia di vivere.

Ma si sa che, tra morti ammazzati, paura e omertà, Fava era solo con i suoi carusi e non solo perché le istituzioni politiche, giudiziarie e poliziesche  erano colluse  e cortigiane, e il boss Santapaola era riverito e fotografato fra le autorità.  C’era  una larga parte della città, non solo quella complice, che non voleva credere che la criminalità dei suoi quartieri  fosse mafia e che i suoi imprenditori fossero padrini, anche dopo la denunzia che nel 1982 ne aveva fatto il generale Dalla Chiesa nella famosa intervista a Giorgio Bocca: “Oggi la mafia è forte anche a Catania, anzi da Catania viene alla conquista di Palermo. ”

Il film racconta molto bene quel “noi non siamo Palermo”,  il famigerato “la mafia non esiste” che si era trasformato in “la vera mafia sta altrove”. Oggi sappiamo che il copione del diavolo è dovunque uguale, che la sua astuzia più diabolica è far credere che non esiste. E infatti Catania  reagiva negando, formando comitati di difesa e contrapponendo l’antropologia levantina a quella araba, da un lato i catanesi che lo stereotipo voleva chiacchieroni e senza mistero e dall’altro i picciotti di panza: truffa d’Oriente e lupara d’Occidente. Così poi reagirono anche Siracusa, Messina e  Reggio Calabria, e pure Roma – è attualità –  dove la mafia  ha innescato  la disputa linguistica sulla parola mafia.

E  invece questo film finisce con i carabinieri che ringraziano i carusi di Fava che li hanno condotti fino a là. Coraggiosi e spericolati protagonisti della nuova stagione antimafia, continuarono infatti a pubblicare il giornale, ad accumulare debiti e successi, a combattere contro depistaggi e calunnie. La verità era ormai abbagliante: quell’assassinio fu lo scandalo inaudito, dove dare scandalo è mettere sotto gli occhi di tutti quello che nessuno vuole vedere. E ci fu anche qualche tradimento che nel film ha il nome di Gaetano, l’amico e collega che avrebbe voluto fermare Pippo: “la prossima volta, se ti offrono di comprare il tuo giornale, accetta”. Pippo gli dice: “Ma non è che ti mandano loro?”. E lui: “Che dici, Pippo! Io Gaetano sono”.  All’indomani dell’omicidio i carusi sfogliano il giornale locale che qui si chiama Quotidiano di Catania. “Che scrivono?” chiede Claudio. “Che è un omicidio inspiegabile in una città che non ha mai conosciuto la mafia”. “Nessun movente è escluso, stanno indagando nella vita privata di tuo padre”. “E di chi è il pezzo?. “ E’ di Gaetano”.

Oggi tutti i vecchi carusi hanno superato l’età che Fava  aveva quando fu ucciso,  anche i due autori del soggetto: il figlio Claudio e Miki Gambino. Li affianca la sceneggiatrice Monica Zapelli che è uno straordinario talento del cinema di impegno. Questo loro Prima che la notte è la tipizzazione letteraria di un mondo che il gennaio del 1984 si svegliò “grazie” a 5 colpi di pistola, all’eroe che muore, ha detto il regista Vicari,  “ma riesce  a costruire il futuro”. Dissacrante com’era, chissà se questo eroe, se fosse vivo, non proverebbe a smontare anche questo se stesso perché la sua letteratura  era popolaresca ma brechtiana e borġesiana , più anti eroica che eroica, una  sana letteratura siciliana sui perdenti.

Non so se ci riuscirebbe. Sarà anche vero quel che dice Brecht nel Galileo:  “Fortunato il Paese che non ha bisogno di eroi”. Ma ancora oggi, ogni volta che il Vento passa sulla tomba di Pippo Fava, come nel memorabile (ma chi ne ha memoria?) romanzo di Ernesto Sabato Sobre héroes y tumbas (1961), si carica di semi per i campi più aridi.

3 thoughts on “E’ più epico del Post il film su Pippo Fava (un emozionante Fabrizio Gifuni) e il suo giornalismo libero L’EROE CHE MORENDO COSTRUI’ IL FUTURO

  1. Armando Lo Pumo

    Un bellissimo articolo.Mi ha fatto rivivere il tragico assassinio di Pippo Fava.
    In quel periodo frequentavo la facoltà di giurisprudenza nella mia Catania e leggevo”i siciliani”
    Pippo Fava è stato uno degli eroi di questo Paese che si è battuto contro la mafia e che ha perso la vita,volendo affermare le proprie idee per rendere migliore la società.
    Grazie per avermelo ricordato.

Rispondi a Armando Lo Pumo Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>