Comico e finto il vaffa alle urne con le pinne // L’ESTATE NON E’ NEUTRALE: LE CITTA’ DEL NORD LEGHISTA A FINE LUGLIO SONO VUOTE DI ABITANTI E PIENE DI ZANZARE E DI DELITTI

Quarantadue gradi a Milano, 41 a Roma e 43 a Palermo:  il vaffa al caldo e e all’asfalto rovente,  il vaffa allo scirocco , il vaffa al sole e alle vacanze perché “sarebbe un tradimento non votare a luglio”, insomma il vaffa all’estate  è stato , sino ad oggi,  lo spettacolo più comico messo in scena dalla Compagnia di Beppe Grillo con l’accordo, suicida, della Lega. Perché – bisogna dirlo – è soprattutto nel Nord ‘salvinofilo’ che l’aria guasta e l’inerzia opprimente di luglio svuotano di abitanti le città e, ogni anno, le affollano di vespe e di delitti, di zanzare e di pensieri cattivi.

Già a prima vista, dunque, l’estate non è neutrale. Sarebbe soprattutto la Lega a patire di più la luce malata e il calore opprimente del voto estivo che minaccia la democrazia italiana già colpita dall’assenteismo anche nei mesi più tonificanti.  Diciamo la verità: non basterebbe neppure un devoto ritorno della Lega al dio Po e a tutte le sue ampolle salvinifiche e rinfrescanti né per vincere il Generale Estate, che in Italia è più Generale del Generale Inverno, né per convincere i milanesi e i brianzoli, i torinesi e i bolognesi, i veneti e i friulani a preferire le cabine elettorali, che sono brutte grigie e asfittiche come spogliatoi, alle cabine dell’indolenza, che in Italia sono il tempo sospeso della villeggiatura, con  un’architettura effimera e dunque immortale (celebri le cabine dell’Elba di Aldo Rossi), ricordi d’infanzia  con il bianco e il blu del liberty balneare, una sorta di pastiche felliniano in cui la Costa Azzurra si mescola con Rimini.

E’ vero che una campagna elettorale con le pinne il fucile e gli occhiali potrebbe regalarci qualche nuovo brivido estetico da spiaggia (Pannella raccoglieva firme sulla sabbia), ma solo i fantasmi ideologici impediscono di capire che la realtà dell’estate italiana è incompatibile con le elezioni.  E infatti nella storia della Repubblica il limite è stato giugno: il 2 giugno del 1946 si tenne il referendum Monarchia/ Repubblica e il 9 giugno del 1991 il referendum Segni, quando Craxi invitò gli italiani ad andare al mare e Bossi a preferire “la gabina – disse -del mare  a quella del voto”.

Se nel mondo a luglio si prese la Bastiglia e si dichiarò l’ indipendenza degli Stati Uniti,  in Italia fu arrestato Mussolini e, nel dopoguerra, si insediarono i brevi governi balneari : il primo fu quello di Bonomi il 4 luglio del 1921, l’ultimo quello di Rumor il 7 luglio del 1973; in mezzo ci fu persino un breve governo De Gasperi il 16 luglio del 1953.

Finché l’estate non diventa dunque una mezza stagione lieve e tiepida come una dolce primavera o come un inverno mite, nelle nostre città è duro lavorare e qualche volta persino ragionare, figuriamoci partecipare ai soliti dibattiti sui vaccini, affollarsi nelle consuete manifestazioni elettorali contro gli immigrati neri, farsi trascinare dai militanti della bile di Rete. Per difenderci dall’estate teorizziamo e pratichiamo l’immobilismo, che non somiglia al governo neutrale di Mattarella, ma è la più riconoscibile caratteristica dei cadaveri: l’inerzia su una sedia a sdraio, la fissità di “una giornata al mare, tanto per non morire”.

Quest’anno poi, per la prima volta dal 1958, ai mondiali di calcio non  ci sarà l’Italia e dunque l’estate sarà più stanca e rassegnata del solito, e speriamo che non sia anche più rovente di omicidi e di suicidi che a luglio e ad agosto sono molto più numerosi che in febbraio, il mese solitamente più freddo dall’anno. Come l’acqua fresca, che a luglio manca persino a Roma, il calcio sembra niente ma è tutto. E voglio dire che un gol placa persino l’arsura, specie quella del tifosissimo Sud dove luglio significa campi riarsi e solitudine, incendi e spazzatura fermentata. Al contrario la frustrazione e l’astinenza rendono meno sopportabile quel Sole da cui la Terra è nata e dove – solo d’estate lo si capisce  – andrà a morire.

E tuttavia almeno nel Sud il mare è spesso una consolazione vicina a casa: a Bari e a Napoli, come Palermo e  a Pescara ci si può bagnare di giorno e poi andare a votare la sera, sperando che l’aria rinfreschi almeno un po’. Ma a Milano, a Firenze e a Bologna  il sole corrode i nervi dei pochi che sono costretti a rimanere e produce deliri, gastriti, coliti. E tutti, anime in pena perché anime imprigionate, sbracati all’aperto o intossicati da condizionatori che inquinano e spesso non funzionano, diciamo (e scriviamo) stupidaggini, anche quei pochi che nelle altre stagioni sono composti e arguti.

Per affrontare le elezioni ci vogliono energia e passione che, nel Paese del sole, bastano appena per gli amori estivi, per i viaggi in auto, per le leggerissime letture da spiaggia. Davvero è possibile che, per la prima volta dopo quasi sessanta anni, i Gassman  e i Trintignant italiani – ‘Il Sorpasso’ è del 1962 – rinunzieranno  alla fragilità e alla presunzione di correre verso il mare per votare di nuovo lo stesso partito e lo stesso candidato che vanamente hanno già votato il 4 marzo?

Suvvia, per interrompere le vacanze della famiglia o magari solo decidere di non raggiungerla durante il week end elettorale non basta neppure il messianesimo  di Rousseau e l’orizzonte politico di “una città del sole” governata – nientemeno – da Luigi Di Maio e/o Matteo Salvini. Anche se – brivido estivo da ghiaccio bollente –  ci sarebbe pure l’infuocatissimo ritorno del nomade Alessandro Di Battista dal Sud America. Il nostro Che Guevara, rinunziando a scrivere per comiziare sotto un ombrellone, forse non darebbe tanto alla politica ma di sicuro molto gioverebbe alla letteratura di viaggio.

 

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>