Assoluzioni o condanne, la giustizia è stagionale. E oggi è tempo di Nostalgia CON IL PROPORZIONALE E LE PREFERENZE TORNA IL MANUALE MASTELLA

Torna Clemente Mastella insieme con il proporzionale e con le preferenze e riprende il suo posto di re del pittoresco, che gli era stato scippato (indegnamente) dai vari Scilipoti, Razzi, De Luca, De Magistris, Emiliano, Crocetta, Verdini, Alfano… Anche i tempi delle assoluzioni dunque, come quelli delle condanne, si piegano allo Zeitgeist, che è la Nostalgia: la rianimazione di Berlusconi, la sinistra che si appella a Prodi, una voglia matta di partito comunista, la pubblicazione nella prestigiosa “Nave di Teseo” di un romanzo inedito di Andreotti, mentre Gianni Morandi continua ad andare a prendere il latte con una nuova fiction, proprio come ai tempi dei suoi film cantati : ‘Non son degno di te’ e ‘In ginocchio da te’.
Mastella è l’arcimeridionale fondatore di sette partiti: la politica dello zero virgola, l’interdizione, la rilevanza dell’irrivelante. Fu ministro con il 2 per cento, e prima con la destra e poi con la sinistra, perché il proporzionale libera le mani e Mastella è il pacioso professionista dell’intrallazzo innocente. Ed è così bravo che Beppe Grillo, quando vide che il suo Di Maio stava occupando le televisioni, gridò in un comizio: “Attenzione, diventerà come Mastella”.
E infatti Di Maio, in mastellese a 5 stelle, si mise a pasticciare con le mail mentre si sporcava con le nomine della Raggi. E come Mastella sbagliava i congiuntivi e dava la colpa all’ufficio stampa, rilanciava il morbido valore della pacca sulla spalla, si esibiva con imprenditori e amabasciate. E scoprì l’America, ma alla Mastella appunto, con una lezione surrealista ad Harvard, proprio come Clemente che, ai tempi belli, diceva: “Vado da Hillary, la mia grande amica”.
C’è tuttavia una prima differenza tra Mastella e i mastelloidi: la coscienza e l’ironia. Compiaciuto, ma anche prendendo le distanze da sé, dice infatti: “In ogni italiano c’è un po’ di Mastella”. Davvero pensa di essere l’Alberto Sordi della politica. Di sicuro gli italiani ridono perché riconoscono come familiare la sua aria un po’ goffa, le giunture forti e il petto largo, quel parlare in perfetto terronio , e le aperte ammissioni: “la politica è un affare di poltrone “. Da quarant’anni ogni tanto minaccia di mettersi “alla testa del rabbioso sud”, promette “la rivoluzione dei lazzaroni” ma subito ne ride e a chi gli fa notare che non dovrebbe esagerare dice: “Spararla grossa per me è un dovere”.
Mastella è “il padre nostro” della politica italiana fondata sul proporzionale. Portavoce di De Mita, spiegava i famosi e oscuri ragionamenti cosi: “quel posto spetta a noi”. Regalava buonissimi torroncini che divennero leggendari: i mastellini. Riempiva i congressi di clientes, ‘le truppe mastellate': “mi servivano per far vincere De Mita”. Ma è stato anche luogotenente di Cossiga del quale spiegava le facezie culturali con il solito comandamento: “quel posto spetta a noi”. Poi, quando divenne machiavellico e si mise al servizio di D’Alema , chiosava sulle differenze tra politica e morale: “quel posto spetta a noi”. Quando infine contendeva a Pierferdinando Casini la fantomatica leadership del Centro diceva: “Siamo come le sorelle Bandiera inventate da Arbore: ci cantiamo a vicenda ‘fatti più in là’ “.
Rottamato ad ex onorevole da un processo penale di cui gli italiani non ricordano nulla si dimise da ministro della Giustizia facendo cadere il governo Prodi che però si reggeva su una maggioranza troppo risicata per durare. Com’ è noto, è stato assolto in primo grado dopo nove anni, un tempo scandaloso sul quale ieri ha già detto tutto Gianluca Di Feo. Mastella, che è sempre rimasto il re delle preferenze, aveva già avuto un risarcimento democratico con l’elezione a furor di popolo (62,8 per cento) a sindaco di Benevento che definì “la mia Itaca”. Si lanciò in una faticosa campagna elettorale casa per casa, moltiplicò le liste civiche e poi si azzerò lo stipendio e promosse le quote rosa. Prese anche i voti dei giovani ai quali si presentava così: “Sono come quei capi che nella moda chiamano continuativi perché non vanno mai in saldo”. Mastella, che non finisce mai di rinascere, spiegò in questo modo la sua elezione a sindaco: ” Giuseppe Verdi compose le sue opere più belle a 80 anni”.
In un’intervista antologica a Carmelo Caruso illustrò magistralmente il mastellismo: “Non solo non rinnego ma anzi esibisco clientelismo e familismo. La raccomandazione al sud è servita a salvare la democrazia. Non la considero immorale, ma una pratica onesta se segnala un talento e una virtù. Ho raccomandato portantini, invalidi, funzionari pubblici…Sono stato un missionario in un ospedale da campo. Ho solo esercitato la provvidenza”.
E forse dovremmo provare a non ridere più di Mastella e a prenderlo sul serio. Siamo ovviamente contenti che sia stato assolto perché l’assoluzione è sempre una campana a festa, ma Mastella è quel sottosviluppo politico del Sud che forse non riusciremo mai a superare, è il proporzionale che gli italiani bocciarono con uno storico, indimenticabile referendum guidato nel 1993 da Mario Segni. Quel referendum è stato tradito, al punto che alle prossime elezioni si voterà con il proporzionale e con le preferenze. E Mastella vuole tornare in campo: “Rifonderò l’Udeur” ha detto.
E però ancora meno ci piacque allora l’arresto della moglie (chi lo ricorda?), un fuori misura che risale al 2008. E delle accuse di concussione, dalle quali è stato assolto, scrivemmo in questo modo:”Il giudice e l’ imputato si somigliano: nella facondia, nell’uso forte dell’indignazione, probabilmente nell’inadeguatezza, sicuramente negli accenti di sincerità che sono, in entrambi i casi, convincenti e disarmanti. E soprattutto si somigliano la vacuità di una giustizia montata sull’umore antipolitico e la vacuità di una politica montata sull’amore familiare. Il giudice è sincero quando veste di Diritto la secrezione biliosa dell’uomo qualunque contro la politica. Ma anche Mastella è sincero perché davvero non capisce cosa c’è di male a vestire da statista la propria moglie”.
Cominciò allora il doppio circo. Mastella piangeva e organizzava affollatissime fiaccolate: “la luce dell’ innocenza”. Dall’altro si scatenò ogni genere di irrisione della “famiglia colpevole”, e fu memorabile la strenua, efficacissima difesa del figlio Elia davanti alla Iene che gli offrivano le arance da consumare in galera: la scena è su Youtube. Le bandiere di Mastella erano arancione come quelle della Bielorussia dove adottò un’orfana: “Hanno travolto un governo eletto, distrutto la mia carriera, colpito e lasciato segni profondi nella mia famiglia. So che mi assolveranno, ma sarà troppo tardi” profetizzò a Ceppaloni. Aveva ragione.
Ceppaloni, dove abitano i Mastella, fu assediata dai giornalisti. Mastella li accoglieva a mozzarelle e a tutti raccontava che non era vero che la piscina era a forma di cozza come aveva scritto Gian Antonio Stella sul Corriere: ” semmai è a forma di conchiglia”. E poi: “Mi trattano come un cafone. Ma ai cafoni io devo tutto”. Mastella è la maschera italiana che andò a prendersi una torta in faccia al Bagaglino, è l’innocente che non si è mai arricchito, “il pittoresco che – diceva Mussolini – ci ha fregati per tre secoli”, “il pittoresco che, diceva Benedetto Croce, ci salva da tre secoli”. Sfottere Mastella è stato per anni lo sport nazionale. Anche l’ultimo praticante dell’ultimo giornale della più sperduta provincia si scatenava su Mastella. Ci si permetteva con lui quello che non si osava dire degli altri. Mastella non si offendeva mai e trovava per tutti una poltrona d’accomodamento.
Torna dunque Mastella, come vuole il proporzionale, e torna con il suo eterno manuale di clientelismo, non scientifico ma pasticciato, familista ma col cuore d’oro. A Benevento è riuscito a fare l’università, la scuola allievi-carabinieri…L’autostrada Caianello-Benevento è chiamata la “Mastellese”:”Ho ridisegnato la viabilità del Sannio. Ben quattro strade portano a Ceppaloni” dice. Se andate a trovarlo, dietro la sua porta di sindaco ci sono file di questuanti e ogni domenica mattina apre la segreteria politica: “Per me è come il sacramento della confessione. A volte mi limito semplicemente ad ascoltare”. Nel Sud disperato, Mastella è una risorsa e Benevento è una strana provincia tosta, è terra di Goti, gente fiera e tenacissima come Bill De Blasio che è di Sant’Agata dei Goti. E’ una regione ricca d’acqua e di coltivazioni, un territorio interno con un nerbo non comune nel Sud. E’ infatti l’area delle forche caudine, dell’umiliazione inflitta ai soldati di Roma costretti a passare sotto il giogo. Ebbene, ieri Mastella, in una festa di Strapaese, ha detto ai “ragazzi di Benevento” di sentirsi come i sanniti di allora: “Tito Livio racconta che il nostro condottiero si chiamava Gaio Ponzio. In realtà si chiamava Clemente. Oppure, mettiamola così: Gaio Ponzio sono io”.
Francesco Merlo

5 thoughts on “Assoluzioni o condanne, la giustizia è stagionale. E oggi è tempo di Nostalgia CON IL PROPORZIONALE E LE PREFERENZE TORNA IL MANUALE MASTELLA

  1. Mastellino

    “Il giudice è sincero quando veste di Diritto la secrezione biliosa dell’uomo qualunque contro la politica.” Nutro qualche dubbio sulla sincerità.

  2. Mastellino

    Marcenaro scrive: “Un capolavoro a dir poco, sul Corriere di ieri. Il paragone scovato da Gian Antonio Stella tra “l’ìncensator cortese” della Roma grillina, tal Maurizio Alesi, e un antico canzonettista napoletano di nome Arturo Gigliati, era di quelli da lasciare a bocca aperta. Bravo Stella, brillante, rigoroso, da applausi. Spietato con il primo, “il violinista a cinque stelle”, che testé ha visto in Roma “una città impeccabile, fioriere ovunque, marciapiedi puliti ovunque ti giravi e di buche nemmeno l’ombra”. Implacabile col secondo. Il quale, dovendo presentare una canzone al Festival di Piedigrotta del 1937, anno di fascismo trionfante e di scarsa tolleranza verso le critiche, ebbe la geniale idea di intitolarla “Che peccato!”. Cantava, la storiella, di un mezzo yankee andato a Napoli per parlarne male, che peccato però: “Aver girato Napole / da capo fino a fondo / anche nel bassifondo / trovato civiltà! / Cercare su balcone / lenzuole appese fora / invece aver veduto / bandiere tricolore”. Così Stella ha mazzolato gli “incensator cortesi” di tutte le risme e di tutte le epoche, con infinito garbo e nessuna pietà, nel nome della coerenza personale e del rigore professionale. Giusto. Incaricato egli stesso dal suo giornale (era il remoto 1992) di raccontare nemmeno una città, ma le procure della Repubblica, mai infatti cortesemente le incensò. Le slinguò a sangue.”

  3. Franco Astengo

    Perchè scrivere un articolo fondato su di un falso storico? Cui prodest? Mastella è stato ministro due volte con la destra e con la sinistra ma non con il proporzionale e le preferenze. La prima volta nel 1994, Governo Berlusconi, vigente il tanto lodato “Mattarellum” (75% maggioritario, 25% proporzionalem con le liste bloccate), la seconda volta nel 2006, governo Prodi, vigente il Porcellum (proporzionale con premio di maggioranza, liste bloccate: sistema bocciato clamorosamente dalla Corte Costituzionale). Nella Dc, al tempo della proporzionale, Mastella ser aun giovane rampante. La sua storia di governo si sviluppa tutta nel periodo del maggioritario e della governabiltà. Nel periodo della proporzionale (1948 / 1992) non si sono verificati casi di ministri transuenti da opposti schieramenti. Anche perchè le formule di governo sono state sostanzialmente tre: monocolori democristiani, DC più partiti di centro, DC con PSI e altri in centrosinistra e pentapartito. Sarebbe utile una spiegazione. Grazie

  4. mimmo di napoli

    Egregio Merlo, Le trasmetto, di seguito, la mail inviata ieri alla rubrica lettere di Repubblica (ovviamente senza esito):
    “Ieri, il nostro Francesco Merlo, nella sua pungente esegesi mastelliana: “Il ritorno del manuale Mastella” afferma testualmente che “aveva già avuto un risarcimento democratico con l’elezione a furor di popolo (62,8%) a sindaco di Benevento”.
    Ma al primo turno, la travolgente passione dei sanniti si era arenata al 33,66 (contro il 33,23 del candidato PD); soltanto al ballottaggio il SiS (sempre in sella) Clemente ha beneficiato del 62,8.
    Nessuna “volontà unanime e perentoria” del popolo beneventano….”

  5. Andrea Parrino

    Gentilissimo Dottor Merlo, questo Suo articolo esprime in modo mirabile tutto quello che io penso dolorosamente da tanti anni circa questa deriva così spiacevole dell’informazione sulle tragedie del nostro tempo.
    Chi partecipa con rispetto e commozione ai drammi che ci addolorano ogni giorno subisce un affronto e patisce il disagio di veder sopraffatta la pietà, la comprensione, il dispiacere, la mesta partecipazione, perchè viene sostituita dalla descrizione morbosa dei fatti, che forse non potrà essere vietata, come Lei richiama con elementi strici e politici, ma dovrebbe ricevere un concorde rifiuto dalla maggioranza delle persone.
    Lei non dovrà smettere di scrivere considerazioni mirabili e per noi molto preziose; ne abbiamo bisogno, ma non potrebbe pensare a come raccogliere questo sentimento diffuso e condiviso dai suoi lettori e forse della maggior parte delle persone, per trovare il modo di aiutarci ad amplificare questo doloroso rifiuto di una martellante e ambigua informazione?
    Sappia che nel leggere le Sue note Lei ha dato voce ed emozione a tutti i suoi lettori!

    AP, dalla città di Pico

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