I DIRETTORI DEI MUSEI SONO BRAVI: CACCIAMOLI – Il TAR DEL LAZIO HA FATTO LA BREXIT:NON PASSA LO STRANIERO – DALL ‘UNIVERSITA’ ALL’ARTE, DALLA RAI AGLI STADI E ALLE OLIMPIADI TRIONFA L’ITALIA CIMITERIALE DEL “NONSIPUOTISMO”

SONO bravi, anzi bravissimi e dunque illegali. E Peter Assmann, direttore a Mantova, non è nato nella città di Virgilio (“ Mantua non genuit”) e neppure in Italia, ma è “solo” europeo e perciò — stabilisce la sentenza — va cacciato. Insomma il Tar del Lazio ha fatto la Brexit: non passa lo straniero. E proprio nel giorno in cui un’italiana, Claudia Ferrazzi, bergamasca di 40 anni è stata scelta da Emmanuel Macron come responsabile della cultura dell’Eliseo. Meno male che Parigi non è nel Lazio. E che non sono nel Lazio la National Gallery di Londra diretta da Gabriele Finaldi e i tantissimi musei (da Vienna a New York) curati da italiani.
Al servizio del No come radicale progetto politico di un’Italia cimiteriale, questo Tribunale amministrativo, lo stesso che aveva reintegrato nello stalking i falsi centurioni del Colosseo, ha infatti bocciato ben 5 direttori di musei italiani, dopo due anni di successi, di novità e modernizzazione, di recupero fondi e riappropriazione di spazi, di aperture notturne e gioia del pubblico.
Inutile dire che la sentenza antistranieri umilia l’innovazione e mette le ganasce al futuro. E subito condiziona la prevista nomina del direttore del nuovo Parco archeologico del Colosseo, spaventando i grandi manager internazionali e facendo sognare i perdenti, i losers direbbe Trump, che sono già pronti a ricopiare i ricorsi rancorosi che ora il Tar ha accolto dopo ben due anni di riflessione.
Due anni sono un tempo spropositato che rivela non dico la malafede ma certamente l’infelicità del giudizio. Li avessero bocciati subito per evidenza di illegittimità anche il nostro sbigottimento sarebbe stato a sua volta illegittimo. Qui infatti non ci sono indagini da fare, armi del delitto da trovare, motivazioni e alibi da destrutturare, testimoni da mettere a confronto. Davvero ci vogliono due anni per ammanettare qualche scellerato vizio di forma?
I giudici scrivono nella sentenza che la procedura di selezione è stata “magmatica”, una parola che ricorda il sarchiapone, la supercazzola, o forse soltanto il “lei non sa chi sono io” nel senso della hybris giudicante, come se il ruolo garantisse i significati, al di là del vocabolario. Magmatico è termine da geologo, da vulcanologo, non da chi spacca il capello-cavillo in quattro. Rimanda ai gas disciolti e dunque per metafora al torbido, al delitto. Ma una sentenza non può alludere al delitto, deve individuarlo e morderlo. E cos’è il magma in giuridichese? Davvero in nome del popolo italiano l’imputato viene riconosciuto colpevole di magma? E poi le prove orali, dice il Tar, sono avvenute “a porte chiuse” che è un altro rimprovero allusivo perché insinua la mala azione e l’inciucio. «Le porte in realtà erano chiuse solo agli altri candidati per un reciproco accordo tra di loro, ma erano pubbliche e i colloqui sono registrati» si giustificano al ministero. I giudici hanno contestato anche l’uso di Skype nel caso di un candidato canadese che non poteva venire in Italia. E qui il magma diventa Internet che il Tar del Lazio non riconosce e dunque rigetta come strumento di lavoro, come tecnica esaminatoria. Non sarebbe opportuno un bel corso internautico anche per i giudici del Tar?
E infine i criteri della selezione orale non sono “oggettivi” perché, dice il Tribunale, i voti non erano espressi con la numerazione da 1 a 10 ( quante le dita) ma con le prime tre lettere dell’alfabeto A B C, che è il codice approvato dal “Consiglio internazionale dei musei” (Icom), ma non dal Tar del Lazio, che ci ha messo due anni per bocciare i criteri adottati nel resto del mondo.
Lo scontro, sebbene sia grottesco, è vitale. Il Tar difende infatti i criteri “oggettivi” dei concorsi pubblici italiani che sono, non taroccati ma, diciamo così, cooptativi. Si sa prima chi li vincerà, per fedeltà di scuola, o di partito, o di parentela. E si va da Sanremo all’università, da miss Italia ai premi letterari. Tutti sanno che gli elaborati (titoli) sono pubblicati su riviste scientificamente inoppugnabili ma invisibili. E poi c’è la certificazione come boscaglia di crediti formativi e corsi di aggiornamento (e annottamento?) in tutte le professioni, dall’architetto al giornalista all’elettricista: gli attestati fanno massa mentre i vizi di forma e le sentenze del Tar azzerano carriere, sospendono rettori, bocciano nomine.
Ebbene, la commissione Baratta (cinque commissari, tra cui anche Ferrazzi, ora scelta, come dicevamo, da Macron) in due anni ha nominato trenta direttori di Musei e ha avuto il merito di mettere in piedi una più efficace e moderna procedura di selezione internazionale. E infatti hanno vinto i più bravi. In questi due anni, mentre il Tar rifletteva, i 5 direttori bocciati hanno portato prestigio, visitatori e danaro a Napoli, a Reggio Calabria, a Taranto, a Mantova e anche a Modena dove la Galleria estense, danneggiata dal terremoto del 2012, era rimasta chiusa sino al maggio del 2015. La verità è che la riforma ha prodotto risultati buoni e qualche volta eccellenti. Dunque questi due anni sprecati dai giudici del magma danno ragione al ministro. E valga come esempio virtuoso quello del tedesco Gabriel Zuchtriegel, che ha salvato Paestum dal magma del degrado. L’avevo vista ridotta a gabinetto pubblico nel 2012, ai tempi del ministro Ornaghi, e nel febbraio scorso ho passeggiato nel Parco meglio conservato della civiltà occidentale, valore identitario di una rinascita che al tempo stesso è italiana e senza nazionalità perché l’arte e gli artisti appartengono al mondo.
È chiaro che la girandola dei ricorsi, dopo ben due anni, qui è solo all’inizio, come nella scuola, come nelle università, come alla Rai. Siamo infatti il Paese delle bocciature e delle revoche delle bocciature, delle sospensioni confermative, delle sospensioni sospese e delle sospensioni rigettate. Sembra un romanzo russo sulle anime morte questa Italia dei frenatori, dei “katecontici” (dal greco kateckon) come ci racconta Massimo Cacciari nel suo ultimo libro,
Il potere che frena (Adelphi). Pur non previsti da Cacciari e neppure da San Paolo che inventò questo azzardo religioso- filosofico, i Tar sono gli strumenti più tenaci della cultura del freno, la rassegnata filosofia del “non si può” che un erudito napoletano del settecento battezzò “nonsipuotismo” e che sempre si accompagna al rinvio, all’eternità dell’indolenza, al mai prendere di petto le grandi questioni nazionali. I ricorsi che si rincorrono sono la morbidezza del peggio, la più crudele pena inflitta all’Italia, l’eterno rinvio della verità.

10 thoughts on “I DIRETTORI DEI MUSEI SONO BRAVI: CACCIAMOLI – Il TAR DEL LAZIO HA FATTO LA BREXIT:NON PASSA LO STRANIERO – DALL ‘UNIVERSITA’ ALL’ARTE, DALLA RAI AGLI STADI E ALLE OLIMPIADI TRIONFA L’ITALIA CIMITERIALE DEL “NONSIPUOTISMO”

  1. Luciano

    Caro Francesco, cosa altro aggiungere al tuo articolo? Forse che la disgrazia dell’Italia è essere governata da italiani (2 anni per un responso del TAR!) . Io penso da sempre che se vogliamo salvare l’Italia dobbiamo deportare tutti gli italiani in Patagonia e riempirla al loro posto di svedesi, tedesci, svizzeri, ecc, cioé popoli evoluti e civili. Altrimenti mi sa che non ne usciremo MAI.

  2. volty

    Non vizio di forma, bensì applicazione del vigente vizio di sostanza , visto che è la legge, d’impronta parafasciopatriottica, a precludere quegli incarichi agli stranieri, visto che è la legge a prevedere il voto a una o due mani. Infine sono le stesse leggi che prevedono i TAR, e li obbligano ad applicare il mare magnum di codici e codicilli fatte dal parlamento.

    Passati due anni dalla nomina o dalla presentazione dei ricorsi?
    So poco di questa vicenda.

    Faccio un altro esempio, per farmi capire:

    il parlamento vota una legge elettorale non in linea con la costituzione, poi si vota, e si eleggono i parlamentari, poi qualcuno ricorre, la corte c. boccia la legge, i parlamento si mette a fare un altra legge, magari di nuovo poco costituzionale, ecc ecc.
    Ma non sarebbe meglio cambiare le leggi (o la costituzione) e scrivere che ogni nuova legge elettorale deve essere approvata anche dalla corte costituzionale?

  3. Nunzio

    Caro Francesco Merlo la sua analisi però non prende in alcuna considerazione il fatto che la legge sul pubblico impiego vieti l’assunzione di cittadini stranieri. Perché criticare le decisioni del TAR e non l’incapacità del governo nel legiferare?
    Ironizziamo pure sulla Brexit dei musei italiani ma prima di commentare una sentenza bisognerebbe leggerla per intero e non solo gli stralci delle agenzie di stampa. Il giornalismo anglosassone docet.

  4. Gianna Maria

    Che brutto articolo, inno alla incompetenza. Lei non sa nulla di nulla dell’argomento e difende il governo come al solito. Legga Montanari sul suo giornale. E prima ancora la sentenza non le sintesi. Le leggi si riepattano anche se sono antiquate e in questo caso si cambiano. Ma che giormalismo è il suo? Povera La Repubblica. E poi dire che aspettiamo il giudizio di CdiSt? Non sarebbe più elegante?

  5. mario leggini

    Orrore. Il TAR Lazio non riconosce e dunque rigetta Skype “come strumento di lavoro, come tecnica esaminatoria”. – dice lei. Ma cosa c’entra l’uso di Sk per lavoro? La questione è posta dai giudici nel caso in questione, un esame. E allora perchè non ammettere l’orale di un concorso o dell’esame di maturità per telefono ? O la prova scritta via emali? Ma di cosa parla? Quella legge poi è pessima. Antica. Ma perchè non l’hanno cambiata? Buffo l’impeto renziano quando acceca.

  6. Gaetano Mele

    Caro Francesco, quando San Gennaro fu declassato a santo di seconda fascia sui muri di Napoli apparve la scritta: San Genna’ futtatenne. Ora, per quelli che criticano il tuo bello e sensato articolo, ti dico: France’ futtatenne.

  7. Sandro Lazier

    In sintesi:
    1 – impiegare due anni per scovare un vizio di forma è già questo di per sé un reato. Un reato contro l’intelligenza, la verità e la nazione, per via dei danni conseguenti. In questo caso si crea un enorme danno pubblico (presente e futuro) per tutelare un volgare interesse privato. Niente di più antidemocratico, reazionario e antieuropeo.
    2 – So per esperienza che la paranoia legislativa di questo paese è tale per cui, rovistando nelle migliaia di leggi e leggine rifugiate in qualche codice, qualsiasi ricorso privato può impedire qualsiasi iniziativa pubblica, e viceversa. In questo paese, dove ciò che non è normato è proibito per principio, la libertà di cambiare è morta da un pezzo.
    3 – le motivazioni di Montanari puzzano di rappresaglia e risentimento. Appellarsi ai cavilli normativi per vendicare le sue frustrazioni non gli fa onore. Ma non credo che sia questa virtù a ispirare la sua penna.

  8. Nino Corelli

    Il TAR come è noto giudica la conformità o meno di un atto amministrativo alle leggi. Merlo non lo sa. Sob sob. E comq si dispiace se Renzi è contraddetto. Sob sob.

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