RENZI DA SEI POLITICO. I RIVALI RIDOTTI A SPALLA

COME l’Alitalia non è più l’Italia che vola, così il duello per le primarie del Pd sui trespoli di Sky non è più la politica che vola. Renzi le vince sin dall’entrata, il sorteggio gli ha assegnato la sedia di sinistra e la prima domanda che non è mai buona neppure per scaldare i muscoli.
MA IL CENTRO è lui, e gli avversari sono subito due spalle. Vince anche se è una canzone senza parole e dunque il voto è 6 ,“alla Brera”, di stima, un 6 immeritato, promozione che non premia, sufficienza che non riaccende. Si vede infatti che Renzi cerca ancora una parola nuova dopo che rottamare ha perso la rotta e anche il mare come sguardo, come orizzonte, come fiducia: «Parlare di legge elettorale e di riforme della Costituzione è aprire la mia ferita» ammette nel suo momento più sincero.
Il più simpatico è Emiliano che è goffo come tutti quelli che arrivano dopo, rallentati e postdatati: «Non sono riuscito a far sapere agli italiani che io posso ancora cambiare la storia e salvare il Pd. Ci provo stasera». È Porthos, Obelix, Gargantua e ovviamente il Frate Tuck di Robin Hood: «sì al ritorno dell’articolo 18», «sì alla web tax per aiutare i più poveri», «sì al salvataggio pubblico dell’Alitalia». Emiliano usa la barba spettinata di pensiero contro la barbosità delle primarie: «Sì all’imposta patrimoniale ». Si è rotto il tendine d’Achille ballando la tarantella che nel suo caso sono “tarantelle parallele” perché vuole ballare con Grillo e con Renzi, con Bersani e con i neoborbonici, segretario del Pd ma No Triv e No Tap, magistrato con i sovversivi, populista levantino, «Renzi ha guidato un governo sensibile ai potenti e insensibile a chi non conta nulla». È il “cozzalone laureato” dice di lui il suo conterraneo Zalone, che gli vuole pure bene perché non si può non volergliene, con quel tendine d’Achille ballerino: «Se lo ruppe pure Jury Chechi». Voto dunque 7 per la simpatia e 3 per tutto il resto, la media è 5. Con la stima “alla Brera” diventa 5+.
Sobrio, grigio, impacciato, mezzo favorevole alla tassa sulla ricchezza che piace ad Emiliano, Orlando sventola «famiglia, dignità e libertà di persona» e prende il primo applauso. Poi parla di «aborto clandestino piaga del paese» e prende un applauso ancora più fragoroso, ma è retorica antica, recitata a memoria, il canovaccio è la sinistra generica.
La verità è che Orlando sembra inventato da Renzi : «Gli 80 euro sono stati giusti» dice. E annuisce quando Renzi parla. Ripete spesso: «Sono d’accordo con Matteo». Aggiunge pure che punta a vincere con il cinquanta per cento, ma si capisce che il primo a non crederci è lui. Sembra ingaggiato per fare da spalla dialettica e “spalla” è parola in amicizia con il verbo “spalleggiare” ma anche con “palleggiare” che è perdere tempo; e si sa che, nella gerarchia dell’impaginazione, l’articolo di spalla è interessante ma sempre come supporto dell’articolo d’apertura che ieri sera era ancora Matteo Renzi.
Dunque, come spalla Orlando è bravo e merita 6. Per tutto il resto gli do 5. La media è 5 e mezzo. 6- “alla Brera”.
Anche le domande incrociate dei supporter sono povere, un rito già logoro, c’è l’avvocata, c’è l’impiegata… Questo confronto delle primarie è molto più vecchio della sua giovane età, tutti mimano il bel tempo che fu, con i minuti contingentati, il tavolo rotondo, il conduttore vigile urbano, il ticchettio dell’orologio, la finta ansia, la musica perepé,e poi mirini, colori blu e rossi, un sottofondo scuro popolato di misteriosi tecnici, il gong… Vorrebbero farci credere che si tratti davvero di un duello all’ultimo sangue politico, in base alla legge antica che il duellante non deve essere giusto, ma deve essere micidiale. Ma il duello è a bassa intensità, anche quando Renzi rimprovera ad Orlando di far finta di venire da Marte, e persino quando Orlando gli dice: «Contro i magistrati, i renziani dovranno trovarsi un altro ministro». Dice Emiliano: «Renzi pensa di risolvere tutto con i bonus e non con i diritti. Abbiamo provato a toglierlo dalla testa ma Matteo non cambia, è sempre testardissimo nell’errore». Renzi gli risponde: «Non capisco cosa c’entri quanto sono cambiato io».
Ieri sera non c’era la Francia. Si sa che Renzi “macroneggia”, come Enrico Letta, come Carlo Calenda, come Renato Brunetta, come Stefano Parisi e come tutti, ripete #InCammino che traduce En Marche! ma in italiano perde il passo di fanfara del marchon della Marsigliese ed è invece penitenziale, più trekking e mal di piedi o al massimo marciare per non marcire che fu il Grunf di Marinetti. Renzi con i vecchi ha fatto a pugni, mentre quell’altro, il giovanotto d’Oltralpe, ha sposato l’eternità di Attali e ha superato l’esame di maturità con Brigitte.
Vince Renzi, è vero, ma la sua partita non è questa, c’è Grillo che lo aspetta. «Il segretario del Pd sarà il candidato premier», ha deciso e la decisione non esclude Emiliano e Orlando ma Paolo Gentiloni, e questo è il duello più nascosto.
Alla fine sia Renzi, che disperatamente cerca la nuova parola della sua rinascita, sia il mangiafuoco pugliese che crede nella bulimicrazia e fa il Masaniello illuminista, l’uomo di popolo, la risposta di sinistra al sempre più confuso vaffa del grillismo, e sia il vecchio ragazzo saggio che sognava di fare il muratore, hanno ricordato che i nemici sono Berlusconi e Grillo, e che tra il vecchio autocrate di Arcore, e il ceffo di Grillo, è comunque meglio la democrazia stanca ma non ancora in liquidazione del Pd. E però il duello elettorale , anche quello delle primarie, non può essere cavalleresco, una giostra dove i colpi non sono mortali. È fatto non per addormentare lo scontro ma per imporre la propria ragione su quella dell’altro.
Cosi ieri sera, quando alla fine i tre si confermavano cordiali ed educati, un vincitore e due spalle, abbiamo rimpianto il pugnale sotto la cravatta.

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