Alatri, tanti testimoni ma nessuno ha aiutato il povero Emanuele Morganti PREVALGONO OMERTA’ E VILTA’ Come nel Giorno della civetta: “facce di ciechi, occhi senza sguardo” davanti al delitto

COME REAGIREBBE ciascuno di noi se assistesse a un feroce pestaggio e a un’esecuzione in piazza? Con la stessa viltà e persino con la stessa omertà dei tanti testimoni, troppi, che nella piazza di Alatri — in provincia di Frosinone, non di Caracas — hanno permesso e dunque alla fine protetto l’assassinio di Emanuele Morganti, massacrato a calci, pugni e sprangate e finito con un colpo di cric?
L’omertà, che è il rifiuto di collaborare con la giustizia, è appena un po’ diversa, ma la viltà di Alatri è esattamente quella che aprì il Giorno della civetta nel 1961: «facce di ciechi, senza sguardo» dinanzi al delitto. La grande differenza è la fiaccolata “dopo”. A quei tempi, infatti, l’indomani non si “fiaccolava” invocando vendetta e dunque nuova violenza. La reazione a caldo invece è proprio uguale: nessuno è intervenuto, nessuno ha organizzato un soccorso. Eppure i tanti testimoni, proprio perché tanti, potevano anche loro fare massa — massa è potere direbbe Canetti — , massa contro massa, folla contro branco.
È comprensibile che dinanzi alla furia si rimanga paralizzati come dinanzi all’esondazione di un fiume. Ed è facile essere eroi con il senno di poi. Però la viltà rimane, e somiglia all’omissione di soccorso prima che all’omertà.
Bene o male infatti i testimoni adesso confusamente si sfogano, e spiegano pure che i buttafuori sono sempre avanzi di galera, e ammettono che nelle discoteche ci si sballa troppo, e ovviamente distinguono gli albanesi dagli italiani. Ma tra i testimoni di Alatri ci sono conti da regolare, e la verità ha il nome e il cognome di chi ha dato il colpo di grazia. Ebbene, per adesso, la verità è tutto quel che non sappiamo. I giovani, che ora collaborano attivamente azzuffandosi e indignandosi, venerdì notte erano il paese, erano l’Alatri degli ignavi danteschi, non certo complice ma di sicuro coinvolto moralmente. E non perché Alatri sia speciale. Non è un’enclave premoderna, non è una caverna di trogloditi ma anzi è un soave paesotto di una bella Italia minore, poco conosciuta come la gran parte delle aree appenniniche, da Bobbio all’Aspromonte; un’Italia dove, a prima vista, i valori e le virtù civiche si conservano meglio.
E non ci sono clochard, lo psicanalista non ha ancora sostituito il parroco e il barbiere, per le strade non c’è l’assoluta indifferenza urbana della metropoli. E dunque se qualcuno si sente male o se qualcuno si comporta male, tutti lo vengono a sapere.
Ora sappiamo che anche questa Italia ha paura, e che dinanzi alla ferocia si paralizza per ignavia. E solo se costretta si proietta, rivela, partecipa. Appena la settimana scorsa avevamo scoperto che, molto più a nord, a Vigevano, che non è lo scenario di Pulp Fiction ma una città del primo Rinascimento con la razionalità della sua piazza bramantesca, insegnanti, bidelli, genitori e vicini di casa, insomma gli adulti non si erano accorti che dieci dei loro figli minorenni, organizzati in banda, assaltavano treni e aggredivano gli altri ragazzi per strada. Erano arrivati a violentare e a ridurre in schiavitù un loro compagno di 15 anni portato al guinzaglio, come in un film di Tarantino.
Eppure nessuno ha segnalato nulla, né un carattere che si guastava, né un dettaglio di violenza a scuola, né una stranezza in casa. Come accade con quei suoni che hanno una frequenza che l’udito non percepisce, così un’intera comunità, in anestesia morale, non vedeva cosa le passava sotto il naso: per ignavia, per paura di compromettersi, per vigliaccheria perbenista. E che genere di omertà è quella che a Parma, per ben sei anni, ha protetto gli stupratori del Centro sociale Raf (Rete antifascista) che avevano drogato e violentato una ragazza filmando tutto in una clip che solo per caso, dopo tanto divertimento tra compagni, è finita in mano ai carabinieri? Un’omertà “antagonista”, ideologica, da disordine giovanile verso “compagni che sbagliano” o di nuovo è stata l’ignavia, supportata come ci ha raccontato Maria Novella De Luca, dall’alibi politico- culturale (si fa per dire) che «con gli sbirri non si parla»?
C’è l’odio malato del Paese nell’aumento dei disturbi di gruppo, delle violenze da branco, che erano tipiche dei territori di guerra e di conquista e oggi sono gli stati umorali allucinati di troppi giovani italiani che ci lasciano a bocca aperta. Non ci sono sociologismi e psicanalisi da esibire: la cronaca nera non si commenta, anche quando la nostra impotenza somiglia a quella dei testimoni che non intervengono.
Però sempre di più le violenze di branco ci rivelano l’ignavia come carattere italiano. Così nella vicenda dello stupro di Pimonte ( in 11, ora condannati a un anno e mezzo di “volontariato”), così a Torino… e così dovunque. E merita l’abbraccio di tutti genitori del mondo quel padre che ha postato su Facebook la foto del figlio pestato in mezzo alla strada e in pieno giorno: una faccia tumefatta come monito, scoraggiamento, prevenzione e antidoto anche all’ignavia, che si combatte con la solidarietà attiva e non con la violenza. Invece in questa Italia eccitata e imbruttita dalla rabbia sociale anche le fiaccolate spesso diventano un “dalli al colpevole”, come a Vasto dove, due mesi fa, istigarono un giovane a farsi giustizia da solo. Purtroppo infatti la violenza è contagiosa. E l’ignavia allo specchio è la vendetta, è la pistola dei giustizieri privati.
Perciò la fiaccolata, convocata per domani ad Alatri, ha già il sapore della vendetta di Alatri su se stesso; sul ricordo, insopportabile come quello del ragazzo morto, del paese che è rimasto fermo a guardare, dei troppi giovani che non hanno avuto il coraggio di aiutarlo.

2 thoughts on “Alatri, tanti testimoni ma nessuno ha aiutato il povero Emanuele Morganti PREVALGONO OMERTA’ E VILTA’ Come nel Giorno della civetta: “facce di ciechi, occhi senza sguardo” davanti al delitto

  1. v.d.q.

    Copoca voglia di commentare?
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    Dei ricordi che affiorano mi tengono in ostaggio l’arbitrio.

    Qui si parla di violenza primitiva, e di istinto di sopravvivenza altrettanto primitivo. I miei ricordi invece riguardano la violenza sofisticata e mirata, sotto forma di tortura da intelligen… della malora augurata e provocata. Violenza sottile come un fascio di laser che solo il bersaglio può scorgere; soprusi a misura, che gli altri farebbero fatica a cogliere e capire. Quanti sono stati? Quanti sono andati? Chi li ha fatti? E così ogni tanto se ne vanno anime angosciate perché troppo vive, per la gioia e per la indifferenza di anime morte.

    Un bel respiro, per un po’ di arbitrio.

    Fiaccolata si, fiaccolata no. fiaccolata bum, la vita indifesa.

    Adesso la gente saprà, per almeno qualche mese almeno, che un pestaggio può provocare la morte se fatto col cric o chiave inglese. Perché questo sapere venga richiamato alla mente servirebbe attaccare il cervello. Il cervello però viene inibito dall’afflusso della “adrenalina vigliacca” che fa godere alla vista del sangue provocato dai superiori alfa, o dall’afflusso della “adrenalina bloccante” che fa impietrire in bilico tra paura, disgusto, e piacere atavico. Speriamo si alzi almeno una voce e dica “Smetti, se no lo uccidi.”. Ma la migliore, per quel contesto, sarebbe la voce di un furbo: “Picchialo più piano, che senno te tocca poi andare in galera per un rognoso così.”.

  2. Angelo Libranti

    Si fa presto a denunciare la vigliaccheria dei presenti. Quando un gruppo di animali si accanisce contro il singolo l’eroismo non serve, perchè sicuramente viene picchiato anche l’eroe.
    Fare massa? Si può fare con un gruppo di amici decisi e determinati allenati alla rissa.
    Piuttosto il fatto gravissimo è che nessuno ha visto, nessuno ha ripreso la scena col dio telefonino, buono solo a riprendere minchiate fra ragazzi. Tutto il resto è letteratura.

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