Il 2017. L’anno del grigio, della legge speciale su Roma, della legge elettorale mediocre ma praticabile…

Sarà l’anno della forza di chi non esibisce forza, il tono dimesso di Gentiloni e il silenzio di Mattarella, la modestia toccata dalla grazia dell’allenatore della Nazionale Gian Piero Ventura. Sarà l’anno dei Commissari chiamati a salvare la patria senza essere i salvatori della patria, l’anno della mobilitazione nazionale e internazionale per Roma, la città più bella del mondo svillaneggiata dall’incapacità amministratriva, dalla corruzione, dai bilanci in rosso, dalla demagogia populista, dalla violenza di strada. La decadenza, che è da sempre l’ombra di Roma, è stata infatti tutta consumata: trasporti, spazzatura, turismo, cultura, manto stradale,sport. Il 2017 potrebbe davvero essere l’anno di una legge speciale che dia allo Stato i pieni poteri sul cuore della capitale, nel territorio dentro le mura aureliane per esempio, come Berlino che è Stato dalla Porta di Brandeburgo alla Siegessäule, e come Washington, tra il Lincoln Memorial e il Congresso. Tocca insomma allo Stato strappare la Città-Mondo ai Consigli comunali che da decenni sono corrotti o inadeguati, con i sindaci ignavi o complici dei capibastone che marcano il territorio.

Sarà l’anno dell’Italia in amministrazione controllata: nelle città disastrate, nelle banche quasi fallite, nelle aziende sgangherate gli smargiassi cederanno il posto ai burocrati senza carisma ma anche senza paternalismi e senza divismo. La legge elettorale tornerà mediocre ma praticabile, e il G7 di Taormina sarà lento e monotono. Le architetture saranno d’autore ma senza azzardi edilizi, come la Fondazione Feltrinelli a Milano. E non più Mostre magniloquenti, ma riflessive come “La casa giapponese” al Maxxi di Roma. E basta con l’accanimento su Colosseo e Pompei; sì invece alle meraviglie di Mantova e Matera, sì al modello Paestum.

Nel tempo dei poteri sgangherati, della povertà diffusa, delle rabbie populiste e delle grandi insicurezze siamo dunque ridotti a sognare il grigio, che è il colore d’avvio delle ricostruzioni, il grigio di uomini che sanno stare sottovento, tengono il profilo basso, incarnano fantasia ed  equilibrio, la creatività e il non mollare, gente di sostanza senza ciondoli e senza camice fuori dai pantaloni. Ci auguriamo che l’anno vecchio si porti via la turba dei futuri salvatori della patria, che da tempo stanno appostati dietro l’ angolo, quelli che “ora ve lo faccio vedere io”, quelli che  nascondono la propria inadeguatezza dietro il turpiloqio e lo sghignazzo. Che l’anno nuovo ci porti invece le facce tristi come una salita del disinteresse, l’ottimismo grigio – grigio come l’acciaio – dell’italiano che sta zitto ma non gli manca la parola, mostra la fatica solo quando vince, ha come cifra la discrezione ed è pronto ad andarsene in punta di piedi nel Paese dove tutti sbraitano e sono inamovibili.

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