Virginia Raggi, la purezza degli spietati LA COMODITA’ DEL GARANTISMO Ancora una maschera italiana: il manganellatore di imputati che si sente manganellato non appena diventa imputato.

Prudenze, risposte evasive, il buio dell’assenza al posto della luce dello streaming, e soprattutto il garantismo peloso, quello che “l’avviso di garanzia è un manganello” ma solo quando arriva a me, quando picchia su di noi, sui nostri amici. Insomma mai avremmo pensato che i manganellatori grillini, che denunziarono la presunzione di innocenza come “il gargarismo” del colpevole, potessero ora “gargarizzare” come l’avvocato Ghedini: “La Procura non può utilizzare uno strumento così, come un manganello. Luigi, ci ammazzano tutti così”. Questo brano sulla Procura che manganella i grillini, pubblicato dal ‘Fatto quotidiano, è il cuore di un intenso e dolente dialogo a tre, fra la sindaca Virgina Raggi, il suo portavoce Teodoro Fulgione e Luigi Di Maio. Ed è una di quelle frasi che spiegano bene una storia politica, una di quelle battute straordinarie che racchiudono una blog-generazione, una frase più cattiva di un vaffa, più veloce di un tweet, più abbagliante degli spettacoli di cattivo umore comico che Grillo chiamava ‘Delirio’, ‘Reset’… E’ insomma una frase che ci libera da un oscuro biasimo finalmente trasformato in intelligenza critica perché salva l’Italia dalla purezza degli spietati e mostra l’eterna faccia della ghigliottina il cui Reset, il cui Delirio è sempre il boia che mette a morte se stesso.
Ecco dunque l’ultima maschera italiana: il manganellatore di imputati che si sente manganellato non appena diventa imputato. Con l’idealtipo del giustizialista giustiziato torna pure l’evasività democristiana che era stata spazzata via dall’epopea di Tangentopoli, il farfuglio con la bavetta, sia pure in versione social e digitale: “vogliamo leggere le carte” ha detto la Raggi in uno studiatissimo video di un minuto e mezzo diffuso ieri sera su Facebook. Luci soffuse, montaggio professionale, frasi brevi e secche pronunziate senza emozione: “io ho le spalle larghe”,” sino ad oggi non conosciamo le circostanze di tempo e di luogo che riguardano l’assessore Muraro “. L’ambiguità garantista fa pendant con “ho letto male le mail” di Luigi Di Maio, “scusate non ho capito”, “la colpa è dei media”…, tutta una fuga di frasette e locuzioni evasive con la bugia che diventa vortice e vizio come dimostrano i messaggi rivelati da repubblica ieri, sino al seguente straparlare “dov’erano i giornalisti quando scoppiava mafia capitale?” che è un modo di confondere e avvelenare i pozzi visto che sono stati proprio i giornalisti a raccontare, a filmare, a svelare mafia capitale.
La verità rimane asserragliata in un tempio di omertà che è a piramide, con Grillo sulla punta e poi filtri, uno strato dopo l’altro, dove il controllore di oggi è sempre il controllato di domani, il potere è il Direttorio e il sistema di vigilanza è chiamato Rousseau (forse perché rimanda al buon selvaggio), una sorta di gabbia, un labirinto di purezze sotto vuoto dove ferocemente si va a caccia del traditore di turno.
Non lo diciamo per paradosso polemico: davvero ci piacerebbe che tutto finisse con le lacrime liberatorie di questa sindaca così fragile, di questa donna alla quale vietano persino l’emozione e gli occhioni lucidi: “Non piangere, non mostrarti, non farti vedere” sono le esortazioni dei compagni, soprattutto quelle del suo vice Daniele Frongia. E addirittura il suo portavoce l’ha rimproverata perché è andata in Parlamento: “Andare in Commissione a deporre è stato autolesionismo”. Già: meglio tacere, meglio mentire.
Solo all’esterno questi grillini usano la vecchia bugia che in politica può anche essere astuzia, ma non è mai vincente, come insegna Andreotti che (non) baciò Toto Riina, come prova Tony Blair che disse mille menzogne sulla guerra in Iraq, come ci dimostrarono Clinton, che mentì sul sesso, e Giuliano Amato che, da presidente del Consiglio, nascose agli italiani la verità dell’economia “per salvarli dalla bancarotta”.
Ovviamente noi non rimpiangiamo le apocalissi virtuali, le democrazie plebiscitarie e tutto quell’armamentario strampalato che ci faceva sorridere e tuttavia ci rendeva inquieti. E’ vero che i loro comunicati su Facebook sono ora mozziconi da sotterraneo: “Il sistema dei partiti e dell’informazione ha montato un caso incredibile che tocca a noi smontare in un minuto”. E ci arrivano pensieri da resa dei conti e da ultimo bunker, come questo di Paola Taverna rivolto a Di Maio: “Sei un ragazzino che ti sei montato la testa”, o come quest’altro di Carla Ruocco allo stesso Di Maio: “Ti stai comportando come un Raggi al quadrato”. E dilaga “il Complotto contro di noi” come ha gridato la Muraro che, ben due mesi dopo la sua prima menzogna, aggrediva così: “Ora denuncerò il marcio”. Ancora ieri pomeriggio Di Battista ha rilanciato il Complotto che nello sciocchezzaio italiano è da sempre il più banale dei rifugi. E tuttavia subito si è capito che, questa volta, neppure Di Battista credeva alla persecuzione che denunziava: “Sono convinto che questo accanimento senza precedenti sui problemi che abbiamo a Roma sia legato al Referendum. E anche al tema delle Olimpiadi”. Da quando sono nati i grillini si nutrono e si impiastrano con complotti di ogni genere, che hanno coinvolto di volta in volta la Cia e il Mossad, Bildeberg e i concimatori di xylella, i costruttori di treni veloci e tutti i banchieri che sono sempre brechtiani, sino al cancro che è un invenzione delle case farmaceutiche così come l’11 settembre fu organizzato dalla Cia e ovviamente non è vero che Armostrong andò sulla Luna.
A forza di giocare con i complotti, la sanguigna Paola Taverna arrivò al paradosso intelligente di denunziare “il complotto per farci vincere a Roma”. Ecco: il tempo sembra che le stia dando ragione. Con l’illogica idea che esistesse una strategia segreta per far vincere il nemico grillino e dunque aiutarlo a perdere e a perdersi nella vittoria, Paola Taverna presentì che la peggiore sconfitta sarebbe stata il trionfo di Virginia Raggi a Roma. E infatti non ci furono feste di piazza con gli elettori, ma solo brindisi segreti.
E però di quella stagione non rimpiangiamo nemmeno l’aria sempliciotta di gioventù e di inesperienza che sembravano fatte apposta per essere perdonate. Non le rimpiangiamo perché a quella dissimulazione disonesta preferiamo la bugia che è, sino ad oggi, l’ unico atto di sincerità del Movimento 5 stelle, la cosa più vera che ha prodotto, un’azione politica che ce li consegna più italiani degli arcitaliani. Questa menzogna con le cortissime gambette grilline in fondo è governo, è la fine della retorica, è lo squarcio della tela. Una bugia li ha fatti definitivamente entrare nella Storia d’Italia, accompagnati dalla nostra malinconia.

9 thoughts on “Virginia Raggi, la purezza degli spietati LA COMODITA’ DEL GARANTISMO Ancora una maschera italiana: il manganellatore di imputati che si sente manganellato non appena diventa imputato.

  1. giulio

    E’ una vergona nazionale avere un partito guidato da un clown e governato da una s.r.l. ai livelli di consenso attuali. Ciò è in parte conseguenza del disastroso e fallimentare governo berluscoide. Il peggio del vecchio berluscoidismo-legaiuol-fascista è rappresentato dal questo nuovo grulloidismo. Vergogna a quei mezzi di disinformazione giornalaia e televisiva che hanno contribuito ad amplificare la macchina del fango e dell’insulto. Queste nullità grulliote assurte al potere per un’imperscrutabile combinazione di fortunati e casuali fattori, potrebbero, se non fermati in tempo, rappesentare una minaccia mortale per la nostra civiltà politica.

  2. Sergio Santi

    Non ci voleva molto ad indovinare che anche il M5S, una volta che si fosse venuto a trovare alle prese con il difficile ed improbo compito di governare, sarebbe “rientrato nella storia d’Italia”, accompagnato dalla malinconia di chi si era cullato nella pia illusione che i suoi esponenti potessero essere antropologicamente diversi dagli altri politici italiani, che non possono non essere lo specchio – pur se deformato – dei vizi del popolo che rappresentano (altrimenti non sarebbero stati eletti). Ho trovato “magistrali” le espressioni con cui ha chiuso l’articolo: fine della retorica. squarcio della tela, malinconia.

  3. Tarantintino

    Già, visto che non sono santi, considerato che non sono perfetti, sono come gli altri? Né più né meno?
    La stessa logica la si può applicare ai neonati,per la semplice ragione che sappiamo che sbaglieranno, che saranno comunue figli di coloro che sbagliano (e forse anche nel farli).

    notevole la :” nostra civiltà politica.” (© giulio)
    di “malinconia” (sergio santi) c’è ne molta di più nella ordinata Svezia – ché manca lì manca il sole
    allegria

    “non è vero che Armostrong andò sulla Luna”

    qualcun altro invece sostiente che andò ma non tornò, che l’altro è un sosia, che il primo fu colto dal malore dopo aver bevuto una coca cola a temperatura lunare

  4. mery

    Siamo su scherzi a parte, Grillo statista-economista, Raggi sindaco-a di Roma. Romani caduti dalla padella nella brace, mangeremo arrosto!

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