La lite nel Pd è sempre più grottesca === LA POLITICA DEL “CIAONE” E’ QUEL CHE RESTA DEL REFERENDUM === I vincitori non sanno vincere e gli sconfitti non sanno perdere

Dice “ciaone” il vincitore renziano che non sa vincere, risponde “irresponsabile cialtrone” lo sconfitto antirenziano che non sa perdere. Nell’epoca del turpiloquio più sbracato, il ‘ciaone’ cadenzato su 7 tweet da Ernesto Carbone non sarebbe neppure offensivo se non ci fosse dentro la pacchianeria dei vincitori che irridono i vinti, i quali, per di più, sono i loro compagni di partito, i loro fratelli di sangue politico.
Ma, dall’altro lato, nel sentirsi così tanto offesi c’è l’eccesso ridicolo dei perdenti che si perdono nell’indignazione perché non sanno perdere. E’ infatti sorprendente che il professor Miguel Gotor, storico medievista che ha studiato il linguaggio delle Brigate rosse durante il sequestro Moro, trovi “irresponsabile” l’uso del “ciaone” sul twitter e che Nicodemo lo bolli addirittura come “odio per il Pd”. C’è insomma la doppia faccia del macchiettismo come esito della gloriosa Storia della sinistra italiana nel ciaone esibito dai renziani come variante grottesca del saluto militare in divisa da parata, e nel ciaone subìto dagli antirenziani come l’affronto della sfilata della Wehrmacht sotto l’arco di trionfo di Parigi il 14 giugno del 1940.
Ma ripartiamo dai renziani che hanno pompato d’aria il ciao, lo hanno gonfiato di boria proprio perché non sanno vincere. Hanno in realtà cominciato usando il ciaone sul twitter per sbotto di scherno, per mancanza di stile. Un po’come le corna di Vittorio Gassman mentre corre e strombazza sulla sua spider rossa, “ciaone al quorum” è stato il primo tweet di Carbone appena si è capito il risultato del referendum. Nulla di strano. Carbone, che è famoso per la sua spavalderia (oltre che per gli aperitivi tra semivip), non ha resistito all’ euforia da Sorpasso sporgendosi incorsa dal suo Twitter, più veloce del pensiero. E però quando l’avversario Nicola Fratoianni gli ha risposto “cialtrone”, Carbone ci ha preso gusto e ,come Sordi che nei Vitelloni fa il gesto dell’ombrello, “ciaone a chi ha promosso un referendum inutile” ha twittato.
E’ a questo punto che i ‘mi piace’ e i retweet hanno preso il ritmo degli scarponi chiodati e i ciaone sono diventati una marcia: ”ciaone a chi ha gettato i soldi degli italiani”. E poi: ”ciaone ai masanielli e ai tribuni”. E ancora ecco i nomi e i cognomi: “ciaone a Michele Emiliano e Piero Lavorazza”. E va bene che il Twitter ormai legittima aggregazioni culturali, fonda protocolli, alimenta ideologie, è la risposta al malessere dello stare al mondo, e surroga la sfera fideistico-religiosa, ma nessuno si aspettava che lì nascesse “il Ciaone” come sottocorrente di partito, l’avanguardia social dei monellacci renziani sopra le righe: Carbone appunto, e poi, come Ciaone alla carriera c’è Davide Faraone che è il sottosegretario all’Istruzione, miss Ciaone è la Picerno, e ça va sans dire è ciaone Michele Anzaldi, e chissà quanti altri … Carbone è fiero di guidarli tutti; con la sua camicia bianca aperta sin quasi all’ombelico è diventato leader sul campo di battaglia del Tié.
Alla fine, dunque, di questo referendum sulle trivelle e del dibattito sulla legittimità costituzionale del non voto, della dialettica tra il diritto all’ambiente e il diritto al lavoro, e della legittima contesa sulla natura, il costo e la durata delle concessioni, rimane solo la guerra del ciaone nel Pd. E’ vero infatti che quella della sinistra italiana è una lunga e ricca storia di divisioni feroci con sconfitte trasformate in vittorie, dispetti, duelli, lacrime e passioni. Ma la deriva del ‘ciaone’ è una novità che né Marx né Weber avevano previsto, è il grado zero della scrittura politica profetizzato da Barthes, un imprevedbile lessico tutto romano e dunque di Palazzo. Ed è ovviamente orecchiato perché – mi spiegano i filologi – ‘ciaone’ è dialetto bimbominkia, che non esiste né al Sud né al Nord, nonostante l’assonanza con il piemontese “ciao neh”. Insomma è italiano de Roma più che romanesco. Avesse usato il romanesco storico popolare e non fighettaro da T-shrt, il cosentino Carbone avrebbe detto “ciao core” a Gotor, a Emiliano e a tutti gli altri.
Il significato ovviamente è lo stesso. Ciaone è il vaffa aggravato dal sentimento, l’impossibile addio a qualcuno che ti sta a cuore, ai compagni appunto, che hanno litigato per la scala mobile, per il nome della Cosa e per la scelta tra la lotta ed il governo, ma non si erano mai guastati così stizzosamente, così inutilmente. Antiche solidarietà si ruppero per l’Ungheria, per la Nato,per la guerra umanitaria, per i genocidi etnici. E ancora oggi non si sa se contro Berlusconi avessero ragione i resistenti girotondini di Moretti o la realpolitik dei baffi di D’Alema. E si sono scontrati per la falce e il martello, per la Quercia, per il palazzo di Botteghe Oscure sostituito con un loft, per il destino dei giornali di partito … Sempre quelle epiche battaglie si concludevano con qualche scissione, perché i legami in politica si sciolgono anche se, come diceva Nenni , “ogni volta è un grande dolore la separazione fra compagni che hanno sulle spalle un comune bagaglio di sacrifici e di lotte”. Ma sempre separarsi è il modo più civile di liberarsi. Ciaone, invece, è l’incapacità di lasciarsi, di “dire addio al cortile / e andarsene sognando” come cantava Luigi Tenco. Non inganni dunque il rafforzativo. Tutti questi litigiosissimi ciaone non valgono un ciao. Somigliano agli spintoni e agli sputacchi.

2 thoughts on “La lite nel Pd è sempre più grottesca === LA POLITICA DEL “CIAONE” E’ QUEL CHE RESTA DEL REFERENDUM === I vincitori non sanno vincere e gli sconfitti non sanno perdere

  1. Palmiro

    Il ciaone è un modo di rivolgersi ad amici sia pure in modo sfottente. Le risposte sono state becere e livorose. Là uno solo che spontaneamente e allegramente punzecchia.Qui una schiera di mister no,che si sente estranea al processo rivoluzionario in atto,e che boicotta la linea.Il punto è :vanno espulsi?Per me si,attendono attivamente che Renzi scivoli, si schierano sempre contro a prescindere.Perciò distinguerei senza mettere sullo stesso piano l’episodio spontaneo e simpatico del ciaone dalla costante e pervicace volontà di arrecare del male:al referendum triv votano si,nella fase preparatoria amministrative Roma non s’impegnano,non firmano per il comitato per il si alla riforma costituzionale. Cosa bisogna attendere ancora?

  2. angelo libranti

    A prescindere dagli sfottò o da altre considerazioni del “nun ce vonno sta” fra perdenti e vincenti, si evidenzia come i compagni di partito, hanno sangue politico diverso. Non dimentichiamo che il PD unì le due anime, in origine contrapposte, del Partito Comunista e della Democrazia Cristiana.

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