Checco Zalone: “I DAVID DI DONATELLO NON BASTA RIFIUTARLI BISOGNA NON MERITARLI / IO VOLGARE?SONO FIERO CHE NEI MIEI FILM NON C’E’ MAI UNA DONNA CHE SI SPOGLIA E C’E’ RISPETTO DIVERTITO PER GLI OMOSESSUALI / E AGLI INTELLETTUALI COZZALONI DICO: SONO ORIZZONTALE NON ITALIOTA”

Caro Luca Medici, è vero che cerchi di prendere in giro anche i lettori di Repubblica?
“Diffido del lettore medio di Repubblica, ma non sono sicuro che esista. So che a volte metto un video su Facebook e Repubblica lo rilancia sotto il titolo ‘costume e società’. E ci aggiunge pure la pubblicità. Trovo normale che in tanti lo guardino e ridano. Ma quelli che poi di sotto scrivono “è la solita comicità italiota” e mi insultano, ecco quelli mi stanno sul cz. Penso però che Repubblica abbia ben altri lettori, non solo gli ‘italioti’”.
Negli altri siti non succede?
“Succede in tutti i siti. Sono infatti frequentati anche da aspiranti intellettuali. Penso che quelli veri non scrivano commentini. E io rispetto l’intelligenza, anche quando è critica nei miei confronti.”
Ho qui due libri su di te: uno pro e uno contro. Alla Feltrinelli li hanno messi accanto, forse per la par condicio.
“La cosa più importante è scoprire chi sta vendendo di più”.
Quello contro si intitola ‘Checco Cialtrone’ ed è un pamphlet della Kaos edizioni. Quello a favore, ‘Quo chi?”, è di Gianni Canova, critico cinematografico.
“Canova l’ho cominciato a leggere ma dopo poche pagine l’ho lasciato. Mi ha fatto venire i brividi. Perché in qualche punto mi sono sentito smascherato e non mi piace essere spiegato a me stesso “.
Capita ai biografati. Si parva licet …, Genet smise di scrivere quando Sartre pubblicò un libro su di lui.
“Se non riesco a fare più film, Canova è spacciato”
Racconta per esempio la tua pancetta impiegatizia come un importante accessorio di scena.
“Qui sbaglia perché io non riesco a governare la mia pancetta, ahimè. Quando riguardo il mio primo film mi prende sempre la nostalgia: com’ero magro!”
Temo che ci sia un accanimento filologico su di te, specie da parte di quelli che vorrebbero annetterti ai loro vari partiti. Rischiano di soffocarti d’amore sapienziale. Ho letto per esempio sul Foglio che i tuoi film spiegano la filosofia politica più dei libri del filosofo americano John Rawls che, poverino, di te non sa nulla.
“Ho provato a leggere quell’articolone. E non ci ho capito un cz…. Me lo riassumi?”
Lasciamo perdere. Vediamo invece questa frase di Canova: “Zalone ha prodotto e portato avanti un modello di comicità orizzontale che scardina i modelli di comicità gerarchica e verticale che hanno dominato in Italia negli ultimi vent’anni”.
“Credo che voglia dire che gli italiani si identificano, ridono di stessi e si assolvono perché io non faccio prediche dall’alto, non scaglio invettive moralistiche. In questo senso sono “orizzontale” “
Davvero ti senti … “orizzontale”? Qui la serietà diventa comica, sembra la parodia del linguaggio storto del cozzalone, come quando dici “faccio una comicità anglosassa” oppure “non puoi scancellare sei anni d’amore con il fotochoc”.
“ Forse in certi momenti siamo tutti cozzaloni. Forse è nata la categoria dell’intellettuale cozzalone”
La tesi dell’altro libro, quello contro di te, è più semplice: sei volgare, usi troppe parolacce, te la prendi “con zoccole e ricchioni”.
“Quello me lo leggo tutto, ma solo se me lo regali. Se devo comprarne uno, compro l’altro. Sfogliamolo insieme: già alla prima pagina dice che la mia comicità è scrivere “cuesto” con la c al posto della q. Deve avere visto un altro film, è lo Zalone che farebbe lui. Sulle zoccole e i ricchioni, ti dico questo: io sono fiero che nei miei film non ci sia neppure una donna che si spoglia. E sugli omosessuali c’è un rispetto divertito e complice. De Gregori dice che la canzone ‘Gli uomini sessuali’ è bella e delicata e che quel verso “gli uomini sessuali non hanno gli assorbenti / ma hanno le ali” è il più poetico degli ultimi venti anni”.
Le parolacce?
“Ti riponde Zalone: ‘La volgarità non è la parolaccia, è la banalezza.’
Fai rispondere Luca Medici
“Nella comicità le parolacce sono necessarie, sono gioco e libertà. E considera che noi comici non possiamo mai ripeterci, non siamo come i cantanti che con tre brani campano trent’anni. Il grande Roberto Benigni, per esempio, quello insuperato di TuttoBenigni del 1998 in tv, usava un linguaggio scurrile straordinariamente comico e lirico. Oggi non potrebbe farlo più. La consacrazione costringe i comici a ripulire anche il linguaggio”
Succederà anche con te?
“Un po’ sta succedendo. Ma spero di non vincere mai un Oscar”
Sicuramente non avrai i David che assegneranno lunedì. Nonostante tu abbia battuto il record dei record al botteghino e una parte della critica ti tratti come un filosofo liberale, come il nuovo Croce, sei candidato solo per una canzone: ti fanno mobbing? Come dici tu nel tuo film sul posto fisso: “Questo trattamento che se c’è da fare una cosa, anche una fotocopia…”
“…un David qualsiasi”
”…ti dicono ‘no, tu non sei capace, lo deve fare il tuo collega’”
“’Il mobbing! Fanelli, come mi rilassa’”.
Rosichi?
“Mi vergogno di non avere ottenuto zero candidature. Com’è quella frase di Longanesi? ‘I premi in Italia non basta rifiutarli, bisogna non meritarli ’. Giuro che il prossimo anno se riesco a totalizzare zero candidature smetto di fumare”.
Quante ne fumi?
“Venti al giorno. Ho provato a smettere e mi ero illuso di esserci riuscito leggendo il famoso libro di Car Allen, quello del metodo Easyway”.
E invece?
“Mi sono arrotolato le pagine e ho fumato pure quelle”.
Fumi davanti a tua figlia Gaia, che ha tre anni?
“No”
E una cozzalina?
“ Guardala in questo filmato sul telefonino. Ecco, questa è Gaia che va da Mariangela, la mamma”
Sono bellissime.
“Ascolta cosa le dice: ‘Mamma, sono in cinta’. E un secondo dopo: ‘Pesce d’aprile’. Ci divertiamo così”.
Tua moglie …
“Non siamo sposati. L’ho conosciuta dieci anni fa. Cantava in una pizzeria. Mi sono presentato: ‘sono un musicista matrimonialista e avrei bisogno di una che canta nei matrimoni’. Ma, sfigato come sono, non mi capitarono più matrimoni. Poi ho scoperto che Mariangela aveva vissuto in America e che era di religione evangelica…
Zalone direbbe: ‘Do caz’ siamo arrivati!
“Appunto, ho cercato di convertirla alla religione domestica: la casa, la buona cucina”.
Come dice la tua canzone, ‘piccola burchina mia / io voglio la monogamia’?
“L’amore non ha religione / non è cattolico non è mormone no!/ Non è evangelico né protestante / L’amore è quando ti diventa grande … il cuore”
Tu sei evangelico?
“ Cattolico, non praticante”
Tu ridi tanto nella vita. Ma i comici non sono tutti tristi?
“Non è vero. E’ che ogni volta che ne incontri uno vorresti che ti facesse ridere. Non accade e dici: quello è triste. Io solo al cinema non riesco a ridere. Non vado a vedere i comici perché mi immedesimo, mi preoccupo, mi imbarazzo per loro. Insomma per me è una sofferenza. L’unico sempre allegro è Fiorello”
La tua comicità è di ‘serie B’? C’è chi, maliziosamente, ti paragona ai cinepanettoni.
“Quelli sono tentativi di comicità grottesca. Ma io credo che il solo grottesco che in Italia abbia funzionato sia Fantozzi. Pensa alla scena in cui in cui beve al casinò, diventa una palla e vola …”.
Il tuo modello è Sordi?
“Sì. Più di Totò, più di Troisi. E’ lui ad avere incarnato, in modo straordinario, tutti i difetti d’Italia. E’ il più grande”.
Il dottor Tersilli negli ospedali, l’uotzamerican di Nando Moriconi, e c’è Sordi a Montecitorio, Sordi in ogni anglofilo, Sordi in ogni vanitoso, pauroso, rinunciatario…
“Sordi in ogni italiano. E sono arte raffinatissima la sua gestualità, la sua mimica facciale, le sue invenzioni. Tutte le emozioni della vanità sono raccontate con tante piccole smorfie quando, nel Vigile, Sylva Koscina dalla tv lo saluta e gli dedica ‘Il tuo bacio è come un rock’. Ed è magnifico nel Vedovo. E’ sublime in Una vita difficile. Sordi è il mio modello inarrivabile”
E però sei già riuscito ad entrare nell’immaginario italiano, grazie alla gestualità e alla mimica. Forse più di lui sei una maschera naturale: fai ridere anche se stai zitto. Ma Sordi è stato diretto anche da grandi registi.
“A me e a Nunziante già alla parola ‘registi’ ci viene da ridere. E’ una spocchia tutta romana. Se vai su un set romano vedrai i cinematografari, vale a dire i tecnici, i macchinisti, che trattano l’attore e il regista come Padreterni. Noi ci prendiamo in giro. Ricordi quella battuta di Woody Allen? ‘Ogni volta che un mio film ha successo mi domando come ho fatto a fregarli ancora’ “.
Ecco perché non riesci a leggere i libri su dite. Ma ci sarà un regista o un autore di qualità con il quale vorresti lavorare?
“Non mi sento pronto per quello. E poi non vedo tante grandezze attorno, non mi pare che ci sia un nuovo Dino Risi…”
Dove scrivete i film tu e Gennaro Nunziante?
“Ci vuole un luogo dimesso, non troppo povero,un poco triste”
Un residence romano?
“Bravo. Nel mio ci sta anche Freccero. Io non lo conoscevo. Ma mi piace molto questo signore che mi dà una pacca sulla spalla, dice qualcosa di molto intelligente e se ne va via di fretta”
Perché non ti trasferisci a Roma?
“Mai. Non ci riuscirei”
Prigioniero della pugliesità?
“No. Anzi mi irrita la retorica di chi dice: ‘siamo speciali perché siamo pugliesi’. E’ che ci sto bene”
E però, quando vieni a trovare il tuo amico e produttore Pietro Valsecchi, arrivi carico di mozzarelle. Come se fossero la tua identità.
“Prima ne portavo di più. Ed ero anche più umile. Lui aveva una cameriera filippina che, appena mi vedeva, mi diceva in filippino: ‘sbrigati, ragazzo, che in cucina aspettano’. Insomma mi trattava da subfilippino”.
Un pugliese senza mozzarella è come la brasiliana della tua canzone, invalida civile per mancanza di booty. Lì c’è il pianoforte che Valsecchi tiene in casa per te. La suoni e la canti per i lettori di Repubblica?
“Sono alta sono bella son gentile / sono a tipica ragazza do Brasile /a cantare, a ballare no problema/ me ne futto della ragassa de Ipanema/c’è una cosa che però mi rende trista /c’ho una malattia che qui non s’è mai vista /in Brasile io sono l’unica mulatta/che a natura ha messo al mondo cula piatta”.
La canzone non è solo divertente. Al concorso per diventare ‘intellettuale cozzalone’ di prima fascia porterei una tesi sulla cultura dell’identità comparando Orlando Figes (“La danza di Natasha”) e Checco Zalone (“Samba a culu piattu”).
“Cozzalone pure tu. Pensa che bocciarono una mia canzone per Sanremo perché immaginavo un farmaco per affrontare la stepchild. Ma se scrivi questo poi devi fare una nota a margine per spiegare che Zalone non è un cavernicolo. Con la mia faccia…”
Cosa sai di Cesare Lombroso?
“E’ un personaggio che mi affascina. Sogno un film intitolato: ‘Lombroso aveva ragione’”
Domani con il tuo mitico produttore andate a Londra.
“Il mio film arriva nelle sale. Quando l’abbiamo proiettato all’Istituto di Cultura, in italiano con i sottotitoli, ero tutto contento perché in tantissimi ridevano. Poi ho scoperto che erano tutti inglesi di Molfetta”.
Sai che ci sono zaloniani di destra e zaloniani di sinistra?
“Capitò anche a Marx”
Hai mai votato a sinistra?
“Votai per il governo Prodi”.
E per Berlusconi?
“Una volta ho votato per il centrodestra. Ma ho una grande tenerezza per i berlusconiani, per l’ingenuità di quelli che davanti alle sue malefatte più evidenti continuano a credere nella rivoluzione liberale. Mia zia Lina è così. E’ la sorella di papà. Poliziotta. In pensione come vicequestore. Mi ha fatto studiare. A lei devo la laurea in legge. Ora, che ha 80 anni, è ancora berlusconiana. Nasce da qui l’affetto commosso che c’è nei miei film per gli italiani berlusconiani”
La zia Lina ti costringeva a studiare?
“Ancora adesso vorrebbe che facessi il concorso in magistratura”
Con che voto ti sei laureato?
“104. Non è un granché, ma lavoravo. Facevo, come papà, il rappresentate di medicinali. E la sera cantavo in pizzeria per 70 euro. Sono stati gli anni più bui della mia vita. Allora andavano di moda i cerotti sul naso per non russare. Li aveva usati non ricordo quale calciatore. Ovviamente non funzionavano. Ma nelle farmacie ne ho piazzati tantissimi. Poi però quando tornavo scoprivo che non li aveva comprati nessuno. E me li tiravano dietro”
Cosa ti piaceva della Giurisprudenza?
“Il Diritto penale, che è filosofia: il reato, la legittima difesa, e poi, ovviamente, mi affascina l’incapacità di intendere e di volere”.
Zia Lina è sempre stata di destra?
“Lina, tanto per intenderci, viene da Rachelina”
Tutti a destra in famiglia?
“Dal lato di papà, sì. Il nonno, che era capostazione e dunque aveva diritto al don – don Pasquale – era di destra. E, per via del cognome Medici, coltivava la leggenda di una discendenza da Giovanni dalla Bande nere”
E mamma Antonietta Capobianco, segretaria di scuola?
“Antonietta una volta si presentò nelle liste del Pci. Prese 27 voti. Perché a Capurso i Capobianco erano 27”.
E’ ancora socialmente impegnata?
“Per adesso è arrabbiata con la Fornero, che la sta costringendo a lavorare due anni di più: è del 1951. E poi ce l’ha con me. Vorrebbe l’ indennità per il figlio famoso perché dice che nessuno le fa più lo sconto”
Sei ricco?
“Ho comprato quattro case. In una a Capurso ci stanno i miei genitori. Io sto a Bari, di fronte al mare”.
Fai il bagno lì?
“Dicono che in città il mare è inquinato. Il risultato è che si bagnano i ragazzacci. ‘Noi vip’ non lo facciamo”
Hai conti a Panama?
“Sono ancora troppo sfigato per quello. Ma ho un conto a Capurso, uno a Triggiano, città natale della mia compagna, e uno al Credito cooperativo di Conversano. E sono preoccupato perché forse sono operazioni estero su estero”.
Chi ti ha insegnato a recitare e a suonare?
“A recitare nessuno. A suonare, papà. Aveva messo in piedi un complesso, ‘Gli amici del Sud’. Il mio repertorio era il loro: soprattutto i Beatles, ma anche i Giganti, i New Trolls, i Nomadi… Avrei voluto fare il Conservatorio. Pensa che ancora oggi non leggo la musica”.
Chi te lo ha impedito?
“Io in casa non facevo che suonare. E mia madre entrava e agitando l’indice diceva: ‘da lì non ci ricavi il pane’”
E quando hai cominciato ad avere successo?
“Fermava la gente sulla porta:ssss…. silenzio, sta componendo”.

Il web è pieno di tuoi aforismi

“Molti sono falsi. Cose che non direi mai”

Per esempio?

“’Che caldità’. ‘Che comportazione è questa’. Non sono i miei ‘errori’, quelli che io chiamo ‘errori poetici’”

Il modello originale è “Sarei un ipocrita se dico il viceversa”, oppure “Scusi, della ‘Che Guevara’ c’avete anche i borselli?”. I falsi Zalone sono come le borse false di Fendi.

“Ce n’è pure qualcuno che mi piace. Quando, per esempio, Brunetta cercò di arruolarmi in Forza Italia e mi paragonò a Berlusconi, sul web usci questa risposta: io faccio ridere solo in Italia, lui in tutto il mondo. Era buona, ma non era mia”.

In fondo queste patacche sono riconoscimenti che valgono più di un David di Donatello.

“Quello certifica menzogne, questi pataccano la verità”.

One thought on “Checco Zalone: “I DAVID DI DONATELLO NON BASTA RIFIUTARLI BISOGNA NON MERITARLI / IO VOLGARE?SONO FIERO CHE NEI MIEI FILM NON C’E’ MAI UNA DONNA CHE SI SPOGLIA E C’E’ RISPETTO DIVERTITO PER GLI OMOSESSUALI / E AGLI INTELLETTUALI COZZALONI DICO: SONO ORIZZONTALE NON ITALIOTA”

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>