Ennio Morricone, il Signor Soundtrack, è come la corda tesa del film Fantasia: “LA MIA TESTA E’ UNA SCATOLA SONORA CHE CANTA ALLEGRA QUANDO SONO TRISTE”

DAL MENSILE “GQ” NUMERO DI FEBBRAIO 2016
“Incontro registi che mi chiedono una musica alla Morricone: ‘maestro, può farmi tin-tintintirin-tin-tin come Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto?’ Mi fa ridere questo genere di richiesta: se vogliono rifare Morricone non devono chiamare Morricone” . Per quello bastano i morriconiani? “ Basta riusare, ma senza coerenza, le mie vecchie musiche”. Come aveva fatto Tarantino in molti film, da Kill Bill a Bastardi senza gloria. Anche lui, per The Hateful Eight, si aspettava un Morricone alla Morricone? “ Io gli ho fatto il contrario “. E dopo aver premiato alla carriera il ‘vecchio’ Morricone, “hanno dato l’Oscar anche a questo ‘nuovo’ Morricone”. La musica, con quel Cristo sulla neve, è così intensa e profonda che l’inizio contiene e racconta anche la fine del film: “Ma io ho lavorato solo sulla sceneggiatura. E ho cercato di cambiare completamente il genere western”.
Eppure molti pensano che a 88 anni ci si possa solo ripetere. Proprio a noi di GQ Umberto Veronesi disse che “invecchiare è bellissimo, e non è vero che i vecchi non sono creativi”. “Purtroppo invecchiare comporta qualche problema, ma io ancora compongo, non ricopio me stesso”. Magari è proprio per questo – gli domando – che Tarantino l’ ha paragonata a Mozart e a Beethoven? “Intanto ho respinto l’iperbole”. Nel complimento di Tarantino c’era, implicito, un elogio del cinema?” Ha voluto, esageratamente, mettermi nell’Olimpo dei classici, visto che ha fatto un preciso riferimento a tutta la mia musica, anche a quella che non ho composto per il cinema. Ma di sicuro Tarantino pensa che il cinema è stato nel Novecento quello che nel Settecento e nell’Ottocento fu la lirica”. E dunque che Le Nozze di Figaro e il Fidelio sono come La trilogia del dollaro e The Hateful Eight. Se Mozart fosse nato nel 1928… “Magari avrebbe composto anche colonne sonore”.
Mozart e Beethoven, che introdussero le disarmonie dei pianoforti e dei violini, avrebbero perciò approvato i rintocchi della campana quando Clint entra nel villaggio: “Arriva un suono che non ti aspetti e ti fa vedere un altro mondo”. In fondo l’umile e il marginale del Flauto magico sono come la frusta e il coyote. E le voci del coro e dei solisti nella Nona sono come il crepitare della mitragliatrice e il fischio umano. “Oggi anche il cinema è in crisi. Non so se è ancora il linguaggio del tempo. Vedremo. Qualcosa sta accadendo. Tornatore, per esempio, lo sa e sta sperimentando. Ha visto l’ ultimo film, La corrispondenza? Usa la luce in modo molto speciale. E pensi al rapporto tra la luce e la musica”. Ma Tornatore si intende di musica? “Sta migliorando”. E Tarantino si intende di musica? “Non so, non credo”. Un regista deve intendersi di musica? “la prima volta che Pasolini venne da me mi diede indicazioni molto precise, voleva per Uccellacci e uccellini Mozart, Bach … Gli dissi che per copiare poteva rivolgersi a qualcun altro. E si fidò. Un regista non deve essere un esperto di musica, deve fidarsi della musica”.
Fidarsi cioè di quel filo animato che nel film Fantasia (1940,”avevo 12 anni”) è una colonna di luce: “Signore e signori – dice il presentatore nel film di Walt Disney – ecco a voi la Colonna Sonora, the Soundtrack”. Fragile, timido e potente, Ennio Morricone è entrato in scena alla Domus Bulgari di via Condotti a Roma proprio come il signor Soundtrack di Fantasia: una corda tesa con l’aria imbronciata e l’espressione severa. Glielo dico: lei è un finto burbero, a prima vista persino antipatico. “Ma io sono davvero antipatico. Mi sforzo di sorridere, mi stampo sul viso una smorfia di sorriso, perché è un dovere essere gradevoli. Ma la mia faccia è questa qui. E le dico la verità: non sono di quelli che vorrebbero cambiare faccia ogni mattina”. Forse perché ogni mattina cambia la musica: immagino la sua testa come una scatola sonora. “E immagina bene. Le faccio una confidenza: a volte quando sono arrabbiato nasce dentro di me, e diventa sempre più chiara e netta, una musica allegra , un trallallà che non c’entra nulla con il mio stato d’animo e all’inizio mi fa arrabbiare di più. Capisce l’effetto comico?”. Forse c’è un altro Morricone che le ricorda di non prendersi troppo sul serio. “Sì. E’ un po’ come il Wagner che usai nel film ‘Il mio nome è nessuno’: la Cavalcata delle Valkirie per ironizzare sull’ arrivo di 150 zozzoni a cavallo. Scoprii allora che nulla ha più grazia dell’eleganza che si produce da una goffaggine”. Anche Coppola ha usato la Cavalcata delle Valkirie in Apocalipse Now. “E’ vero, ma io l’ho fatto prima”.
Immagino che ormai i registi con lei siano, se non a disagio, sicuramente in soggezione. “ Ma qualche “no” me lo dicono ancora.” Per esempio? “Tornatore mi ha fatto spostare un brano. Non gli sembrava adatto. Ma gli piaceva e dunque l’ha messo nei titoli di coda”. Molto atteso è The Glance of music il film che Tornatore sta girando su di lei. Se lui usasse una colonna diversa dalla sua musica? “Ci resterei male e uscirei dal film”. Il film è sponsorizzato da Bulgari: che rapporto reale c’è tra una musica, un film, un opera d’arte e un marchio del lusso? “L’uso del cervello. Senza i soldi ‘intelligenti’ degli sponsor, tante meraviglie non ci sarebbero. C’è il sorriso della Gioconda per Leonardo ma anche quello di Marilyn per Chanel”. E Morricone si scopre il polso e mi mostra il famoso pataccone di Bulgari: “Sono stato tutto il tempo con il braccio piegato. Per farlo vedere”.
Con quale regista rimpiange di non avere lavorato? “Uno solo, Stanley Kubrick che mi voleva per Arancia meccanica. Ma lui, che aveva paura di volare, non volle venire a Roma e io non volli andare a Londra”. Due teste dure? “Già. Non se n’è fatto nulla” .Quando rivede quel film si tappa le orecchie e lo immagina con un’altra musica? “Io immagino tutto con un’altra musica”. Quante colonne sonore ha scritto? “Dicono 500, ma sono un po’ meno”. Bertolucci, Rosi, Pontecorvo, Pasolini, Dario Argento, Polanski, De Palma, Roland Joffé … sono meno quelli con cui ‘non’ ha lavorato: Fellini per esempio. “Grimaldi, il produttore, avrebbe voluto. Ma Fellini lavorava con Nino Rota. Era un grande musicista, ma purtroppo Fellini amava troppo la musica da circo. E infatti il suo meglio Rota l’ha dato senza Fellini”.
Pur sostenendo che “una buona musica non salva un brutto film e che una brutta musica non rovina un bel film” Morricone ammette però che “il segreto di quei capolavori che sono i film di Sergio Leone è nel rapporto tra le immagini e i suoni”. E tuttavia è vero che “Sergio mi chiedeva: “Ennio, qui mettici quello che fa titit씓. Per lui la musica era tutta un tititì? “Sì, era stonato, peggio di una campana. Eppure faceva richieste che nella sua testa erano molto precise anche se , fortunatamente, non erano mai musicalmente strutturate”.
E’ dall’inizio che voglio chiedergli se è il cinema che si è servito di Morricone o se è Morricone che si è servito del cinema. Penso a questa domanda, che poi non gli farò, anche mentre mi spiega che “la musica racconta tutto quello che non si vede” e alza e agita le mani per mostrarmi il dialogo tra immagini e suono, tra concreto e astratto: “un’amicizia – dice- che non avrà mai fine come tra la mano destra e la mano sinistra”. E fa passare una mano davanti all’altra: “Il colonnello Mortimer ,Lee Van Cleef, è il marranzano”. Poi mette una mano dentro l’altra: “Il Monco, Clint Eastwood, è il flauto”. E ancora le spinge l’una contro l’altra: “Il carillon è l’Indio, Gian Maria Volonté”. Le mani di Morricone sono straordinariamente eloquenti: “Ho scritto la musica di Novecento mentre guardavo il film, al buio”. E prende il mio quaderno di appunti, chiude gli occhi e disegna rivoletti neri, linee scure: è la colonna sonora di questa nostra intervista.
Qual è il luogo dove compone meglio? “Casa mia”. Per Morricone “casa mia” sono le carte, gli spartiti, i libri, il disordine e soprattutto Maria, la moglie che legge i copioni e sceglie i film che lui regolarmente rifiuta. “E’ vero – avevo rifiutato anche Nuovo Cinema Paradiso. E così è stato per The Hateful Eight di Tarantino”. Nel 1950, “a 22 anni, ho conosciuto Maria, che è nata in Sicilia ma è romana da quando aveva tre mesi “. Si sposarono nel 1956, hanno 4 figli, “Maria è sempre presente senza mai ingombrare”, è come nella poesia di Montale: “ Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale”. Un italiano monogamo e pure fedele? “Intendiamoci: mi piacciono pure le altre”. Alla sua Maria ha dedicato l’Oscar. Aveva mai composto musica proprio per lei? “Le avevo dedicato la sola poesia che ho scritto in vita mia, Echi. L’ho incisa in un Cd privato, che ho prodotto io, affidata a un coro di voci bianche”. Sono tre strofe d’amore, ecco la prima: “Il suono della tua voce / coglie nell’aria / un invisibile tempo / immobilizzandolo/ in un attimo eterno”.
Nell’elenco dei Grandi Italiani, che sono pochi e diventano sempre di meno, Morricone non appartiene né alla categoria degli anti italiani né a quella degli arcitaliani: non mitizza l’Oscar che ogni volta che viene assegnato a un italiano viene accolto come un nuovo piano Marshall, ma neppure lo disprezza come fanno gli snob. Nel Paese dei premiati e degli insigniti, ha un rapporto laico anche con gli Oscar. A partire dalla cerimonia di Los Angeles, dove è il solo che è rimasto sempre sobrio: “contento certo, ma con calma”. Chiama “modestia” questa sua forza calma: è la consapevolezza che “tra quella statua e la mia musica non c’è in realtà alcun rapporto”. E infatti alla fine è lui, Morricone, che ha dato al premio più di quanto dal premio abbia ricevuto. Al contrario l’Italia, frastornandolo un po’, ha trasformato anche questo Oscar nel circo delle meraviglie, in un festeggiamento senza fine, nel risarcimento dell’ identità, nel nuovo Rinascimento. “E’ vero, sono sempre contento di ricevere premi, ma non ci penso. Quando mi diedero il Golden Globe non ricordavo di averne già avuti altri due. E anche l’Oscar… Inosmma, io non scrivo musica per i premi e non credo che premino me per premiare l’Italia”. E infatti Morricone non si sente figlio del Va’ pensiero di Verdi, e neppure dell’italianità internazionale di Giacomo Puccini che fu il solo operista a scrivere un western: La fanciulla del West. “Io, semmai, devo molto a Mahler e a Stravinskij . Ed è vero che sono romano, e anche romanista, ma Roma non c’entra nulla con la mia musica “. Il mondo del cinema romano è fatto di salotti e terrazze. “Mai frequentate. Io non mi sono neppure accorto della dolce vita, del famoso clima molle e dissipato di quegli anni. Forse perché sono di origini modeste”.
Gli obietto che l’ho visto a Caracalla, che di sera è il luogo più benigno e più bello del mondo, il luogo magico di Roma, dirigere una musica molto diversa dalle colonne sonore: era un concerto in onore di Pasolini e c’era appunto registrata la voce del poeta che parlava di Roma. A parti rovesciate, Pasolini faceva da colonna sonora a Morricone: “ La voce di Pasolini, non solo per quello che dice, è molto emozionante per il suono, per il timbro”. Lei ha scritto tanta musica colta … “Come forse sa, io la chiamo “musica assoluta”. Ma non pensi anche lei che io la preferisca o che mi dispiaccia che non sia famosa e popolare come l’altra”. Il sospetto ce l’ho: “Se lo tolga”. Ci sono film, come Metti una sera a cena, che visti oggi risultano terribili, mentre il tema, daddadadaddadada, una volta liberato da quelle immagini, diventa più bello. “Mi capita di scoprire come ‘assoluta’ una musica scritta per un film”. Il Clan dei siciliani per esempio, con Jean Gabin. “Lì ho usato Bach”.
Non c’è musica che Morricone non abbia praticato con successo, dai Cori di Didone di Luigi Nono ai madrigalisti del Cinquecento; ha composto Anamorfosi latine e La ballata di Sacco e Vanzetti, ha musicato salmi, versetti, sure del Corano, e non tutti ricordano che sono suoi gli arrangiamenti di Ciribiribin, Guarda come dondolo, In ginocchio da te, Sapore di sale, Se telefonando, e tantissimi altri motivi leggeri degli anni sessanta:”Alcuni sono terribili, altri sono stati giustamente dimenticati, un po’ me ne vergogno”. Ma tutti sono stati utili nel romanzo di formazione di un grande compositore? “Una volta scrissi una versione di Voce ‘e notte partendo dal Chiaro di luna di Beethoven”. C’è un brano del 1960, Il barattolo di Gianni Meccia , “dove mi servivo di un barattolo sbattuto per terra …”. E l’inciampo sillabico di A-a-bbronzatissima? “L’avevo usato, la prima volta, per un brano che si chiamava Ornella”. Divenne una moda semantica della canzone italiana.
“Voglio farle adesso una confessione , una cosa che non ho detto mai, e anzi vorrei che non la scrivesse. Ecco: io credo che la Musica sia già tutta scritta, quella eseguita e quella ancora da eseguire. Si tratta solo di comporre e ricomporre: ma la musica è già lì … “. Lei sta parlando di Dio? “E’ la Musica che sceglie le sue creature, i suoi compositori”.
Lei è cattolico? “Sì. Sono cattolico, forse perché mia madre ci insegnò a recitare il rosario durante la guerra e perché Cristo mi commuove. Io credo. Ma le ultime parole del Credo non mi convincono”. Le ultime parole della preghiera sono: “Credo nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen”. Lei non ha mai scritto un requiem, la musica per un funerale? “No, mai”. E il suo, tra mille anni, come se lo immagina? “Ho dato disposizioni perché avvenga in forma assolutamente privata. Solo dopo diranno: Morricone è morto”. E quale colonna sonora vorrebbe? “Solo silenzio”.

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