ECCO LA FOTO CHE SCATTAMMO IN CASA DI ELISABETTA SGARBI: “…tu galantuomo che passi /col tuo bastone raggiungi la delicata flottiglia,/ che non si perda; guidala a un porticello di sassi “.

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La foto è scolastica come il nome ‘La nave di Teseo’. Ma proprio la posa da classe terza B dimostra che è improvvisata, autentica foto-verità di un bel momento italiano che nessun fotografo professionista sarebbe mai riuscito a catturare così, innanzitutto perché non è a favore di luce. Il Punctum della foto è che anche la casa editrice non è a favore di luce. E la foto è persino “mossa”, ma nella sveltezza che rimanda ai pionieri del libro. Ed è vero che non ha quasi sfondo, ma proprio l’intimità dell’ appartamento-salotto apre un orizzonte piccolo e largo nell’editoria imbalsamata dentro il grande open-space della mediocrità italiana. Ovviamente il dilettante che ha fatto clic non pensava alla camera chiara e neppure alla sostanza entelechiale che qui è Elisabetta Sgarbi, nel cui sguardo di editore si riconoscono tutti questi impertinenti scrittori che, al contrario, in una propria singola foto mai si riconoscerebbero (“ignoto a me stesso, ignaro dei miei lineamenti”). Da qualche parte, tra queste facce, con un’assenza che la rende più presente dei presenti, c’è anche il viso dell’ereditiera di libri Marina Berlusconi. Ai suoi rifiuti si deve La nave di Teseo. La poltrona di Furio Colombo è quella della memoria, ‘la poltrona magica’ che faceva viaggiare Proust . Il bastone di Eco è quello degli ossi di seppia di Montale “…tu galantuomo che passi /col tuo bastone raggiungi la delicata flottiglia,/ che non si perda; guidala a un porticello di sassi “.

One thought on “ECCO LA FOTO CHE SCATTAMMO IN CASA DI ELISABETTA SGARBI: “…tu galantuomo che passi /col tuo bastone raggiungi la delicata flottiglia,/ che non si perda; guidala a un porticello di sassi “.

  1. Maurizio Donatini

    Ella è una importante firma di Repubblica ma non ritenevo che il Suo potere fosse tale da potersi imporre anche alla dittatura della stupidità imperante.
    Nel Suo articolo di oggi Ella è perfino riuscito a costringere la tipografia del giornale a scrivere Dio con la maiuscola.
    Sono sopraffatto dalla ammirazione e, anche, dalla gratitudine.
    Io non vado in chiesa ma il fatto che Dio si debba, obbligatoriamente, scrivere con la minuscola (oggi anche sul Sole24ore) mi crea un fastidio che sarebbe più esatto definire sofferenza, in quanto dimostrazione di una stupidità di massa, obbligatoria, che mi ripugna dal profondo.
    La saluto
    MD

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