Perché è la metro peggiore del mondo ROMA,LE MISERIE DEL SOTTOSUOLO

ROMA – Con lo stesso spavento di chi si avventura nelle fogne di New York, 750mila disgraziati penetrano ogni giorno nel sottosuolo di Roma rischiando ora il deragliamento, come nel settembre scorso, ora il tamponamento, come nel giugno scorso, oppure, più di frequente, le inondazioni, ogni volta che piove, e ovviamente la fuga a piedi per incendio sui binari, l’ultimo dei quali, l’altro ieri, ha causato la guerra dei mondi.
Da un lato ci sono infatti i costruttori sciiti della linea C, capeggiati da Francesco Gaeteano Caltagirone, e dall’altro ci sono i sunniti manutentori della linea A, che dipendono dall’Atac, che è la Sunna, la verità della tradizione. Di sicuro le scintille sono state, ancora una volta, provocate da un corto circuito. Secondo quelli della linea C, la colpa è della cattiva manutenzione degli archi di cemento che ha permesso all’acqua di infiltrarsi e di raggiungere i fili elettrici lasciati a penzolare e a consumarsi da quei pelandroni dell’ Atac.Secondo l’Atac invece, è il consorzio della linea C che, scavando troppo e puntellando troppo poco e male, ha sciattamente trascurato l’isolamento dei binari.
Nessun ingegnere per la verità è stato in grado di prospettarmi come alla fine sarà realizzato, sotto la bellissima Basilica di San Giovanni dove il simoniaco Bonifacio VIII indisse il primo giubileo, l’incrocio tra le linee, il collegamento pedonale che, sempre nelle grandi metropolitane trasforma la viabilità sotterranea in splendore di città-salotto. Per ora a Roma questo snodo c’è solo a Termini, che non è però una piazza sotterranea ma un incubo, un labirinto di budelli dove, nel fetore degli escrementi umani e tra lavori eternamente in corso, si muovono a loro agio, più serpenti che topi, solo le famose bande delle scippatrici che poi a Flaminio, a Piazza di Spagna e a Barberini inseguono i turisti sulle banchine e, alle eventuali reazioni, rispondono con calci e pugni. “Sono minorenni organizzati” dicono alla polizia. E mi raccontano che c’è una bimba che ha il record di almeno otto fermi e altrettanti rilasci, e chissà se Trauffaut rifarebbe con lei ‘Zazì nel metro’, non più una piccola e sperduta romantica ma una zingara Esmeralda sotto il dominio – si vede in un video- di un ometto solido, panzuto, baffi neri, un cappotto scuro sino ai piedi che la controlla a distanza.
Ma i record negativi si sprecano in questa metropolitana di Roma dove piove sui binari e dove i treni, che sono circa un centinaio, spesso rimangono in deposito secondo il giudizio incontrollato (umore, capriccio?) dei famosi macchinisti. Ebbene, sino al 31 dicembre del 2015, gli spagnoli di un’impresa che si chiama Caf avevano garantito, con i loro 50 operai, la manutenzione di 53 di questi treni. Purtroppo, i 53 treni sono ora passati di competenza dell’Atac che, con i suoi 300 operai, già ne maltrattava 22 . Si tratta infatti di treni che hanno fatto quasi due milioni di chilometri e senza mai una revisione globale. E infatti improvvisamente si fermano, anche in galleria: negli ultimi mesi è accaduto almeno venti volte. E qualche volta crolla un soffitto e qualche altra si stacca, tra mille diaboliche scintille, lo scatolone delle batterie (ci sono foto e video). Succede anche che un treno parta e viaggi con le porte aperte: “Eravamo a Castro Pretorio – mi ha raccontato la signora Cinzia – e il vagone era pieno. Ci siamo guardati l’un l’altro, era una di quelle scene che nei film affidano agli stantman. Dico la verità: a me sono venute le vertigini. E mi sono appesa al freno d’emergenza. Ebbene, neanche quello funzionava. Ci siamo come raggomitolati, tutti al centro e quando il treno è arrivato in stazione qualcuno voleva picchiare il macchinista”.
E’ capitato spesso che i macchinisti siano dovuti scappare. Sono 500 e sono considerati una casta, un po’ come gli orchestrali dell’Opera e come i vigili urbani. Sino al giugno scorso guadagnavano tremila euro al mese, più gli straordinari. Di sicuro nessuno li controlla, autogestiscono i loro turni e nessuno rivela i nomi di chi sbaglia “e al massimo viene multato”. A Ignazio Marino va il grande merito – e il coraggio – di averli affrontati e di avere loro imposto, nell’estate scorsa, il cartellino da timbrare, “ma non quando salgono e scendono dal treno, solo quando arrivano e quando lasciano uno dei tre depositi che sono generosamente forniti di bar e di mensa. Nonostante il contratto prevedesse sei ore e dieci minuti al giorno, loro ne facevano solo tre”. Sto parlando con un ex dirigente dell’Atac che ha con la metropolitana di Roma la stessa dolce e tormentata ossessione che Quasimodo aveva con Notre Dame. Adesso quei macchinisti fanno le loro sei al giorno contrattuali “ma per convincerli hanno siglato un accordo e la metà gliela pagano come straordinario”. Ogni turno prevede 6 corse. “In genere ne fanno due in più: un altro straordinario”. A questi macchinisti, che sono arrabbiatissimi, si devono gli scioperi selvaggi che da circa sei mesi, almeno due volte al mese, paralizzano il traffico .”E sempre di venerdì”. E poi c’è il doppio lavoro che sarebbe diffusissimo e farebbe la gioia di Brunetta, due posti fissi a testa, come quel dirigente che sino a qualche mese fa svolgeva il suo ruolo, ma si era messo part time. Un dirigente part time neppure Zalone lo ha immaginato.
Quella della metropolitana infatti non è solo miseria di sottosuolo. Ci sono anche i fasti del mondo di sopra. I dipendenti sono 12mila: 6200 autisti, 1800 operai , 1500 amministrativi, 1300 tra capistazioni e operatori di traffico, 1100 controllori di varia natura. I dirigenti, con uno stipendio che arriva sino a 250mila euro lordi, sono 52, quarantatre impiegati negli uffici contratti, markentig e strategia e solo dieci davvero operativi. Tra questi impiegati ci sono i famosi clientes di Alemanno. Il ‘Ciancimino de Roma’assunse infatti, con quel famoso superminimo che fece invidia ai forestali siciliani, ben ottocento persone, tra cubiste e camerati che non sarebbero però piaciuti al Duce, che nella Metropolitana di Roma ci credeva davvero. Chiamò B, con un virile tocco futurista, la linea scavata prima della A.
Poi, nel dopoguerra, dal 1947 ad oggi, Roma non ha mai smesso di costruire la sua metropolitana. Solo il tempo però è da piramide: 60 chilometri in 70 anni, 800 metri l’anno. La piccola Milano ha 5 linee per 90 km e alcuni sono capolavori dell’architettura e del design, come la Linea Rossa di Albini e Vignelli.
E c’è pure lo scandalo della Linea C che da dieci anni si trascina senza fine ed è l’unica metropolitana al mondo che non si sa dove arriverà. Ne hanno realizzati solo15 chilometri che con la fermata a San Giovanni diventeranno 16, e con quella al Colosseo diventerebbero 18. Il consorzio privato (Caltagirone, Astaldi e cooperative varie) ha già speso tre miliardi di euro di danaro pubblico, con ben 46 varianti di cui la metà sono state giudicate illegittime da Raffaele Cantone.
Almeno funzionasse! Senza cedere alle ragioni dei ragionieri e neppure a quelle dei moralisti, la linea C non è diventata uno di quei simboli senza il quale a Roma ci sentiremmo persi. Non la prende infatti nessuno. A fronte dei 700mila passeggeri delle linee A e B solo in 50mila viaggiano nella C. Ecco: tre miliardi per 50mila passeggeri è un investimento non perdente, ma sciagurato. Si sarebbe potuto offrire un taxi ad ognuno di loro, e per tutta la vita.
La metropolitana segna il rango di una città quando il flusso è quello del sangue. E la sua eleganza può persino riscattare la monnezza come a Napoli dove ogni stazione è stata realizzata – su concorso – da un bravo architetto associato a un bravo artista. E dunque chi va a Napoli fa un viaggio nel viaggio perché la metropolitana è un valore di per sé, come a Mosca, a New York, Parigi e Londra.
Ieri invece ho viaggiato avanti e indietro nella sporcizia, seguendo una segnaletica strampalata che, per esempio, a Piazza di Spagna indica l’uscita dove c’è un muro, con le scale mobili che non funzionano, i graffiti che non sono arte cafona ma esprimono solo la voglia di vendicarsi della metropolitana, celebrano l’ immondezzaio dei corridoi, si aggiungono alla cacca, alla bava, ai topi,alle pozzanghere, agli intonaci scrostati e ammuffiti, al turpiloquio dovunque inciso con i coltellini, come nei gabinetti dell’autostrada.
Eppure non ci vogliono leggi speciali né ronde leghiste, basterebbe applicare il codice, la sorveglianza, la decenza, la ramazza, lo straccio e il sapone. L’Atac spende infatti 20 milioni l’anno per foraggiare due ditte di pulizia e altri 20 per le ditte di vigilanza. Così sopravvive Roma, là sotto. Diceva Montale che “la storia … lascia sottopassaggi, cripte, buche e nascondigli”. Ma, aggiungeva, “c’è chi sopravvive”.

3 thoughts on “Perché è la metro peggiore del mondo ROMA,LE MISERIE DEL SOTTOSUOLO

    1. giovanni frullano

      Caro Signore,
      fosse quello il solo problema del Nostro Signor Merlo!
      Eccolo qui a scrivere di Roma le stesse cose che diceva l’ex Sindaco Marino. Sindaco dal Nostro così tanto criticato.
      Mah … E’ così preso dal suo io che non si rende conto di scrivere inesattezze e bugie …
      Povera Zazie, citata a casaccio dal Nostro …

  1. fedele

    Gentile Sig. Merlo,
    immagino che questo ex dirigente che ha il privilegio di parlare senza timore di smentite, oltre a confonderla su Zazie, non ricorda più che la metro funziona anche di sabato e domenica, o che sono stati cancellati in un colpo 60 anni di accordi. Non immagina che oggi è già tanto averne uno, di lavoro, o che si guida oltre l’orario di legge, e dopo ore di guida in galleria senza soste non si ha nemmeno la forza di mettersi in macchina e tornare a casa, o che i treni circolano anche ore pasti. Francamente lo stipendio sembra un po’ da marziani (viene da chiedersi perché l’ex dirigente non abbia fatto domanda da macchinista), ma nessuno andrà mai a verificare le fonti. Tanto sono loro ad ingoiare, turno dopo turno, oltre alle polveri di ferro e di silicio, l’ignobiltà e la viltà di chi, sapendo di mentire, colpisce persone che lavorano, operai, macchinisti, che per un codice etico che sarebbe caro a Mussolini, non possono, questo sì che è il vero privilegio delle caste, rispondere alla stampa. Tanto sono loro a rischiare il linciaggio fisico, per meno della metà dello stipendio citato da quell’ex dirigente. “Non si uccidono così anche i cavalli?”

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