A pranzo con DAMIANO MICHIELETTO “NON SI PUO’ VIVERE SENZA FISCHI” A 41 anni, è il regista italiano più innovativo e più ricercato nel mondo

DAl MENSILE “GQ”, OTTOBRE 2015
Preferisci i fischi o gli applausi? “Gli applausi, ovviamente. Ma ho visto applaudire spettacoli mediocri. E fischiare capolavori”. Su Youtube , nella famosa scena dei ringraziamenti a Londra, è divertente vederti impassibile mentre ti inchini davanti ai fischi. “I fischi sono una scuola di carattere”.
Damiano Michieletto dice di avere “il carattere caparbio ma sognatore dei veneti”. A tavola, di fronte al mare di Pesaro, beve due spritz con la grigliata di pesce. “Sono nato a Scorzè”. Il paese delle bibite gassate? “Sì. E vivo a Treviso. Ma è in tutto il territorio che mi riconosco: sono veneto”. Sei leghista? “Vuoi scherzare!”.
Tra applausi e fischi, Michieletto, a 41 anni, è il regista italiano più innovativo e più ricercato nel mondo. Anche il più pagato? “Non credo. Sicuramente lavoro per le rate del mutuo. Sono concreto”. Ho letto che da ragazzo aggiustavi biciclette. “Frequentavo l’officina di mio zio. Ancora adesso mi piace lavorare con le mani. E con le biciclette gareggiavo”. Ti piace correre? “Anche come metafora”.
Michieletto è stato invitato per tre anni consecutivi a Salisburgo, più di Ronconi e Strehler. E l’anno prossimo tonerà a Londra. Dal 2003 ho contato 24 produzioni, applauidte e fischiate, in Italia, Svizzera, Germania, Spagna, Giappone e Cina. Ora la sua agenda è piena almeno sino al 2020. Sei come Figaro? “Ti ho detto che mi piace correre. Ma so dire di no”. Per rispettare gli impegni? “Ho un amico imprenditore che a Treviso installa pavimenti. Quando gli ho detto che spesso devo rifiutare delle offerte di lavoro mi ha rimproverato: ‘tu sei matto, bisogna correre’. E’ vero, gli ho risposto, ma la velocità è impiegare bene il poco tempo che ci è dato. La velocità è il contrario della fretta”.
Ricominciamo dai fischi: senza l’ indignazione per la scena dello stupro il tuo Guglielmo Tell sarebbe stato lodato ma dimenticato. “Non c’ è indignazione pubblicitaria che tenga se il prodotto da reclamizzare vale meno della reclame”. Vuoi dire che i fischi bisogna meritarli? “Voglio dire che ci sono fischi che promuovono e fischi che silurano. Il peggio è lo spettacolo che addormenta il pubblico, tranne nel momento dell’aria famosa: ‘la donna e mobile / qual piuma al vento’. Quell’applauso è peggio del fischio, è ammiccamento ruffiano, un imbroglio concordato senza emozioni”.
E’ molto veneto anche parlare di futuro sorseggiando spritz. “Sto scrivendo un musical: la storia di una donna italiana che, diventata anziana, ricorda com’era e si guarda com’è . Ed è un racconto musicale, tutto attraverso le canzoni degli anni sessanta”. Sei troppo giovane per quelle canzoni. “Sì, ma da ragazzo scrivevo ballate di circostanza e i miei modelli eano i cantautori, De André, De Gregori, Guccini, Dalla, Paoli e Luigi Tenco”. Hai mai inciso? “Vinsi un concorso attraverso ‘Radio Italia’ e fu un’emozione straordinaria sentire che in radio passavano la mia canzone. Si intitolava ‘Ballata'”. Ne scrivi ancora? “Mi piacerebbe scriverne, ma per altri”. Per chi?” Malika Ayane ha una voce bellissima”.
L’anno prossimo porti al Piccolo ‘l’Opera da tre soldi': riscriverete le canzoni di Kurt Weill? “Sarà un’edizione tutta nuova. A partire dalla traduzione di Roberto Menin “. Sarà inevitabile il paragone con Strehler. “La regia è una di quelle cose belle e pericolose alle quali non puoi togliere il pericolo senza perdere anche il bello”. Ti farai fischiare? “Nella prosa non si fischia”. Hai rischiato di più facendo della Gazza ladra un’ Alice nel paese delle meraviglie che trasformando il Ventaglio di Goldoni in un personaggio-ventaglio in carne ed ossa che parla con i sonetti di Shakespeare. L’opera è più mummificata della prosa? “Il pubblico della lirica resiste di più. Ma alla fine il risultato è lo stesso”. Lavori border line, sai di rischiare la parodia ambientando al San Carlo il Ratto dal Serraglio sullo yacht di un camorrista. “La parola camorrista io non l’ho usata”. Beh, catena d’oro, panzona, occhialoni firmati, asciugamani zebrati, accappatoio col collo di pelliccia e… cocaina. ” Sì ma era Mozart e non Gomorra. Anzi lì c’era più Mozart del solito”. L’eccesso piacerebbe a Mozart? Nel tavolo accanto c’è un tipo devastato dai tatuaggi, scorpioni, stelle… : “No, quell’eccesso no”. Damiano ha un tatuaggio sulla schiena: ‘Keep the Dreams Alive. Lascia vivere i tuoi sogni’.”Ti chiedo: Mozart oggi si farebbe tatuare?”.
Michieletto non lavora come Carmelo Bene che amputava e sottraeva, al punto da eliminare, per esempio, Romeo da ‘Romeo e Giulietta’. Lui ambienta ‘Così fan tutte’ in un bordello per scambisti, oppure Rossini in manicomio, sino al Gugliemo Tell che a Londra è stato fischiato perché “non c’è lo stupro nell’idea ‘conservata’ dell’opera. Nel testo, i soldati invasori costringono le ragazze del villaggio a ‘ballare’. Ma ti pare che in Bosnia, in Iraq, in Siria… si sono limitati a far ballare le donne?”. Non corri il pericolo di lavorare ‘contro’ la musica? “Al contrario, provo a tirar fuori tutta la potenza che c’è nella musica. Pensa a Mozart e al suo don Giovanni. Pensa a cosa c’era nella sua testa e dunque a cosa c’è nella sua musica”. L’erotismo sfrenato di Mozart? “Ma nel bellissimo libretto c’è solo quel che l’epoca permetteva”.
E nella tua testa cosa c’è? “Il paesaggio della Valle Padana , quello senza reti, cancelli e villette. E’ la mia orgine”. Lo rimpiangi? “Non sono passatista e neppure lamentoso. Al contrario mi piace correre. Ti ripeto: sono veneto”. Cosa ti ha impedito di diventare leghista? “Mio padre, terza elementare e 12 fratelli, ha fatto l’operaio. Ma non alla catena di montaggio: era quello che leggeva i contatori”. E’ un mestiere che meritebbe un film, come il postino. “Erano uomini allegri e discreti che potevano entrare in tutte le case”. La famosa bonomia veneta? “Anche i dipinti, dal Veronese al Tiepolo, sono allegri, magari malinconici, ma leggeri”. Dunque i numeri del contatore non erano solo aritmetica. “Erano i diari dei consumi”. E infatti il padre di Damiano si mise a fare politica e divenne sindaco per il Ppi. “Un politico, come un regista, non ha paura di essere contestato”. Anzi cerca, previene e sfida la contestazione che, come a teatro, “tanto più è inisidiosa quanto meno è rumorosa”. Già, movimenti delle ciglia, mezzi sorrisi, insofferenze impercettibili a tutti tranne che al regista che sempre fonda il suo sucesso sulla seduzione. “Il fischio è l’ammisione che l’opera è viva ed emozionante e dunque inisidiosa e pericolosa”.
Chi ti ha insegnato lo stupore? “La scuola ‘Paolo Grassi’ di Milano”. Più della laurea in Lettere a Venezia? “Molto di più”. Come ti mantenevi a Milano? “Facevo il pizzaiolo”. Allora sai cucinare bene. “Solo le pizze”. Ti sei sposato a 26 anni e ora sei separato e hai due figli: “Viola, di 13 anni e Daniele di 8″. Cattolico? “No”. Li hai battezzati ?”Sì”. E cosa ti ha detto Viola quando ti hanno fischiato a Londra ? “Papà, però tu le vai a cercare”. Ti riconosci in questa frase? “Sì”. Ti rifaccio la domanda dell’inizio: meglio i fischi o gli applausi? “Il paradosso è che ci sono due cose impossibili da sopportare: convivere con i fschi e fare a meno di essi”.

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