“ll fatto non sussite”, diventa vintage la triste figura del cattivo maestro ASSOLTO ERRI DE LUCA, TUTTI CONTENTI TRANNE LUI

E’ l’assoluzione – il fatto non sussiste – che volevamo tutti, tranne l’accusatore e probabilmente l’accusato, il Pm e l’imputato Erri De Luca che ora, per sentenza, non è cattivo e non è neppure maestro. Diventa anzi vintage la figura stessa del ‘cattivo maestro’ che la bellissima sentenza di Torino archivia tra ‘le buone cose di pessimo gusto ’ della vecchia Italia di almeno trent’anni fa. La signora giudice del Tribunale ha infatti relegato il pifferaio ideologico, l’intellettuale oracolare che sporca e non si sporca, il cattivo maestro appunto, tra le malinconie del modernariato, come il Postal Market, i Pink Floyd e Toni Negri.
La formula della sentenza – il fatto non sussiste – non dice infatti che lo scrittore non ha istigato abbastanza gli anarco-comunisti e gli eco-autonomi che hanno organizzato attentati violenti in Val di Susa, né tanto meno che l’istigazione a delinquere in Italia non è più un reato. Ma saggiamente che non c’è stata alcuna istigazione da parte di Erri De Luca. L’intervista incriminata – “.. la Tav va sabotata, ecco perché le cesoie servivano: sono utili a tagliare le reti” – è stata ininfluente, senza rapporto reale con i petardi, con le bombe carta, con i bidoni incendiati, con il lancio di pietre e bulloni, con gli attacchi ai cantieri degli estremisti che in Val di Susa tra loro si chiamano “fermenti attivi” ma rimangono violenti, perché neppure da quelle parti cambiando le parole cambiano le cose. Più chiaramente ancora la sentenza ha stabilito che la parola “sabotaggio” pronunziata da Erri De Luca non è un sabotaggio, e che la parola “cesoie” non taglia reti e non tronca binari: “Questa non è un pipa” scrisse Magritte sotto il dipinto di una pipa.
Rimane da sottolineare che tecnicamente a De Luca non hanno contestato il reato d’opinione, che in Italia è ormai relegato all’apologia di reato, all’offesa e al vilipendio delle religioni, della Repubblica , del capo dello Stato e delle Forze armate. Come dicevamo prima, lo hanno accusato di istigazione a delinquere. Può infatti accadere – ed è accaduto – che qualche capo manipolo razzista inciti a bruciare un campo di nomadi, o che, davanti a uno stadio, un qualche ‘Genny a Carogna’ istighi i tifosi a lanciare molotov e ad accoltellare i fratelli ultrà della curva opposta. Del resto, negli anni settanta i cattivi maestri della lotta armata e del terrorismo non furono tutti innocenti come De Luca. E’ insomma vero che nessuno può subire una pena per i suoi (cattivi) pensieri, ‘cogitationis poenam nemo patitur’, ma c’è un confine oltre il quale la libertà di espressione può davvero offendere la vita, l’ordine pubblico e persino la Storia, negando per esempio l’Olocausto o facendo apologia di fascismo. Certo, è senza esitazioni che abbiamo difeso il diritto di De Luca di dire quel che a noi pareva comunque odioso, ma ci piace di più Leonardo Sciascia che, con Borgese, avrebbe voluto scrivere sulla sua tomba: “Aspiro a una lode: che in nessuna mia pagina è fatta propaganda per un sentimento abietto o malvagio”.
Dunque “il fatto non sussiste”, e a nulla valgono le disquisizioni di Erri De Luca sul “sabotare, verbo nobile e democratico pronunciato e praticato da Gandhi e Mandela con enormi risultati politici”. Ieri infatti non sono stati assolti Gandhi e Mandela che sono gli eroi moderni della Nonviolenza e non della No Tav. Né tanto meno è stata assolta la violenza, come sostengono i più scomposti della destra. Sono state assolte le opinioni di De Luca. E la formula della sentenza conferma quel che in tanti pensavamo e cioè che il processo non andasse proprio fatto, e non solo perché incriminare le parole di uno scrittore è il medioevo del diritto, ma anche perché è stato un regalo ai veri violenti che, protetti dalla sigla No Tav, in questi anni hanno trasformato la Val di Susa in un centro sociale a cielo aperto. Ecco: una bella condanna alle esecrabili opinioni di De Luca avrebbe spacciato i loro incendi e i loro assalti per reati d’opinione. Come se in val di Susa fossero tutti scrittori con la lingua sciolta.
Il processo non andava fatto, dunque. Ma, adesso che è finito così bene, possiamo dire che è meglio che sia stato fatto. Perché il giudice, che si chiama Immacolata Iadeluca, ci ha appunto liberato dai fantasmi degli anni settanta. Meglio di un’amnistia, la sua sentenza è una pacificazione con le ombre italiane, con l’idea arcaica che esistano i diavoli della cultura, le jene stilografiche, i cattivi maestri. E infatti alla sentenza ghostbuster bene si adattavano le immagini che dall’aula ci arrivavano come cartoline sbiadite. Era come se avessero svuotato le teche dell’Istituto Luce: tutte quelle giacche di fustagno, le rughe proletarie, i giusti richiami ai vecchi arnesi del codice fascista, ma anche gli applausi ai vecchi concetti alternativi , alle parole buttate lì come dentro a un volantino: “i piani bassi della società” “l’avamposto”, “i tribunali speciali”. Davvero pareva di assistere a un film di Bellocchio o di Gianni Amelio o di Marco Tullio Giordana. Con la differenza che allora tutti starparlavano di filosofia classica tedesca e di valore-lavoro e adesso tutti straparlano di geologia, economia, ecologia, ingegneria, amianto, territorio e trasporti, velocità e paesaggio…
De Luca, che è uno scrittore prolifico e molto amato non solo a sinistra, un uomo mite, sofferto e spirituale, che vive in mezzo agli alberi che pianta “per pagare – dice – il mio debito alla natura”, porterà ancora in giro le sue bruttissime cesoie, ma a nessuno verrà in mente di mandare sotto processo le sue castronerie contro i treni veloci. Da giovane è stato “responsabile del servizio d’ordine romano di quella Lotta continua che il gruppo dirigente non avrebbe dovuto sciogliere”. Ha fatto l’operaio e ha lavorato in Africa, “dove mi sono ammalato di ameba e malaria, e forse per questo sono rimasto così magro”. Da quando i libri gli hanno dato l’agiatezza – “mai stato così bene anche se io mi costo pochissimo” – scala le montagne: “In onore di mio padre alpino imparo a fare i conti con me stesso e con la mia fatica”. Le pareti di roccia sono come i testi sacri che, ormai da anni, studia e traduce: “Un altro modo per arrivare in alto”. Ieri sera, a guardarlo in tv, sembrava contento che fosse finita anche l’ eccentricità di quegli hastag #stoconErri che hanno coinvolto tutti, appassionati volterriani e brutti ceffi, liberali veri e garantisti pelosi. Potrà raccontare di essere stato processato come Marinetti, Guareschi, Pasolini, Moravia, Testori, Bianciardi, Tondelli e per ultimo Aldo Busi, che si presentò in aula vestito di bianco e poi telefonò alla mamma: “È andata male. Mi hanno assolto”.
Il processo per uno scrittore vale molto più di un premio Strega, anche se De Luca non ha bisogno del fumo degli scandali per vendere i suoi libri. Quando, nel settembre dell’anno scorso, lo intervistai, malinconico ma sorridente, estremista triste ma ironico, mi disse di sapere che il tribunale è il tempio dove tutti gli artisti sognano di essere santificati. Ti assolveranno, gli dissi. E lui: “Scommettiamo una cena al Tram Tram, a San Lorenzo, dove l’antipasto di alici fritte è magnifico”. Non dico che l’assoluzione sia stata la sua condanna, ma che ha perso. E non solo la scommessa.

6 thoughts on ““ll fatto non sussite”, diventa vintage la triste figura del cattivo maestro ASSOLTO ERRI DE LUCA, TUTTI CONTENTI TRANNE LUI

  1. Alessandro Di Rienzo

    quando il linguaggio forbito corrisponde sempre a buone braccia tolte all’agricoltura.. leggere Merlo è una bussola preziosa.. dice sempre cose che un linguaggio prosaico appellerebbe come bellinate..

  2. Luca Salmieri

    Al di là della tesi secondo cui Erri De Luca avrebbe preferito una sentenza di colpevolezza per meglio assumere il ruolo di ‘cattivo maestro’ (tesi che resta davvero ridicola) mi spiega cosa c’entra mai ‘Genny a Carogna’?
    Ma lei i fatti di quella triste serata della finale di Coppia Italia li conosce? Si è documentato un minimo? Ha letto almeno gli articoli di suoi vari colleghi che hanno cercato di ricostruire cosa successe quella sera fuori e dentro lo stadio olimpico?
    Ma lei da quale fonte ha tratto che Genny a Carogna ha istigato i tifosi a lanciare molotov e ad accoltellare i fratelli ultrà della curva opposta?
    Lei fa un giornalismo da quattro soldi, basandosi sul senso comune….Anzi, neanche sul senso comune, perché per il senso comune Genny a Carogna sarebbe colui che concesse il permesso a giocare quella triste partita (cosa tra l’altro non vera, ma appunto data per scontata dal senso comune) e non un istigatore di lanci molotov e accoltellamenti.
    In questo caso, leggere Merlo è una bussola fuorviante.

  3. savio moselli

    Il tempo dirà se la castroneria è la tav o sono le idee di De Luca.
    Per il resto è chiaro che Erri ja dato con le sue parole appoggio al movimento, anche violento, del No Tav.
    Ma penso che le sia chiarissimo che ciò costituisce appunto un opinione e non un istigazione a delinquere, a meno che non si provi che anche uno dei partecipanti agli scontri ci sia andato perché sospinto dalle parole del maggior scrittore vivente oggi 8n Italia….

  4. angelo libranti

    Bando ai fronzoli, l’imputato andava condannato per istigazione alla violenza, altro che arzigogoli.
    Ricordo benissimo le interviste concesse da questo rivoluzionario dal culo caldo: diceva, papale papale, di rompere il cerchio difensivo ai cantieri del TAV e distruggere tutto il lavoro fatto.

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