A pranzo con… BENETTON&TOSCANI LUCIANO E OLIVIERO: “TORNIAMO INSIEME PER FARE I BARBONI”

Dal mensile GQ, luglio

A Luciano, che ne ha compiuti 80, Oliviero, che ne compirà 74, propone un’esperienza da barboni: “qualche mese sotto i ponti della Senna, noi due soli, senza niente”. “Neppure una carta di credito d’emergenza?” chiede Luciano con gli occhi azzurri di nuovo accesi, come ai vecchi tempi. Di Oliviero condivide l’idea che “l’occhio è molto più veloce e diretto dell’intelligenza “. E infatti non hanno mai discusso nulla. “Quando per esempio – racconta Toscani – i suoi manager mi processavano, ‘Oliviero lei è matto ’, io rispondevo ‘certo che sono matto ’ perché con la coda dell’occhio vedevo lui che avanzava nel corridoio. I suoi occhi hanno una strana intensità cangiante, parlano con il colore: ‘tranquilli, a Oliviero ci penso io’”. Cosa le piaceva di Toscani? “Che fosse il migliore di tutti”. E cosa le piaceva di Benetton? “Il coraggio”. Dice Luciano: “Insieme ci siamo divertiti”. E Oliviero: “Anche perché non ci siamo mai fatti troppe domande”. Benetton: “Mai mi sono sentito né comportato da padrone”.Toscani: “Mai avuto un padrone”. Luciano: “Non abbiamo mai litigato”. Oliviero: “Anche quando ci siamo separati ci siamo capiti con gli occhi”.
Non somigliano a Michel Caine e Harvey Keitel di Youth “quelli che ogni giorno è una fatica”. Al contrario “la vecchiaia può essere bellissima”. Cos’è la saggezza? “Ridere di sé prima che lo facciano gli altri” dice Luciano. “Prendere con leggerezza le cose serie e con serietà le cose leggere” aggiunge Oliviero. Ma sempre con la gracieuse insolence dei cospiratori di Nizan. E infatti a Benetton piace l’idea di fare qualcosa, magari una sola, con Toscani, “una cosa che non sia un bis o un remake che finirebbe con il guastare anche la memoria dell’originale”.
Beh, ci sono sequel che funzionano. “Quando ti fotografai nudo avevi 58 anni ed eri senatore. A 80 sarebbe un manifesto sulla bellezza e sulla creatività della vecchiaia”. Il contrario del film di Sorrentino che propone il tramonto come condizione umana? “Lo scandalo dell’imprenditore nudo ci permise – racconta Luciano – di raccogliere nei nostri negozi 460mila chili di indumenti usati per la Croce rossa e per la Caritas”. Oggi?”Farebbe meno scandalo” dice Luciano. “ Ma avrebbe più forza” corregge Oliviero. “ Nel 1993 fu spavalda intelligenza” ricorda Luciano. “Adesso sarebbe finissimo ingegno” profetizza Oliviero. Ma Luciano non sopporta l’idea del revival, “il giovanilismo e la malinconia della replica”.
Dunque non sono come i vecchi che pretendono di raccontare il disagio di una civiltà in agonia, ma sono forse come ‘I due compari’ di Pirandello “che erano motivo di meraviglia e d’invidia perche tra loro non era mai sorto il minimo contrasto. E compenso era a entrambi la soddisfazione di sentirsi l’uno degno dell’altro”. A 15 anni dalla separazione Oliviero dice che “tutti credono che sia di Benetton anche la campagna contro l’anoressia” . Eppure non c’è alcun rapporto tra i maglioni e la bellezza tragica di quella foto “come non ce n’è tra la musica di Chopin e la maionese”.
Stiamo visitando Fabrica, i bellissimi edifici di Tadao Ando. “Non ci vengo da 15 anni” dice Oliviero. E’ emozionato ma arrabbiato perché “non c’è nessuno” nella redazione-biblioteca, rotonda e affascinante: “Qui non smettevamo mai di lavorare”. Benetton lo conforta: “Anche io non ci vengo quasi mai”. Si è scelto il ruolo del fondatore, “rispettato ma isolato”, che “non è il ruolo dello spettatore” e “tanto meno del monumento”. Oliviero non è convinto che “mettersi da parte sia la maniera più intelligente di salvarsi” e gli propone di occuparla, questa Fabrica, “veniamo di notte, come operai, studenti, squatter”. Ecco, Benetton è pirandellianamente “Giglione che non parlava quasi mai … Placido e duro, col faccione tondo cotto dal sole e tutto raso”. E Toscani è Butticé, “ricciuto e vivace, col perpetuo riso lucente”. L’uno “era l’albero ben radicato”, l’altro “l’uccello che gli svolazzava tra i rami cantando”. E infatti Luciano non si concede, è un altro di quei campioni del silenzio italiano: Berlinguer, Mattarella, Martinazzoli, e Manzoni, Einaudi, Cuccia, De Gasperi, ma anche Totò, Battisti, Mina, e poi Sciascia, Bufalino e i Sellerio…. Oliviero invece fa il tuttologo, radio e tv se lo contendono, un giorno dice che “bisogna eliminare le mamme italiane” un altro che “i veneti sono ubriachi di natura”… Ci prova anche con le parole, ma è con le immagini da cartellone, “con quei manifesti che sono le cattedrali del nostro tempo” che è riuscito a legare la banalità di un prodotto qualsiasi alla più densa sostanza filosofica.
E continuano a viaggiare. Oliviero “dovunque e comunque fotografa la razza umana”. Luciano “tra i popoli meno integrati” con in testa una mappa del mondo “dai siciliani ai curdi, dagli indiani d’America agli Inuit del Polo Nord” fatta di tele 10 x12: ‘Imago Mundi’. Ma ad Oliviero pare “una luna calante”, più che la geografia come orizzonte largo ci vede “la collezione”. Ma “di arte democratica” ammette Benetton. Oliviero gli contrappone “ i nostri viaggi da pirati, con la bandiera della United Colors che era la bandiera dell’antirazzismo”. In Sudafrica, dice Luciano, “non rubavano le auto della Benetton. Tuttavia una volta ci rubarono i camioncini. Trovarono i ladri e de Klerk me li mostrò: erano bianchi”.
Treviso è la “tana d’eleganza”. Villa Minelli, dove mangiamo, è “il luogo dove spazio e tempo coincidono: qui i fiori, gli odori e l’aria riassumono la mia vita”. Lo chef è Davide Croce, alto più di due metri, un ex campione della Benetton basket. Il risotto con le seppie è buono “e bello da vedere”. L’utopia di Benetton a tavola è “ la squisitezza che non intossica”. Non è più il campione da osteria che alle otto passava dall’ufficio di Oliviero e “ogni sera era Natale: abbiamo mangiato e bevuto di tutto”. Ora si controlla: “La mattina vi batto tutti però, uova, frutta …”. E il vino? “Nel week end con gli amici”. Oliviero invece crede ancora nel bisteccone “davanti a un tovaglia macchiata di sugo e di vino a denominazione incontrollata”. Insieme dicono che “l’allegria è indispensabile alla buona digestione”. Luciano è snello, con i capelli bianchi ancora ariosi e lunghi. Veste ‘alla Benetton’. Di Oliviero dice: “Veste male”. Solo per amore non aggiunge “mangia male”. Oliviero pensa che “bisogna scegliere tra l’eleganza e la libertà” e si veste “come a vent’anni, come i ragazzi che negli anni sessanta avevano la testa spensierata e matta”. Hanno avuto mogli e tanti figli, le loro famiglie sono così numerose che “nelle adunate manca sempre qualcuno”. Entrambi si sottraggono al ‘ti ricordi?’. Eppure qui sono nate le immagini che arredano il nostro tempo: il pretino che bacia la novizia, il bimbo bianco al seno della mamma nera, lo strazio del malato che muore di aids, il neonato attaccato al cordone ombelicale, i preservativi, le carrette del mare, il delitto di mafia, i bambini lavoratori, il cimitero di guerra, la gigantografia dei sessi maschili e femminili alla Biennale del 1993 rifiutata da tutti i giornali tranne Liberation: “Avevamo contro persino Le monde”. Dice Luciano: “Non sempre facevamo quello che ci conveniva, economicamente dico”. Avevano capito che “ gli slogan e le visioni della pubblicità, al di là della trasgressione, rimandano alla grande letteratura e ai pennelli di Boccioni, di Picasso e di Magritte”.
A Fabrica c’è una riunione di industriali . Una signora con i tacchi e il tailleur bianco ringrazia Benetton “perché ci ha permesso di fare la convention in questa magnifica location “. Alle parole ‘convention’ e ‘location’ Luciano, muto e impenetrabile, ha forse un fremito. Oliviero sbuffa: “Qui, senza bisogno di cartelli, c’erano dei divieti d’entrata che venivano rispettati: ai razzisti, ai pigri, ai cretini, al cattivo gusto … e alle donnette in carriera”. Insieme dicono che “il mondo è di chi ha torto” e insieme tornano a organizzare un futuro senza fine.

One thought on “A pranzo con… BENETTON&TOSCANI LUCIANO E OLIVIERO: “TORNIAMO INSIEME PER FARE I BARBONI”

  1. Laura Grazia Miceli

    C’è un luogo che è una location dove ad ogni minuto si svolge una convention con tanto di ingressi dedicati al cattivo gusto, ai cretini, ai pigri o privi di cultura alle donnette e ometti e altro e dove vivo per qualche mese all’anno e mi abbevero di quanto su esposto. Perché, a qualcuno forse verrebbe in mente di chiedere. Perché ci sono le mie radici a metà, dato che sono un asino nato da cavalli di razza, pugliese e siciliano, Roma è il luogo di nascita. Questo per dire che mi piacerebbe e mi inebrierebbe assistere all’arrivo di Oliviero e Luciano, anche solo per una visita di un istante. Oh se mi piacerebbe, il risultato mi soddisferebbe per una vita. Inutile dire che amo gli asini e li ammiro. C’è un proverbio siciliano che recita : lasciate il passo a senatori e scecchi. Gli asini valgono, costruirò un monumento all’asino con materiale ecocompatibile raccolto in un bosco.

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