La panza dell’Europa assediata VIAGGIO A WATERLOO CON QUEI DUECENTOMILA CHE CELEBRANO LA STORIA PER NASCONDERLA

Waterloo (Belgio)- L’Europa, che a Ventimiglia subisce la sua “Waterloo” , qui a Waterloo esibisce la sua panza da birra. Nel campo che fu di battaglia, nella periferia ricca di Bruxelles, 40 ettari di terra grassa sono stati trasformati in un enorme stadio. Più di duecentomila europei hanno comprato il biglietto e, ogni sera e per tre sere, in sessantottomila hanno assistito allo spettacolo di guerra e hanno celebrato “la più gloriosa delle disfatte”, come ha titolato in prima pagina ‘Le Monde’, nel disfacimento estetico di una carnevalata storica che è industria, e nel fumo e nel fuoco dei più assordanti fuochi d’artificio, bum bum bum alla napoletana ma con la pompa magna dell’Europa. E mentra i finti plotoni fucilavano, i veri colbacchi con la fiamma sembravano alti pitali rovesciati. E le tasche di cuoio ondeggiavano come le orecchie in controcanto dei cani bracchi. Le buffetterie incrociate e le giberne da granata erano indecifrabili anticaglie. I dollman degli ussari somigliavano a tappezzerie di vecchie tende. In teatro si chiama ‘trovarobato’ tutta questa sartoria di scuciture, buchi e giacche che litigano con i pantaloni.
Ma al centro della patacca drammatizzata dalla musica dei Carmina burana e dagli effetti specialissimi dei botti tridimensionali, chiamati per megalomania scenica “Inferno”, c’era la più autentica di tutte le patacche, il finto Napoleone che da dieci anni recita il suo ruolo di Imperatore in tutti i campi di battaglia e in tutti i giornali del mondo, un avvocato di Orleans con studio a Parigi, piccolo calvo e con gli occhi blu e rotondi, sincero sino all’ identificazione mattoide che gli fa dire: “ahimè, misuro un metro e settantadue, tre lunghissimi centimetri in più “. Ieri sera, davanti alla casupola del comando, questo verissimo Napoleone, che nessuno chiama con il suo vero nome, ha forse raggiunto la perfezione quando ha dato l’ordine di attacco piegandosi leggermente su se stesso per simulare le imperiali emorroidi che in quel 18 giugno, secondo la storiografia del dettaglio, lo tormentarono e forse gli impedirono di vincere.
Poi c’è stata la solita overdose di finti attacchi, la polvere, i colpi di cannone, la cavalleria e i cadaveri per terra che furono 20.000: “Io – mi aveva detto nel pomeriggio Patrick, idraulico a Nanterre – sono morto male una sola volta, a Jena, perché avevo mangiato troppo. Qui a Waterloo mi hanno ammazzato almeno otto volte. Ma è ad Austerlitz che quest’anno è stato più bello e difficile morire: avevo i piedi e la mani gelate per la neve di dicembre. E c’erano duecentomila spettatori, quattro volte lo Stade de France!”.
Ieri sera dunque anche Wellintgon, the Duke, l’elegante gradasso asserragliato nella fattoria di Hougoumont, restaurata e inaugurata il giorno prima da Carlo e Camilla, sembrava un altro Napoleone, e pure il prussiano in fuga era Napoleone, qui diventano tutti Napoleone, persino Cambronne che, secondo i soliti scettici che non se la bevono mai, sarebbe il vero vincitore di Waterloo grazie a quella parolina abbagliante come un fulmine che, qualche rara volta , ci libera sia dall’ipocrita venerazione sia dall’oscuro biasimo trasformandosi in intelligenza critica. E poiché non esistono Napoleoni illegittimi si può andare avanti così, sino a comprendere nel mito ottocentesco dell’eroe romantico e poi del superman moderno, che vince anche quando perde, persino il testimonial del recentissimo rap della pubblicità, molto cliccata a Waterloo,quella che “i suoi nemici si misero d’accordo/ all’Elba lo esiliarono / ma lui era testardo/ sarebbe ritornato / in barba ai suoi rivali / perché, lui lo sapeva:/ Red Bull mette le ali”.
Il festival napoleonico, che si chiude oggi, è dunque durato tre giorni, 8 milioni di finanziamento con un incasso record ancora da valutare, una specialissima patacca keynesiana che il Belgio voleva onorare con il conio di una moneta di due euro, bloccata con disprezzo dalla Banca di Francia. Ne hanno comunque fatta una di due euro e mezzo ma per collezionisti, un altro simulacro per i tantissimi maniaci di Napoleone sempre pronti all’eccitazione feticistica. Ieri a Waterloo hanno sparato 300 cannoni e hanno combattuto seimila finti soldati, e ovviamente nessuno di loro riceve la paga, sono devoti penitenziali, con scarpacce scomode, letti da campo e niente telefoni. E’ invece tantissimo il cibo consumato nelle tendopoli bianche. Dominano patate e salsicce, all’Expo di Milano si mangia sicuramente meglio ma ci si stupisce di meno: stupore e stupidità appartengono allo stesso campo semantico.
Nel pomeriggio di mercoledì i generali ‘nemici’ si erano lasciati riprendere dalla Bbc attorno ad un cannone: “Consegniamo al ricordo di una guerra il sogno della pace”. Ed erano duemila le donne mascherate da vivandiere e cantiniere, lavandaie e cucitrici. Centinaia di bambini hanno suonato i tamburi e portato le bandiere. Questi sbrindellati finti soldati dell’Europa degli imperi sono molto più che una metafora in questi tempi di rivolte populiste – dalla Grecia alla Danimarca – e di filo spinato, non solo in Ungheria ma dappertutto, a difesa della civiltà più stanca del pianeta. Si sa che l’industria del feticcio storico distrae dalla storia, la nasconde invece di mostrarla nella sua semplicità: a Waterloo, che è il seguito di Trafalgar, furono sconfitti l’europeismo visionario di Napoleone e la Grande Nazione francese, ma in nome della Restaurazione, delle monarchie per grazia divina, dell’ Europa antimoderna del Congresso di Vienna. Poi la parola Waterloo ha cominciato ad acquistare migliaia di nuovi significati sino a perdere ogni significato.
Dunque mi perdo nell’incredibile folla di questi travestiti, tutti con i basettoni lunghi sino al mento. Un tenente sudatissimo grida “Vive l’Empereur” e mostra i denti guasti. Ci sono i tedeschi che lucidano le baionette mangiando hamburger che portano i nomi dei generali, senza distinzioni tra vinti e vincitori, “Grouchy alla cipolla” e “Blücher con la senape”. Gli espositori di cimeli e ‘antichi cappelli preziosi’ sono professionisti dell’antiquariato, gli stessi che stanno nei mercatini. C’è, in vendita, un cilindro forato con un biglietto che racconta la storia del generale Picton “ucciso a Waterloo da un colpo di moschetto che lo colpì in testa”. Davvero, chiedo, è il cilindro di Picton? Il venditore è un francese. Mi guarda infastidito: “Maybe” mormora in inglese. E chissà perché i russi sono quelli che meno resistono alla modernità e urlano al telefonino. Ho invece già visto negli stadi, come tifosi al seguito, questi scozzesi che oggi rivedo nel ruolo di soldati della Brigata Pack. Hanno il plaid a scacchi e impugnano il bicchiere sempre pieno di ‘beer of bravery’: “due milioni di bottiglie in tre giorni” si vanta Monsieur Martin, il belga che l’ha inventata: “E’ tale e quale alla birra che bevevano duecento anni fa”. Incontro pure un soldatino italiano che non vuole dirmi il nome, anche i baffi lunghi e a virgola sarebbero d’epoca. Dice di indossare l’uniforme rossa della fanteria, “ grado di sergente”, e mi racconta del reggimento toscano che si chiamava Etruria e fu sterminato a Waterloo. Tutti insieme questi mattoidi rabberciano una stanca coralità da continente pacificato. E’ un’Europa tutta bianca che si autocompiace nel più fatuo dibattito storico. In tv e sui giornali filosofi e intellettuali di ogni genere discutono attorno al seguente quesito: “Et si Napoléon avait gagné à Waterloo…? E se Napoleone avesse vinto a Waterloo?”. E allora meglio dei pensatori sono forse i finti soldati che tra loro parlano la solita lingua del turismo, basica e fisiologica, fonemi e sorrisi. Un fante della guardia imperiale, che si presenta dicendo “granatiere”, è molto invidioso dell’uniforme bianca di una guardia olandese. Osservando la loro disputa chiedo mentalmente perdono ai finti centurioni che presidiano il Colosseo con loro naïveté perché in fondo come tableaux vivants sono un po’ più vivants dei granatieri di Waterloo: l’arte di arrangiarsi è meglio del fanatismo esausto. E i poveracci di Pompei si limitano a vendere sacertà pagana e sacralità cristiana, ma senza travestirsi da Madonne dei miracoli e da guerrieri sibariti. Qui invece i camping hanno sostituito gli accampamenti e nelle tende si fa finta di vivere come nell’ottocento, qualcuno spacca la legna, si beve in boccali di metallo, una vecchia in costume rammenda l’uniforme nera da ‘ussaro testa di morto’, con il teschio e le sciabole incrociate. Un gruppo di fanatici dell’Essex mi spiega che a Chelmsford c’è una sartoria specializzata in bottoni dell’ottocento, “pare – dicono – che fornisca anche Napoleone”.
E infatti l’imperatore è quasi perfetto nel suo costume e con le sue medaglie. Era vestito da Napoleone quando, giovedì pomeriggio, la polizia belga lo ha beccato in sosta vietata accanto al campo di battaglia. Se l’è cavata con il classico “lei non sa chi sono io”. A Waterloo infatti questo napoleone dei surrogati di Napoleone è più amato della stessa sindaca, un’allegra e bionda giornalista televisiva, Florence Reuter, con cui in tutta fretta il partito liberale (Mr), che governa il Paese, il 28 febbraio scorso ha dovuto sostituire Serge Kubla che, sindaco dal 1983, era stato arrestato per le tangenti (italiane) in Congo : “la Waterloo di Kubla” fu il titolo a doppio senso di Le Soir.
E si capisce che Waterloo, con i suoi tre paesini che si disputano la sovranità del campo di battaglia, e con le bellissime e lussuose case dei ricchi in mezzo ai boschi, è il luogo storico dove è stata abolita la differenza tra la luna nel pozzo e la luna nel cielo, tra la copia e l’originale. Al punto che ieri, quando un malore improvviso si è portato via, proprio sul campo, uno dei finti soldati, un povero canadese, quelli del suo finto reggimento avrebbero voluto salutarlo con gli onori militari, veri.
Accendo la televisione: “ah se il sole, che protegge l’artiglieria, avesse brillato in quel 17 e 18 giugno, invece di quella pioggia torrenziale!”. Nel diluvio di citazioni si va dal momento fatale di Stefan Zweig al Dio dell’enigma di Victor Hugo. Per gli inglesi l’epica di Waterloo è ancora quella di Walter Scott, per i tedeschi il testo sacro è von Klausewitz, e poi ci sono Stendhal e Joseph Roth e ovviamente Goethe ed Hegel, sino alla coppia Sergio Endrigo – Gianni Rodari: “Napoleone era fatto così /se diceva di no/ non diceva di sì/ se faceva pupù / non faceva pipì”.Secondo un sondaggio citato da ‘Le Monde’ di giovedì il 54 per cento dei giovani inglesi da 18 a 24 anni non sa che Waterloo è la battaglia dove fu sconfitto Napoleone. Per loro non è neppure una metafora: “è nient’altro che una stazione di Londra”. Ma prima o poi anche loro si imbatteranno in uno dei tanti significati nascosti nel nome Waterloo: disfatta, patacca, caduta… Come loro anche l’Europa si illude, e non solo nel Canale di Sicilia, di conservare il nome e perdere il nume.

69 thoughts on “La panza dell’Europa assediata VIAGGIO A WATERLOO CON QUEI DUECENTOMILA CHE CELEBRANO LA STORIA PER NASCONDERLA

  1. Francesco

    1) I morti furono all’incirca 50000 altro che 200000. In pratica, secondo lei, sarebbero morti fulminati tutti gli schieramenti, inglese-belga-olandese, francese e pure i prussiani in arrivo
    2) Wellington nella fattoria di Hougoumont non ci mise mai piede per tutta la durata della battaglia, era troppo impegnato a cavalcare da un reparto all’altro per impartire ordini
    3) I cosacchi? Questa è divertente davvero! Forse li ha confusi con gli ussari per via del dolman che indossavano. L’esercito russo non partecipò alla campagna militare conclusasi con la battaglia di Waterloo, in quanto non fece in tempo a raggiungere il centro europa.

    Un consiglio, si informi prima di parlare di certe cose.

    Visto che di fallimento si parla, ha pensato bene di inserirci anche l’Expo, mi congratulo!

    Invece di scrivere un pezzo smascherando questo enorme giro di capitali occulti che è la ricostruzione della battaglia di Waterloo, perché non ha impegnato il suo prezioso tempo per aggiornarci su un’altra Waterloo, quella del PD?

    La saluto

  2. Danilo

    La falsa cultura da lei espressa è sorprendente. Dal suo articolo si evince solo che:

    1) lei non ha la più pallida idea di cosa sia l’archeologia sperimentale ne di cosa tutto ci sia dietro una rievocazione storica
    2) “in Africa c’è gente che muore di fame indi per cui l’Europa è piena zeppa di persone ciniche ed insensibili che osano approfittare della propria ricchezza per divertirsi” è un gioco affatto divertente e lei non dovrebbe essere pagato per scrivere se fosse coerente con le idee da lei esposte
    3) l’Europa decadente è afflitta evidentemente da sindrome di Pompei. Si rilegga il punto 1 che le fa bene.

    Non aggiungo altro perché, diversamente da lei, io lavoro.

    1. Non la farei così lunga

      Non la farei troppo lunga.
      Mi sembra sia stato un raduno di appassionati, alcuni magari un po’ eccessivi come tutti i fan, ma molti credo culturalmente preparati e sani di testa da sapere che, alla Waterloo “vera”, è stato tutto sommato un bene non esserci stati davvero (anche perché la maggior parte sarebbe stata fatta fuori dopo 2-minuti-2).

      Si può semmai valutare il buon gusto nei confronti di un evento dove tanti sono stati i morti e i feriti: però è vero molti di questi rievocatori si prendono sul serio, e tutto sommato è già una piccola forma di rispetto verso i caduti.

      Inoltre credo questi movimenti di rievocazione abbiano dato i loro frutti sull’approfondimento sia micro- che macro-storico di quelle epoche passate, e quindi un contributo culturale, quanto meno da parte di tutto il Movimento, c’è stato e c’è.

  3. Franco

    Veramente un brutto articolo. Non me ne può fregare di meno delle ricostruzioni storiche, ma la sua acredine è priva di senso. Io qua ci vivo: si divertono i figuranti e si divertono gli spettatori, l’unico che non si è divertito è lei. Capisco che dovendo riempire due pagine e avendo poca voglia/tempo per documentarsi meglio dar sfogo alla vena polemica ed inventarsi qualche accostamento ardito. La prossima volta che le chiedono di riempire due pagine, si occupi della processione di Santa Rosalia che magari le è più familiare.
    Un saluto cordiale, franco

  4. Donato Grieco

    Ho incrociato questo signore tra le righe del suo articolo su Repubblica, con un bel due pagine illustrate. Ho capito che non sa di che sta parlando, non possiede neanche le nozioni che potrebbe ovviamente ricercare facilmente su Wikipedia, ha stipendio e pensione assicurate da gran signore, ma se questo è il livello medio dei suoi articoli vorrei riavere la quota parte che gli sto pagando e gli pagherò io. Condivido appieno le critiche esposte dagli altri commentatori. Posso dire inoltre con orgoglio che a spese mie “Io c’ero” :D

  5. giacomo

    con tutto rispetto per chi partecipa, o è favorevole a queste manifestazioni, credo che l’articolo esprima un punto di vista condivisibile . Il senso della carnevalata è ben evidente ed è stato ben descritto.

    1. Monica

      La carnevalata c’è quando si improvvisa, quando si indossano costumi non corrispondenti al vero se non per un’idea di fondo, quando i materiali sono scadenti o non consoni ai materiali dell’epoca. quando si mette in scena uno spettacolo che con la realtà dei fatti ha poco a che fare.
      Dietro alle rievocazioni storiche c’è innanzitutto un grande rispetto per gli eventi accaduti. e uno studio accurato di tutto quello che riguarda quell’ambito. Le uniformi indossate dalle truppe presenti (finti soldati, certo, è una rievocazione mica una battaglia vera) sono riproduzioni esatte delle uniformi indossate allora. le manovre sul campo, le procedure per ricaricare le armi, gli ordini trasmessi ed eseguiti, gli accampamenti, le armi, sono frutto di ricerche approfondite, di serietà, di rispetto per la Storia e per le persone che la Storia l’hanno fatta.
      Poi ci sta anche che su 6000 rievocatori c’è chi la carnevalata può averla tentata, ci sta che si trovino errori o imprecisioni, ma basta il numero dei presenti a giustificare un minimo di tolleranza.
      Comprendo che non tutti possano amare la rievocazione storica, o possano ignorarla in pieno, ma paragonarla ad una carnevalata è quanto di peggio si possa fare. E’ una completa mancanza di rispetto nei confronti di chi ci crede e ci ha messo impegno e soldi e fatica, e testa e cuore per partecipare ad un simile evento. Soprattutto se a farlo è un giornalista che dovrebbe in qualche modo presentare le cose con una certa imparzialità, quantomeno non contaminata così fortemente da una opinione personale che traspare da subito.

    2. alessia

      Il senso della carnevalata? il Carnevale è un’altra cosa signori miei Giacomo e Merlo, una carnevalata…non siamo maschere, non siamo arlecchini o balanzoni, siamo ricostruttori storici, venite a trovarci negli accampamenti, accendete con noi i fuochi di bivacco, dormite sulla paglia, cosi come facevano ai tempi….qui non ci sono bautte, coriandoli…….

  6. Simone

    Signor Francesco buonasera.
    Condivido appieno i primi 6 commenti contro il suo articolo. Non ho nient’ altro da aggiungere tranne che l’anno prossimo a giugno prenda ferie, così magari eviterà di scrivere articoli così insulsi.
    Cordiali saluti, comunque, Simone.

  7. Stefano

    Sig. Merlo non capisco la cattiveria ed il livore su tutto e su tutti che lei spalma sul suo articolo. E’ questa la democrazia e tolleranza che magari sul giornale su cui scrive si invocano per scelte ideologiche o sessuali? Che fastidio le danno queste persone? Mi scusi ma non capisco.

  8. Leonardo

    Buongiorno Sig. Merlo,
    probabilmente sarà troppo impegnato per rispondere ad ogni commento che le viene fatto in questo blog, ma la pregherei di farlo di tanto in tanto, anche se alcuni possono essere offensivi o a dir poco caustici.
    Queste sono le reazioni di gente punta sul vivo, che non riesce a comprendere il suo punto di vista e a cui spesso servirebbero chiarimenti: ad esempio io vorrei capire il perchè di questo articolo.

    Se dovesse essere una critica alla rievocazione di Waterloo in quanto mercimonio della storia forse potrei quasi darle ragione, nonostante sia stato tecnicamente parlando un evento veramente ben organizzato, altro che EXPO! 200000 visitatori in 3 giorni nella campagna belga è un vero record.
    Invece se la critica fosse al mondo della rievocazione a tutto tondo la cosa mi sarebbe davvero incomprensibile: la rievocazione è fatta da volontari che gratuitamente (o per un rimborso spese esiguo) cercano di mostrare alla gente determinati periodi storici, cercando di essere il più FILOLOGICI possibili, a costo di diversi disagi (dormire sulla paglia o per terra in qualsiasi clima, indossare costosissime repliche d’abiti storici, studiare manuali e libri d’epoca in lingua straniera). Non è politica, a volte può essere feticista (nel caso dei pro-Napoleone), ma non fa del male a nessuno e soprattutto insegna.

    La rievocazione insegna come vivevano i nostri avi, come andavano in guerra, perchè andavano in guerra, quali erano le stupide motivazioni che li spingevano a fare ciò, come Napoleone portò nuove idee e ricchezze, come Napoleone portò via vecchie idee e ricchezze, perchè noi siamo diventati così come siamo e da dove vengono i nostri diritti. Il tutto gratuitamente, con enorme dispendio economico e d’energie personali.
    I rievocatori non sono solo weekend a birre e costine travestiti stile carnevale, sono mostre, lezioni nelle scuole, cineforum, restauro di strutture abbandonate, eventi pubblici e conferenze. Si cerca di restituire passione verso quella storia che sempre più viene trascurata nelle scuole a svantaggio di tutti, cercando di ricordare le scelte che ci hanno reso grandi, i sacrifici e gli errori tragici portati da queste scelte. Potrà sembrare retorica, ma gli esempi pratici che portiamo ai ragazzi sono tutt’altro che retorici.

    Pertanto la invito a venirmi a trovare e a cercare di capire le nostre motivazioni, o almeno a rispondere a questo commento chiarendo le sue. Può trovarmi a Forte Ardietti, Ponti sul Mincio (MN), è l’ultimo forte austriaco intatto visitabile del Quadrilatero austriaco e cerchiamo di tenerlo agibile dopo 50 anni di abbandono da parte del demanio. Il nome della mia associazione è Associazione Napoleonica d’Italia e attualmente nel tempo libero sono Gemeine del 14° reggimento di fanteria di linea ImperialRegio “Von Klebeck” (ovviamente austriaco).

    Cordialmente,

    Leonardo Manzati

  9. Fabio Casazza

    Articolo ampolloso, farcito di tanti bei termini e citazioni colte per nascondere il nulla della sua cultura giornalistica e soprattutto storica.
    Cominciando con il citare avvenimenti lontani e diversi (il problema degli immigrati a Ventimiglia e l’Expo di Milano), come se la rievocazione di Waterloo fosse troppo frivola di fronte ai problemi dell’Europa: grazie di avercelo fatto sapere, grazie a maggior ragione di aver chiarito che i 200.000 spettatori della rievocazione dovrebbero sentirsi in colpa.
    Questa considerazione, unita all’aver bollato tout court l’evento come una carnevalata, la pone a pieno titolo nell’olimpo di chi si sente realizzato unicamente nel parlare da un piedistallo e giudicare cose e persone senza alcune cognizione in merito.
    Si, perchè dall’articolo si rileva una completa ignoranza del mondo rievocativo, il quale va ben oltre la semplice carnevalata, avendo come obiettivo la ricerca storica e ricostruzione, il più fedele possibile (con tutti i limiti economici e tecnici del caso) per mostrare un pezzo di storia passata a chi ne ha curiosità.
    Certamente, nella massa dei rievocatori presenti a Waterloo, a qualcuno sarà sfuggito qualche errore, ma dubito che abbia le capacità di essersene accorto: al contrario, ogni rievocatore da lei visto è diventato, nel suo articolo, una grottesca caricatura. La passione per la storia, che a volte sfocia nel recitare la propria parte anche calandosi nel personaggio rievocato, si è trasformato in un teatrino di poco conto, sempre per magia della sua penna.
    Mi lasci dire sinceramente, da rievocatore, che lei non ha capito nulla di questo mondo. Da lettore, mi lasci esprimere il mio giudizio, a questo turno, sul suo articolo: un’accozzaglia di idiozie senza pari. Da appassionato di storia, mi lasci esprimere tutto il suo disappunto per l’ignoranza mostrata e per la solita polemica di voler leggere la storia con occhi moderni, per cui Waterloo è un santino intoccabile di epoche passate e guai a toccarlo, son cose serie che solo pseudo-intellettuali alla sua maniera possono aver l’ardire di masticare.
    Scriva per fare il giornalista, non per bearsi di quanto sia sconfinata la sua finta saccenza.

  10. Sabina

    Un articolo inutile ed antipatico. Io non sono mai andata ad una rievocazione storica, ma non vedo perché attaccare in questo modo delle persone che hanno una passione, si divertono e nel contempo hanno qualcosa da mostrare a chi vuole vedere. Da mamma mi piacerebbe che mio figlio – che è ancora troppo piccolo – un giorno possa assistere ad una manifestazione del genere, sicuramente più istruttiva di una finale di calcio.

  11. Petronilla

    credo che Leonardo dell’Associazione Napoleonica d’Italia abbia espresso quello che molti di noi leggendo il suo articolo hanno pensato. Inutilmente livoroso e denigratorio. Perchè parlar male fa sempre vendere, più che parlar bene vero?

  12. Mercuriade

    Egregio dottore,
    compito del giornalismo dovrebbe essere informare correttamente su un determinato fenomeno: non mi sembra che il suo articolo assolva a questo compito. Al contrario, personalmente, sia da laureata in Beni Culturali sia da persona che si sta affacciando al mondo del Living History (come si dice al livello internazionale) lo trovo espressione di una visione assolutamente parziale e non informata del fenomeno.
    In Italia sta ancora arrancando a fatica, ma in altri Paesi europei, compresi Inghilterra, Francia, Polonia, ecc., la Living History è a tutti gli effetti un modo per valorizzare la storia del Paese in generale e dei singoli luoghi in particolare, non solo con eventi speciali, ma anche con un calendario fitto di visite guidate, incontri, lezioni nelle scuole e tanto altro. Ed è gente che si documenta al millimetro su ogni aspetto dell’epoca che fa rivivere, che spende tempo e denaro proprio nell’acquisto e nella consultazione anche di testi introvabili, atti di convegni, ecc.; il tutto molto spesso senza fini di lucro, per il solo scopo gratuito e disinteressato di far vivere la Storia, trasformandola in materia viva, da poter vedere, toccare, con cui poter parlare, e avvicinando così ad un periodo storico anche gente che non ne aveva mai sentito parlare.
    Ad esempio, in Italia da qualche anno a questa parte si stanno diffondendo eventi e incontri che trattano dei Longobardi, da Nord a Sud, l’esempio più macroscopico è l’Archeodromo di Poggibonsi (del quale ha parlato tra l’altro anche un servizio di “Ballarò”), per giunta fortemente voluto dal prof. Marco Valenti dell’Università di Siena, che non mi risulta affatto sia amante del feticismo. Manifestazioni come “Lomellum”, che si è appena conclusa in Lombardia, stanno facendo avvicinare anche il grande pubblico alla storia dei Longobardi, prima a malapena nominata sui banchi di scuola. Grazie a loro riescono ad esser valorizzati anche molti monumenti e chiese che sembravano condannati all’oblio.
    E questo sarebbe feticismo, secondo lei?

  13. Pierluigi

    Purtroppo molti italiani non riescono ancora a comprendere il re-enactment.

    E’ proprio per colpa di questa gente che la scuola italiana si è ridotta a imparare date a memoria, immagazzinare dati e tirarli fuori il più velocemente possibile.
    Sono studenti, non hard disk. Devono acquisire punti di vista e cogliere il quadro d’insieme dello sviluppo della civiltà, dei problemi affrontati e degli errori commessi.

    Ma ovviamente forse è preferibile giocare a calcio, no?

    Questo articolo starebbe benissimo su lercio.it. Puah.

    Un fiero rievocatore.

  14. Danielone

    Se voleva scrivere un articolo sulla politica affar suo, non e’ il lato che mi interessa,se non le piacciono i rievocatori doveva essere piu’ esplicito e prendersi gli insulti del caso,ma non si permetta di strumentalizzarmi e farmi passare per un simpatizzante di una politica che francamente detesto e che molti dei sui colleghi assecondano quotidianamente.
    Il Belgio ha il luogo io una passione,ci hanno guadagnato buon per loro,non penso che questo articolo lei lo abbia scritto a gratis ,tutti ci hanno guadagnato….. noi no.
    Hanno stampato un’ Euro che non vale nulla e chissene,lo facciamo anche noi, ci costa di piu’ e vale uguale.
    Molto sentito e per nulla vezzeggiativo e strumentalizzato il pezzo sul povero defunto,ma di sicuro impatto…..bravo’!
    Mi dia retta spenda 5 min. del suo tempo per pubblicare un articoletto di scuse per i 5000 rievocatori mentecatti presenti all’evento e i 200mila a compatirci…… ne uscira’ a testa alta. (me l’he detto Le Monde).
    Cordiali saluti da un mattoide e feticista e pure assiduo bevitore di birra presente all’evento.

  15. Luca Tragni

    Durante le scuole superiori ebbi la fortuna di avere un professore di Italiano e Storia, il professor Dazzi, il quale volle insegnarci a pensare criticamente ed a cercare le informazioni, questo perché, usando le sue parole, “Se non volete far la figura dei cialtroni, degli ignoranti o più semplicemente degli stupidi, dovete informarvi prima di esporre le vostre idee. Badate inoltre di esprimere le vostre idee con rispetto verso chi le vostre idee non le condivide, solo in quel caso verrete ascoltati con la giusta attenzione.”, parole di cui ho potuto verificare la bontà e correttezza nel corso degli anni.
    Così, ad una prima lettura del suo articolo, pare che questa lezione lei non l’abbia mai imparata.
    E’ triste pensare che l’informazione sia in mano a persone come lei.

  16. Simone

    Complimenti per il suo articolo. Mi ha fatto sorridere, più che indignarmi. E pensare che la pagano per condividere con noi la sua forma, la sua cultura e la sua simpatia.

  17. Giacomo

    Dopo il servizio sul “sasso innevato esplorato dalla sonda che rovina la magia del natale” questo è l’articolo giornalistico più superficiale, borioso, squallido e becero che io abbia mai letto/visto. Se necessità di esprimere il proprio pensiero c’é il bar. Il giornalismo necessità di cultura ed oggettività…. entrambe mancanti in queste righe.

  18. Leonardo

    Il sig. Merlo dimostra in questo superficialissimo articolo di essere dopotutto niente più di un italiano medio: ignorante, superficiale, sterile. Da rievocatore sono abituato a commenti sarcastici e alla disapprovazione di chi non capisce come ci sia chi la domenica non fa quello che fanno loro: alzarsi tardi magari riavendosi dalla sbornia, andare a messa per salvare le apparenze in barba all’ipocrisia, guardare la partita. Commenti che mi scorrono addosso come pioggia primaverile, come questo articolo. Meglio essere un rievocatore appassionato ed incompreso, che un vuoto e grigio uomo quotidiano.

  19. giovanni

    giusto per aggiungere una delle tante inesattezze, non tutti sono soldatini finti, anzi ci sono molti soldatini veri e con missioni all’estero alle spalle, Afghanistan etc, etc. Inoltre Napoleone Bonaparte non soffriva di emorroidi ma di ulcera, come l padre di cui ne era morto. Sembra comunque un articolo fatto con il copia incolla utilizzando altri articoli o parti di esso. Complimenti, ma soprattutto complimenti alla redazione che utilizza il denaro dei contribuenti in questa maniera. Mi piacerebbe sapere si invece di fare luce ai vari problemi sarebbe capace di trovarne la soluzione. Concludo concordando tutto quello che è stato scritto nei vari commenti sul suo articolo. Un peccato un vero peccato.
    Le auguro ogni bene e salute.

  20. yuri

    Non credevo che studiare il passato e divulgarlo al grande pubblico con strumenti innovativi e di grande impatto potesse essere azione così disonorevole; non credevo che vivere la Cultura potesse essere comportamento da bandire, ridicolizzare e denigrare.
    Ora, grazie alle sue rivelazioni, dovremmo spiegare alle decine di migliaia di cittadini/contribuenti/rievocatori italiani che è più lodevole giocare alle macchinette il sabato, rincoglionirsi davanti al calcio la domenica, e muoversi solo per partecipare come pubblico nel salotto di Amici…..di quello non ci dobbiamo vergognare, vero?
    Non capisco questo attacco gratuito; capisco solo che questo non è giornalismo. La sua pochezza culturale è seconda solo alla sua mancanza di rispetto. Il suo giornale dovrebbe scusarsi con ogni singolo membro di questo importante fenomeno CULTURALE.

  21. Levis

    Salve sig. Francesco, sono daccordo con quello che è stato espersso nei commenti dai miei colleghi e da buon militante di sinistra come lei, le dico democraticamente che è un cretino patentato per il senso dell’articolo, ignorante sulla storia, fascista nell’esprimere le sue idee e molto fazioso! Si trovi un buon psichiatra e poi se ha voglia ne riparliamo!

  22. Massimo Buonavita

    Un articolo estremamente superficiale e offensivo…Scritto da chi secondo me non sa nemmeno cosa voglia dire rievocare, e quanto sia difficile e delicato dare un giudizio sulla bontà o meno di una rievocazione…Bisogna andare a vedersela, guardare tutti i particolari e non solo il suo effetto d’insieme, e quindi avere un minimo di preparazione e conoscenza per giudicare

  23. Niccolò

    Egregio dott. Merlo,
    Ma a lei farebbe piacere se io iniziassi a definire pubblicamente la sua professione come “scribacchino”, “conta balle”, “conta storie”, oppure peggio ancora come buffone? Perchè è quello che lei ha appena fatto con me e con i miei colleghi rievocatori. Faccio il rievocatore storico da quasi dieci anni, faccio parte di un gruppo che a Waterloo era presente con quasi sessanta persone, tutte recatesi fin là a spese proprie, prendendo ferie al lavoro, sacrificando giorni alle proprie famiglie. La rievocazione storica non è la carnevalata che lei ha descritto. È studio, è ricerca, comporta fatica fisica e mentale nel tentativo di fare le cose che vanno fatte nella maniera corretta, comporta un grande sacrificio economico perchè, sa, quei vestiti da carnevale hanno un notevole costo. Venga a provare. Anche io faccio parte dell’Associazione Napoleonica d’Italia, attualmente sono caporal furiere dell’11éme Regiment d’Infanterie Légère, le permettiamo anche di scegliere tra un gruppo austriaco e un gruppo francese. Venga a provare cosa vuol dire fare il rievocatore, quali sacrifici e quale soddisfazione comporti. Sarebbe bello che anche lei potesse provare la soddisfazione di andare a fare lezione ai ragazzini nelle scuole, la soddisfazione di vedere che grazie al lavoro di gruppo si riesce a mettere in piedi un evento che fa divertire gli spettatori e allo stesso tempo li istruisce, la soddisfazione di alzarsi il lunedì mattina con un male diffuso alle ossa, dopo tre giorni in cui si è lavorato come matti perchè tutto funzioni bene.
    Sarebbe bello che invece di insultare gratuitamente lei si sforzasse di capire la passione e l’Amore che ogni rievocatore mette nel proprio hobby. Sarebbe bello che cercasse di andare oltre il pregiudizio di definirci ricchi europei decadenti annoiati che si divertono a vestirsi strano e a bere birra.
    Da laureato in storia, inoltre, la invito a studiare prima di scrivere certe fesserie: se vuole le posso consigliare qualche buon manuale di semplice comprensione.
    Con molta poca cordialità
    Niccolò Valentini

  24. alessia

    poverino, che ha dovuto scrivere di tutti questi spostati mentali che pretendono di raccontare la storia in un modo cosi degenerato, che nuotano nella birra, afferrando salsicce e patate, dopo aver sventrato il sofa della zia per vestirsi…gente che osa addentrarsi in quella parte della storia che certa politica, certe lobby, certi pensatori vogliono cancellare, forse voleva occuparsi di altro? di temi sociali, temi più engagés e l’hanno punita a parlare di Waterloo? che c’entra l’Expo? o Ventimiglia? beh fanno fine e non impegnano? hanno detto bene gli amici, prima di me, noi la storia non la svendiamo, la raccontiamo in un modo differente, quella che a scuola non si insegna perché non sta bene raccontarla, noi ricordiamo chi c’era, come viveva, la vita che aveva volente o nolente scelto per un ideale, per fame, per seguire il proprio cuore. eh ma siamo in Italia, mettiamo i fiori nei nostri cannoni…che è meglio. In altri paesi musei militari, fortezze, uniformi, sono a pieno titolo visti come occasioni di cultura, da noi vengono chiusi, dimenticati o demoliti per farci un bel parcheggio. Che tristezza, certo non tutti i gusti sono al limone, ma legga, si documenti, Wikipedia, come è già stato detto , è un utile strumento mentre si gode il sole della sua assolata Sicilia, venga a trovarci, non siamo mica degli appestati….e magari non cambierà idea, e sappia, dall’altro giorno ha, credo tra italiani e stranieri, potere di facebook qualche migliaio di persone che vorrebbero fare due chiacchere con lei …vis à vis …le auguro una buona serata….

  25. Gioal Canestrelli

    La strumentalizzazione dell’evento per parlare d’altro, dal canale di Sicilia alle tirate sulle tangenti (completamente fuoriluogo), poi un misurato “flash d’effetto” su un paventato “Totenkopf” sulla divisa di un ussaro… la perla “un’Europa tutta bianca che si autocompiace nel più fatuo dibattito storico” sfornata per accativarsi i benpensanti globalizzati che pensano tanto e studiano poco…(Dumas, questo sconosciuto…).

    …e infine una gemma che trasuda ignoranza e autolesionismo perché legittima i “poveracci di Pompei” che (s)vendono il loro patrimonio culturale (che cade in pezzi) ma virtuosamente “senza travestirsi da Madonne dei miracoli e da guerrieri sibariti” e sdogana i “Centurioni del Colosseo” perché “l’arte di arrangiarsi è meglio del fanatismo esausto”.

    Viva i pagliacci, che nell’ “italianità” di chi s’arrangia sono simpatici, così “naïf” (e inoffensivi), e viva i “poveracci di Pompei”, che in quanto “Poveracci” sono altrettanto simpatici e dignitosi… poco importa che si aggirino tra i ruderi di una Pompei che cade a pezzi, grattando spiccioli e meno spiccioli al turista di passaggio…

    Ma alla fine il giornalista si scopre, e insieme alla parziale incapacità di comprendere (per una non-volontà intellettuale o un’impossibilità intellettiva?) le valenze culturali dell’evento, quanto trasuda il malcelato fastidio per gli incassi, che si cerca pateticamente di attribuire ad un mix di alcolismo e mitomania!!!

    Tieniti i tuoi viruosi “Poveracci di Pompei”, e i tuoi “Centurioni del Colosseo” così “naïf”, caro Merlo… noi continueremo a combattere per qualcosa di migliore, tanto nell’aspetto “fanatico”, quanto nella resa finale, che non saprà di abusivi che mendicano, ma di professionsiti che costruiscono il Turismo Culturale, la più grande risorsa potenziale di questo paese.

  26. daniel

    Buonasera
    io non ho nulla da aggiungere…hanno detto tutto i miei “commilitoni” qui sopra, che hanno meravigliosamente espresso tutto quello che avrei voluto vomitarle addosso.
    Lei con un articolo così meschino ha mancato di rispetto a noi rievocatori e ad una passione… si ricordi …le passioni aiutano a sopravvivere…
    Daniel Valenza

  27. Andrea

    Ovviamente sono d’accordo con tutti quelli che hanno scritto prima di me, infatti probabilmente ripeterò concetti già espressi
    Non sono un renactors, ma un appassionato di storia in generale, e in particolare di storia napoleonica, difficilmente ho sentito tante castronerie espresse con la tracotante sicurezza dell’ignoranza.
    Invece di offendere gente che evidentemente lei non comprende, ma da uomo col suo tipo di “cultura”ovviamente ritiene di essere superiore, studi si informi, anche solo su Wikipedia magari, sempre meglio che niente.
    Tra parentesi, un granatiere della Guardia, vero o finto che sia, non guarderà mai con invidia l’uniforme di una guardia olandese, anche perché la guardia olandese era incorporata nella Guardia Napoleonica come terzo reggimento Granatieri.
    Dispiace pensare che qualcuno sia anche pagato, magari lautamente, per fare così male il proprio lavoro, sulle opinioni, nulla da dire, ma la superficialità delle tesi dimostrano che lei non sa niente di niente né di storia né di renactors e neanche di come si fa informazione quindi molto probabilmente anche su altri argomenti che magari non sono in grado di confutare avrà scritto altrettante boiate.
    Mi viene anche il sospetto che lei non fosse nemmeno sul posto, ma che abbia scorso un poco la rete, e con la sua immensa supponenza ed arroganza abbia buttato giù quattro quattro righe, offensive non solo per i renactors e gli spettatori, ma anche per i lettori del suo giornale.
    Sempre meglio che lavorare, vero ?

  28. Andrea vitali

    Cosa aggiungere a quanto e’ stato gia’ detto? Fare la rievocazione storica vuol dire vivere passioni ed emozioni e pazienza se qualcuno ci considera mattoidi e un po’ cialtroni. Diciamo la verita’, a lei la rievocazione non interessa piu’ di tanto ed e’ solo un pretesto per attaccare questa Europa decadente che celebra il suo passato senza fare i conti con i problemi epocali che si affacciano alle sue coste. Ma che male c’e’ a rivivere il passato ? Meritiamo il suo livore e disprezzo ? I prossimi anni ci saranno altre Waterloo e fra cento anni, ne puo’ essere certo, altri mattoidi si vestiranno in maniera strana e faticheranno e ci rimetteranno soldi su quelle ondulate pianure del Brabante. Di lei e di me non sara’ rimasta traccia ma loro ci saranno. E questo fa pensare.

  29. Maria

    Cosa potrei aggiungere a quanto già scritto da chi mi ha preceduta? Sacrosante parole!
    Vede, gentile signor Merlo, per prima cosa le vorrei dire: se l’Italia è un Paese di ignoranti, lei mio caro ne è un esempio lampante.
    Lei è il perfetto emblema di come si possa scrivere di qualcosa spizzicando informazioni qua e là e sostanzialmente ignorando il cuore dell’argomento. Un po’ come quando a scuola c’era l’interrogazione e, senza aver aperto il libro, il povero malcapitato annaspava furiosamente e con inutile caparbietà cucendo alla bell’e meglio informazioni suggerite dai banchi dietro e vaghe reminiscenze di lezioni seguite in un sostanziale stato di dormiveglia.
    Qualche anno fa mi sono laureata in Conservazione e gestione dei Beni Culturali, da qualche tempo ho cominciato ad avvicinarmi alla rievocazione storica. Il motivo di questa mia scelta? L’amore per la storia, per l’arte, per l’archeologia e le appassionate lezioni di archeologia antica di una grandissima docente, Mariette De Vos, che ci parlò della Living History, dei primi parchi a carattere storico (non parchi di divertimento, ma parchi di ricostruzione), dell’amore e del rispetto che va portato al nostro patrimonio storico e culturale.
    Mi stupisce sinceramente che un siciliano come lei non conosca il valore della storia!! Il Sud Italia è per tutto il mondo un immenso scrigno di tesori, arte e storia. Lei però sembra ignorarlo, anzi, sembra che lei la storia la disprezzi, la denigri, la consideri ridicola, quasi come una sorta di leggenducola che scade nel becero intrattenimento per i turisti col prurito dell’avventura.
    Ora le dirò un enorme luogo comune, un luogo comune profondamente vero: senza la storia noi non saremmo NIENTE. Lei senz’altro avrebbe evitato di riempire due pagine di recriminazioni faziose e inutili, in cui mette in ridicolo più sé stesso e la sua professionalità che i rievocatori.
    Inoltre vorrei sottoporre alla sua attenzione un dettaglio non trascurabile: quelli di cui lei parla non sono “mattoidi”, non sono nemmeno “figuranti” come tanto amate chiamarci voi giornalisti, non sono “attori” vestiti col trovarobe. Si chiamano rievocatori storici e in alcuni casi possono fregiarsi anche del titolo di ricostruttori storici, laddove riescano ad avere la fortuna di poter rievocare in un luogo incontaminato dalla società moderna, mangiando, dormendo e vivendo esattamente come nell’epoca rievocata.
    Io certamente dopo questa spiacevole lettura tornerò ad occuparmi del mio lavoro, della mia vita, delle mie passioni che lei trova tristi e becere. A lei consiglio di fare altrettanto: ritorni ad occuparsi DAVVERO del suo lavoro, ritorni al dovere di informare, la smetta di scambiarlo con la voglia di far ridere. Quello compete ai pagliacci, non ai giornalisti. Riscopra cosa significa fare il proprio lavoro con dignità, con coerenza, con rispetto per il prossimo e, soprattutto, per il suo amor proprio.

    1. Paolo Coturri

      La nuova ondata di richieste di radiazione è mossa da un articolo su Repubblica di sabato,2 pagine con attacco in prima pagina,dedicate alla rievocazione del Bicentenario di Waterloo.L’autore,cui è stato chiesto evidentemente di fare un pezzo “di colore” individua giustamente alcuni elementi di pressappochismo e di “spirito di scampagnata” e,fermandosi a questa apparenza,scatena un attacco su tutto il fronte delle rievocazioni storiche pieno di aggressività e livore che non ho mai trovato nei trenta anni che leggo Repubblica,infarcito di errori,banalità e sciocchezze in una continua dimostrazione di ignoranza storica e dell’argomento di cui vorrebbe trattare, il “reenactment”,dalla cui parte migliore sono venuti negli ultimi anni tanti approfondimenti di dettagli storici e tecnologici. La componente medica del 113eme (2 medici ed 1 psicologa) trova come unica giustificazione del Merlo il fatto che sia stato espulso da un Gruppo per incompetenza storica ed disabilità manuale. Se vuole saperne di più sul 113eme può leggere i due volumi da noi pubblicati. Partire,partirò,partir bisogna.Firenze e la Toscana nelle campagne napoleoniche 1793-1815 Ed Sarnus e Storia del 113°Reggimento fanteria di linea francese(1808-1814)Ed.Aracne.

      Dott.Paolo Coturri

  30. Piercarlo

    Ho letto e riletto il suo articolo , ho cercato la motivazione. Lei è partito per cercare i difetti . Doveva trovare i difetti . Gli errori . Era li per evidenziare le incongruenze di questa ” Mondo ” ( perché del mondo si tratta) , che si ritrova sopra un campo di battaglia … ha cercato e ricercato . Ha trovato di tutto , senza conoscere , perché lei non sta più vivendo . Stà immaginando come potrebbe essere il mondo e non si è accorto che non è come lo desiderava . Si spendono soldi nell’Europa del nord per fare ” baggianate ” . Mentre la gente muore e viene rifiutata da un Europa strana , che non capisce la disgrazia della mancanza di democrazia nel mondo , dove non c’è ” fratellanza , non c’è uguaglianza e libertà ” . Ed è andato a criticare proprio sul campo di battaglia di chi ha esportato questi ideali in tutto il mondo , sul campo di battaglia della sconfitta definitiva di chi ha creduto di poter , con la forza , far credere in un mondo pieno di ” fratellanza , uguaglianza e libertà “. Ha preso carta e penna ed ha scritto , di getto , su tutto e di tutto , con poco tempo a disposizione, per far capire ai suoi lettori che li c’è il male , che tutto è male , o meglio : ridicolo . Dimenticandosi che quello a cui stava assistendo è Storia , promozione di luoghi , quindi turismo , e quindi ricchezza . La ricchezza e la stabilità che le persone che emigrano stanno cercando . Noi Europei siamo così un po strani , amiamo la nostra storia la nostra cultura la nostra terra , rievochiamo in continuazione . Quando si fanno citazioni si fa rievocazione e lei lo fa tutti i giorni cerca nel passato informazioni per dar credito ai suoi elaborati , quindi lei è un rievocatore . Sul suo campo di battaglia che non è altro che il suo articolo , con i suoi abiti che sono sbagliati , come quelli dei rievocatori . C’è una cosa però di cui si è accorto , e lei stesso lo scrive , …si è perso ….già in questo articolo… si è perso (Sono parole sue ) . Chissà forse un giorno si ritroverà , ritroverà il senso della vita , il ricordo di un ideale …magari che ne so : ” libertà , uguaglianza , fraternità “…e rispetto .Buona notte

    1. Monica

      Si Francesco, resista!
      Resista a questi inviti a rendere il suo lavoro migliore documentandosi.
      Resista all’invito al rispetto di persone che al contrario suo, pur partecipando ad una carnevalata, lo hanno fatto con una preparazione, una competenza, una passione e una serietà che nemmeno si immagina.
      Resista all’invito a non calpestare la passione per la Storia e per la sua divulgazione.
      Resista stoicamente di fronte a critiche costruttive che non possono far altro che arricchire le sue competenze e la sua persona.

      Altrimenti corre il rischio di perdere lettori come Valeria.

  31. Riccardo Rinaldi

    Personalmente ho partecipato in prima persona solo ad un reenactment, a Gettysburg tanti anni fa. Ne ho visti poi parecchi da spettatore. Ho invariabilmente trovato nei renactors in cui mi sono imbattuto studiosi attenti ed appassionati del periodo storico che andavano a rievocare; persone gentilissime che facevano a gara nello spiegare tanto al neofita quanto allo spettatore quanto avrebbero visto.
    Altri hanno già indicato, meglio di quel che potrei fare io, le inesattezze del suo articolo. Ma quel che mi ha colpito di più sono state la superficialità e la immotivata cattiveria in un articolo di giornale. Si informi meglio sulle persona su cui scrive. In fondo, sarebbe il suo mestiere.

  32. Gianni

    Dopo aver letto un articolo così superficiale e inutilmente cattivo, penso proprio che non comprerò più La Repubblica fino a quando comparirà la firma di francesco merlo

  33. alberto carazza

    Signor merlo da vecchio rievocatore mi sono sentito offeso dalle sue parole e benché abbia un misero diploma da geometra e il mio lavoro sia nell ambito ospedaliero come Oss posso affermare senza ombra di dubbio che lei sicuramente di storia non ne capisce nulla e qui mi fermo per non scrivere altro per buona creanza . Io sono 15 anni che giro l Europa e il mondo per fare le rievocazioni ultimamente sono stato ad alamo in Texas per una solenne cerimonia e adesso a Waterloo prendo cosi spunto per ribattere al suo articolo con le parole di Shakespeare. Io c ero a Waterloo. . Cito Shakespeare ora . Noi Pochi . Noi felice pochi. Noi manipolo di fratelli . Perché chi ha combattuto in questa giornata di san crispino sarà da oggi fino alla fine dei giorni mio fratello . Quindi caro signor merlo chi ha combattuto in queste giornate a Waterloo nel bicentenario sarà fino alla fine dei miei giorni mio fratello m la ringrazio sig merlo perché ho arricchito la mia famiglia di ben 6000 persone tra fratelli e sorelle

  34. massimo

    Egr sig. Francesco Merlo.
    Ho letto il suo articolo.
    Forse è anche andato a Waterloo aspese dell’organizzazione dell’evento e del turismo belga.

    Mi lasci dire con tutta sincerità che Lei non ha capito niente delle giornate di Waterloo.
    Non c’erano solo birre e fritte e nemmeno la ” PAnza del Belgio” mi creda , io assieme a 200.000 persone da tutto il mondo c’ero ma l’evento Waterloo non era come lei l’ha descritto.

    O forse nemmeno lei c’era a Waterloo.

    Maurizio MAssimo

    O forse nemmeno c’era

  35. Gianni Lecca

    Sinceramente, sinceramente: proprio non capisco. Questa smania irrefrenabile di poter dire: “io c’ero”, a babbo morto, a babbo morto e putrefatto. Come dire: Salamina, Lissa, Troia, Termopoli fino alle Ardenne, Saigon, Kabul, Bagdad, e altre centinaie e centinaie. La storia umana è storia di guerre, battaglie campali più o meno decisive, scaramucce, lotte intestine, fronde, assalti, annessioni, di chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, di chi la vuole cotta e chi la vuole cruda. e dopo: “ubi solitudinem faciunt pacem appellant”, in attesa delle prossime irreprensibili ostilità, e battaglie, e guerre. Che senso ha, e che motivo di incomparabile orgoglio ha camuffarsi del passato stantio e dire di rivivere una suggestione del tempo che fu. Carnevale, si carnevale, per ridere, questo si,per gabellare, goliardia, ironia, caricatura, umorismo. Come Totò Kamen, o Totò e Cleopatra, o non ci resta che piangere. Lasciamo allo spirito religioso, o pseudo religioso, rivivere i santi, patronali o da calendario. Sant’Efisio, che ogni primo maggio, per la gioia di fedeli penitenti e di turisti scettici ma in solluchero, ripropone da noi gli stessi costumi, le stesse parate, lo stesso dispendio di fiori dispersi nell’asfalto insieme alla cacca degli stessi cavalli, e buoi e, nel caso, dell’alter ego che sa tanto di segreteria particolare. Caro Francesco, ti abbraccio.

    1. Leonardo

      Mi scusi, ma evidentemente non capisce cosa significhi Living History. Non è un poter dire “io c’ero”, ma è un poter far dire agli altri “io c’ero” e anche un “toh, questa cosa non la sapevo!” e un “Ma pensa un po’! Davvero le battaglie erano così devastanti? E chi era questo Napoleone? Quasi quasi m’informo”

      Il nostro scopo non è rivivere in prima persona, ma far rivivere l’evento, creando nuovi appassionati e studiosi. La massima soddisfazione non è l’ Io c’ero, ma un “Bello, mi informerò su questo”

      Leonardo Manzati

  36. Niccolò

    Sottoscrivo ogni parola che ha scritto Leonardo. Vorrei aggiungere un’altra cosa, che esula totalmente dalla rievocazione. Quello che non comprendo è l’offesa fine a sè stessa. Signor Gianni, non le piacciono le rievocazioni? Liberissimo di fare altro, ciò che più le piace,ma non capisco cosa le torni in tasca ad offendere persone che hanno questa passione. Le comporta piacere offendere il prossimo? A casa mia so dice che spesso è l’invidia a portare qualcuno a offendere un’altra persona perchè quella persona sa fare qualcosa che l’altro non è capace di fare. Allora, invece che ammettere la propria ignoranza in materia o la propria incapacità, si sceglie la strada dell’offesa gratuita e immotivata. Sa, devo ancora capire le motivazioni sia del dott. Merlo che del suddetto sig. Gianni. Vorrei capire perchè la rievocazione gli da fastidio. Vorrei capire perchè ritengono così fastidioso che ci sia al mondo qualche migliaio di persone che decide di spendere i propri soldi e il proprio tempo libero a fare una cosa che evidentemente i due signori in questione non capiscono. Aspetto chiarimenti, soprattutto dal dott. Merlo, il quale in circa una settimana non ha ancora avuto l’educazione di rispondere a cotante sollecitazioni.

    Niccolò Valentini

    1. Gianni Lecca

      Evidentemente, ha la coda di paglia. Mi ci provo io, senza naturalmente la presunzione di esserne affatto all’altezza. Caro signor Niccolò, se ha visto offese, mi perdoni, non stavano per niente nel mio intento. E’ che, dopo aver visto decine di agiografie per un “hobby” (si può dire?) come le rievocazioni storiche “viventi”, living appunto , e di bulgari crucifice per il cronista critico e ridanciano dell’evento in questione, piatto ricco mi ci ficco mi son detto, nella convinzione che due righe “contra omnes” passassero del tutto inosservate e avessero altrettanto diritto d’asilo. Così non è stato. Qualcuno ha subito percepito la stecca nel coro esponendola al pubblico ludibrio. Naturalmente, caro signor Niccolò, ognuno è libero di mettersi addosso i costumi che vuole, di ogni epoca ed evento, e intimamente riviverla e riviverli con la forza della suggestione e del sapere. Ma nessuno mi toglie dalla testa che queste performance, innocue per carità, lascino, è il caso di dire, il tempo che trovano. Con lo stesso spirito, in quel di Mesopotamia, si potrebbero riempire i giardini superstiti di migliaia di copie, foglie di fico firmate da Armani, e rivivere i sacri momenti iniziali della Creazione. Così, fra due o tre secoli, qualcuno potrà avere l’idea, fiananziata dall’Europa forse unita, di allestire in terra polacca qualche capannone di lamiera, filo spinato elmetti cani lupo fari e forni, e rivivere l'”Olocausto” con tutta la passione di chi “sa” e “comprende”. Lasciamo, cari signor Niccolò e signor Leonardo, alla celluloide questo compito. E ai libri. Alle polveri d’archivio, alla soriografia che si rinnova col tempo. Si può sapere tutto il possibile di Trafalgar e Waterloo, di Nelson e di Napoleone anche senza indossarne gli abiti e simularne i portamenti. Anche perchè, e senza invidia alcuna, a calarsi troppo nei personaggi possono venire in mente i manicomi. Un caro saluto.

      1. Mc venturini

        Caro Gianni concordo. Troppi crucifige per non sapere di essere nel Peccato Originale di non fare filologia ma una raccolta di figurine. E di antico c’è solo il metodo da Inquisizione.
        Ho assisitito a qualche “rievocazione” per curiosità, me ne terrò lontana – soprattutto ne terrò lontane le mie figlie – perché sotto un sottile velo di pura juta c’è tutta l’ipocrita modernità (16 maggio u.s.) di chi di giorno si riempie la bocca di “valori nei duelli e nella ricerca storica” e la sera trasforma un ambiente ( falso )storico in un rave party. Però con abiti cuciti a mano. E chi non è d’ accordo, come qui… ” peste lo colga”.
        Aspettando una delle tue belle inchieste sull’ ambiente…un abbraccio, amico Francesco.

  37. Fabio Ronchi

    Egregio dottor Merlo,
    c’ero anch’ io a Waterloo, come molti di coloro che hanno reagito con indignazione al suo articolo e me lo hanno segnalato. Ero al comando di uno dei battaglioni francesi durante le due ricostruzioni della battaglia.
    Io non so cosa lei abbia effettivamente visto della manifestazione, ma è quello che ha voluto vedere e sentire che l’ ha condotta a dare un giudizio sprezzante sul mondo della rievocazione napoleonica.
    Non mi unisco al coro di coloro che vogliono zittirla, anche se li comprendo. La loro reazione non è tanto motivata dalle cose che ha scritto quanto dal luogo da cui sono state diffuse: un quotidiano che ha una grande autorevolezza e capacità di fare opinione. Per di più, la quantità di spunti da lei utilizzata per denigrare la categoria — spunti sicuramente non tutti di “prima mano” e a volte certamente un po’ “aggiustati” — può aver fatto credere a molti dei rievocatori presenti di essere l’obiettivo dell’attacco e cagionato loro maggiore offesa.
    Io invece non credo che lei avesse di mira noi rievocatori. Credo piuttosto che lei volesse sollevare, attraverso noi, una critica di ben altra natura, con implicazioni sociologiche e finanche una qualche strumentalizzazione politica. Da qui la reazione di alcuni.
    Io, anzi, mi sento addirittura di condividere la sua chiave di lettura dell’evento, laddove lei parla di “disfacimento estetico di una carnevalata storica che è industria”. In molti eravamo incerti se partecipare o meno a quella che si annunciava come una manifestazione in cui — caso unico fino ad ora — il precario ma altrove sempre presente rapporto tra le esigenze dei rievocatori e il necessario ritorno economico degli organizzatori vedeva le istanze dei primi scomparire totalmente. Tutto ciò che lei ha visto è stato il frutto delle decisioni degli organizzatori: tutti i tentativi da parte dei rievocatori di fornire addirittura solo qualche consiglio sono stati ignorati. Perché dunque, alla fine, i rievocatori hanno partecipato? Perché non potevano farne a meno. Non c’era alternativa. Hanno partecipato perché sono dei devoti penitenziali, come lei scrive, ed è stato facile per gli organizzatori approfittarne.
    Qui però la mia condiscendenza si ferma, perché ben altro avrebbe dovuto prendere di mira chi avesse voluto trattare l’argomento in modo non banale, come certo lei si proponeva. Sì, perché quel che lei ha fornito ai suoi lettori è niente altro che un campionario di stereotipi atti a confermare la tesi che “l’industria del feticcio storico distrae dalla storia, la nasconde invece di mostrarla”. La tesi è giusta, beninteso, ma la responsabilità è altrove: la ricostruzione/rievocazione storica (quella vera!) si propone anzi di spezzare questa mediazione feticistica, non certo di perpetuarla!
    La ricostruzione/rievocazione storica, dottor Merlo, nasce “dal basso”: è extra-accademica, non regolamentata, informale, proteiforme, incerta, anarchica e squisitamente volontaristica. Insomma è l’opposto di un prodotto dell’industria culturale, dal cui novero — infatti — è esclusa. Industria culturale della quale fanno parte a pieno titolo, invece, oltre a chi ha “prodotto” l’evento Waterloo 2015, anche il suo stimato giornale e — giocoforza — lei stesso.
    Questo spiega probabilmente perché nella sua esposizione — così come in quella di tanti altri suoi colleghi, pur senza la sua acrimonia — il mondo della ricostruzione/rievocazione storica venga presentato come qualcosa di grottesco che non si conforma ai contenuti comunemente veicolati dai media, al punto da negargli persino adeguata dignità lessicale (un vero ricostruttore/rievocatore non è un figurante, non indossa un costume e — soprattutto — non è un finto soldato: è semplicemente un “rievocatore”; i nomi a questo servono!).
    “Ieri a Waterloo […] hanno combattuto seimila finti soldati, e ovviamente nessuno di loro riceve la paga, sono devoti penitenziali, con scarpacce scomode, letti da campo e niente telefoni […] mattoidi [che] rabberciano una stanca coralità da continente pacificato […] finti soldati che tra loro parlano la solita lingua del turismo, basica e fisiologica, fonemi e sorrisi […] sbrindellati finti soldati dell’Europa degli imperi […] a difesa della civiltà più stanca del pianeta”: questa è la sua descrizione. La descrizione di un fenomeno senza profondità, dove abbondano e si iterano esclusivamente aggettivi con connotazione negativa (finti, scomode, stanca, basica, fisiologica).
    Sono del tutto sfuggiti alla sua attenzione — e non me ne stupisco, dal momento che non potevano essere banalizzati — l’entusiasmo di chi, anche in età avanzata, è giunto fin lì da ogni parte del mondo; la disciplina dimostrata fuori e dentro il campo, nonostante la scarsa considerazione dimostrata dagli organizzatori e dalle autorità; la costanza e la pazienza dimostrate nell’affrontare le incongruenze e le manchevolezze logistiche (in qualche caso addirittura clamorose: un solo rubinetto d’acqua per 1500 persone!); l’orgoglio di appartenere a “qualcosa” (anche se poi non tutti saprebbero spiegare il perché); e infine lo straordinario, e tutt’altro che superficiale, senso di comunità e di amicizia che sempre lega tra loro chi ha una passione comune, anche nella competizione.
    Tutto questo le è sfuggito; e passi. Il modo in cui io ho vissuto l’evento è legato alla mia sensibilità, non alla sua. Lei è venuto a vedere uno spettacolo e ha espresso le sue critiche. Ma non ha visto “me”. Lei ha seguito “Inferno”; io mi sono rifiutato di andarci anche se mi pagavano per farlo. Lei ha visitato i mercatini di paccottiglie mentre io addestravo i miei “…” a marciare correttamente in linea al passo cadenzato. Due mondi diversi.
    Lei faceva il suo mestiere e io facevo il mio. Io e i miei eravamo lì per ‘fare’ Waterloo e l’abbiamo fatto. Lei era lì per guardare e raccontare. Solo che nel suo articolo le immagini abbondano e la sentenza è chiara e senza appello, ma mancano le argomentazioni. Perché la gente paga, e tanto, per assistere a queste carnevalate? Cosa spinge quegli altri mattoidi a faticare così tanto in cambio di nulla, o di un piacere effimero? Il lettore vorrebbe comprendere, e invece viene indotto a schierarsi: o con lei o con i mattoidi feticisti mangiatori di salsicce di cui sopra. A proposito di stereotipi.
    Invece, dottor Merlo, il rievocatore non è riducibile a stereotipo perché la rievocazione storica non è cosa da industria culturale. Ancora e, spero, per sempre.
    E non era certo necessario andare a Waterloo per veder abolita la differenza tra la luna nel pozzo e la luna nel cielo, tra la copia e l’originale. Ormai l’illusione, purché resti tale, è alla portata di tutti. E gli unici a non travestirsi, forse, sono proprio i centurioni che presidiano il Colosseo.

    Fabio Ronchi

  38. Antonio Sanò

    Condivido del tutto la tua analisi, Fabio. Fatta con lucidità ed equilibrio. Da uno di quelli che “anche in età avanzata” ha partecipato con entusiasmo.
    Antonio Sanò

  39. paolo coturri

    Ho già scritto qualche riga sull’argomento,fra il serio ed il faceto,anche se ero un po’ incazzato.
    Sono da 50 anni interessato alla storia.,il che comporta leggere di economia,sociologia, demografia, arte,architettura e di ogni altro argomento,e da 20 anni faccio il reenactor napoleonico.Questo mi consentito di fare nuove amicizie.,in Italia ed in tutta Europa,mi ha fatto diventare decisamente pacifista ed antimilitarista,mi ha insegnato molto anche sulla psicologia di chi entra in un gruppo:ognuno ha i suoi motivi ,dai più filologici ai più banali,e non sta a me questionarli.Se uno si comporta secondo le “regole”del gruppo va bene:siamo in un paese dove la propria liberta termina dove comincia quella dell’altro.
    Ho fatto per qualche anno il direttore,redattore ed autore di una rivista di storia e modellismo:prima di pubblicare un articolo controlli,verifiche(prima di internet!),e due letture delle bozze.Poi ho fatto il medico di famiglia ed ho imparato ad essere tollerante.
    ORA però. Cambio registro:e’ un giornale serio uno che pubblica un articolo simile..,scritto da casa partendo dalla scopiazzatura di un comunicato ANSA che già riportava una interpretazione errata di una intervista affrettata ,e allargando l’articolo con pregiudizi e linguaggio da bar dello sport e da qualche foto da internet.
    E’ una persona seria(non uso volutamente il termine giornalista) uno che si trincera da giorni dietro un blog muto,senza risposte,che magari gli fa “punteggio con i colleghi (sai,sul mio articolo ho avuto 40 commenti….).
    A casa mia si chiama UN CIALTRONE.
    Naturalmente concordo con le cose dette dai predecessori,in particolare dall’amico Fabio.
    A proposito.:metà dei nostri ha una o più. Lauree..,lei mi sembra abbia la terza media,che è. Comunque il livello dell’italano medio.

  40. stefano pratesi

    Buonasera, concordo pienamente con quello che scritto l’amico Fabio Ronchi. Anch’io sono tra quelli ” che anche in eta avanzata” fanno le revocazioni. Comunque mi chiedo cosa pensa il dott. Merlo dell’Olimpiadi e simili.. visto che si scandalizza per il giro di commercio presente a Waterloo.. comunque in tempo di crisi economica, se abbiamo fatto anche lavorare delle persone.. ben venga questo commercio (non sarà il massimo per noi appassionati e studiosi di storia) .. cosi qualche disoccupato o giovane avrà lavorato anche se per breve termine.. non tutti sono fortunati giornalisti del maggior quotidiano italiano di cui sono un lettore sempre più deluso!!

  41. Leslie Reggio

    È un segno dei tempi che una testata come la Repubblica invii sui luoghi di una rievocazione così importante un giornalista il cui bagaglio su questa tema è costituito quasi esclusivamente da pregiudizi. Il suo articolo è una piacevole lettura, come no, scorre via bene e restituisce un’immagine vivida di ciò che ha visto. Il problema è che lui non ha capito quello che ha visto, perché è andato lì non attrezzato alla bisogna. E’ incorso in un “epic fail”, come direbbero le mie figlie. Ha preso un granchio colossale, insomma, a volergli concedere il beneficio della buona fede, perlomeno. La sua “penna”, intinta non nel veleno, d’accordo, ma forse in una marinatura un po’ forte d’aceto, prende di mira i rievocatori, gli eroi della situazione, quelli che reggono sulle spalle il maggior peso della manifestazione, al netto delle “carnevalate” (quanto gli piace questa parola!) volute a tutti costi, anche a rischio di mettere a repentaglio la riuscita dell’evento centrale – ignorando consigli e avvertimenti di professionisti del reenactment – dall’organizzazione commerciale per giustificare il prezzo del biglietto. Questi giovani, meno giovani, anziani a volte, uomini e donne, quasi sempre con famiglia (spesso al seguito) e un lavoro, confluiscono da ogni angolo d’Europa, a volte del mondo, in un sito non sempre bene attrezzato (come in questo caso; incredibile, no?), magari fangoso e infestato da insetti e altre fastidiose forme di vita (non so, giornalisti impreparati?), si accampano servendosi di attrezzature uguali a quelle storiche (niente materiali “tecnici”), spesso cucinano il proprio cibo, sempre come si faceva all’epoca (e talvolta l’organizzazione non fornisce ortaggi ma come in questo caso noccioline e patatine; e niente acqua!). Tutto questo, e molto di più, sapendo in anticipo che saranno ripagati solo dal piacere che provano a fare quelle attività insieme ad altri come loro e dalla consapevolezza di saperlo fare bene, cioè FILOLOGICAMENTE. Sì perché, a differenza della “firma” di Repubblica, quella gente si è preparata, ha cucito i propri vestiti usando finanche il filo giusto; si è esercitata nella marcia, nell’uso delle armi; ha studiato i testi dell’epoca per raggiungere la perfezione, o quasi. E se alcune uniformi sembrano raffazzonate, è perché erano veramente così. Ma il cronista improvvisato ignora tutto ciò e si guadagna questa pagnotta (si fa per dire), svillaneggiando (davvero poco elegantemente, dottor Merlo) coloro senza i quali centinaia di migliaia di persone non potrebbero godere di un evento che non è solo spettacolo; che non è solo battaglia simulata, è anche “storia materiale”, quella roba che se fosse fatta normalmente a scuola sveglierebbe come una schioppettata una classe assopita (come succede invariabilmente quando i rievocatori fanno dimostrazioni didattiche; perché fanno anche questo); è anche gelosa e rispettosa conservazione della memoria di gente “grande” ma soprattutto di gente “piccola”, “gente meccanica” come ebbe a definirla qualcuno che ne fece la protagonista della sua opera maggiore, un intellettuale vero. Tutto questo il nostro cronista da campo, o da campeggio, lo ignora, mentre trasmette il pezzo dalla sua lussuosa suite. Sembrava all’inizio che egli volesse lanciarsi in una spericolata critica politico – sociologica della manifestazione, e qualcuno giura di aver intravisto perfino le parole “industria” ed “Europa” nelle pieghe di un qualche ragionamento subito rientrato (è comunque riuscito a infilarci uno “spottino” sull’Expo). Allora, io gli chiedo, ma so che non risponderà, perché non può, se questi possono essere sprezzantemente definiti finti soldati, finti imperatori, se il loro entusiasmo e la loro passione può venire mortificata a finzione da uno spettatore occasionale e sprovveduto che però scrive su una testata importante che influenza e orienta, come vogliamo qualificare un giornalismo che non fa mai le domande giuste alle persone giuste; che suona la grancassa per qualunque emergenza inventata dall’estabilishment per distrarre l’attenzione dai problemi veri; che la luna se l’è proprio fregata, perché rischiava di gettare troppa luce su tutto quello che in Italia deve rimanere celato per sempre?

    1. massimo

      Concordo in pieno su quanto ha scritto chi mi ha preceduto.

      Aggiungo anche che:
      Questo “merlo” è volato a Waterloo rischiando di restare impallinato.
      Fortunato!
      Ma che non abusi della sua fortuna.
      Anche una scarica di fucileria napoleonica a salve avrebbe potuto nuocergli e lasciarlo lì stecchito, nel campo di Waterloo, nel becco una fritta belga, con il cuore scoppiato per troppa paura.
      Poca perdita, era solo un merlo .

    2. Claude

      Una parola spicca in maiuscolo: “filologicamente”. La filologia è una cosa, la storia un’ altra. Non c’entra con un vestito fatto a mano o a macchina. L’ abuso del termine “filologia” è dato dalla possibilità di spacciare per storia una raccolta di figure e tanti buchi sulle dita per cucire a mano degli abiti che saranno anche “filologici” ma di storico hanno – spesso e volentieri – solo l’idea.

  42. Francesco De Cassai

    Mi duole che l’articolo non fosse commentabile anche sul sito di repubblica. Quello che il sig. Merlo non ha capito, perché non si è sforzato di capire, è che la carnevalata di cui parla è fatica e studio. Tutti noi abbiamo una vita, famiglie e lavoro. Non di meno dedichiamo le nostre energie a studiare, a prepararci e a divulgare, e questo non per le poche ore necessarie a fare del copia incolla da wikipedia, ma durante anni di lavoro e dedizione.

    La rievocazione pianta semi, durante le nostre carnevalate si spiega, si insegna, ci si confronta. I rievocatori passano i fine settimana a spiegare a bambini, ragazzi e adulti da dove vengono e perché sono quello che sono. I rievocatori mostrano quei significati e quei collegamenti che spesso i libri di testo non valorizzano. Spiegano che la storia non sono date, luoghi o campi di battaglia ma è viva e vibrante.

    Tra dieci anni i semi che si sono piantati saranno sbocciati e qualcosa di quello che abbiamo fatto sarà nelle persone con cui abbiamo parlato. Non possiamo dire lo stesso di questo articolo la cui mediocrità sparirà per fortuna nel giro di qualche settimana

    1. Francesca

      Spiegare? Divulgare? Per esperienze familiari (seguivo a volte mio fratello che per questo hobby ci ha rimesso il matrimonio in malo modo) posso dire che non me ne sono mai accorta di tutto questo spiegare e divulgare.
      I “civili” (mai termine fu più azzeccato) anzi spesso vengono trattati con sufficienza e fastidio perché rovinano le foto. E poi alla fine reagiscono canzonandovi. O annoiandosi.
      D’altro canto l’italiano medio non è acculturato come voi, quello che mi rende dubbiosa sul fatto che voi siate così depositari del Sapere è che non ho mai sentito nemmeno parlare di un convegno legato alla c.d. “rievocazione” , un qualche avvenimento DAVVERO culturale, o perlomeno una visita guidata a quei borghi/rocche/castelli così ignobilmente imbrattati nei loro dintorni da vomito dopo il passaggio di tali acculturati elementi… solo autocelebrazione. E a spese spesso dei contribuenti

  43. Claudio Innocenti

    Non ero a Waterloo, ma avendo per curiosità partecipato a qualche rievocazione posso concordare in buona parte con l’ autore dell’articolo. E magari girasse solo birra, tanta filologia per un abito cucito a mano, sidri e altri intrugli alcolici spacciati per “d’epoca” e poi l’aria serotina ammorbata da fumi che nemmeno a woodstock 69…
    E non parliamo di Storia, per favore. Come studiare etologia al circo o gli usi dei contadini del XIX secolo usando come fonte la loro UNICA foto-ritratto con l’abito della festa e credere che zappassero vestiti così.
    E credere vista l’acredine espressa per l’autore dell’ articolo di essere depositari della Verità insultando chi la pensa in modo diverso, in codesto caso Francesco Merlo e i 2.187.645 utenti che hanno messo “like” all’ articolo.

    1. Francesco De Cassai

      MI sembra che l’unica persona che sia partita prevenuta e convinta di essere detentrice dello scibile sia appunto il Dott. Merlo. L’acredine, se dimostrata, da noi rievocatori mi sembra di secondario piano rispetto al disprezzo apertamente dimostratoci essendo stati trattati come guitti del circo Barnum (che non aveva i guitti ma rende come immagine).
      NON potendo tuttavia rispondere per i comportamenti altrui posso solamente dire che mi spiace per Claudio Innocenti se ha avuto una brutta esperienza rievocativa. Purtroppo ci sono eventi di livello qualitativo basso, da sagra del paese, che stanno alla Rievocazione storica quanto un acquerello delle medie con un Van Gogh. Se ha voglia di (ri)mettersi in gioco sono sicuro che alcune compagnie sarebbero ben liete di farlo ricredere in materia dimostrandogli la loro serietà.
      La rievocazione va’ per tentativi incrementali, si prova, si valuta e si riprova. Putroppo per epoche antiche non sempre abbiamo le fonti iconografiche e quindi a volte il punto di partenza è la famosa foto da festa, che rimane, per l’appunto, un punto di partenza che va’ interpretato e contestualizzato (non snaturato).

      Non penso che si debba tuttavia decidere la Verità su basi unicamente numeriche. La verità andrebbe ricercata tramite un confronto logico e motivato di domande e risposte (e in questo caso il sig. Merlo mi sembra deficitario) e non tramite un mero conto dei 2.187.645 like all’articolo :)

      1. Claudio Innocenti

        Caro sig. Francesco De Cassai,
        concordo che il mero il paragone numerico lascia il tempo che trova, e che il registro dell’articolo non è certo morbido, nel più puro stile “merliano”, d’altro canto.

        Di fatto però se si entra nel merito quello che è un articolo zeppo di opinioni personali non si discosta tanto dai fatti.
        Vero che esistono la sagra, il palio (fenomeno che conosco bene sia per nascita che per cursus studiorum) e la rievocazione “storica” (minuscolo e virgolettato), ma in questo stesso ordine decresce l’ umiltà e la consapevolezza di “essere parte” di un evento (per territorialità) e di contestualizzare l’evento stesso come simbolo e non come mera autocelebrazione.

        E le posso assicurare che i comportamenti beceri da soldataglia “fuori campo” e/o autoincensanti “ho tutto filologicamente esatto-perfetto-cuciti a mano” li ho visti non in sagra di paese ma in contesti ben più “apprezzati e qualificati”.
        Ed in più occasioni; e in varie zone d’Italia: non in ordine temporale, ma potrei dirle che in un paio d’ anni ho spaziato dal Trentino all’ entroterra forlivese all’ Appennino reggiano passando per lo Spezzino… Potrei anche indicarle più precisamente castelli e borghi ma non sarebbe giusto verso coloro i quali (fossero codesti anche solo in tre) sono in buona fede e si comportano in modo degno.
        E tutte le volte “ah, quello è migliore, vieni a vedere”. Perciò ringrazio di cuore Lei dell’ invito ma cinque esperienze bastano per riconoscere un acquerello delle medie o un Edvard Munch. O, visti gli svaghi, un Isaac Abrams.
        Cordialmente Vostro.
        C.Innocenti

  44. Maria Cristina

    Di fronte ad un articolo indubbiamente duro le risposte altrettanto dure si basano su pochi effimeri e preoccupanti pilastri: “noi siamo storici, studiosi, istruiti “(alla faccia di chi ha frequentato per anni l’ Università, tossito su polverosi tomi, perso la vista in scritture minute e contorte) “Merlo è ignorante”, “io c’ero”, arrivando all’eroismo di dormire ( o smaltire sbronze e trip colossali) nella paglia e l’uso di termini come “commilitoni” … e si perde di vista la realtà.
    Come se ogni comparsa di Ben Hur si fosse fregiata del titolo di attore o (peggio) di latinista… citando un commento qui sopra forse sarebbe il caso di non prendersi troppo sul serio.
    PS la terza persona indicativo presente di andare è “va” senza accenti o apostrofi.

    1. andrea vitali

      Gentile madame, io sono biologo e la poca conoscenza della storia l’ho coltivata per mio conto e per mio diletto. Mi è piaciuta l’idea della rievocazione anche perché appassionato della Rivoluzione Francese e del periodo successivo. Questo mio diletto lo pago con i miei soldi, così come la lunga trasferta in Belgio . Non pretendo che a tutti piaccia il cosiddetto reenactment come a tutti non piace lo sport, la caccia il calcio e via dicendo. D’altra parte nessuno è obbligato ad interessarsi di ciò che non piace. E’ però obbligato a lasciarlo fare agli appassionati. Se la provincia del Brabante Vallone insieme ad altre istituzioni organizza un evento a cui partecipano quasi duecentomila persone per vedere cinque o sei mila rievocatori, vuol dire che lo scopo di generare in certi l’interesse è stato raggiunto. Se altri non apprezzano la cosa, spiacente, occupatevi di altro. Non è un obbligo interessarsi di Waterloo. Se poi è il commentatore ad essere critico sull’evento, niente da dire. Sono certo che come ha trovato da ridire sull’opportunità del bicentenario in questo momento epocale, con molti più argomenti troverà che l’expo, le olimpiadi … sono manifestazioni anacronistiche. Ma il sig Merlo non si è limitato ad esercitare il suo giusto compito di critica all’evento, ma ha decisamente insultato ed irriso i partecipanti dall’alto di una sua presunta superiorità culturale, peraltro non dimostrata. Feticisti, mattoidi, raffazzonati …sono aggettivi rivolti non all’evento, ma alle persone. So che sono parole al vento, ma la prossima volta che il sig Merlo si troverà a commentare una manifestazione, che gli piaccia o che non gli piaccia, si ricordi di portare maggiore rispetto alle persone che non sono burattini mestieranti, ma nomi e cognomi con, la loro storia, amori, svaghi, famiglie…

      1. Maria Cristina

        Gentile Sig. Vitali,
        se qualcuno ha dimostrato velleità di superiorità culturale sono i suoi colleghi comparse (perché tali sono, e non certo protagonisti), gli autodefinitisi “soli depositari della Storia”.
        Ma un abito non fa il monaco, un camicie non fa un medico anche se cucito a mano.
        E riguardo al paragone con il calcio nessun tifoso si è mai permesso di attaccare con odio da religione porta a porta chi critica il calcio.
        Le rievocazioni non storiche ma pittoriche attirano meno persone del circo, peraltro circo, calcio ecc. sono gestite da enti privati e non vanno a toccare fondi che potrebbero essere destinati ad altre più lodevoli e meritevoli cause. dei tempi passati le cose più rievocate sono i beceri comportamenti serali tra sbronze (e peggio ) di cui sono stata più volte allibita testimone oculare e la mancanza di rispetto delle opinioni altrui, come si evince dai commenti qui sopra e la vecchia ma non sopita polemica con l’ANPI.
        Prima di ritenersi offesi di commenti altrui, forse è il caso di guardare i propri coportamenti…

        1. Leslie Reggio

          Maria Cristina, il camice del medico si scrive così, senza la seconda ‘i’. Si è offesi ‘da’ qualcosa, non ‘di’…;-)

  45. Flavio

    La mia solidarietà a Francesco Merlo, e sulle risposte piene di acrimonia e soprattutto di superbia dico solo che voi, cari rievocatori avete dimostrato il vostro rispetto per la storia prima scimmiottando la guerra partigiana e poi definendo l’ANPI “vecchi arterosclerotici”.
    Bel rispetto delle altrui opinioni e dell’età di chi vi ha criticato! E soprattutto del fatto che quelle Persone la guerra l’hanno fatta sul serio, rischiando la pelle. “commilitoni” Loro lo possono dire.

  46. Patrizio

    Caro Francesco,
    ero rimasto perplesso dalla tua stroncatura riguardo alla manifestazione a Waterloo, e mi sei venuto in mente quando questo fine settimana mi sono trovato a passare per l’abbazia di Chiaravalle qui a Milano.
    Una sagra di quart’ ordine a “rievocare” un medioevo disneyano da parte di persone che condiscono un 2% di conoscenza con un 99% di saccenza (sì lo so la somma è 101%) . Peccato per l’abbazia.

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