La minaccia di precettare gli insegnanti oltraggia la scuola pubblica LA PREVALENZA DELLA PREPOTENZA

La minaccia di precettare gli insegnanti italiani come se fossero tranvieri milanesi o netturbini romani o minatori inglesi è un oltraggio alla scuola pubblica, una di quelle prepotenze verbali che, dicevano i vecchi rivoluzionari, “fanno alzare la febbre dei popoli”, eccitano gli animi, accendono lo scontro sociale. E infatti nessun governo in Italia è mai ricorso davvero alla precettazione dei professori, neppure nei momenti più caldi e ideologici, quelli del pensiero di piazza, dell’eternità della rivolta, del perenne corteo, della scuola antiscuola che tutti insieme abbiamo faticato a seppellire. Speriamo dunque che il presidente dell’autorità di garanzia degli scioperi Roberto Alesse, dicendo che ”lo strumento della precettazione in caso di blocco degli scrutini, sarebbe la via obbligata e doverosa” si sia solo imbrattato di zelo secchione e che gli vengano perciò tirate le orecchie da Renzi, dal ministro Giannini e persino dal sottosegretario Faraone, al quale è stata affidata la battaglia ‘culturale’ contro i nemici della buona scuola e del ‘cambio verso’,proprio a lui che ha un brillante curriculum da autodidatta. Quando l’ho conosciuto predicava “l’affezionamento” ora vuole “la desecolarizzazione”.
E’ vero che il blocco degli scrutini minacciato dai sindacati degli insegnanti è la meno elegante e la meno tranquillizzante delle proteste possibili. Ma è ancora diritto di sciopero, sia pure in una forma estrema. Non cancella infatti la valutazione finale degli studenti e neppure nega le pagelle, ma solo le rinvia di uno o due giorni al massimo. Gli scrutini del resto non avvengono nella stessa data in tutta Italia: ogni scuola ha un suo calendario. E uno sciopero, nel giorno degli scrutini, non metterebbe in ginocchio l’intero Paese e non paralizzerebbe la scuola. Per le famiglie sarebbe ovviamente un fastidio, ma non certo un dramma, anche perché l’uso del registro elettronico informa quotidianamente i genitori e la legge sulla trasparenza ha cancellato – ormai sono venti anni – il mistero del voto, l’ansia terribile dell’esito finale.
Certo, se il blocco degli scrutini diventasse uno sciopero ad oltranza allora sì che la precettazione sarebbe doverosa. Ma stiamo ipotizzando un conflitto sociale che non si è mai visto, neppure nel sessantotto quando furono inseguiti tutti gli azzardi e tutte le avventure. E difatti, già per trovare un (momentaneo) blocco degli scrutini bisogna risalire al primo quadrimestre del 1991 quando i Cobas protestarono per il mancato rinnovo del contratto. Il ministro della Pubblica Istruzione era il democristiano Gerardo Bianco, che tutti chiamavano Gerry White, uno stimato latinista che andava fiero d’essere nato nella stessa provincia di Francesco De Sanctis. Eppure anche allora si aprì sulla precettazione uno di quei dibattiti di legalità che sulla scuola sono comunque approssimativi, perché c’è sempre una legge che rimanda ad un’altra legge e un’interpretazione che ne cancella un’altra. La scuola è la palude dei cavilli, il ‘junkspace’ (lo spazio spazzatura) dei ricorsi al Tar. Persino gli esperti hanno le idee vaghe, ogni frazione sindacale segue un suo Codice e solo questo governo è riuscito a compattare tutti e a dare un senso unico alla protesta della più scoraggiata e maltrattata categoria professionale del Paese.
Purtroppo gli insegnanti italiani, che non ci stancheremo mai di difendere, ci mettono poco a mettersi dalla parte del torto, anche quando hanno ragione. E lo hanno fatto due giorni fa invitando gli studenti a non compilare i testi di italiano e di matematica (Invalsi si chiamano). Ebbene, usare gli scolari, che basta una scintilla per incendiare, è un vecchio vizio della demagogia, una scorciatoia del professore che chiede aiuto invece di darlo, manipola la rabbia generazionale dei ragazzi e li manda avanti come scudi umani. E tradisce pure la propria missione perché invitare a non onorare i test d’esame è uno sciopero dei libri, una sconfitta per il professore e non per il governo: un insegnate che insegna a non fare i compiti in classe è come un prete che spara in Chiesa, come un medico che fa ammalare i suoi pazienti.
La dialettica democratica prevede che il governo porti in Parlamento le sue ipotesi di riforma della scuola e che i professori possano scioperare, sino al blocco degli scrutini, senza essere trattati come forconi, come camionisti cileni, come forestali siciliani, come i privilegiati delle orchestre di Stato , come i vigili urbani di Roma che si ammalarono in massa alla vigilia di Capodanno, come molti dipendenti della Rai, insomma come i tanti che in Italia spacciano i propri privilegi per diritti sindacali. Non è il caso degli insegnanti che temono che il preside diventi un capetto improvvisato nel paese degli Schettino con il potere (clientelare?) di assumere docenti per cooptazione e di premiare il merito e punire il demerito distribuendo danaro senza avere mai studiato management e gestione di impresa. Anche le piccole mance previste dalla riforma sono controverse perché introducono una classifica pubblica di qualità tra gli insegnanti di una stessa scuola. Ci sarebbero dunque sezioni benedette dal certificato di eccellenza e sezioni dannate dal certificato di fannulloneria. E’ ovvio che i mai premiati finirebbero per diventare i reietti, nessuno vorrebbe frequentare le loro classi, e in ogni scuola ci sarebbe una bad company per straccioni. Non esistono ospedali pubblici dove i medici più bravi sono pagati di più, non ci sono magistrati che per merito ricevono gratifiche individuali. Certo, ci sono dei passaparola, c’è la fama, c’è il credito sociale, ma non c’è il danaro che divide. Anche in Consiglio dei ministri i più bravi non guadagnano di più, neppure quei geni della ministra Giannini e del sottosegretario Faraone.

11 thoughts on “La minaccia di precettare gli insegnanti oltraggia la scuola pubblica LA PREVALENZA DELLA PREPOTENZA

  1. Carmelo catalano

    Un articolo molto bello.

    Denuncia la debolezza di chi usa gli scolari e passa dalla parte del torto anche quando ha ragione.

    Denuncia la stupidità di chi pensa di poter distribuire agli insegnanti miserabili mance in funzione di un supposto merito senza valutarne le gravi conseguenze.

    Stupendo il confronto con il consiglio dei ministri.

    Un articolo scritto da un professionista che conosce le dinamiche della scuola.

    Grazie.

  2. Uri Breit

    Il blocco degli scrutini,da come lo capisco io,potrebbe durare indefinitamente.Non comporterebbe una astensione dal lavoro non retribuita ma il non compiere certe mansioni stando presenti sul lavoro.Cose da CUB degli anni 60.
    La autorità di garanzia non può farsi tirare le orecchie dal governo in quAnto dovrebbe essere autonoma.ppConcordo sul resto è complimenti per il suo lavoro.

  3. Nunzio Cassarino

    Molto accurata l’analisi sui “dibattiti della legalità” e eccellente il confronto con altre categorie di veri “intoccabili”: medici, magistrati, ministri e politici. Grazie

  4. Massimiliano

    Condivido l’analisi sulla precettazione su cui il Premier ha già frenato. Dura la critica ai cattivi maestri che usano gli scolari per meglio spacciare i propri privilegi per diritti sindacali. Quanto ai reietti insegnanti ultimi della classe credo che, tranne nel caso di conclamati incapaci, assenteisti, ed impreparati (da licenziare finanche), potranno essere ricollocati in altri settori della P.A. accertato di non avere un profilo professionale adatto all’insegnamento, magari scoprendo di poter eccellere in altro impiego: e mobilità sia!

  5. Giannetto

    L’autore dell’articolo parla della scuola senza avere la minima idea di come essa funzioni. Aver visto la scuola da studente non è sufficiente per poter entrare nel merito di un meccanismo assai complesso. Bloccare gli scrutini per uno o due giorni non equivale ad un semplice rinvio di uno o due giorni del giudizio sull’anno scolastico. Il blocco, anche di un solo giorno, farebbe saltare un calendario complesso di operazioni che si incastrano con l’appuntamento fisso degli esami di Stato.
    Prendo atto che per l’ottimo Francesco Merlo, i docenti migliori devono essere retribuiti come gli incapaci e i fannulloni e che porsi l’obiettivo di adottare un serio criterio di valutazione del merito sia del tutto sbagliato.
    Le battute ad effetto che l’articolo contiene possono procurare qualche applauso, ma non aiutano certo a capire i nodi del problema.

  6. Lorenzo Catania

    Un dibattito fuorviante, quello sulla buona scuola di Matteo Renzi. Nelle poche righe che seguono spiego perché. Nelle interviste agli insegnanti e poi all’interno dei servizi televisivi e degli articoli dei giornali, impegnati a dare conto del dibattito suscitato dalla riforma del sistema di istruzione del governo Renzi, poco o nulla ho sentito dire e letto sulla disaffezione verso la scuola che un numero sempre crescente di studenti manifesta. Eppure il non senso e la noia sembrano essere diventati l’esperienza prevalente e quotidiana di una parte considerevole di milioni di studenti. Stare a scuola ha sempre meno senso per i ragazzi: di qui depressione, senso di fallimento, abbandono precoce, aggressività, bullismo, burn out dei docenti. A molti giovani la scuola appare un microcosmo chiuso che ha poco a che fare con la loro vita, mentre la condizione degli insegnanti è sempre più ridotta a quella di un proletariato intellettuale senza prestigio sociale. Decontestualizzato dalla grave situazione in cui versa la scuola italiana e dalla bassa qualità morale della nostra classe politica e della società civile, l’acceso dibattito intorno alla figura del Preside manager che, come per incanto, dovrebbe permettere alla scuola italiana di essere in grado di reggere le sfide del mutamento antropologico delle nuove generazioni, dell’economia e della conoscenza, così come la questione della valutazione degli insegnanti, risultano fuorvianti. Per cominciare a costruire una buona scuola è necessario anzitutto che le famiglie funzionino come luoghi dell’educazione. Bisogna avviare inoltre una vera politica di investimenti perché scuola di massa e scuola di qualità non siano più un ossimoro. Altrimenti una valutazione degli insegnanti (ma anche degli studenti e dei dirigenti scolastici) non può esprimere alcuna verità.
    Lorenzo

  7. Carla

    La seguo da tempo ed ho spesso apprezzato molto le sue riflessioni, specie sulle questioni di rilievo costituzionale. Condivido quanto espresso nel commento precedente da Lorenzo. Ed invece non condivido la parte in cui lei afferma che sarebbe scorretto coinvolgere gli alunni nelle battaglie promosse dai docenti. Credo che NELLA SOCIETA’ ci sia UNA TRAMA DI FILI CHE UNISCE TUTTI I SUOI COMPONENTI. E SE COINVOLGERE GLI ALUNNI SIGNIFICA LEGGERE LORO L’ART. 33 DELLA COSTITUZIONE PER CONFRONTARLO CON ARTICOLI DEL DDL 2994, ALLORA IO LI HO COINVOLTI. Quanto agli insegnanti che “invitano a non svolgere i test Invalsi”, mi permetto d’invitare Lei a non raccogliere la falsa certezza che molti presidi hanno mostrato recentemente verso i docenti delle loro scuole, nell’errata convinzione che gli studenti siano così facilmente influenzabili. Le assicuro che nella stragranda maggioranza dei casi essi sono, MOLTO più di noi docenti, assidui frequentatori dei social su cui è scoppiata la LORO protesta, MOLTO prima della nostra; inoltre sono bravissimi a studiare noi: riconoscono lontano un miglio chi vuole manipolarli, cosa questa che sì, subito, accende, o incendia se preferisce, il loro spirito di contraddizione, inevitabilmente legato all’età e alla disparità di ruolo, generazione, competenza, quand’anche non di genere.
    Mi colpisce sempre più ultimamente la diffusa convinzione che chiunque possa parlare di scuola, anche su questioni complesse come la valutazione, solo per il fatto di essere stati studenti, magari molto tempo fa. Addirittura mi è capitato di acoltare il procuratore antimafia Gratteri che si è ritenuto in grado di esprimere tranquillamente il proprio parere al riguardo, mentre ha dichiarato di non avere elementi di giudizio sulle liste “inquinate” dalla criminalità mafiosa in Campania.
    https://soundcloud.com/quelli-chevengono/tgzero-pod-2015-05-12
    Non entro nel merito dei contenuti del ddl-scuola che ho letto e riletto più volte, nel tentativo, scevro da pregiudizi, di cercarvi qualche dato positivo che non ho trovato.
    La ringrazio quindi di tenere desta l’attenzione sul più grave attacco alla scuola pubblica che io ricordi, e li ricordo tutti, da quando nel 1986 ho iniziato a fare un mestiere che, se pur faticosissimo misconosciuto e vilipeso, resta e resterà per me il più bello del mondo, nonostante la “pessima scuola” che verrà, per l’abitudine mia a praticare sempre il “dovere del senso”, prima ancora del “senso del dovere”.

  8. Andrea

    Non mi meraviglio della stragrande maggioranza dei lettori che spesso non hanno la possibilità di accedere alla documentazione relativa (anche se oggi con la rete è difficilmente giustificabile). Ma non posso credere che anche Lei difenda a spada tratta dei Test il cui uso e scopo è ormai risaputo, senza supportare questa posizione con adeguate argomentazioni didattiche e scientifiche. Che un inclita qualsiasi gridi al “merito” senza capir bene cosa esso significhi e senza conoscere la differenza tra “umanista” e “umanistica” come il meritevole boy scout, passi… Ma che Lei non conosca il livello del dibattito che c’è non dico in Italia (magari non ritiene meritevoli Salvatore Settis o Luciano Canfora), ma in tutto il mondo anglosassone (specie negli U.S.A., almeno da parte di chi prima ha lavorato per anni a questa imposizione, vedi Diane Ravicth, The death and the life of the great american school system. How testing and choice are undermining education, Basic Book, New York, 2010 ) mi stupisce. Che Lei (con tutta la stampa mainstream) consideri gli studenti dei poveri allocchi che eseguono gli ordini di qualche militante sindacale di base, mi spaventa. Peccato.

  9. Andrea

    Dimenticavo di aggiungere che i Test, purtroppo, non hanno proprio niente a che fare con i “libri”, quelli veri. Le faccio il mio esempio: insegno in una terza media, INVALSI obbligatorio all’esame con valutazione da anni. Anche quest’anno ho dovuto rinunciare ad adottare un libro di “narrativa” che avrei scelto tra Levi, Rigoni Stern, Calvino o altri, per far acquistare un insulso libretto di test simulati (comprensivo di errori) al solo scopo di far “esercitare” i ragazzi. Capisce? A questo ci hanno ridotto.

  10. DAMIANI FRANCESCO

    Sono due frasi estrapolate dall’articolo, peraltro a parer mio tutt’altro che indimenticabile se viene da una penna come Merlo, ma continua l’ironia stupida su Davide Faraone, che non è “Dottore” solo per qualche materia. Fatevelo dire, se una persona come me lo conosce da quasi vent’anni.

  11. setras

    Faraone non lo conosce nessuno
    Ringrazi un Mago della penna come Merlo che lo cita
    Tutta pubblicità a gratis
    Il maestro insegna,lo studente studia
    Chi esce dal ruolo sono gli stessi che poi passa dalle molotov al parlamento
    Gentaglia

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