Spacciata per comunista è la canzone della Liberazione e della Repubblica TUTTO IL MONDO, MA NON L’ITALIA, CANTA IN PIAZZA BELLA CIAO

E’ un contagio che si diffonde senza radio e senza Ipod, ricorda l’epoca euforica degli anni Sessanta: “Bella ciao” come i Beatles, il vecchio canto della libertà italiana come la musica dei progetti, delle illusioni e degli azzardi, il nostro fiore di montagna contro il terrorismo in Europa, contro la mortificazione delle donne in Turchia, contro la violenza del regime comunista di Pechino. Solo in Italia ‘Bella Ciao’ è all’indice, confusa con Bandiera rossa e l’Internazionale, e mai cantata, come si dovrebbe, con l’alzabandiera del 25 aprile, ma trattata come un inno comunista, degradata da canto laico della liberazione e della concordia repubblicana a ballata dei trinariciuti, a manifesto del Soviet italiano.
E invece a Parigi l’emozione di ‘Bella Ciao’ è la resistenza della libertà d’espressione alla barbarie dei kalashnikov, ad Atene accompagna l’utopia populista di Tsipras, a Hong Kong scandisce l’opposizione alla Cina comunista, a Istanbul canta la rivolta contro l’Islam autoritario di Erdogan. Nel mondo, la canzone della Resistenza ha fatto la sua resistenza, e ha vinto, anche contro se stessa. E’infatti evasa dalla gabbia del braccio armato e del pugno chiuso con la forza della melodia tradizionale, con quelle due parole “ciao” e “bella” che sono le password della nostra identità, con i timbri e i toni che sono il meglio della leggerezza di Sanremo, con la dolce malinconia del bel fiore sulla tomba, e ovviamente con il partigiano morto per la libertà e non per “la rossa primavera “ della falce e martello e neppure per il sol dell’avvenire della filosofia classica tedesca.
Insomma “Bella ciao” ce l’ha fatta a riaccendere le emozioni originarie che la resero colonna sonora della guerra partigiana al nazifascismo, quando fu preferita a ‘Fischia il vento’, proprio perché, “era più ecumenica”. E la sua storia e la sua memoria “la accreditano come la canzone che unifica le speranze e le attese della democrazia” ha scritto Stefano Pivato in “Bella ciao. Canto e politica nella storia d’Italia” (Laterza, 2005). Fu insomma la canzone delle forze politiche costituenti, tutte laburiste antifasciste e repubblicane, anche se in modi diversi e tra loro conflittuali, ma tutte “Bella ciao”: un fiore di montagna come educazione civica.
E per capire che è tornata ad essere un inno internazionale di libertà basta rivedere su repubblica.it tutte quelle labbra che a Parigi scandiscono “ una mattina / mi son svegliato / e ho trovato l’invasor”. Nessun professore comunista li dirige, nessun libro marxista li ispira quando fondono “Bella ciao” e la Marsigliese dondolando e mixando “sotto l’ombra di un bel fior” con gli evviva alla memoria degli artisti di ‘Charlie Hebdo’, e senza mai andare né fuori tempo né fuori moda. Ed è emozionante la compostezza del coro un po’ stonato di Istanbul con tutti quei turchi che battono il tempo con le mani: “E se io muoio / da partigiano / tu mi devi seppellir” diventa resistenza al martirio di Kobane, agli arresti dei giornalisti, all’oscurantismo religioso.
Certo, la storia di ‘Bella ciao’ era già una specie di leggenda. Agli inizi del Novecento fu il canto delle mondine nelle umide risaie attossicate: “Oh mamma che tormento / io mi sento di morir”. E ci sarebbe persino una versione Yiddish incisa a New York nel 1919. Mille ricerche sono state fatte sul giro del mondo di questa canzone che è stata folk, ebrea, swing ed è stata tradotta in tutte le lingue del mondo. Ma, come accade talvolta in filologia, le ricerche riportano sempre al punto di partenza: Reggio Emilia, 1940. Nella geografia della memoria ‘Bella ciao’ è infatti il luogo della Resistenza condivisa, il ritmo della lotta antifascista che fu comunista, cattolica e azionista, come la Costituzione.
Ed è, ‘Bella ciao’, come “la ballatetta” di Guido Cavalcanti, che “va leggera e piana” e “porterà novelle di sospiri … quando uscirà dal core “. Il dolce stil novo sapeva già, prima del pop, che la canzonetta è una febbre musicale, e come l’acqua fresca sembra niente ma è tutto, e se c’è nebbia fa vedere il sole, e dà coraggio a chi ha paura. E, infatti, fischiettata o cantata in coro, ‘Bella ciao’ ha sconfitto quell’altra Bella Ciao, spacciata per eversione e per rivoluzione. Insomma il fiore del partigiano fu, a torto, classificato, non come uno dei pochi canti della democrazia , ma come politica cantata, accanto agli inni del movimento operaio, “Su fratelli su compagni / su venite in fitta schiera”, e alle canzoni dolenti degli anarchici, “Addio Lugano bella / o dolce terra mia “, e all’orrendo inno che la Dc fece suo: “O bianco fiore / simbolo d’amore / con te la pace / che sospira il core”. I comunisti risposero: “Il 25 aprile / è nata una puttana / e le hanno messo nome / Democrazia cristiana”.
Ecco, ‘Bella ciao’ è un’altra storia, e sembrava che lo avessero capito tutti. La cantarono infatti Claudio Villa e Yves Montand, Gigliola Cinquetti, Francesco De Gregori e Giorgio Gaber, canzone impegnata e canzone scanzonata. Finché i leghisti al governo di alcune città del Nord (Treviso, Pordenone …) proibirono di suonarla il 25 aprile. E Berlusconi, più potente, tentò di abolire la festa della liberazione dal nazifascismo sostituendola con la festa della liberazione da tutte le dittature. E gli pareva che “Forza Italia/ perché siamo tantissimi” fosse più nazionalpopolare di “È questo il fiore / del partigiano / morto per la libertà”.
Le ha proprio viste tutte, la nostra ‘Bella ciao’. E’ stata persino stonata in tv da Michele Santoro dopo l’editto bulgaro che lo cacciava dalla Rai con Biagi e Luttazzi. In quell’Italia pazza la solita serva Rai arrivò persino al tentativo di festeggiare i 150 anni dell’Unità suonando a Sanremo sia “Bella ciao” sia ‘Giovinezza’, e di nuovo la canzone della repubblica fu spacciata per inno comunista attraverso il gioco della somiglianza- contrapposizione con l’apologia del fascismo, suonata per par condicio … Ebbene ‘Bella ciao’ ha superato anche quell’oltraggio. E adesso che ha conquistato il mondo, forse riconquisterà l’Italia.

11 thoughts on “Spacciata per comunista è la canzone della Liberazione e della Repubblica TUTTO IL MONDO, MA NON L’ITALIA, CANTA IN PIAZZA BELLA CIAO

  1. Matteo

    Egr. Merlo,
    desidero ringraziarla per questo foglio infilato sotto la porta della nostra coscienza personale e nazionale. L’ho letto con quel misto di gioia e dolore che sempre accompagna la nostra introspezione. Felicita’ perche’ continuiamo a cantarla in famiglia. Dolente perche’ abbiamo lasciato, tra ingnavia e diserzione, che quelle parole giungessero a noi solo da lontano, da Atene o Parigi. Grazie
    Matteo

  2. MAURZIO GARZARELLI

    IERI SERA , DURANTE UNO DEI TANTI TG, HO ASCOLTATO LA CANZONE “BELLA CIAO” DALLA GRECIA. HO DETTO A MIA MOGLIE : PENSA LA CANTANO ALL’ESTERO E DA NOI NON SI SENTE QUASI PIU’!!! OGGI SABATO 24 LEGGO IL SUO ARTICOLO SU REPUBBLICA!!!! GRAZIE SIG. MERLO DI AVERCELA RICORDATA NEL SUO PIU’ PREZIOSO SIGNIFICATO.
    PER LA CRONACA, ALLA LETTURA DEL SUO ARTICOLO MI SONO ANCHE COMMOSSO . GRAZIE ANCORA!!!!!
    UN SUO AFFEZIONATISSIMO LETTORE.

  3. angelo

    mi sono commosso nell’ascoltare questo stupendo canto di libertà contro tutte le oppressioni del mondo .Mi fa piacere che a Parigi,ad Atene,a Istanbul ed in tutto il mondo è conosciuto e cantato.Ho pensato a mio zio
    morto a 33 anni ,giovane tenente medico dell’esercito italiano ,fatto prigioniero e morto di stenti in un
    campo di prigionia tedesco nel 1944.Non lo dimenticherò mai!!!!

  4. Silvia

    Grazie Francesco. Grazie per riuscire a scrivere in modo cosi preciso e travolgente, poetico e scarsamente retorico come di questi tempi pare vestirsi la scrittura giornalistica.

  5. Angelo Libranti

    Mi dispiace disilludere le lacrime dei commentatori che mi hanno preceduto; amor di verità mi induce a scrivere che si tratta di un grosso equivoco.
    Bella Ciao non ha nulla a che fare con i partigiani e con la resistenza, non quella dello scaldabagno, naturalmente, ma quel movimento che unì giovani e meno giovani fra comunisti, monarchici, ex fascisti, militari sbandati, assassini e ladri infiltrati, ma anche gente che aveva l’amor di Patria nel cuore e sacrificò la vita per il suo ideale.
    Non risulta da nessuna documentazione che questo antico canto delle mondine sia stato cantato, fra il 1943 e il 1945, durante l’avanzata delle Forze Alleate e la ritirata dei nazisti.
    Bella ciao con altre parole (non quelle delle fatiche nelle risaie) inizìò la sua parabola fortunata durante le prime feste dell’Unità dopo la fine della guerra, cantata in coro da giovani universitari, che ne avevano riscritto il testo.
    Poi la gradevolezza del motivo e gli alati versi patriottici l’hanno reso popolare, ora in tutto il mondo.
    Questa è la verità storica.

  6. Marco Russo

    Carissimo “manifesto”,
    secondo il giornalista di Repubblica Francesco Merlo (TUTTO IL MONDO, ITALIA ESCLUSA, CANTA IN PIAZZA “BELLA CIAO”, prima pagina di sabato 24 gennaio u. s.) , solo noi italiani non avremmo mai davvero compreso il senso profondamente ecumenico della celeberrima canzone resistenziale, strumentalizzata, da un lato, dalla tradizione comunista, che se ne sarebbe ingiustamente appropriata, e, dall’altro, da chi aveva (e, aggiungo, ha) tutto l’interesse a screditarla alla luce della falsa equazione Resistenza=comunismo. Mi sento di avanzare qualche obiezione. La lotta di Liberazione dal nazifascismo produsse in Italia una messe sterminata di canti come nessun altro paese europeo fu allora in grado di fare. La loro matrice popolare, frutto spesso dell’attualizzazione e dell’adattamento di canti di lavoro, e lo strumento di diffusione orale (anche dell’impianto melodico) si reggevano su una struttura semplice e facilmente memorizzabile, in primo luogo dal punto di vista lessicale. Da qui a dire che la celebre canzone conserva tutta la sua forza comunicativa perché riprodurrebbe, come sostiene Merlo, “i timbri e i toni che sono il meglio della leggerezza di Sanremo” o, peggio, perché le parole “ciao” e “bella” costituirebbero “la password (sic) della nostra identità”, ce ne passa, e non poco. Quanto alla distinzione tra canzone politica (forse Merlo vuol dire partitica…) e canzone di democrazia, la differenza mi sfugge. Continuo a pensare che niente sia più politico che inneggiare al riscatto di un popolo dall’oppressione, dall’autoritarismo e dalla soppressione della libertà (che è esattamente la ragione del gradimento planetario di cui gode la canzone), e se in Italia questo movimento poté beneficiare del contributo non proprio minoritario delle forze socialiste e comuniste (non “laburiste”, come con termine peloso e chic le definisce Merlo), tutto ciò è un fatto. A lasciare però ancor più perplessi, tanto da rasentare la surrealtà, è la parte conclusiva dell’articolo. Lì si afferma che sull’esempio di Istanbul e Hong Kong, su quello di Parigi, dove “Bella ciao” ha suggellato il ricordo commosso del vignettista di “Charlie” Tignous, o su quello di Atene, dove ha chiuso la campagna elettorale di Syriza, la nostra canzone, “adesso che ha conquistato il mondo, forse riconquisterà l’Italia”. Considerata l’attuale situazione politica di questo Paese, dove la Costituzione antifascista nata dalla Resistenza viene quotidianamente pugnalata da un governo di cui è ormai parte organica il partito di un pregiudicato che voleva cancellare la data del 25 aprile dal nostro calendario (come peraltro ricorda lo stesso Merlo), non credo valga la pena spiegare che si tratta di un’affermazione semplicemente grottesca. Merlo si rassegni. Come testimoniano le ultime parole del suo articolo, l’Italia è il paese delle canzonette.
    Marco Russo. Sorrento

    1. Aldo

      Grazie. Sono commosso. Per fortuna esistono ancora persone quali lei, uomini veri. Le porgo il mio affetto, oltre al saluto, nella forma massima che lei merita. Son figlio di un partigiano, di isopirazione anarchica, maturata durante la guerra. Son orgoglioso di lui per le idee e l’onestà ispiratemi. Leggere le sue parole, in un contesto di viltà, pressapochismi, alterazioni più o meno profonde e volute, dei fatti occorsi, nel loro significato di massimo rilievo umano, è liberatorio dal citato contesto. La fortuna di avere un altro padre spirituale quale lei si presenta, che parla in modo chiaro e con debita conoscenza, è mirabile. Stia bene e viva a lungo, sì da poterci a lungo aiutare a mantenere meglio la rotta.

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