La candidatura di Roma per il 2024 OLIMPIADI PER NON MORIRE

Le Olimpiadi per non morire. Sembrerebbe, questa candidatura ai giochi del 2024, l’ultima cosa da fare. E invece è la prima. E non per la vanagloria dell’Italia dei carini con la retorica del made in Italy esibita ieri da Giovanni Malagò, tedoforo dell’ opacissima trasparenza del Coni. Né si può fingere, come ha fatto il sindaco Marino, che Roma “città per bene” non somigli a Buzzi e Carminati e sia solo vittima e non anche complice, forse persino peggiore di loro.
Il punto è che quando tocchi il fondo solo il superfluo trascina il necessario. E Roma, che da sola non ce la fa, ha bisogno delle Olimpiadi per rinascere o fallire. E il 2024, che non è poi così lontano, può diventare il nuovo Giubileo, il piccolo Big Bang della città smarrita che si ritrova nell’ universo dello sport.
Sconvolgendo, per cominciare, l’arretratezza del sistema viario e il degrado del manto stradale, Roma può diventare più Roma, perché le Olimpiadi accelerano e parificano, e puliscono pure le strade. E anche con i bilanci in rosso sarebbero comunque ricchezza, risorse, opportunità, nuovi posti di lavoro, il riscatto di una città che è la grande bellezza svillaneggiata dal mondo perché “la corruzione a Roma – ha scritto il New York Times –solleva nuove domande circa la capacità dell’Italia di riformarsi”. E le Monde ha parlato di una grande piovra nera. Insomma Carminati e Buzzi degradano a suburra non una città ma il cuore dell’Italia, il suo essere Universo senza frontiere e in perenne esposizione. E qui si capisce bene che se l’Expo ‘espone’ Milano nel senso che la mette a rischio perché nella lingua italiana ‘esposizione’ è anche il conto bancario scoperto, ed ‘esposto’ è l’avvio di un’azione giudiziaria, le Olimpiadi di Roma esporrebbero l’intero paese, la macchina della nuova Italia, lo Stato, il governo Renzi che, per la prima volta, si misurerebbe con la concretezza di un ottimismo sinora soltanto declamato. Il “cambia verso” qui diventerebbe cantieri, treni e navette, ex mercati da trasformare in stadi, il ripristino dell’Accademia della scherma di Luigi Moretti e di tutto il Foro Italico che sarebbe un magnifico parco olimpico, del Velodromo, della città dello sport mai finita con le piscine di Calatrava, qualche nuovo Palazzetto, edifici in disuso da far diventare arene, ex cinema da riadattare … Non affari per i soliti costruttori-corruttori, per la canea avida degli speculatori e palazzinari romani che non appena ieri Renzi e Marino e Malagò hanno pronunziato la parola Olimpiadi si sono leccati i baffi di cemento, ma “la svolta buona” della grazia e della sapienza edificatoria combinata con l’intelligenza urbana e sorretta dall’interesse economico lecito. Insomma, un’operazione laica, simbolica e keynesiana, la fine di un lungo ciclo di handicap, come avvenne nel 1960 nella Roma del miracolo economico; a Barcellona che smise di essere provincia; a Torino, che i giochi invernali restituirono alla cultura e all’eleganza; a Tokio che nel’ 64 divenne metropoli globale, a Sydney che si trasformò in capitale dell’energia ambientalista, e persino a Monaco che nel ‘72, nonostante la strage del Settembre nero, si fece vetrina della nuova economia bavarese.
Certo, ci sono anche città che non ce l’hanno fatta e cito per tutte Atene, il cui default cominciò con i cinque cerchi. Tanto più che a Roma qualsiasi investimento oggi corre il rischio della mafia. Ma forse, contro la mafia, non bisognerà più investire a Roma? Dobbiamo abbandonare la capitale d’Italia? E non sarebbe, il rinunciare al progresso e allo sviluppo per paura della mafia, la maniera più vile di arrendersi alla mafia?
Per alcuni la mafia cresce nella povertà e nel sottosviluppo, per altri nella ricchezza e nello sviluppo, ma dovunque si combatte con polizia e magistratura, con la dura pazienza della politica, con l’eroismo dell’impegno quotidiano, con il rischio d’impresa che è fatto di innovazione e perciò anche di Olimpiadi.
Una scossa tellurica per ricominciare, dunque; per guardarsi allo specchio, farsi il chek up e progettare il proprio futuro in competizione, pensate, anche con Parigi, che ha posto la candidatura dopo che le Monde aveva chiesto ai francesi se fosse meglio “l’Expo del 2020 o le Olimpiadi del 2024 per uscire dalla crisi e togliersi di dosso il pessimismo” .
Più scaltro Marino vuole togliersi di dosso er cecato e sfilarsi dal mondo di mezzo. E c’è il rischio che Renzi creda di cavarsela con l’ennesimo annuncio. Tanto il 2024 è lontano. E invece bisognerebbe riuscirci davvero a gareggiare , in trasparenza , con il resto del mondo. E sarebbe fantastico che partendo in coda vincessimo l’eterno derby perché “le palle di nuovo gli girino” a loro che soffrono dell’antichissimo “complesso di Vercingetorige”, il gallo che già una volta le buscò.

One thought on “La candidatura di Roma per il 2024 OLIMPIADI PER NON MORIRE

  1. Paola PULCINI

    Messere, seguo i Vostri magistrali scritti cum reverentiale interesse et continuità stupendomi, ogni volta della Vostra capacità di estrinsecare quello che il lettore moderatamente illetterato sente solo a livello istintivo (insomma ce manca la parolina).
    Stavolta, messere, è sicuro che non sarebbe meglio che Roma ( e l’Italia) tengano un profilo mooolto più basso per (almeno) i prossimi 50 anni? Non so se è più agghiacciante l’idea che riprendano a costruire su ogni metro quadro o si limitino a incerottare le magagne con (immagino) l’effetto che fa la cipria sulle rughe di una vecchia di tor di quintiana memoria…

    Non tanto per paura della spartizione dei soldi e degli appalti quanto per un auspicabile rispetto del territorio (e se ripigliano a edificare ovunque ci sia un metro quadro di terreno ?). E

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