L’oro di Mosca ai nazionalisti d’Europa LA LEGA DI SALVINI SEDOTTA DALL’AQUILA BICIPITE DI ZAR PUTIN

I rubli di Mosca, che furono l’oro dei comunisti, adesso vanno ai ‘fascisti’: 9 milioni di euro a Marine Le Pen. “La invidio profondamente “ ha detto ieri Matteo Salvini a Giovanni Minoli a Radio 24. E “Putin è il nostro leader “ mi conferma ora Lorenzo Fontana che portò Salvini in Russia e ha fatto da ponte tra lui e Marine Le Pen, che il finanziamento della First Czech Russian Bank ha trasformato in una cassaforte della Destra europea. Nel giugno scorso Fontana era in Austria a rappresentare gli italiani della Lega “al ‘congresso di Vienna’ degli Identitari” . Fu lì che questa stramba Internazionale Nazionalista proclamò Putin “leader della Restaurazione dell’Ancien Régime”. L’aquila bicipite dunque, ma sullo sfondo tricolore: l’Imperium russo “che rispetta le identità e le differenze” contro il Dominium americano “che le cancella perché le omologa”.
A Vienna, racconta Fontana con accenti epici “c’erano gli austriaci, gli ungheresi, i bulgari, i francesi, gli olandesi e tanti russi ovviamente a capotavola: Komov, Zubarev, Serghej Neverov…” . Alle orecchie di chi ha vissuto gli anni dell’hotel Lux questi nomi suonano come un vilipendio della Storia, la parodia della tragedia del Novecento: “Capisco la suggestione che fa ridere pure me e farebbe inorridire mio padre se fosse ancora in vita. E però la Russia di Putin non sarà la Grande Madre, ma è la sola potenza che si oppone alla mondializzazione, alla sparizione delle patrie, allo strapotere degli Stati Uniti” e, aggiungo io,ai valori liberali e democratici.”E le sembra democratica l’Europa delle multinazionali e della finanza?”.
Raccontandomi come sta organizzando gli incontri tra imprenditori italiani e russi, Fontana mi spiega adesso la base economica dei nuovi successi della Lega e su questo punto è convincente: “ Valutiamo non meno di un miliardo il costo di questo scellerato embargo. E’ il primo embargo della storia che colpisce più i Paesi che pongono il divieto di vendere merci e meno il Paese che non può più acquistarle. E’ per esempio incalcolabile il danno arrecato ai produttori italiani di ortofrutta , dai pomodori di Pachino alle mele del Trentino. I russi si arrangiano perché comprano dalla Turchia e dalla Polonia. Ma le nostre merci ingombrano il mercato europeo e fanno per giunta abbassare i prezzi. Pensi alla fatica che avevamo fatto per espandere il mercato del grana padano. E così per le scarpe marchigiane, e per i mobili della Lombardia …”
A 34 anni, Fontana, capogruppo a Bruxelles, una laurea in Scienze politiche e a quattro materie da un’altra laurea in Storia (“sto studiando Teodosio e i bizantini e mi sembra che siamo ancora fermi lì”) non è solo il Kissinger di Salvini, è anche l’amico consigliere che l’ha convinto a traghettare la Lega dalla secessione alla nazione, dalla Padania all’Italia: “Per due anni abbiamo abitato insieme in Rue Wiertz, a due passi dal Parlamento. E’ lì che abbiamo cominciato a passeggiare e a parlare delle identità perdute delle città del mondo. In quelle nostre serate per le strade di Bruxelles e poi a casa invece di dormire è nata la battaglia contro la globalizzazione e l’egemonia americana, l’idea forte che non è più tempo di destra contro sinistra ma che il nuovo antagonismo è tra Identità e Omologazione, tra Patria e Mondo”. Fontana rievoca questa scapigliatura postbossiana di Bruxelles dove, dice, “qualche minaccia l’abbiamo pure ricevuta e neppure tanto velata”. Ma non è solo comicità immaginare Salvini e Fontana viandanti trasgressivi e maltrattati sulla Grande Place, Dennis Hopper e Peter Fonda in un Easy Rider al contrario, razzisti sì ma figli del pensiero peripatetico che sempre ha animato la civiltà occidentale e sempre ha comportato rischi fisici oltre agli azzardi intellettuali che qui arrivano a uno strambo fascismo russo-franco-padano . Fontana ammette che i nazionalisti d’Europa sono tutti di destra. E alcuni sono fascisti, gli dico: “E’ vero, ma non importa, perché è lo schema che non funziona più”.
E torna a parlare di Vienna come mito di fondazione, racconta di quel Congresso “dove tra i russi c’erano professori universitari, studiosi di religione, poeti, scrittori…”. La Russia che descrive è allo stesso tempo Atene e Sparta, l’aquila zarista dell’ordine e della disciplina, perché “anche noi della Lega siamo un po’ ‘machi’”, e l’Umanesimo di Guerra e Pace, il Cristianesimo di Tolstoj con il crocifisso sul letto. Vorrebbe imparare anche la lingua di Putin: “Parlo inglese e spagnolo, capisco il francese, sto studiando il tedesco, ma vorrei dominarle tutte, anche il cinese, l’arabo e il russo che è la lingua più bella e più antica d’Europa”. Con Salvini ha in progetto di fondare le scuole della Lega, anche di lingua russa, di politica, di filosofia: “Il nostro modello è quello delle Frattocchie” ,che è il lavoro politico, “la coscienza di popolo al posto della coscienza di classe , le cellule, le sedi sempre aperte, il controllo del territorio”.
E’ un misto fritto di fascio e di Pci, di vecchia Lega e di ruralità antiglobal alla Bové. Fontana e Salvini sabato prossimo andranno a Lione al congresso del Front National. A Bruxelles non abitano più insieme “perché io mi sono sposato”. Con chi? “E’ italiana, una funzionaria del Parlamento. Si chiama Emilia, un nome che ci ha portato fortuna elettorale. E’ intelligente e fa pure bene da magiare, come sa Matteo. Non si occupa di politica, ma adesso che la Lega Nord diventa Lega dei popoli e sbarca a Napoli, che è la sua città, magari voterà per noi, chissà”.
La signora Emilia ha minacciato di buttare via “tutti quei libri che porto a casa”. La cultura è il nuovo territorio della Lega :”Dobbiamo insegnare ai ragazzi che c’è un’altra Europa possibile”. Quel Vecchio Continente che loro, i nazionalisti o sovranisti o identitari hanno rifatto a Vienna: “E’ giusto chiamarlo “Congresso di Vienna”. Lo abbiamo infatti organizzato nei giorni del bicentenario con lo scopo di ridisegnare la mappa dell’Eurasia, anche culturalmente. E Putin è leader anche perché la sua bandiera è quella dei valori tradizionali, la religione cristiana come civiltà, la famiglia, le patrie, il sangue, la terra madre …”.
Per ricordare che la Russia di Putin è il nuovo feroce imperialismo del XXI secolo evoco la Georgia, la Crimea, l’Ucraina di Donetsk, e ripropongo le frasi di Bossi “a favore della lotta dei popoli oppressi”. Questa, per esempio: “I nostri fratelli ceceni hanno bisogno dei fucili padani”. Già, “ma è capitato a Bossi di sbagliarsi”. E per dimostrarmi che “ anche lui, come tutti i padri fondatori, è ormai un pozzo da cui tutti possono attingere qualunque cosa”, mi contrappone al Bossi filo-ceceno quello filo-serbo che nel 1999 andò a Belgrado, come già aveva fatto Cossutta, a stringere la mano a Milosevic “che chiamava ‘il patriota’”. E invece i profughi serbi e albanesi erano per lui “straccioni e scalzacani”. Fontana va ancora fiero di quel Bossi che fu solidale con uno dei più orrendi massacri della storia: “A parte il linguaggio, ero assolutamente d’accordo con lui”. E “ora Putin sarà pure imperiale, ma lo è meno degli Usa e della Cina”. E in questo nuovo delirio ci sarebbe pure quella differenza cui accennavo prima tra Dominium che “ci rende tutti uguali come sono le fotocopie” e Imperium “che si fonda invece sulla forza dei diversi” come sostengono quelli di ‘Génération Identitaire’, la lettera lambda per bandiera, fascistizzanti anche nei simboli, divise gialle, teste rasate, tolkieniani, il Sacro Graal,Excalibur, lotta greco romana e pugilato. Hanno figliato a Padova. Erano uno dei vivai del Front National e ora lo sono pure della Lega: “Siamo la generazione abbandonata dai propri Dei. /Siamo la generazione in cerca della propria stella./Siamo la generazione che ha ritrovato la propria terra./ Siamo la generazione che ha puntato i piedi su di essa”.

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