/ A pranzo con… GIULIANO PISAPIA / LA RABBIA DEL SINDACO MITE NELL’ITALIA DEI SINDACI MATTOIDI Ora Milano apetta l’Expo come Napoli il sangue di San gennaro

DA GQ del settembre 2014
Milano aspetta l’Expo come Napoli il sangue di San Gennaro? “E’ una grande opportunità che ‘espone’ soprattutto Milano, anche nel senso che la mette a rischio”. Non sempre le città ce l’hanno fatta: per Siviglia fu un disastro. “Milano sta lavorando molto bene. Vada in giro nelle zone pedonali, nei cantieri, guardi la sky line, il verde e i parchi, il traffico e le periferie che stiamo trasformando. Abbiamo superato il 50 per cento nella raccolta differenziata come Vienna, abbiamo firmato un protocollo d’intesa sul cibo. Venga con me a mangiare nelle mense delle scuole. Stiamo costruendo le scuole sperimentali, in legno. Poi ci sono le mostre e l’arte: stanno preparando la Mostra di Leonardo”. E’ vero che, nella depressione nazionale, passare da Roma a Milano è come passare dal bianco e nero ai colori, ma nella lingua italiana ‘esposizione’ è anche il conto bancario scoperto, ed ‘esposto’ è l’avvio di un’azione giudiziaria.
Il sindaco mi mostra la Domenica del Corriere del 1906: l’Expo a Milano. Differenze? “Cominciamo dalle cose uguali: le polemiche sull’acquisto dei terreni dai privati, i soldi, gli edifici e il paesaggio, i tempi, la corruzione. Persino le parole sono le stesse”. L’evento è uguale? “Solo in apparenza. Oggi l’ esposizione delle merci e delle specie umane avviene ogni giorno nelle strade di New York, di Londra, di Tokio, di Milano, e su Internet”. E allora? “L’Expo sta costringendo Milano a diventare più Milano, a progettare il proprio futuro urbano”. E ci perdiamo nell’esporre, nel disporre e nel sovraesporre sino al significato musicale della parola esposizione che è fuga: ‘via via, vieni via da qui’.
Si ricandida? “Mancano due anni. Ci sarà l’Expo. E, con la Città Metropolitana, sarò il sindaco di un grande territorio, quello che prima era la Provincia. Come posso rispondere?”. Ma un’idea ce l’ha? “Un’idea ce l’ho”. Quando si presentò, “… lo so, sembravo uno dei soliti perdenti. Puntavano su Penati. Sono sindaco per caso”. Adesso invece non le permetteranno di non ricandidarsi. “Lo temo anch’io” . C’è un destino che le fa fare quel che non vuole fare? “Pensi che mi ero promesso di non partecipare mai a un consiglio di amministrazione e di non far parte di un’amministrazione locale”. Perché? “Sono diventate attività a rischio”. Da tre anni il suo sport estremo è Milano? “Non vado più al cinema, non vedo gli amici e la famiglia, sto lontano dalla professione e anche dalla politica “. Cosa legge? “Libri su Milano”. Nessuna eccezione? “Maigret e Topolino”.
Sembrava nato per fare il ministro della Giustizia. “Per due volte me l’offrirono. Prodi lo voleva fortemente”. Ma “in un paese dove il garantismo praticato è quello degli insabbiatori” il garantista Pisapia fa paura sia ai politici lestofanti sia alla corporazione dei giudici. E dalla politica sta lontano anche se “mi cercano per ricucire, per mediare”. Sta ancora con Sel? “Sono molto legato a Vendola e non ho fatto dichiarazioni quando si presentò con la lista Tsipar, ma ero contrario, proposi di saltare un giro”.
I sindaci in Italia diventano tutti un po’ mattoidi: Tosi vieta l’elemosina, Fassino mostra il dito medio, Marino minaccia di “chiudere Roma”, Bitonci multa il ramadan , De Magistris sembra una caricatura … Invece i milanesi considerano Pisapia un indulgente galantuomo . “Non mi dispiace l’immagine del ‘sindaco mite’”. Questa estate ha persino chiesto scusa per il maltempo. “Non avevamo colpa, ma non possiamo sottrarci alla responsabilità politica”. La mitezza può sembrare dabbenaggine: ‘Pisapippa’ dice Grillo. “L’uomo mite non è il fesso. E ogni tanto bisogna fare i conti con la rabbia dell’uomo mite”. E racconta che una sola volta ha querelato uno dei giornali di destra che “pure mi attaccano ogni mattina, come vuole il gioco”. Ma “quando hanno scritto volgarità incivili sulla morte di mio fratello Giuseppe, il più piccolo, il più fragile … , insomma per sciacallaggio hanno tentato di sporcare la dignità della morte, la memoria, il dolente mal di vivere”. Fu un colpo di pistola sulla scogliera di fronte al mare.
A volte Giuliano va a Santa Margherita Ligure “dove abbiamo un piccolo appartamento; ci vado, anzi ci andavo la sera tardi per potermi svegliare al mattino davanti al mare”. Dunque corre verso il mare con la sua Giulietta? “Mi piace correre, ma … rispetto i limiti”. In macchina ascolta la musica dei suoi anni? “Celentano è stato la colonna sonora della mia giovinezza. Abbiamo messo una targa in via Gluck e lui prima ha detto che non la voleva perché ‘lì tutto è uno schifo ’, poi ci ha ripensato e ora la vorrebbe più colorata. Non gli ho detto che io alla sua canzone sulla via Gluck accoppio sempre la risposta che gli cantò Giorgio Gaber e che pochi ricordano: ‘E quel palazzo un po’ malandato / va demolito per farci un prato / il nostro amico la casa perde / per una legge del piano verde’. C’è già tutto in quella coppia di canzoni: costruttori-corruttori e ultrà ambientalisti finiscono con l’essere complici, sono le due facce della bruttezza del Belpaese”.
Il mare di Pisapia non prevede barche e altri hobby da ‘vestivamo alla marinara’. “E’ il mare come sguardo”, ‘la freschezza e la luce, l’infinito dilatarsi, un cuore d’acqua’, il mare di ‘Milano non fa freddo’ raccontato dal napoletano Giuseppe Marotta. “Da mio padre ho ereditato la napoletanità. E’ la città dove vivrei se non ci fosse Milano”. Quanti eravate in casa? “Sette: Donatella, Guido, Vittorio, io, e poi Dolores,Giorgio, e Giuseppe che non c’è più”.Tutti di sinistra? “Sì. Mio padre era repubblicano e mia madre, che ora ha 92 anni e vive nella casa di famiglia, in origine era liberale. Mamma, milanese, era severa. Papà era permissivo e mite. Ma quando si arrabbiava … “.
Già un’altra volta Giuliano si era arrabbiato. In campagna elettorale la signora Moratti, data per vincente, disse: “Pisapia è stato giudicato colpevole per reati di terrorismo, ma amnistiato”. E invece aveva rinunziato alla prescrizione ed era stato assolto per non aver commesso il fatto. “E’ vero, mi arrabbiai proprio come si arrabbiava mio padre”. E a quella bella rabbia deve l’elezione? “Non lo so. Lo dicono in tanti”.
Hanno apparecchiato nella sala riunioni, aulica scomoda e solenne. Il sindaco agita la forchetta ma non infilza mai il prosciutto crudo. Dunque non mangiamo mentre mi racconta che il romanzesco cominciò con la fuga da casa verso il servizio militare, reparto assalitori, e poi l’iscrizione in Medicina, il Movimento studentesco, 4 mesi in galera, due lauree … Poi, finalmente in pace con il padre, ne ereditò lo studio. Ma la sera mangia? “Un po’di più”. Da solo? “A volte Cinzia mi aspetta, è’ il solo momento sereno, intimo. Ci siamo sposati nel 2011 dopo venti anni di convivenza”. Nel 2011 è anche diventato sindaco e Cinzia, che è una bravissima giornalista, si è dimessa da repubblica. Ha risolto con l’eleganza dell’amore il conflitto di interessi: sembra una luce di miracolo di questi tempi. Cinzia accompagna Giuliano, lo aiuta a scrivere i discorsi: “Milano ha raddoppiato il nostro vincolo”. Giuliano, che è stato boy scout, cattolico del dissenso e, al Berchet persino allievo di don Giussani, voleva una famiglia numerosa e “invece Cinzia aveva già un figlio, Francesco, e io mi sono innamorato di lui prima ancora che di lei”. E’ ancora credente? “No”.
Il sindaco è fiero del rapporto con i giovani: “dicono che posso dialogare con la stessa credibilità sia con gli antagonisti del Leoncavallo sia con i borghesi del Rotary”. Del Leoncavallo fu l’ avvocato: “Quando ci avviciniamo troppo si spaventano, un po’ come accadeva tra me e mio padre”. E allora? “Come è noto, abbiamo trovato una soluzione legale. Restiamo antagonisti, ma nessuno potrà più dire loro che sono fuorilegge”.

2 thoughts on “/ A pranzo con… GIULIANO PISAPIA / LA RABBIA DEL SINDACO MITE NELL’ITALIA DEI SINDACI MATTOIDI Ora Milano apetta l’Expo come Napoli il sangue di San gennaro

  1. Gianni Lecca

    Bella intervista. Finalmente un sindaco gentiluomo che, visto da lontano, e anche nel parlare, sembra la controfigura dilatata di Erminio Macario, il bravo e mite comico torinese degli anni che furono. Diciamo che, sempre visto da lontano, il sindaco borghese di sinistra, sembra finalmente il primo cittadino che Milano, grande città cosmopolita, si merita. E se si ricandida e sarà rieletto si potrà tirare un sospiro di sollievo: qualcosa sta cambiando. Sempre, viste le cose da lontano.

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