L’Opera di Roma dopo la fuga di Muti IL LICENZIAMENTO PER RAPPRESAGLIA E’ PIU’ ODIOSO DELL’ORCHESTRA

Se il liberalismo è questo, allora era meglio il socialismo. Rischiano infatti , i 92 orchestrali e i 90 coristi di Roma licenziati per rappresaglia dal sindaco Marino, di essere per l’Italia di Renzi quel che i minatori furono per l’Inghilterra della Thatcher. Non che sia sbagliata l’idea di far penetrare il mercato nella stonata corporazione del Golfo Mistico e quindi di fare gareggiare i professori d’orchestra con il merito, di farli competere fra loro per guadagnarsi il posto che oggi invece è assicurato dalla Cgil. Ma sono miserabili la vendetta politica e lo scaricare solo su di loro il disastro dell’ Opera, che non è musicale ma economico – trenta milioni di buco -, è manageriale, politico, di cattiva amministrazione e di gestione clientelare scombicchierata, con un pubblico che mai si stringe attorno al suo teatro come succede non solo a San Pietroburgo e a Londra, ma anche a Milano e soprattutto a Napoli.
Viene offerto , questo mucchio selvaggio di musicisti, come carne sacrificale non al Jobs Act, al riformismo laburista del mercato del lavoro, ma al più odioso e coriaceo populismo italiano. Li hanno donati alla rabbia diffusa del “dovrebbero cacciare tutti a calci nel sedere” quando a Fiumicino scioperano i piloti; allo spasmo plebeo della contumelia quando dal lavoro si astengono i tassisti, e così gli infermieri, i giornalisti, i professori, insomma quando scioperano … gli altri, che sono sempre “braccia rubate all’agricoltura”, e “ se dipendesse da me ci metterei la bomba”, e “in galera vi mando”. E, come al solito, nella demagogia del decisionismo di pancia, c’è sempre l’ombra di Mussolini, dei trentaseimila ferrovieri licenziati in un colpo solo perché “basta con lo Stato postino e ferroviere”.
Dunque ieri il sindaco, che è per statuto il presidente del teatro, e il sovrintendete Fuortes e il ministro Franceschini sono riusciti nell’impresa, che sembrava impossibile, di trasformare gli odiosi, intollerabili privilegiati dell’Opera di Roma nei bastonati, nei reietti, nelle vittime di quelle squadracce del malumore che subito si sono scatenati, non solo sul Twitter, “era ora”, “evviva, il primo trombone non è d’accordo!”, “andate a casa, maledetti”. Ed è allegretto con brio il ritorno in scena, a fianco – nientemeno – della Cgil, dell’empio Alemanno che ai suoi tempi era riuscito a svuotare le casse peggio ancora degli altri, e a riempire le scene di clienti sino a creare il doppio ruolo: due direttori amministrativi, due capi ragionieri, tre avvocati … e persino due bar, uno chiamato “champagneria” per dare sfogo ai semivip smandrappati di Dagospia, raccolti in Cafonal dall’Associazione Amici del teatro dell’Opera guidata dalla mitica Silvana Pampanini .
Nella veste dei tagliatori di teste – “faremo un cosa che in Italia non è mai stata fatta” – sembravano ieri, Marino e Fuortes in conferenza stampa, due innocenti orgogliosi: “siamo i primi, diventerà un esempio”. Come se il crac della musica e più in generale della cultura a Roma non dipendesse soprattutto da loro, e come se Muti non fosse scappato anche da loro. Il direttore in fuga non ha parlato né di orchestra né di sindacati, ma di un clima, di una mancanza di serenità, di condizioni non più felici che non è possibile attribuire a un solo colpevole. Anche il suo silenzio di oggi è un momento di questa musica. La vigliaccheria non gli appartiene, anzi è l’impeto meridionale che talvolta ne ha ridimensionato la magnificenza artistica.
Muti conosce l’Opera di Roma e sa bene che ci sono competenze che non si inventano. Non è vero, per esempio, che i grandi teatri del mondo hanno orchestre usa e getta, dall’Opera di Parigi, al Covent Garden, al Metropolitan di New York. Ce n’è solo qualcuno che, con l’eccezione di Madrid, non è però di ‘serie A’, come il modesto Chatelet citato da Fuortes. Nei due grandi teatri lirici di Vienna e Berlino, ieri evocati a sproposito, l’assetto aziendale è quello tradizionale dei dipendenti fissi, a contratto. Proprio ieri Dominique Meyer, sovrintendente dell’Opera di Stato di Vienna ha confermato che “solo quelli piccoli che non prendono soldi dallo stato lavorano invece con ingaggi di volta in volta”.
E diciamo la verità: solo al sindaco Marino poteva venire in mente di annunziare con l’enfasi della genialità che avrebbe sostituito Muti con una donna a prescindere. E ha fatto i nomi di tre bacchette rosa, come se la demagogia di genere potesse irrobustire quei talenti ancora fragili che un gentiluomo non avrebbe mai dovuto esporre all’ordalia del paragone con Muti.
Certo, abbiamo già scritto degli assalti al camerino del maestro, delle assemblee nelle pause, della furbizia nazionale dei certificati medici per non andare in tournée. E l’Italia, che ha riso dell’indennità frac e del risarcimento per gli spifferi, ha invidiato quel primo violino che lavora 62 giorni ed è pagato per 180.
Ma bene si capiva ieri che Marino e Fuortes volevano suonare la nota dell’abolizione dell’articolo 18. E invece hanno finito con lo sporcare quella necessaria riforma civile. E’ infatti raccapricciante l’idea che la via italiana al liberalismo sia quella dei licenziamenti di massa, delle vendette, delle purghe, delle pulizie etniche di intere categorie, per quanto odiose esse siano. L’Italia è un arcipelago di isole ingovernabili, come e peggio dell’Opera di Roma, dalla Rai all’Inps, dalla Sanità ai Musei. E si potrebbe continuare illustrando gli infiniti privilegi corporativi spacciati per diritti sindacali. Ma se la soluzione fosse davvero quella di Marino e Fuortes, “alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”, allora … arridatece i Soviet.

24 thoughts on “L’Opera di Roma dopo la fuga di Muti IL LICENZIAMENTO PER RAPPRESAGLIA E’ PIU’ ODIOSO DELL’ORCHESTRA

  1. gian paolo

    Finalmente un articolo che porta un pò di chiarezza in una vicenda inquietante e dolorosa!
    Con questa sciagurata operazione, si è fatto un salto nel vuoto, senza sapere quanto fosse profondo questo vuoto. E chi ha spinto nel vuoto i musicisti che, loro si, hanno fatto regolare concorso, è non altri che colui che ricopre il ruolo dirigenziale che nel corso degli anni è stato ricoperto dai suo stessi colleghi che hanno causato l’enorme buco di bilancio.
    Questo genio non è riuscito a trovare altre soluzioni, meno dolorose, meno cruente. Come un tribunale dell’Isis ha deciso di decapitare l’intera massa artistica del teatro.
    Terrorista!

  2. Giuspepe Maiorca

    Ridateci il soviet. Ma un soviet concreto, in cui anche Muti percepisca compensi adeguati all’umana gestione delle vita. Più di un orchestale, 10 volte di più, 20 volte, certo: ma non centinaia di volte di più. Che meritocrazia è questa? Ed in cui cgil, cisl, uil, non esistano, e quindi non possano difendere chi i diritti del lavoro li toglie a chi ne avrebbe merito.

  3. giuseppe

    Ma di cosa sta parlando? Lei dovrebbe andare a zappare la terra, altro che giornalista. Perché un giornalista di professione quale probabilmente lei crede di essere, si informa prima di scrivere notizie infamanti. Mi riferisco alla prima parte del suo articolo, quando spiega la sua ricetta per la competizione dei prof d’orchestra nel golfo mistico messi li invece dalla cgl. Perché non viene a vedere come facciamo i concorsi? Perché non si informa di quante ore giorni mesi ed anni studiamo prima di poter affrontare un concorso in cui siamo in competizione con gli strumentisti di tutti i paesi europei ( e la dimostrazione sono i numerosi strumentisti stranieri che ci sono nelle orchestre italiane).

  4. maryblu

    Egregio Dott. Merlo,
    con la maggior pacatezza e educazione possibile vorrei intanto ringraziarla per le molte cose giuste nell’articolo da Lei scritto. Vorrei però informarla che sia gli strumentisti che i coristi sono entrati in Teatro tramite concorso aperto a tutti i cittadine della UE. Le assicuro che non si vince un concorso per un colpo di fortuna, ma dopo anni e anni di studio uniti a un notevole talento individuale. Il livello è altissimo, molto più di 30 anni fa e purtroppo i musicisti a spasso sono la gran parte. Sugli sprechi, è inutile nasconderlo, sono stati fatti errori inaccettabili mi chiedo se però sia giusto che a pagare siano i lavoratori.
    Conosco molte persone all’interno di orchestra e coro e le assicuro che non conducono una vita da nababbi, ma che hanno uno stipendio medio di 1.800 euro al mese (cui devono togliere le spese per acquisto/manutenzione degli strumenti, accessori, ecc)
    Concludo aggiungendo che fino a 4 mesi fa la stampa osannava l’orchestra del Teatro dell’Opera in tournée trionfale in Giappone con il Maestro Muti, che l’aveva definita pubblicamente “Una delle orchestre liriche migliori del mondo”. Maestro Muti il cui silenzio, a questo punto, diventa assordante.
    Grazie

  5. walter

    Temo che il polverone che il sindaco di Roma e i suoi corresponsabili stanno sollevando sul Teatro dell’Opera serva a mascherare le responsabilità per una gestione che all’estero sarebbe definita sgangherata. L’arte ha bisogno di fantasia creativa, ma non si governa “ad fantasia” come direbbe Machiavelli.

  6. Liliana

    A casa. Tutti a casa e finalmente, e se ce la faranno, era ora!!!
    Il silenzio di Muti e’ assordante ? Speriamo, per voi, che rimanga tale. Cosa dovrebbe dire in vostro favore ? Cosa?
    Scioperi, assalti nei camerini, rifiuti di andare in tournée … Il tutto sotto la solita spocchiosa affermazione che lo avere fatto per il bene del teatro!
    Adesso invece parlate di miseri stipendi, di famiglie da mantenere , che siete sconvolti
    Avevate un lavoro ! Adesso non lo avete più
    Proverete l’angoscia di chi operaio o impiegato avrebbe dato la vita per mantenerlo un posto di lavoro
    Adesso si parla di concorsi superati e di quanto siete bravi. Forse che l’operaio licenziato in una fabbrica ha meno valore morale o dignità di voi? Per cosa lottavate che nessuno lo ha mai capito? Per cosa ? Per difendere interessi corporativi. Solo questo vi interessava. Ed adesso avete paura. Se poteste tornereste indietro. ! Ci sono migliaia di giovani disoccupati che si trasferiscono in posti dove non ci sono tutele o l’art 18 che voi invocate. Perché dovrei essere comprensiva con voi?
    Non sono con voi. Siamo in tanti a non essere con voi e, credeteci, non è giustizia forcaiola.

    1. Daniela

      Sig,ra Liliana, quanto odio, quanto livore! È proprio vero che nei periodi di peggiore crisi si scatenano le guerre fra poveri… Avrebbe lo stesso astio se ad essere stati licenziati fossero degli operai o degli impiegati? Orchestrali e coristi, dopo una media di 10 anni di studio e dopo avere vinto un concorso internazionale, guadagnano un media di 1800 euro al mese. Al contrario di operai e impiegati, devono acquistare e mantenere a spese proprie i loro costosissimi strumenti di lavoro, e non smettono mai di studiare.
      Impariamo ad avere rispetto per tutti i lavoratori e rendiamoci conto che la causa del fallimento delle aziende dipende quasi sempre dalla cattiva gestione delle stesse, quasi mai da chi ci lavora e produce.

    2. Mari

      Signora Liliana, le scrivo con le lacrime agli occhi perché la sua ignoranza ferisce più delle sue parole… Ho tanto rispetto per tutti i lavori di questo mondo.. E avrei potuto e mi sarebbe piaciuto farne tanti, data la mia giovane età, ma io ho scelto di fare questo nella vita perché era quello più incrine alla mia natura. Mi dispiace per lei, forse il suo astio proviene da una frustrazione per non essersi realizzata nel modo che voleva. Io ho studiato tanto, ho fatto tanti sacrifici nella mia vita (sa che prendere buone lezioni di Musica va dai 50 ai 150 euro l’ora? Sa che per un adolescente, che non ha il papà che paga per lui, questo significa non avere vita sociale per risparmiare i soldi del sabato sera e perché il tempo libero che avanza allo studio scolastico è solo speso solo a studiare Musica?o meglio, io ho studiato al liceo scientifico di notte , prendendo la maturità con 96/100, perché di giorno studiavo Musica e facevo Musica e ho cominciato a guadagnare le mie paghette settimanali con la Musica, non da Papà, che poi rinvestivo per perfezionarmi, per fare audizioni, e per viaggiare per studio e per audizioni.. Mai una vacanza di piacere fino ai 26 anni. Ogni giorno un Musicista butta sangue e lacrime sul proprio strumento musicale, e un cantante fa a pugni col proprio corpo e ci mette una vita per imparare a liberare la propria voce . Bene! dopo tutto questo crede che vincere un concorso INTERNAZIONALE per ottenere un posto fisso non sia abbastanza meritevole? Le ripeto.. Mi dispiace tanto per lei.. Io col mio lavoro e il mio talento non mi farò prendere dall’angoscia perché camperò lo stesso, nonostante la gente come lei! molti nel mondo pagherebbero oro per avere le doti di un musicista! E chi non le ha, le apprezza a tal punto da ammirarci e sostenerci! Ma l’angoscia c’è l’ho per i suoi figli e i suoi nipoti..quando vorranno fare i musicisti dovranno lottare contro l’ignoranza di chi critica un lavoro tanto nobile e di chi avrà chiuso loro i teatri, perché avrà chiuso loro la serenità di un posto fisso e lascerà che nella vita siano dei frustrati.

  7. amaranta

    Sono d’accordo con Merlo. I guai li hanno fatti politici, dirigenti e sindacalisti, e a pagare sono i lavoratori. Trovo agghiaccianti certi commenti: di più, inumani.

  8. Laura

    L’equilibrio, la forza, l’autorevolezza, l’imparzialità, la lungimiranza….., ecco le cose che mancano ai nostri governanti. DA QUI LO SFASCIO!

  9. Mario Buonafede

    Da altre parti si richiamava il precedente dello scioglimento dell’Orchestra Sinfonica Nazionale Greca. Non è così: il primato spetta all’Italia con la chiusura delle orchestre sinfoniche della Rai (anni ’90), nell’ordine: Scarlatti di Napoli, Sinfonica di Roma, Milano.
    Per questioni, invece, di politica del rigore in tempi di crisi, di abolizione dei privilegi e quelle cose lì, il primato spetta a Parma, forse il primo atto della giunta Pizzarotti. Soppressa l’orchestra del glorioso Teatro Regio invocando i risparmi che si sarebbero ottenuti con una gara d’appalto per “esternalizzare” il servizio (quello che si propaganda possa fornire efficienza e qualità a Roma) con l’Orchestra della Fondazione Toscanini e per un risparmio risibile (come anche è il risparmio calcolato con la medesima soluzione all’Opera di Roma).
    Gli organi di stampa sono compici per due ragioni: non citando il precedente parmense di due anni fa, immagino per non attribuire al mov.to 5 stelle il primato di una linea politica intransigente, “decisionista” e “modernizzatrice”, dall’altro evitando accuratamente l’argomento per non far emergere il fatto che dopo la “cura Pizzarotti” la qualità del Teatro di Parma è calata sensibilmente.

    Post Scriptum: non capisco se il “modesto” attribuito allo Chatelet sia del dottor Merlo o di Fuortes, fatto sta che lo Chatelet non è affatto modesto. È un teatro fortemente innovativo che ha dato una sferzata al mondo operistico con scelte di repertorio e registiche che è più difficile proporre in istituzioni più lente ad accogliere stimoli eterogenei; le produzioni dello Chatelet non assoldavano orchestre tese al risparmio, ma produzioni unitarie come la stagione mozartiana degli anni ’90 con la direzione musicale di Eliot Gardiner e la “sua” orchestra dell’Illuminismo e coro Monteverdi. Altissimo livello e costi – per meglio dire, ricchezza diffusa – commisurati al livello degli orchestrali e dei coristi, ma compensato con compagnie di canto giovani e fuori dallo star system (quello sì che costa). Non è un caso che Daniel Barenboim abbia insistito per avere Stephane Lissner sovrintendente alla Scala, che proveniva dallo Chatelet e che andrà all’Opera Bastille di Parigi, proprio per cercare di grattare un po’ della patina d’antiquariato che il ventennio Muti aveva prodotto sulla Scala.

  10. Mario Buonafede

    In linea di massima, la tendenza che ravviso – al di là delle politiche specifiche di gestione delle attività produttive (e mi piego ad usare un termine già di per sé meritevole di una discussione quando si parli di produzione artistica e culturale) – è dell’isolare la categoria dei musicisti professionisti di alto profilo (corporazione o casta che si voglia considerarli) dal contesto mondiale nel quale per loro natura andrebbero collocati. Come quando si recidono i legami del mondo accademico dalla comunità scientifica internazionale, privando dei fondi alla ricerca ma non solo, anteponendo una concezione verticistica locale che provveda ai criteri di gestione e di valutazione del loro operato.
    Una politica del divide et impera, insomma, che ritrovo tutte le volte che i nostri poteri in campo amministrativo e politico arrogano a sé senza averne le dovute competenze e invocando l’autonomia decisionale sempre e solo su scala geografica, territoriale e non contenutistica.

  11. Luciano

    aNCHE INSEGNANTI hanno studiato tanti anni, fatto tanti concorsi per avere una cattedra ed hanno stipendi anche minori di orchestrali e coristi: Forse non hanno mai riflettuto che i musicisti, strumentisti e cantanti, non sono operai o manovali, ma sono Artisti. Esercitano un’arte quindi l’hanno intrapresa per passione e non per obbligo coatto: Il loro è un lavoro privilegiato rispetto a molti altri e dovrebbero essere felici di esercitarlo, con o senza frac, e sapere che le trasferte (p<agate) fanno parte del loro dovere di artist. Senza negare che le gestioni politiche ed i clientelismi esasperati abbiano lamamggior parte di colpa negli sprechi che hanno contribuito ai deficit è però vero anche che i capricci e le assurde richieste e pretese di orchestrali e coro abbiano contribuito a far traboccare il vaso e far scappare la pazienza ad un artista come Muti. E' vero che grandi teatri come Berlino, Vienna hanno orchestre e cori stabili, che però lavorano 270 giorni l'anno, fanno tutto quello che è richiesto dalla regia degli spettacoli, indossano costumi e frac, vanno in tournee e non scioperano facendo saltare le "prime" o facendo eseguire opere con il pianoforte. Anche il pubblico che ha pagato fior di biglietti o ha viaggiato per assistere ad uno spettacolo ha diritto di essere rispettato!

    1. Duilio

      GeNtile Enrico, è di qualche giorno fa la notizia che le orchestre tedesche hanno deciso di entrare in sciopero incrociando le braccia e bloccando gli spettacolo, cerchi su internet, si accorgerà di questa piccola inesattezza. P.S. Consiglierebbe ai sindaci delle varie città tedesche di licenziarli tutti in massa? I land non lo farebbero mai perché a differenza nostra sanno che quelle orchestre incidono niellino alzamento del pil locale per tre volte l’investimento. Loro vivono di cultura, noi moriamo con essa.

  12. enrico enrichi

    Incredibile il livore che si scatena contro chi INDUBBIAMENTE rappresenta una élite nel campo dei lavoratori .
    Elite perchè praticante un lavoro che è riservato a pochi ( necessita talento , sensibilità , predisposizione fisica , un po’ come lo sport ) . Richiede studio continuo , autocritica professionale spietata , fatica psicofisica impensabile per la maggior parte degli altri mestieri , spirito di sacrificio elevato anche solo per mantenere la propria preparazione tecnica , nervi saldi e riflessi da pilota di F1 . Tutto ciò per retribuzioni tra le più basse d’ europa ove si guadagna ALMENO il doppio nelle orchestre “normali” per passare a tre o quattro volte in quelle di alto valore ( Berliner , Wienner ) .
    Ho fatto questo mestiere per 37 anni continuativi nell’ orchestra del Teatro La Fenice ( violinista ) e sfido qualsiasi pennivendolo a smentire quanto affermo .
    Un solo esempio : amo immensamente la montagna e spesso , pur non avendo preparazione fisica adeguata , mi sono fatto una passeggiata da 12 ore con complessivi 2400 metri di salite ( in 4 forcelle ) , ghiaioni in salita e discesa ed altre difficoltà varie , stracarico di obiettivi e macchina fotografica ,più il solito equipaggiamento montano ma la fatica non era neanche la metà di quella di suonare un’ opera come il Boris od una delle tante wagneriane .
    Alla fine della passeggiata bastava una doccia calda , dieci minuti di relax ed ero a posto , dopo un Meister Singer avevo bisogno del giorno seguente tutto intero per riprendermi .
    Ovviamente tutto questo solo dal punto di vista della fatica , ma bisogna considerare tutto lo studio necessario per saper suonare nei vari stili , la capacità di capire velocemente le esigenze dei vari direttori d’ orchestra che ti chiedono di eseguire uno stesso pezzo in maniere a volte completamente differenti , la prontezza di risolvere in pochi attimi quegli incidenti provocati dai direttori o dai cantanti e che porterebbero a risultati disastrosi ( cacofonie , asincronismi ritmici ) e di cui , invece , spesso nè il pubblico nè la critica nemmeno si accorgono proprio per la strepitosa velocità di reazione dei tanto biasimati “orchestrali “.
    Un invito : prima di parlare di musica e musicisti, provatevi a studiarla e , sopratutto a PRATICARLA : poi ne riparleremo !!
    Per conto mio non ho difficoltà a dare dimostrazioni nei campi dell’ elettronica , del “fai da te ” casalingo , nella astrofisica , nella letteratura , nella progettazione di tante cose utili , nel giardinaggio , dell’ aerodinamica , dell’ acustica .
    Ah , dimenticavo , se vi manca un direttore d’ orchestra … sono qua !

    1. Maurizio

      Mi dispiace dover affermare che siamo lontani dalla verita’. Con molti di voi sono d’accordo: c’è una beata ignoranza su quanto successo al Teatro dell’Opera. Un problema generale, che riguarda gli italiani in particolare, è quello di parlare non sui fatti ma sulla base di opinioni. Sono un artista del Coro. Si parla delle indennità attribuite ai Professori d’orchestra ma non delle menzogne certificate che riguardano il Coro, che prenderebbero un’indennità per le opere in lingua straniera, che se muovono la testa mentre cantano prendono altri soldi. Tutto falso, ma dimostrabile, contrariamente a chi parla per frustrazione e per sentito dire come Lubrano, Facci, Giacomozzi e tanti tantissimi altri. Per un giornalista con la schiena dritta ce ne sono una ventna pronti a vendersi l’anima. Sono d’accordo anche con il Professore d’Orchestra della Fenice: anche cantare richiede uno sforzo psico-fisico considerevole, più stressante che zappare la terra (e io la zappo!). Tuttavia il Coro lavora dal martedì al sabato e, nel 60-70% delle volte anche la domenica. Unico giorno di riposo il lunedì. Mandare a casa Coro e Orchestra in questo modo è miserabile: nel mio caso io e mia moglie perdiamo il posto in un battito d’ali. Non posso credere che si possa godere di questo. Chi lo fa ha gravi problemi interiori e gli auguro al più presto di dedicarsi a se stesso. Per quanto riguarda il Maestro Muti il problema non è così semplice. Credo anche io che il carattere abbia influenzato negativamente la sua carriera. Non è inclusivo, è divisivo: il suo silenzio non solo è assordante, è inaccettabile sotto ogni punto di vista.

  13. Aldo

    Articoli come questo sembrano fatti apposta per convincere che l’art. 18 va riformato.
    Non mi pare che finora le maestranze dell’Opera abbiano avuto un grande rispetto per gli spettatori, per l’ente e per il maestro Muti, come abbiamo potuto leggere sui giornali, che hanno riportato vicende incresciose.
    Non si vede cosa altro dovrebbe fare Marino se non resettare tutto e ripartire da zero.
    Anzi, sarebbe il caso che questo sistema venisse adottato per molti dei 60.000 dipendenti del Comune di Roma e di tutte le aziende comunali.

    1. gian paolo

      Caro signor Aldo, sono d’accordo sulla sua considerazione finale: dopo un atto così ‘rivoluzionario’, Marino dovrebbe mantenere lo stesso metro verso le altre aziende comunali, a cominciare dall’AMA e dall’ATAC, a giudicare dal livello di sudiciume in cui è ridotta Roma. E altro che 182 stipendi risparmieremmo!
      Quello che deve capire lei e tutti i festanti sostenitori del ‘tutti a casa’, è che, nel caso di un Coro e di una Orchestra, licenziare tutti non vuol dire resettare e ricominciare da capo. Vuol dire solo cancellare compagini che sono cresciute con decenni di collaborazione!. E’ IMPOSSIBILE creare da zero un’Orchestra e un Coro di ‘serie A’. Non ci sono sul mercato così tanti artisti nello stesso momento! Ci vogliono anni e anni di audizioni.
      Quindi, caro Fuortes, se procederà nel suo progetto, il Teatro dell’Opera sarà un teatro di serie C, dove i grandi strumentisti non metteranno piede( potendo scegliere!) e tanto meno nessun grande Direttore accetterà la direzione stabile, con una orchestra a contratto!
      Era questo che si voleva creare? Un teatro di serie C?
      Forse si, forse era questo il vero intento.

  14. arianna

    Sono una delle 182 vittime della decisione dei taglia teste di

    turno e vorrei fare una precisazione: Il maestro Muti,

    quando ha scritto , nella sua lettera, di non avere il clima

    giusto e la serenità per svolgere il suo lavoro non ha mai

    parlato di responsabilità da parte di coro e orchestra per cui

    le sue affermazioni sono suscettibili di diverse

    interpretazioni.

    Inoltre tutto quello che di velenoso e falso é emerso dai

    media, é solo frutto della “macchina del fango” attivata da

    Fuortes e company per deleggitimare il teatro ed i suoi

    artisti e poi agire come hanno fatto con più consenso pubblico

    a loro favore;probabilmente anche lui è una pedina della

    perversa macchinazione di chi aveva già da tempo in mente

    l’attuazione di questo piano di ridurre in macerie la cultura

    musicale in Italia.

    A questo punto io vorrei invitare tutti coloro che si ergono a

    nostri giudici, che palesemente navigano nell’ignoranza e

    nell’ indottrinamento mediatico, ad informarsi da coloro che

    la situazione la vivono in prima persona e a non prendere per

    buono le asserzioni dei boia che fanno il gioco di un potere

    più grande di loro, che sta distruggendo il nostro paese

    tutto, allo scopo di appiatttire la coscienza critica

    individuale: perché un popolo che non é in grado di pensare é

    senz’altro più facile da manovrare.
    Un artista del coro

  15. laura

    Ho letto con molto interesse questo articolo, visto i fatti più dettagliati dati qui. Anche se non sono d’accordo con un tale licenziamento di gruppo del coro e dell’orchestra, devo dire il mio come solista che ha lavorato in vari teatri italiani, tranne cui l’Opera di Roma. Non ho mai visto un tale stacco di comunicazione e coinvolgimento tra un’amministrazione e gli artisti nella mia carriera (di più di vent’anni e dappertutto nel mondo.) L’amministrazione a Roma non sapevano neanche chi ero quando sono andata nei loro uffici, anche se stavo cantando il titolo ruolo nel loro teatro. Non avevano idea che abitavo (all’epoca) a Roma, non s’interessavano di farmi coinvolgere con la stampa per la pubblicità dello spettacolo, e soprattutto, non mi hanno aiutato per niente quando mi sono trovata con problemi con i tecnici che fumavano come volevano dietro le quinte, sull’unica via per andare in scena, e proprio davanti al mio camerino! (Sotto dei grandi segni di “divieto di fumare,” addirittura!) Non c’era mai nessuno a cui rivolgermi, nessuno ha reagito quando sono andata a chiedere assistenza, e i tecnici ridevano delle mie preghiere di trovare un’altro luogo per fumare… L’amministrazione non sembrava mai interessata di essere presenti, conoscerci, di aiutarci, o… fare il loro lavoro… Come i tecnici, che hanno dimenticato che non eravamo al bar, stavamo dietro le quinte all’Opera!

    Quindi, non mi ha sorpreso quando L’Opera di Roma ha avuto il suo ennesima problema. Io non avevo problemi con il coro ne l’orchestra, e hanno fatto un lavoro accettabile – non strepitoso, ma non bruttissimo. Tocca all’amministrazione di saper scegliere il coro, ed avere i musicisti, direttori e maestri collaboratori che sanno tenere gli artisti del coro in forma. Tocca anche a loro (l’amministrazione) di tenere buoni rapporti con il coro in una tale maniera che il coro non si sente sfruttato così tanto che cominciano di chiedere delle cose ridicoli per proteggersi. Se in buona fede possono contare sull’amministrazione di non abusarli, secondo me non cominciano di fare “capricci.”

    Se c’è un modo di avere “responsabilità” in queste organizzazioni, e fare in modo che la gente possono essere licenziati se stanno solo creando problemi e capricci, secondo me ci sarebbe molto meno odio diretto verso gli addetti di lavoro protetti dai sindacati. Ci vuole solo uno o due personalità problematiche per marcire tutto il gruppo, ahimè.

    Posso constatare che alla Scala ho trovato un coro ridicolmente resistente a fare il loro dovuto lavoro, e hanno anche minacciato lo sciopera perché – che sorpresa – il regista le ha richiesto di muoversi mentre cantavano “balliamo, balliamo, balliamo…” Hanno insistito che loro, per il loro contratto, non dovevano ballare (anche se nell’azione dell’opera ci richiedeva) e se l’amministrazione non chiamassero i ballerini per ballare qui invece di loro, facevano lo sciopero. !! Chi sa se era un dispetto non legato a questo falso problema, che poi serviva come la loro scusa di minacciare sciopero, ma alla fine avevamo lo spettacolo ridicolo d’un coro che cantava “Balliamo, balliamo, balliamo” fissi in piedi come un grande branco di mucche, mentre quattro ballerini facevano un (facilissimo) movimento che non si può neanche chiamare ballare. E questo, quando c’era Maestro Muti alla Scala!

    Quindi, anche se la colpa sicuramente cade sulle spalle dell’amministrazione a Roma, posso capire la resistenza della gente fuori di accettare più capricci d’un gruppo di artisti che SEMBRANO di avere tante protezioni e niente voglia di fare il loro lavoro. Quando non puoi buttare fuori più facilmente quella poca gente che fa la maggior parte dei problemi, che non si ricorda che il motivo che sono lí è per FARE UN’OPERA (non solo dare a loro uno stipendio!), farà marcire un’ente lirica dal interno. Sicuramente la maggior parte dell’orchestra e del coro è fatto dei professionisti impeccabili che hanno voglia di fare bene il loro lavoro artistico, ma quando l’articolo 18 costringe l’opera di tenere in mezzo anche i cattivi che non fanno il loro lavoro, che si lamenta ad ogni momento, che non tiene il loro livello di qualità d’artista alta con lezioni, etc…, è molto difficile continuare sulla buona via per tutti gli altri! Articolo 18 va cambiato per richiedere una resa di responsabilità anche dai lavoratori…

  16. laura

    E voglio aggiungere che un’amministrazione che non sa fare una contabilità, non ha un’idea chiara del ruolo e responsabilità di ogni persona, non richiede che ognuno fa la sua parte, non sa organizzarsi in una maniera che porti in avanti il “raison d’être” d’un teatro, e non s’interessa che TUTTI gli artisti (solisti, coro, orchestra, sarte, etc…) lavorino in un ambiente che contribuisca al migliore prodotto artistico, dovrebbero essere LORO licenziati!

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