CAMICIA BIANCA LA TRIONFERA’

Sono ‘camisados’, cioè per benino, a modino, più Beatles che Rolling Stones, e più hamburger che tortellino. Sono white collar, più manager che leader. Ma non sono più ‘button down’ come i ‘tu vo fa l’americano’ di una volta, il Veltroni clintoniano, la terza via, l’ulivo mondiale. E la camicia è bianca, che non è solo il contrario della camicia nera, ma anche della camicia rossa, che è stata la funesta divisa dell’ideologia, la vecchia blusa di protezione che sapeva suscitare sentimenti ed emozioni ma era sempre perdente, il camisaccio generoso dell’archeologia, la bandiera prigione dalla quale la sinistra tenta di evadere sin dai tempi dell’Eurocomunismo (1976) di Berlinguer, Marchais e Carrillo, quarant’anni di mal di testa appunto: dal ‘neurocomunismo’ all’eurocamicia bianca.
Dunque alla festa dell’Unità è andato in scena l’inesorabile ‘sparato bianco’, che è il tentativo, ancora goffo, di rendere veloce ed elegante marketing la sinistra d’Europa. Perché bisogna pur dirlo che nella sinistra di una volta erano i libri e i film che racchiudevano l’epoca: ‘Sulla strada’ e il ‘Laureato’ per esempio. E in una sola frase – I have a dream – si identificavano milioni e milioni di angry young men. E invece adesso è la camicia bianca la gabbia d’acciaio che prevedeva Max Weber, un indumento con l’aria di niente che da ieri veste, per usare un linguaggio gramsciano, la nuova egemonia culturale d’Europa.
E infatti erano addirittura cinque i ‘camisados’, ben al di là della tradizionale corsa dei politici italiani all’accreditamento all’estero, che è un bisogno vecchio, consumato negli Usa, in Inghilterra, in Germania e in Francia, con l’eccezione della Lega di Salvini che, ancora la settimana scorsa, è andato a farsi accreditare da Kim Jong-un.
Sul palco di Bologna il francese Manuel Valls era blanc de blacn come lo champagne che manca al liscio Hollande: “La sinistra che governa sa aiutare le aziende.” E lo spagnolo Pedro Sanchez era blanco come i fazzoletti di lotta e di governo, della vittoria e della protesta, agitati nelle arene dei toreador e negli stadi del pallone: “Lasceremo la destra senza futuro”.
Come si sa, il bianco di Renzi è ancora incerto tra il bianco fiore dell’ambiguità democristiana e la solarità toscana, tra l’ opaco doroteo e il luccicore della ‘bandiera’ nella memorabile (ma chi ne ha memoria?) canzone che Modugno scrisse nel centenario dell’Unità d’Italia: “Il bianco delle nevi delle Alpi / il bianco dei colombi di San Marco / il bianco dei capelli di mia madre”.
Il quarto dei ‘camisados’ era Achim Post, segretario dei socialisti tedeschi, l’unico ad essere weiß anche nei capelli e a ricordarci che il colore della resa è il destino di tutte le teste: “ Vi potrò sembrare il peggio…”. Infine l’olandese Diederik Samson, vice di Mark Rutte, era bianco come il tulipano più delicato e come il mulino della serenità laica minacciata dai fanatici xenofobi e dai loro compari fondamentalisti islamici. Ma Samson è precocemente calvo a provare la fragilità di pensieri e capelli che insieme incanutiscono e cadono come le foglie e come le illusioni.
Ma per ora i bianchi sono giovani, spavaldi, sfrontati e irriverenti. E si scambiano scappellotti, e fanno le gare di twitter perché la camicia bianca è inquietudine e rapidità, efficienza e modernità.
E forse questa forza simbolica della camicia bianca si è imposta persino sullo stesso Renzi che, istintivamente, aveva annunziato “il patto del tortellino”, fosse solo come omaggio a Bologna la grassa e la dotta, e dunque, consapevolmente, alla sinistra italiana la cui storia lunga è la stessa del tortellino. C’è infatti nel tortellino il sud arretrato a monocultura granicola e c’è l’irrigazione dei prati del nord dove pascola il bestiame. Nel tortellino c’è il miracolo della Pianura Padana. E però la concessione di Renzi alle tavolate della sinistra del tortellino dove si moltiplicano i dubbi e ci si smarrisce a discutere non ha retto alla prova del bianco che più bianco non si può. Alla fine il patto è quello delle camice bianche. Anche se resterà sempre qualcuno a pensare che è meglio aver torto con il tortellino che ragione con la camicia bianca, magari cantando De André: “Quello che non ho è un segreto in banca / quello che non ho e’di farla franca / quello che non ho è una camicia bianca”.

4 thoughts on “CAMICIA BIANCA LA TRIONFERA’

  1. Larry Diogene

    Caro Merlo,
    da Aristofane a Hitchcok; sei spietatamente indeciso. Nel tuo nido, in quel di Nubicuculia, sei preda di spasmi inspiegabili. Riavvolgi il film delle tue ansie e paure giovanili. Il tuo incubo peggiore sono i comunisti che non sanno, e non hanno mai saputo interpretare questa piatta e semplice storia del mondo. Sono, i comunisti, ancora imbottiti di concetti e analisi ‘antichi’ e tu giovane ‘camisados’, non stai più nelle mutande e fremi nell’attesa delle sorprese che questo ‘nuovo mondo’ ti porterà.
    Sei tu solo, di fronte alla fantastica storia o’racconto’ che solo per te i grandi e meno grandi della terra stanno imbastendo. Eccoli, in camicia bianca che sbarcano al ‘Parco Nord’, sono i messaggeri di quel meraviglioso futuro ripulito da comunisti, vecchi arnesi di sinistra e, finalmente, dallo Statuto dei Diritti dei Lavoratori.
    I profeti in camicia bianca e con le maniche rimboccate, libereranno i tuoi sonni da quelle orribili camicie rosse. Una riedizione della Tatcher, sotto forma di trinità, che finalmente ricondurrà ogni cosa al suo posto.
    Merlo, ti stai trasformando in corvaccio e io, comunista non ancora esanime ti mando volentieri su quell’isola che non c’era, quella del ‘vaffa’.
    Un consiglio: lascia perdere De Andrè. Era forse un anarchico travolto da insicurezze, ma di una cosa era certo: amava. Si innamorava di tutto, ma non era un coglione acquisibile con perline di vetro o conchiglie.
    DIOGENE.
    P.S. Mal di testa? Non credo ti basti un Enantyum, forse una visita neurologica o psichiatrica.

  2. Larry Diogene

    Caro merlo,
    mi sono accorto oggi che esiste su facebook un gruppo che ti ha dichiarato amore eterno. Vuole la tua radiazione dall’albo dei giornalisti. Io non aderirò mai a gruppi del genere e ti esprimo tutta la mia solidarietà. So che sei anche scrittore e la tua prosa, vola, anzi, volteggia, come nelle migliori tradizioni dei corvacci e avvoltoi. Meriti, e mi batterò per questo, di rimanere come chiaro esempio di un giornalismo ‘sborone': ricco di belle iperboli, più raffinate, te lo concedo, di quelle di sallusti o feltri, ma nella migliore tradizione reazionaria e borghese. Non c’è niente di male, ovvio! ma ricorda che sei un pennuto scribacchino e la tua verità non riesce a salire oltre l’afrore della mediocrità dei tuoi colleghi. Sbatti le ali, il tuo anticomunismo non convince neanche te. Riprova.
    DIOGENE.

  3. giovanni

    Io non conosco ‘sto Diogene, ma se dovessi incontrarlo lo manderei tranquillamente a c….., così senza spigazione alcuna. Tanto, a che servirebbe?

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>