IL FOOTING DELL’OSTRUZIONISMO

Che nel museo della rottamazione vada a finire anche l’ostruzionismo parlamentare non è un colpo di stato ma una festa di liberazione. Dopo sessant’anni infatti la scienza del perdere tempo, dell’imbrigliare per imbrogliare, dell’emendare per impantanare non è più un’arma in difesa dello Stato di diritto e delle istituzioni.

L’ostruzionismo non è più la reazione estrema ma nobile alle violazioni delle libertà personali, alle leggi-truffa, ai soprusi della polizia di classe, a tutte le mille diavolerie antidemocratiche della Prima repubblica. E che non sia in gioco la democrazia, che la decisione di contingentare i tempi per votare al più presto la riforma del Senato non sia né un attentato alla Costituzione né un anticipo di autoritarismo lo si capisce dal tono scanzonato e irreale di quel corteo di protesta che al grido grillesco rilanciato via Facebook “dittatura dittatura, così uccidono la democrazia”, ieri si è incamminato dal Senato verso il Quirinale. Più che una marcia, sembrava un footing dietetico, ovviamente legittimo come protesta pacifica, ma certo era paradossale vedere i fanti della democrazia liquida difendere la democrazia pesante, la pratica più antica e meno trasparente della vecchia Italia, l’ostruzionismo come catenaccio, l’opposto del referendum lampo inventato dalla Casaleggio associati.

Dunque ieri sera i giovani recitavano il ruolo dei vecchi, gli innovatori si degradavano a conservatori, i partigiani di Grillo, i girondini arrabbiati, indossavano le giacche e le cravatte dei professionisti della politica, intonavano slogan feroci ma con l’aria impiegatizia, senza crederci, “tanto pè cantà”, concetti inadatti alla difesa dei colletti bianchi del parlamentarismo, dei tecnici dell’emendamento, specialisti del cavillo, acrobati del comma opaco, professori di quel rinvio che fu l’antropologia della partitocrazia italiana, la bonaccia delle Antille, il guardarsi a distanza per non risolvere mai nulla… In quel corteo, che è stato subito rabbonito e incartato dalla sapienza e dall’esperienza di Donato Marra – “assicuro piena attenzione” è stato il suo salamelecco – non c’erano né i vecchi democristiani né i vecchi comunisti e neppure i radicali che ancora sono i custodi del daimon dell’ostruzionismo, del suo soffio vitale, ma c’erano i cinque stelle Di Stefano, Di Battista, Giarrusso, Taverna, con un nastro tricolore al braccio, e la compagna De Petris di Sel, e il secessionista Centinaio della Lega Nord… insomma una simpatica “armata brancaleone” dell’eloquio-sproloquio: “Ora lo scontro si sposta nella piazza”, “questa riforma è un crimine”, “Renzi pensa che il Senato sia come Gaza”, “fermiamo il golpe”, “non era mai accaduto nella storia”, “cosa manca per dire dittatura?”, “osserviamo un minuto di silenzio contro la ferita inferta alla democrazia”. E tutta questa retorica è stata sventagliata in nome dell’ostruzionismo parlamentare, non per un progetto di Senato diverso, per una riforma migliore legge contro legge, ma per la libertà di bloccare l’orologio della democrazia, rallentare la velocità del diritto, “ghigliottinare” l’istituzione, catturare il Parlamento nella tagliola del vaniloqio, della parola come espediente, per annegare le riforme nella logorrea.

Oggi i tempi contingentai non sono più offese alla libertà, ma sono quelli essenziali della Leopolda, quattro minuti a testa per non trasformare la democrazia in chiacchiera. Alla stessa maniera è stata regolata la Convention della Rai. E limitano i tempi gli accademici della Crusca e i congressi della Cgil; persino nelle riunioni di condominio il cronometro è un’igiene del pensiero. Non ci riescono solo i talk show televisivi che sono infatti chiamati pollai perché anziché chiarire confondono, invece di spiegare complicano.

Non rifarò qui la lunga storia italiana del filibustering inglese, dei cappuccini di Pannella che una volta quasi svenne alla dodicesima ora e del record di Boato che andò avanti per diciotto ore e cinque minuti. Quell’ostruzionismo che in passato era una valvola di sicurezza, l’eccesso come sfiatatoio, oggi è diventato il suo opposto: l’eloquenza in apnea è intossicazione, l’antico virtuosismo parlamentare è ormai il peggiore vizio parlamentarista.

One thought on “IL FOOTING DELL’OSTRUZIONISMO

  1. vinenzo ferraresi

    Egr. sig. Francesco Merlo
    con onestà devo dirle che il tono dell’articolo non mi è piaciuto, lo sfottò va bene con alcuni argomenti ma credo che non sia adatto parlando di riforme costituzionali. Il Senato della Repubblica nell’assemblea costituente ebbe un lungo dibattito ( basta cercarlo nell’archivio storico) e culminò con un’analisi comparata di tutte le costituzioni allora in vigore dall’Argentina al Venezuela. La conclusione fu che allora pochissimi paesi non avevano il Senato e quei pochi erano paesi in parte autoritari. La discussione fu lunga anche per decidere chi potevano essere i candidati e chi gli elettori. Il nostro ordinamento stabilì il suffragio universale e gli elettori e i candidati dovevano avere una certa età per votare e candidarsi. Ora dopo sessantasei anni improvvisamente si scopre che il Senato non va più bene e se ne vuole fare un’altro. Va bene. Però le prime motivazioni del Premier furono ridicole. Le ricordo che disse ” duecento persone in meno che vivono di politica”. Le sembra questa la ragione dell’istituzione del Senato? Se si voleva risparmiare bastava dimezzare i due rami del parlamento e se invece si voleva accelerare l’iter legislativo basta regolamentare il funzionamento delle camere. In ogni caso Lei rimane un grande giornalista e mi scuso se non ho apprezzato l’ultimo articolo.
    Con rispetto
    V. Ferraresi
    vincenzoferraresi@gmail.com

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