L’arresto a Beirut di Marcello Dell’Utri IL CODICE DELLA MEZZA MAFIA

Il mezzo mafioso si sente un mafioso e mezzo, e dunque Dell’Utri è patacca pure nella fuga proprio perché è un uomo di mezza mafia, uno dei tanti rovinati dal film il Padrino dove il vecchio satrapo (Hyman Roth) se la gode in Florida e nella Cuba di Batista. Dell’Utri voleva godersela nella Beirut a 5 stelle, con carte di credito e telefonino, e non infilarsi nella botola dei mafiosi veri come il Malpassoto e Provenzano, e neppure in un’altra vita come Buscetta e forse Matteo Messina Denaro.
La mezza mafia, nel codice penale, si chiama concorso esterno. Prima che un reato è un’antropologia fatta di mafiosità (che è diversa dalla mafia) e di narcisismo. Dell’Utri è di quelli che si mettono in posa con i libri al posto delle pupe, e ora la sua fuga è sgangherata come i diari finti di Mussolini che storici autorevoli accreditarono mentre il mezzamafia li definiva “presunti veri” con il sigaro della sbruffoneria al posto della cicoria di Provenzano.
E fu presunzione da mezza mafia ridurre il boss Mangano a corpo scelto di Silvio e poi dirgli al telefono: Berlusconi “non suda”, non sgancia. Pensava di prendere a servizio la mafia senza mettersene a servizio, credeva di avere più corna del diavolo. Raffaele Lombardo, per esempio, governava con l’antimafia a Palermo mentre a Catania trafficava (dall’esterno) con la mafia sempre esibendo un sicilianismo fatto di baffi, riportino e ‘sgruscio di carrettu’. L’antropologia da mezza mafia è la stessa di Cuffaro che, dopo l’orgia di baci e di cannoli, teneramente fu l’unico ad infilarsi in carcere. Ed è quella di Mannino, che esibiva il latino e il greco come prezzo che il vizio paga alla virtù: è stato assolto perché l’antropologia non esclude l’innocenza penale.
Solo in Dell’Utri la mezza mafia diventa paradigmatica , a partire dal gessato e dalla scriminatura ‘come te l’aspetti’, l’incedere con la spalla ‘sciddicata’, gli odori di barbiere – allume, prep e floid – e quel parlargli all’orecchio e il suo rispondere a occhiate che da ‘Fortunato al Pantheon’, tra Pera, Previti, Verdini, Jannuzzi e Micciché, lo rendevano capotavola di un tavolo rotondo: tutti gli occhi a lui mentre Fortunato (buonanima) grattava una razione doppia di tartufo al predatore alfa. Finché arrivava Silvio e, per stare al gioco, gli faceva il baciamano e lo chiamava “don Dell’Utro” .
Nessuno ha mai capito chi, tra loro, era il doppio, chi il servo e chi il padrone, ma solo che l’uno era l’autenticità dell’altro. L’uno portava “la Sicilia come metodo”, la sostanza di un ‘saperci fare’, e l’altro lo copriva d’oro sino ai 21 milioni di euro con cui gli ha comprato la villa Comalcione che ne valeva 9: “Mi arrivava un busta anonima in ufficio con dentro delle banconote”. E la casa? “Un giorno mi disse ‘vedo che ci stai beni, tienila, è tua’”.
Senza sottovalutare il dettaglio dell’allegro ‘consierge’ Bonaiuti che lascia Forza Italia “perché sono un moderato” , è l’arresto di Beirut che seppellisce l’epoca dei consigliori di Berlusconi ormai sostituiti dalla Pascale e dalla Rossi, due sorelle Materassi che, come le ‘sanguette’, controllano l’eccesso di liquidi nella decomposizione. Dell’Utri è letteratura non solo perché rimanda all’ ideologia delle mezze cose, alle mezze porzioni, alla consapevolezza nascosta di essere mezzi uomini ma perché il concorso esterno, che neppure il Libano conosce, è una vera specialità italiana, un paese fuori e dentro la modernità, la laicità, il capitalismo e la legalità; il paese dove è stato condannato il mezzo poliziotto e mezzo mafioso Contrada, il Paese del mezzo statista e mezzo mafioso Andreotti.
E scappano sempre nei ‘non luoghi’ i ceffi italiani. Il Brasile-paradiso di Battisti è come la Beirut di Dell’Utri: lì spacciano rivoluzione, qui corruzione . La sua geografia ulteriore, i suoi ‘altrove’ di bengodi sono Santo Domingo, le Bermuda, la Guinea Bassau e il Libano. Nella mappa che, direbbe Benjamin, è il suo curriculum vitae, c’è anche la terrazza dell’ Eden (via Veneto) e la via Giulia del ristorante ‘Assunta Madre’ dove tutti sembrano comparse del film ‘Terapia e pallottole’, proprio come Dell’Utri quando disprezzava la tv asservita: “Io vado solo da Santoro”. Già nella scenografia nera e nell’esagerazione delle bollicine e dei vassoi di pesce ci sono la posa, il codice, il posizionamento del concorso esterno, di chi non potendo avere i galloni della piena appartenenza lascia intendere di essere il pupo che controlla il puparo e assume su di sé anche il folclore: “Persino io – diceva Dell’Utri – guardando me stesso dall’esterno, mi riconosco come mafioso…”. E forse è un furbo il proprietario che si chiama Gianni ma si fa chiamare Johnny, regalando un brivido di mezza mafia in più agli avventori, tutti squadrati dagli agenti dell’Antimafia che ha sede poco più in là.
C’è, infine, il dettaglio shakespeariano: Alfano ha voluto dare l’annuncio della cattura. Il giorno prima aveva dichiarato: “In politica non ci sono nemici da combattere”. Silvio ha commentato a mezza voce: “Perché per lui in politica ci sono solo amici da tradire”. Ecco, appunto, il codice della mezza mafia.

One thought on “L’arresto a Beirut di Marcello Dell’Utri IL CODICE DELLA MEZZA MAFIA

  1. vuesse gaudio

    Mezzo vs Mappa▐
    Notevole, Francesco Merlo. Solo che ha seminato nel povero poeta un dubbio abissale, ai bordi metonimici(!) della Regola di Freeman: “Le circostanze, se possono forzare un incompetente generalizzato – così recita la Regola – a diventare competente in un campo specifico, potranno forzare un mezzo mafioso generalizzato a diventare mafioso particolare?”
    Sul concetto di mappa che fa sottentrare, da par suo, come se niente fosse, arriveremmo a trovare agganci con Giordano Bruno e l’arte della memoria, e anche il teatro della memoria, tra ombra, canto di circe, mitologia del piffero e decantazione dell’asino volante, la ruota e l’esagramma numerologico di cui all’alfabeto relativo ai Rosa Croce. Il paese dei cedri, così eletto come apparente locus eternae poenae , anche nel codice del mezzo, apparentemente mezzo luogo, appunto l’altro mezzo qual è? Non è Palermo, non è Catania, non è Roma, non è Milano.

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