A pranzo con …3) Umberto Veronesi LA GRANDE BELLEZZA DELLA VECCHIAIA

DAL MENSILE GQ – Numero di dicembre 2013
Hanno apparecchiato nel suo ufficio, una cameretta da poeta assediata dalle donne: “Il piatto preferito del prof? Una noce” scherzano. Quella vegetariana mi pare la Tavola dei Doveri: formaggi freschi, melanzane arrosto, prosecco. Quando ha mangiato carne l’ultima volta? “Sono passati molti anni”. Gli ricordo che Gianni Brera, che era di sei anni più vecchio di lui, pensava che gli italiani fossero perdenti perché malnutriti; il roast beef degli inglesi invece e i wurstel dei tedeschi erano muscoli e sangue. Ma il prof sa di essere la negazione della teoria dell’abatino: classe 1925, è il vegetariano alto, energico, sportivo, incontenibile nello spazio e nel tempo. E’ cresciuto con la carne o con il mais? “Sono nato povero e solo nei giorni di festa ricordo l’odore della carne”. E le sigarette? “Ho fumato giocando a bridge in coppia con mia moglie. Quando abbiamo capito che le carte e il fumo non erano separabili abbiamo smesso”.
Davvero vorrei non fargli la solita intervista sul cancro e sui temi disperati, ma subito gli dico che io sto con Vasco Rossi il quale, invece di farsi curare, si rifuggerebbe in qualche isola con una donna. “Una sola? Vasco Rossi ha ragione a rifiutare la malattia come sepolcro”. Poi Veronesi mi spiega che “in Italia diminuiscono gli omicidi, 600 l’anno, e aumentano i suicidi, 3000 l’anno. Al primo posto, 50 per cento, c’è l’impiccagione, seguono il lancio dalla finestra, la pistola, l’annegamento e l’avvelenamento. E’ tutto così orribile”. Facciamo come in Olanda? “Quella olandese è una legge molto rigorosa e civile”. Lui però non ha tentazioni: “Invecchiare è bellissimo e non è vero che i vecchi non sono creativi. Il mio coetaneo Camilleri, per esempio, inventa le meravigliose storie di Montalbano”. Il vecchio diventa generoso perché vuol farsi perdonare gli eccessi giovanili? “Faccio i conti con la fine della vita e mi pare di aver vissuto come un santino, non ho mai licenziato nessuno, non ho mai fatto brutti scherzi a nessuno”. Forse con le donne – dicono – ha esagerato un po’? “Le amo molto e ne ho amate molte, e sono grato a tutte. Ma non sono un don Giovanni, semmai il mio modello è Casanova”. Vuole dire che non ha fatto prigioniere ma si è fatto imprigionare? Il sorriso gli fa sparire il viso, come Mefistefole quando mostra a Faust i medici e i diavoli che si contendono l’homunculus o, nel suo caso, la foeminuncula (aut muliercula).
E’ fiero di essere nato in una di quelle cascine che si serravano attorno a Milano con umiltà devota, ma oggi la sua città gli pare “ridotta male, pronta per il Barbarossa”. Gli piace il Sud: “I siciliani sono più civili e non sono noiosi e conformisti come i milanesi”. Non somiglia a uno scienziato, è una specie di modello da passerella antropologica, maestro di morale e prototipo del bel vecchio italiano senza bile, come furono Gassman, Montanelli…, com’è Scalfari: “Quando la vecchiaia diventa bella lo senti dentro”. Tutto scatti, verticale e adesso un po’ curvo, ricorda molto Montanelli, anche nell’eleganza: “Siamo stati molto amici, anche se all’inzio lo criticavo perché mi pareva di destra. Poi abbiamo condiviso la battaglia dell’eutanasia. Ed eravamo scanzonati, avevamo in comune Milano e un certo sprezzo… Lui era un depresso e mi chiedeva: ‘tu sai chi e perché ci ha scaraventati in questo maledetto mondo?’“.
Il prof ha scaraventato al mondo sette figli. E ora ha sedici nipoti: “Il più piccolo, 4 mesi, si chiama Umberto.” La famiglia si riunisce “almeno tre volte all’anno: Natale, Pasqua e Ferragosto”. Mi racconta della moglie, un’ebrea di orgine turca che fuggì da Treblinka. Tutti sanno che è un pacifista irriducibile: “Una volta a Pistoia una mina mi eplose accanto e persi i capelli, solo nel lato sinistro”. Adesso è calvo. “Ma non c’entra, perché allora ricrebbero”. Il futuro è senza peli? “E’ vero il contrario, l’uomo si femminilizza e le donne, si sa, non perdono il pelo. C’è sempre meno spazio per gli ormoni maschili, gli ormoni dell’aggressività”. Conosco donne terribili, gli dico. E di nuovo ride come un dolce Mefistofele.
Mi racconta la storia di questo straodinario ospedale laico che non somiglia a un ospedale: “In Italia credono che il ‘non fare’ sia di sinistra”. Eppure ha simpatia per Vendola “perché tiene accesa la fiammella dell’ egualitarismo”. Ma Nichi lo sa? “No. Anzi abbiamo polemizzato perché io non amo i fondamentalismi”.Gli piaccciono gli architetti, gli ingegneri: “In Italia bloccano qualsiasi progetto e pensano che il cemento sia il diavolo”. Si sa che il prof è per l’igegneria genetica: “Può salvare il mondo dalla fame”. E’ riuscito a modificare genticamente anche la luce della sua Milano. Grazie ai mattoni rossi, al vetro e ai piccoli giardini interni, che sembrano conventi di clasura della luce, l’ospedale cattura il chiarore e trasforma il grigio-sporco, che è appunto il fondale di Milano, in un illuminazione molto viva ma dolce, come di lucerna: cerca di prendere in giro la morte? “Di allontanare il dolore della morte, ma non di prenderla in giro: morire è un dovere”. Veronesi parla ora di quel paese, immaginato da Saramago, dove nessuno più muore “perché, semplicemente, la morte ha smesso di fare il suo lavoro. Dopo la prima reazione di festa tutti si accorgono che è un disastro. Le persone, in condizioni terribili, non possono né guarire né morire. Vuol dire che muori oggi e muori domani, ma non muori mai”. Veronesi dice in dialetto le cose più fulminanti. Scrive poesie? “Sì. Ma le butto via, subito”. Sicuramente diventa poeta se mi racconta il mondo della sua Milano dialettale, quando le strade entravano nelle case come nei quadri di Boccioni: “Negli anni terribili della guerra e della miseria, mia madre andò a trovare una contadina. Dei suoi sette figli, che non riusciva più a sfamare, ne aveva perduti due. Era sollevata: ‘M’ha salvat la Cruz’. Ecco: morire è un dovere”.

One thought on “A pranzo con …3) Umberto Veronesi LA GRANDE BELLEZZA DELLA VECCHIAIA

  1. angelo libranti

    In una intervista “colta” cosa ci azzecchi Vendola non è dato sapere, poi, come faccia un professore di fama mondiale ad avere simpatia per lo stesso personaggio resta un mistero, eppure l’Italia è piena di personaggi della più varia estrazione. Boh, devo rivedere il regolamento per attribuire la simpatia.

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