L’ EROISMO DEL PICCOLO GESTO Sprangano un uomo e per finirlo uccidono anche il medico che lo soccorreva

Il grande eroismo del piccolo gesto è costato la vita a una di noi, una dolce signora di Bergamo, che è morta nella guerra a bassa intensità che ogni giorno si combatte nelle strade d’Italia. Animali travestiti da uomini, per finire un uomo già finito, hanno infatti ucciso anche lei che lo stava soccorrendo come appunto avrebbe fatto ciascuno di noi. Non il buon Samaritano della parabola o San Francesco, ma chiunque si fosse trovato a passare di lì e avesse visto quell’indiano steso per terra, straziato dalle sprangate, boccheggiante e rantolante.
Eleonora Cantamessa era una ginecologa di 44 anni, un medico. E dunque non era mossa soltanto dalla pietà ma anche dalla fedeltà al giuramento di Ippocrate, dalla competenza, dall’abitudine a soccorrere . Il medico si mette sempre di traverso davanti alla morte, cerca di fermarla, di ritardarla, di renderla meno dolorosa. Eleonora Cantamessa per professione aveva dichiarato morte alla morte.
Ma quattro bestie a bordo di una Golf sono tornate indietro, non come i killer freddi che seguono una logica, ma come furie appunto, travolgendo tutti quelli che , nonostante l’ora, si erano fermati ad aiutare il ferito, investendo un’ auto che passava, accanendosi su qualsiasi ostacolo che intralciava la loro corsa verso quel corpo da finire. Sono questi i nuovi mostri che perdono i controlli e picconano i passanti come a Milano, sparano in pizzeria come a Pozzuoli, penetrano nelle case come a Perugia e uccidono chiunque si metta di mezzo, si accaniscono a coltellate come a Bari. E’ una nuova antropologia che ha ormai invaso le nostre strade, non più luogo di incontro e di passaggio ma discarica di frustrazioni, aggressività, malumori, spietatezza.
Che si tratti di indiani non ha molta importanza, perché la macelleria non è un appannaggio né razziale né etnico ma è il prodotto più visibile dell’imbarbarimento generale che non conosce meticciati e transnazionalità, melting pot e incroci . Sappiamo già, prima ancora di sentirli, di cosa stanno straparlando i leghisti che vanno avanti a meccanismi pavloviani perché sono il rovescio, l’uguale contrario dei cattivi immigrati, che certo ci sono, perché la sola democrazia che al mondo funziona perfettamente è la distribuzione in dosi uguali di stupidità e di ferocia. Ma le strade italiane sono trincee e percorsi di guerra come in America, come in Inghilterra, come in Francia, senza il bilancino milligrammato delle nazionalità: non ci sono razze più stupide e più feroci di altre ma ci sono uomini più stupidi e più feroci in tutte le razze.
La foto della dottoressa Cantamessa ci mostra una faccia piena di luce, predisposta al sorriso. E vale la pena correre il rischio della retorica e mettere sotto la lente di ingrandimento l’Italia che la dottoressa rappresenta, la stessa che a Lampedusa, a Ragusa, a Catania accorre ad aiutare i disperati che sbarcano dalle carrette del mare. Il paese di Chiuduno. dove è morta, di Trescore Balneare dove viveva, la città di Bergamo dove era nata, sono l’ Italia minore, cattolica ricca e per bene, dove anche i legisti sono ormai tollerati e metabolizzati.
E voglio dire che questa tragedia non rischia di incrementare la xenofobia contro la quale stiamo, tutto sommato, mostrando di avere prodotto gli anticorpi. Il pericolo vero è che vinca don Abbondio che “proseguiva il suo cammino guardando a terra e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero”.
Alessandro Manzoni non immaginava che il suo buon parroco vigliacco sarebbe stato rilanciato come tentazione, come modello anche per noi, per chi appunto non è samaritano né francescano, ma per noi italiani che siamo sempre pronti a quegli atti di piccola prospettiva senza eroismo, come quello che è costato la vita alla dottoressa, che sono l’immensa forza di una democrazia. Perché, come notava l’Uomo senza qualità “la loro somma collettiva mette in circolo una quantità di energia molto superiore a quella che viene impiegata in atti di eroismo, anzi al confronto le azioni eroiche appaiono nel loro insieme minuscole come un granello di sabbia posto per illudersi in cima a un monte”.
La dottoressa di Bergamo era un campione di questi italiani pietosi, qualcuno pio, qualcuno medico, altri infervorati di senso civico … , e c’è chi è preso da generosità, chi ha la solidarietà come cultura e chi per istinto sa infilarsi con carità non pelosa nelle minuscole e terribili tragedie di ogni giorno, sempre senza calcoli e senza mai immaginare che possa arrivare un’auto omicida, una valanga di follia.
Se è vero che la storia si fa con le piccole storie e anche nella morte di una sola persona può nascondersi il significato di un’epoca, ebbene dobbiamo impedire che con la dottoressa muoia l’Italia dei piccoli grandi gesti quotidiani.

3 thoughts on “L’ EROISMO DEL PICCOLO GESTO Sprangano un uomo e per finirlo uccidono anche il medico che lo soccorreva

  1. dino ignani

    Caro e stimato sig. Merlo,
    leggendo il suo articolo questa mattina ho sobbalzato al suo enorme e grave svarione: “Animali travestiti da uomini”.
    Caro sig. Merlo, gli ANIMALI non hanno mai commesso e mai commetteranno ciò che hanno fatto le persone che hanno investito e ucciso la dottoressa mentre soccorreva l’individuo ferito.
    Nella sua ultima partecipazione a Prima Pagina, trasmissione che seguo ogni mattina, e nella quale ho apprezzato molto la sua conduzione, nella lettura dei giornali lei ha dato del “cretino cognitivo” a qualcuno. Ora non ricordo a chi o a quale fatto si riferisse ma la locuzione “cretino cognitivo” mi è rimasta impressa nella mente perché, in quel contesto, l’ho trovata adeguata e efficace.
    Per me, tutte le persone che paragonano le efferatezze degli uomini alle azioni degli animali, sono – più o meno – dei “cretini cognitivi “.
    Per salutarla con un po’ di ironia, le dico che potrei sopportare quando alcune azioni umane vengono paragonate a delle bestialità perché, come disse argutamente qualcuno:
    “Il bue è un animale, l’uomo è una bestia”.
    Cari saluti,
    dino ignani

  2. Eugenio

    Gent.le Merlo,
    Rimango sempre toccato dalla lettura dei suoi articoli. Anche la sua recente conduzione di prima pagina ha confermato il suo spessore morale. Lei e’ davvero una delle persone che riesce ancora a trasmettermi forti emozioni. Venendo al suo articolo, quando lei dice ” chiunque di noi si sarebbe fermato ” mi sono sentito tirare un po in causa. Credo che la sindrome don abbondio sia gia’ insita in me. Premetto sono una persona che ancora oggi si indigna per lo scarso senso civico e morale che anima alcuni dei miei connazionali. Detto questo pero’ riconosco che molto spesso il prestare soccorso e/o assistenza ad chi ne ha bisogno viene un po frenato da banali calcoli egoistici. Sono pero’ fiducioso che al momento del bisogno prevalga in me la parte non-donabbondiana. Continuero’ a seguirla sul giornale e spero di ascoltarla presto in radio. I miei saluti
    Eugenio

  3. paolo

    Come sempre sono d’accordo sulle sue riflessioni; unicamente ,essendo del luogo ,non ricordo di recenti sparatorie in pizzeria a Pozzuoli in prov. di Napoli; non vuole essere mera difesa ma, Le sarei grato, se verificasse in quanto mi preoccuperei dei miei vuoti . Grazie dell’ospitalità.

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