ANNEGATI SULLA TERRAFERMA BAGNATA DAL MARE / CATANIA SEPPELLISCE I NAUFRAGHI DELLA MISERIA MENTRE ACCOGLIE QUELLI DEL LUSSO

CATANIA – Sono annegati in sei, naufraghi della miseria, sulla terraferma bagnata dal mare mentre al porto 12500 croceristi, naufraghi del lusso, venivano accolti a limoncello e vino. L’operazione, che era stata battezzata ‘piovono turisti’ è diventata ‘raccolta di morti’, e nella città che nello stesso momento abbraccia i viaggiatori ricchi e seppellisce i profughi poveri c’è tutta l’infelicità che noi italiani abbiamo oggi con il Nostro Mare, che è una disgrazia per tutti, per quelli che sbarcano e per noi che li confortiamo e li respingiamo con un’accoglienza che è segregazione affollata.
Coperti con teloni di fibra sintetica gialla che luccica al sole e sembra carta stagnola, i sei ingombri sulla spiaggia non fanno pensare subito ai cadaveri. Il sole, che è tornato amico e che proprio ieri – sostengono gli astronomi – ha invertito il magnetismo dei suoi poli, scherza con quei teli che sembrano gli specchi ustori di Archimede. E a riprova che Dio non si accorge mai di niente, il cielo e il mare di Catania sono bellissimi, con l’Etna nera sullo sfondo. Il paesaggio, insomma, non è certo di morte, ed esalta il senso speciale di questa terribile giornata di San Lorenzo: il divertimento e la gioia dei crocieristi misurano, per beffardo contrasto, una tragedia che altrimenti sarebbe uguale a tutte le altre tragedie dell’immigrazione che funestano un Mediterraneo che, nella sponda sud, è diventato la bagnarola dei poveri.
E noi, che siamo la cerniera tra poveri e ricchi, noi che siamo quelli di passaggio, noi che siamo la via verso l’Europa…, noi non sappiamo cosa fare. Proprio come la signora Bice che, in costume e cappello, oggi è arrivata in spiaggia e le viene da piangere: “Non sacciu c’hai a fari” mi dice, e il suo pianto viene ripreso da una tv locale. Spiega che vorrebbe dare un mano, non riesce a farsi il bagno, si sente in colpa per quei ragazzi morti in cerca di un lavoro che comunque non avrebbero trovato e di una libertà che non avrebbero raggiunto: “iu macari soddi ci dassi, io anche soldi darei” dice, dimostrando che il siciliano non è solo la lingua inventata dal cinema e dai romanzieri di successo per i forestieri che cercano conferme pittoresche ai loro pregiudizi.
Adesso un vento ‘grecale’, leggero e fresco, ha spazzato via lo scirocco, e mentre agita quei teli sgargianti di pietà scompiglia i capelli dei turisti che le tre più grandi navi di crociera hanno scaricato al porto. Ma alzando i teli lo spettacolo è straziante e viene da piangere anche al giovane vicesindaco, Marco Consoli, che è arrivato qui alle 7 del mattino, quasi insieme ai carabinieri, alla capitaneria, ai vigili del fuoco, al 118. I poveri corpi sono disidratati e al tempo stesso gonfi d’acqua, pelle secca e sfrangiata ma stomaci dilatati e tesi. Gli occhi sono già chiusi perché i sommozzatori li hanno composti nella dignità della morte, i vestiti sono fradici ma decorosi, adatti all’appuntamento con la nuova vita. Un ragazzo indossava persino un giubbotto con il pelo bianco, forse è lana di pecora. E poi orologi, catenine,piccoli bracciali che sembrano d’oro. Tra le cose che hanno trovato sul peschereccio c’è un telefono portatile, qualche foto di famiglia, e, avvolti in uno straccio, un portafoglio di tela e una borsa da donna: vuoti.
I morti sono tutti maschi e tutti giovani e c’è almeno un minorenne, forse due. Erano riusciti a sopravvivere alla guerra civile siriana ma non ce l’hanno fatta sulla battigia meno pericolosa del mondo, quella del Lido Verde, che è il colore dell’acqua, della pineta, delle cabine e degli ombrelloni, ma è anche il colore degli occhi delle ragazze brune nel tratto di spiaggia più elegante, certamente il meno popolare di una città e di una Sicilia che sino al pomeriggio non si è accorta di nulla perché mai si accorge di quel che accade nel suo mare, e infatti non si accorse neppure dello sbarco alleato, la famosa operazione Husky.
Il gestore del lido è un giovane friulano trapiantato, si chiama Dario, ha capelli lunghi e biondi, un po’ di barba a raso, i Rayban azzurri a goccia. Li ha visti alle 4 del mattino che si aggiravano nel buio dell’arenile: 90 dannati. Poi ha notato il peschereccio in secca e, al largo, le grandi navi che entravano in città. Dice che ha pure visto due corpi galleggiare. Ha chiuso il lido per due giorni e la polizia tiene lontani i bagnanti degli stabilimenti confinanti. Non ci sono scene di indifferenza, chiunque naufraga da queste parti trova calore e colore, si tratti di naufraghi veri o si tratti di turisti che giocano al naufragio per noia e per divertirsi. Naufrago viene dal latino ‘navifragium’, le navi che si rompono e liberano uomini e cose: i turisti per lo shopping e i profughi per la morte shocking.
E infatti sono morti perché non sapevano nuotare e, quando il loro peschereccio si è arenato sulla secca a venti metri dalla battigia, sono scesi felici e senza più prudenze ma non sapevano che c’era un vuoto, ‘la fossa delle telline’ si chiama, pochi metri d’acqua appena appena più profonda. Quelli più alti toccano con le punte dei piedi, agli altri bastano poche bracciate e non importa in che stile perché non ci vuole né forza né resistenza. Ma quei sei, che non sapevano nuotare, hanno avuto paura e sono morti per lo choc.
Il sindaco Enzo Bianco, che è fuori città, ha dichiarato il lutto cittadino, ha ordinato di sospendere i concerti di benvenuto ai turisti della notte di san Lorenzo, la città garantirà i funerali e le sepolture. Bianco sa che è difficile tenere insieme la gioia con il dolore. E’ la notte delle stelle cadenti e gli ricordo Pascoli, “io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade / perché si gran pianto nel concavo cielo sfavilla”.
Bianco, che è stato rieletto nel giugno scoro, ha fatto tanto per incrementare il turismo crocieristico che è economia rivitalizzata. Ieri per Catania era l’anno zero. E invece non si parla che di morte.
Due immigrati hanno riconosciuto uno dei morti: è fratello e zio. Mi colpisce che nessuno dei sopravvissuti pianga mentre, tra i soccorritori, tanti si stropicciano gli occhi. E lo vedo subito appena entro nei locali della capitaneria di porto dove i 91 superstiti sono salvati e mortificati, ricoverati e rinchiusi. In 45 si rifiutano di rispondere alle domande, come se non avessero un nome e un cognome:li porteranno nei locali della scuola Brancat nel quartieer dei naufraghi di terra, quel Librino che fu Leporinum, la campagna delle lepri. E’ un trionfo di baffi, barbe, canottiere e veli, mani e piedi grandi e induriti, una donna in cinta, almeno sette bambini. Si sente che tutti hanno paura. E infatti si stringono gli uni agli altri in un mucchio selvaggio di corpi accartocciati e incurvati come alberi piegati dal vento.
E invece due metri più in là i turisti inglesi, tedeschi, francesi vengono dispersi nella città che ha aperto per loro i palazzi patrizi, i musei e in meno di mezz’ora i catanesi hanno già venduto paste di mandorla e piccoli elefanti di porcellana, ciondoli della Trinacria e granite di gelsi.
Per i sopravvissuti invece nessuno trovava da mangiare, neppure la Caritas, poi il vicesindaco Consoli ha chiamato l’ospedale Cannizzaro e sono arrivati cento pasti per malati. L’ospedale li sfamerà sino al lunedì, ma c’è voluto l’intervento della Comunità di Sant’Egidio e non solo perché il cibo doveva essere adattato ai musulmani ma anche per parlare. Nessuno dei soccorritori capiva una parola in quel naufragio di lingue.
Catania non è abituata agli sbarchi. Gli esperti si aspettano semmai qualche incidente dentro il suo porto che è inadeguato perché troppo piccolo e troppo affollato ma nessuno pensava a un barcone di immigrati alla Plaja. Di solito approdano sulle coste di Siracusa e di Ragusa. Il procuratore della Repubblica Giovanni Salvi ha aperto un’inchiesta che dice “sarà complessa” perché sempre in questi casi ci sono scafisti e trafficanti di uomini, ma non si possono mettere le manette all’insensatezza, a quello che Bianco chiama “il paradosso di annegare sulla spiaggia”. Il mare non ha gettato sulla Plaja sei corpi annegati altrove. Questi poveri immigrati sono stati uccisi dall’ approdo. La cronaca è piena di traversate non riuscite, di carrette del mare rovesciate, abbiamo salvato persino gli uomini-tonno abbandonati al largo e aggrappati alle reti, ma questi erano ormai arrivati, e in spiaggia ci si scotta, non si annega.
Rimane quel peschereccio, che adesso beccheggia nel porto, una bagnarola per l’epopea di sei annegati a riva, qualcuno lo chiama già la “Provvidenza” come la poverissima barca dei Malavoglia, naufragata sulla costa di Acitrezza e raccontata da un uomo che, anche lui, non sapeva nuotare.

One thought on “ANNEGATI SULLA TERRAFERMA BAGNATA DAL MARE / CATANIA SEPPELLISCE I NAUFRAGHI DELLA MISERIA MENTRE ACCOGLIE QUELLI DEL LUSSO

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>