GRILLINI DI STRADA E GRILLINI DI WEB

C’è nel ‘grillismo di strada’ una cordialità senza nulla di sbracato che è il contrario del ‘grillismo di Rete’ che è invece furia sorda e ferocia. E infatti ridiamo pure di Grillo con una coppia di grillini, Eva e Roberto, che non somigliano ai  terribili parlamentari che sembrano ‘posseduti’. Questi insomma non hanno l’antipatia antropologica di Crimi e della Lombardi, e sono invece scanzonati militanti, delusi perché <volevamo goderci Beppe>. Ma quello,  mi dice Eva allargando il braccio verso la piazza  di Montecitorio che non riesce a contenerci tutti, manifestanti e poliziotti, e sembra  un Hyde Park strampalato, <ma quello è il solito: non  è venuto in piazza ma si è preso la piazza, come fa con la tv>.

E però, dico io, un vero capo è responsabile del proprio linguaggio e non si lascia sopraffare dalle sue parole d’ordine. <Ma è un uomo di spettacolo – mi replica Roberto –  il suo è il linguaggio tecnico da palcoscenico comico dove il sangue è sugo di pomodoro e il cadavere respira>. Dunque, l’unica novità preoccupante  è che Grillo sembra ormai aver perso la misura della sua dismisura lessicale?  Riferisco che mi risulta che è stato il Viminale a convincerlo a non venire in piazza.  <Viminale?> mi domanda Eva. Non sanno cos’è. Spiego: è la polizia.

La novità dunque è che per la prima volta forse Grillo  ha avuto paura del mostro che tiene al guinzaglio, finalmente si è spaventato di se stesso.  <Il golpe>, <la morte della democrazia>, <andiamo a Roma a milioni>: tutto era pronto per la solita esibizione di Grillo che, nelle piazze come questa, sembra il capo tribù dei Maori, quelli che si tatuano il viso con il moko  e ballano lo huka dei maschi aggressivi.  Grillo urla < inciucio, colpo di Stato>, proprio come il leader degli aborigeni neozelandesi grida <Ka mate, Ka mate>( morte, morte). La risposta dei maori è  <ka ora,  ka ora> (vita vita), quella dei grillini è  <a casa, a casa>.

Ieri la piazza di Montecitorio  si riempiva a mano a mano che si avvicinava l’arrivo di Grillo. Ogni tanto un’onda si spostava verso un qualcosa che sembrava accendersi, <c’è’ Beppe, c’è Beppe>. Ma erano fuochi fatui.  Ed era in fondo un divertimento di piazza che però con l’andar del tempo è diventato tensione perché i più facinorosi non volevano crederci che il capo non veniva: <Noi siamo in piazza e lui si caga sotto> dice uno che lavora nelle ferrovie. Crimi ci ha messo venti minuti per convincere i più tenaci a tornarsene a casa. E non solo perché qui è come se in uno stadio pieno si annunciasse la sospensione della  partita a pochi minuti dall’inizio. Ci sono fedeli che vogliono la benedizione di Grillo come si vuole la benedizione papale:  non viene, non può, e ci sono pure gli infiltrati, i provocatori, e i fascisti di Forza Nuova… Mi chiede il ferroviere:  <Non vi vergognate a dire che questa è  la marcia su Roma di Grillo?>. Rispondo: chi, io?  E’ la destra, da Berlusconi a Maroni e a La Russa, che lo sostiene. E aggiungo: La Russa sicuramente in nome dell’antifascismo, visto che è  un esperto di folclore littorio.

Qui ci sono quelli di Rifondazione , i cani sciolti, quelli  che manifestano da tutta la vita, e poi le organizzazioni alternative, i rivoluzionari di professione, singoli militanti di Sel, sono i <compagni> che ogni tanto  vedono arrivare un sessantotto e non vogliono perderselo: per tutti loro <Rodotà è di sinistra e Napolitano è di destra>. Anche fisicamente sono diversi dai grillini, che sebbene siano rumorosi, e tanto più rumoreggiano quanto più si avvicina l’ora di Grillo, sorprendentemente nella piazza vera non sono, come dicevo all’inizio, aggressivi come nella piazza senz’aria del web, sono gente dall’aspetto semplice e dimesso e non sembrano neppure i simili dei cittadini istituzionali che si sentono la nuova classe dirigente del paese.

Anzi qui, c’è molta correttezza. Rivolgono subito la parola a chi fa le domande e quando si accorgono, come nel caso mio, che sono un giornalista, cambiano atteggiamento, ma solo per farsi capire: <La storia della nostra rivoluzione non è stata ancora scritta, perché non vi ci dedicate?>.  Insomma ciascuno di loro non somiglia al se stesso che  sulla Rete insulta, forse perché si va al computer come si va in bagno o forse è un’infezione questa Rete che comunque non dà vera solidarietà, al massimo  ti protegge con il retweet.  In piazza invece la protesta, come oggi, è pur sempre concerto. La Rete rende peggiori tutti o solo i grillini? O forse più si avvicinano a Grillo e al suo mondo e più  i grillini gli somigliano.

Sicuramente il Grillo peggiore è quello che ha inveito contro il Bersani sconfitto. Di tutte le scene miserabili che hanno accompagnato questa caciarata che è stata l’elezione del capo dello Stato, la peggiore ce l’ha offerta appunto Grillo che, durante il comizio di venerdì a Udine, ha ricevuto la notizia della dimissioni  di Bersani e ha reagito  con la malagrazia di un isterico, non con  la soddisfazione di chi  si sente vincitore e  dunque saluta e celebra l’avversario che in politica è sempre una risorsa.  E inoltre il leader che davvero vince  diffida sempre della propria vittoria perché sa che i suoi fumi lo possono sconfiggere. Tiene insomma a freno, un vincitore intelligente, gli umori nebbiosi che si sprigionano dal successo.  Forse per questo ieri, obnubilato, Grillo ha organizzato a Roma  una manifestazione e poi ne ha avuto paura. E’ vero che a differenza di tutti gli altri populismi europei Grillo è riuscito a catturare e magari anche a conquistare un pezzo della rispettabilità italiana ma è la vittoria il suo problema. Sa che non c’è nulla nel sacco che tiene in mano. Si credeva uno stratega perché infilandosi nella contraddizione della sinistra ha lanciato la candidatura di Rodotà, ma come Charlie Chaplin che prende a calci la mappa dello Stivale è stato battuto dalla ri-candidatura di Napolitano.

Eppure a Udine indossando le penne del vincitore, venerdì aveva  chiesto alla folla di gridare con lui <a casa, a casa>  a Bersani appunto, un uomo che a  casa sta già andando, e mestamente. Un vaffa detto prima può anche far ridere e persino pensare, pur nella sua stupidità volgare, ma il vaffa detto dopo, e a uno che a quel paese ormai c’è già,  è il colpo di grazia, una botta di remo sulla testa di un naufrago, lo sparo alla nuca su un corpo rantolante, insomma è esattamente l’opposto  della finezza di modi e della difesa dei diritti elementari, soprattutto degli sconfitti, che si celebra negli insegnamenti di quel sottile ed equilibrato giurista che è Stefano Rodotà. E infatti Rodotà ieri per ben due volte si è dovuto dissociare dall’adunata contro Napolitano e dal linguaggio eversivo di Grillo: <Si dissente nelle sedi e nelle forme istituzionali>

E  dunque mentre a Roma ieri manifestavano nel suo nome  era evidente che è ai contrari di Stefano Rodotà che  Beppe Grillo si ispira. Per esempio  a Maramaldo, il vile che uccideva un uomo morto, quando appunto si accanisce su Bersani, facendo saltare tutti i codici di guerra che sono fatti di onore e di rispetto verso il vinto. E si ispira, sia pure in versione genovese, a Ciceruacchio, quando conta il suo popolo a milioni di milioni e straparla di <fine della democrazia>, <giornata nera della repubblica>. Ciceruacchio, che in romanesco vuol dire cicciottello, era un tribuno della plebe dagli occhi  di fuoco, la barba risorgimentale e i capelli lunghi e ribelli che organizzava assalti a conventi e derubava i preti. Ne parlo con un grillino che porta pure il fermocravatta, anche lui si presenta con il nome: Enzo. Ammette che in fondo sarebbe molto più efficace, invece di invocare il golpe, criticare la rielezione di Napolitano  perché si rischia, anche con lui, il déjàvu che è uno stato confusionale del Paese, una fuoriuscita dal tempo reale, sostenibile solo quando è un lampo di pochi secondi. Qui dura da venti anni e non è mai finita. Tanto più che i bis rischiano di sporcare anche il passato, di ammalare persino la memoria.

3 thoughts on “GRILLINI DI STRADA E GRILLINI DI WEB

  1. Raffaella Venturi

    Grazie, Francesco Merlo, sempre puntuale nelle analisi, perfetto, anche spassoso, nei confronti. Grazie anche per la conduzione di “Prima pagina”. Nello scarto fra il giornalista politicamente corretto e il giornalista virtuoso e imprevedibile sta la differenza di un fuori classe.

  2. flavia

    Bravo, bravissimo. E’ una sensazione molto piacevole sentirsi d’accordo con qualcuno che così spesso ci sorprende. Emergono in modo naturale pensieri nuovi, così bene espressi che è un piacere leggerli e ancor più ascoltarli. Aiutano a chiarirsi le idee senza avvelenare l’anima.

  3. JoeSerpe

    Sa cosa le dico, caro Francesco Merlo, io l’ho sempre saputo che lei è un grillino:

    lei, dalle pagine di uno dei quotidiani più anti-grillini che ci siano, fa campagna elettorale per Grillo e il suo movimento facendo finta di andarci contro, da sempre.

    Lo fa esaltandone i difetti fino a far diventare la finta critica una parodia grottesca di una vera critica, dunque una non-critica.

    Lo fa mettendone in luce tra le righe i pregi, gli aspetti di cui non sarebbe lecito parlare su quel quotidiano, ma di cui riesce a parlare con la scusa della falsa condanna, confondendo la censura.

    Ho letto con attenzione molti suoi articoli anti-grillo e c’ho trovato sempre queste dinamiche, dove più dove meno.

    E infondo non è una tattica del tutto nuova: ai tempi del fascismo chi voleva criticare il Duce lo faceva scrivendo un elogio talmente caricato da apparire caricaturale, per farsene scherno assieme a chi avesse letto con un minimo di intelligenza. Certo, c’erano pure quegli scrittori talmente egocentrici e tonti da diventare ridicoli senza rendersene nemmeno conto. Ma c’erano anche quelle menti acute che riuscivano a pubblicare prese per i fondelli al Duce che poi passavano tranquillamente tra le maglie di una censura ottusa capace di leggere solo il significato letterale delle parole (sto pensando a quello scritto di Giacomo De Benedetti sul linguaggio di Mussolini: una celebrazione di un linguaggio di per sé piuttosto banale, talmente carica di elogi e di magnificazione, da diventare parodia). Ecco, lei oggi fa la stessa cosa, col segno algebrico opposto.

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