Bersani perduto dall’apparato che ha salvato dalla rottamazione / LA VITTORIA DELLO SCONFITTO

Stretto alla sua vittoria, mutilata come l’Italia di Vittorio Veneto, Pierluigi Bersani è rimasto nascosto al mondo per 26 ore, riunito in conclave, consegnato alle ruminazioni di quell’appartato che aveva salvato dalla rottamazione e che invece lo ha perduto. E quando finalmente si espone, alle 5 della sera, sembra  uno dei protagonisti delle commedie francesi di Beber, ‘ L’apparenza inganna ‘ o’Le diner des cons, la cena dei cretini’,  il segretario senza sale, l’eroe suonato che ci commuove irritandoci:  <Siamo primi ma non abbiamo vinto>. Più  precisamente è il vincitore sconfitto perché <la parola tocca a noi> anche se Berlusconi non ha perduto e Grillo ha trionfato. Ebbene, la vittoria mutilata, la sconfitta del vincitore non è   facile da esprimere, non bastano più gli scogli da asciugare, le bambole da pettinare e i giaguari da smacchiare, non ci sono metafore per fermare <gli scappellotti> che promette Grillo né le sirene di Berlusconi che sussurrano il governissimo. Di sicuro il vinto-vincente Pierluigi Bersani è  l’esatto contrario di Matteo Renzi  che è invece diventato il perdente di successo, il blasonato, santificato dalla sconfitta alle primarie, destinato a sontuose celebrazioni, erede ormai per acclamazione.

Perciò quando Bersani si agita sul trespolo in mezzo ai giornalisti e ai cameramen che gli si stringono a semicerchio sembra  davvero il prigioniero a cui Beppe Grillo sino a ieri urlava:  <Siete circondati, arrendetevi>. Il tono è dimesso, da prefica, da orfano, da condannato al patibolo del governare. Ci proverà con Grillo <nelle sedi istituzionali> sapendo che sarà gabbato, ma non ha spazi: il governissimo con Berlusconi <non è praticabile perché va nella direzione opposta al cambiamento>.

Quanto è frastornato! Nonostante gli occhiali di lettura perde il filo dell’intelligere,  più va avanti e più si smarrisce nel labirinto, e magari è un cattivo presagio perché forse, da questo momento in poi, più si muoverà più si paralizzerà.  E martirizza gli occhiali, che oggi prendono il posto del sigaro, mentre officia il rito funebre. La sua parola identificativa è <responsabilità>. La ripete sistematicamente , è un tic linguistico e un programma politico. L’Italia, che fu divisa in fascisti e antifascisti, è ora divisa da Bersani in responsabili e irresponsabili: di destra, di centro e di sinistra. Ma lui, che non ha mai avuto la faccia tagliente, spigolosa e forte del leader, non è credibile quando dice che farà <un governo di combattimento>. Stasera non ha nemmeno la solita faccia del buon uomo, l’aria burbera del salumiere sotto casa. L’amico rassicurante non è più sicuro di niente: <Ho letto tonnellate di senno di poi. Forse potevo fare qualcosa di più, ma io, solo questo mestiere so fare>. Ed è il miglior Bersani: <Noi siamo stati un punto di tenuta>. Dinanzi alla farsa di  Berlusconi che prometteva di restituire i soldi dell’Imu e alla scempiaggine di Grillo che annunziava l’ abolizione del debito pubblico, che è una vecchia idea dell’ insolvente, Bersani  stava fermo alla realtà che non è aggirabile da nessun contorsionista comico o politico. E però anche questa, che è stata la sua forza, ora gli viene rimproverata come debolezza. <Ammette – gli chiedono – di non avere saputo parlare alla pancia del paese?>

E quasi fugge dalla conferenza stampa, annulla pure la sua partecipazione a Ballarò, e così nessuno gli domanda dell’ apparato, vera debolezza della campagna elettorale.  Il rafforzamento dell’ apparatnik  che, dopo il successo delle primarie, non solo non è stato messo da parte ma si è ingigantito nell’ombra,  ha reso antipatico il simpatico Bersani e ha rilanciato l’immagine sovietica del gruppo dirigente,  la vecchia idea del ‘partito innanzitutto’.

Perciò, mentre Bersani parla con gli altri giornalisti nella sala dell’Acquario di Roma, io lo guardo correre all’indietro e, con l’occhio fisso allo specchietto retrovisore,  lo vedo abbracciato a Moretti  mentre il telecronista grida <c’è Nanni, c’è Nanni>, come nella satira della sinistra minoritaria e rituale degli antipatici, quella dei  lacrimoni, la sinistra dei‘venerati maestri’ di Edmondo Berselli.

E poi nello specchietto rivedo Prodi sul palco di Milano che stava lì come Lazzaro a  ricordarci  i fantasmi dell’ingovernabilità di sinistra, gli sgambetti, i ribaltini aritmetico-politici, le congiure di palazzo e i baffi di D’Alema. E ancora vedo Rosi Bindi che rifiuta  di farsi intervistare da un cronista del programma di Milena Gabanelli  sul disastro della sanità in Calabria: lui domandava e lei con la faccia di sfinge permetteva ai suoi ascari di strattonarlo e spintonarlo. Neppure lo squadrismo di Grillo verso i cameramen era arrivato a tanto.

Certo,  Bersani non sapeva di regalare voti a Beppe Grillo accettando il peluche di giaguaro da Bruno Vespa perché  è vero che la televisione non è il demonio, come  predica Casaleggio, ma ci vuole una sapienza di sinistra nell’usarla. Ed è vero che quell’ Ambra Jovinelli era, come  hanno scritto, <piena come un uovo> ma era anche piccola come un uovo, mentre fuori la sua piazza, San Giovanni, traboccava di folla e senza bisogno dei pullman  della Cgil.

Rimetto Bersani al suo posto, qui e ora, e capisco dai sospiri, dai colpi di tosse, dal sorriso tirato, dal tic della grattatina sulla guancia e dalla folla di consiglieri  pur nell’assenza di vere decisioni  che il vincitore non sa che farsene di questo 0,4 in più alla Camera e dei due seggi in più al Senato. Ha vinto le elezioni perdendo tutto, anche la grazia che aveva da candidato favorito e ora non è libero neanche di dimettersi. Non lo lasciano andare via neppure in elicottero a Castel Gandolfo con papa Benedetto perché quell’apparato è davvero molto più forte di lui: sono i suoi cardinali, il suo clero e anche loro deturpano il volto della sua chiesa. <Io non lascio la nave, posso starci come comandante o come mozzo ma non l’abbandono>. Bersani è il loro baluardo. Senza di lui si scatenerebbe il ‘tutti contro tutti’. Chi prenderebbe il suo posto e si lascerebbe  massacrare dalle beffe di Beppe Grillo? E quanti sono i corresponsabili della vittoria mutilata? In quanti dovrebbero seguirlo? Quante sono le rendite di posizione nel Pd?

D’Alema gli  ha detto che se l’esiguo vantaggio l’avesse Berlusconi, ora lo trasformerebbe <in un manicomio di allegria>. Franceschini gli ha consigliato di sedurre il mondo di Grillo con il decalogo del cambiamento: primo, dimezzare il numero dei parlamentari; secondo, ridurre gli stipendi di metà della metà; terzo, acqua gratis a tutti … . Anche il linguaggio è astruso, Bersani ammette che non è stata una vittoria  ma nega la sconfitta. Nel Pd usano <abbiamo prevalso>  che è un virtuosismo, un verbo  del Vangelo. <Non praevalebunt>  ammonisce Cristo quando fonda la Chiesa e vuole dire che sconfiggere le forze del male è missione, compito e  destino. Ma la prova è troppo dura per una brava persona. Bersani è una brava persona e le forze del male non hanno perduto: Berlusconi non è stato sconfitto, Grillo ha trionfato e dunque la vittoria è mutilata, senza allegria, senza futuro. Quando gli chiedono di ammettere che Berlusconi ha fatto una grande performance, Bersani perde pure l’appuntamento con il fair play e si smarrisce  nel politichese, nei numeri, nelle percentuali e  sostanzialmente nega la rimonta mentre in sala tutti ridacchiano: oggi non c’e’è pietà per il vincitore bastonato.

11 thoughts on “Bersani perduto dall’apparato che ha salvato dalla rottamazione / LA VITTORIA DELLO SCONFITTO

  1. mauchiz

    Le parole che forse Bersani avrebbe dovuto pronunciare “Siamo primi, per un pugno di voti, non c’è stata la nostra vittoria e quanto prima sarà convocato il Congresso del Partito al quale mi presenterò dimissionario”.
    Ricordo la commozione di Veltroni analizzando i risultati delle elezioni del 2008 (quando il SOLO PD prese il 34%), da Bersani ho percepito principalmente imbarazzo. Non aver voluto fare i conti con una rottamazione che proveniva dall’interno costringerà Bersani ad accettare una rottamazione proveniente dall’esterno, mai si era visto un rinnovamento del parlamento come stavolta. Mi stupisco anche di Moretti, forse, visto che sono passati più di 10 anni, ha perso un pochino della sua lucidità perché le sue parole del 2002 mi sembrano tuttora valide «Con questi dirigenti non vinceremo mai».

  2. Bruno Venturi

    Rispondo al commento: Il PD nel 2008 prese il 33,18. Quest’anno non poteva fare di più, a mio avviso. Nè poteva fare diversamente, con questa politica tutta gridata, tutta derisa, tutta sarcastica, che ormai sa usare solo parole tipo ‘rottamare’ -a parte l’uso che ne fa, lei Merlo, più che giusto- ‘tsunami tour’, ‘vaffaday’, ‘piacere day’ ghepardi da smacchiare… Bersani è stato ‘perduto dall’apparato che ha tentato di salvare dalla rottamazione’, appunto. E avendo vinto ha il dovere morale di tentare di governare, o di aiutare altri a provarci. Riguardo l’articolo di Merlo è come sempre altissimo, e pietoso. Su una cosa sola non sono d’accordo: Grillo ha preparato assieme a Casaleggio questa azione per cinque anni, almeno. E viene da anni di televisione -pubblica, pagata dai contribuenti con cifre sempre spropositate. Il suo non è dunque, a mio modesto avviso, un trionfo, perchè non è una novità. Io non sono un osservatore politico, tutt’altro. Ma sinceramente temevo e mi aspettavo un risultato da parte del 5 stelle molto più alto. Grazie per l’articolo

  3. fiorenzo barzaghi

    È vero che fare un governo per Bersani sarà difficile, ma non è il caso di buttargli la croce addosso. In fin dei conti ha ridimensionato B che adesso è costretto a elemosinare un governissimo per potersi proteggere. E poi se avesse vinto B anche in questo modo avrebbe fatto suonare le trombe dell’aida. Invece la sinistra è sempre lì a farsi del male e a dare a B argomenti per farle del male.

  4. Angelo Libranti

    Il massimalismo del PD, già PCI, è sconcertante. Siamo ancora alle parole di Pajetta: ” tra la verità ed il partito, scelgo il partito”.
    Bersani, buon uomo, è il classico vaso di coccio, infilato da un apparato furbo ed infingardo, fra vasi di ferro su una strada acciottolata.
    Gli hanno fatto vincere le primarie per allontanare lo spettro del liberale di sinistra Matteo Renzi, impedendo quel processo evolutivo che fecero di Blair e Schroeder dei vincenti nei rispettivi Paesi.
    Ora hanno modo di riflettere; è finita l’era fideistica del voto ideologico. L’elettore vuole benessere, anzi lo pretende, e vota di conseguenza.
    E’ maturata l’ora di Renzi, dal gradimento bipartisan, che ha già rottamato le vecchie logiche del PD ed è anche gradito dal centrodestra di Berlusconi.

  5. Andrea Ricci

    Secondo me Bersani ed il pd pagano oggi l’ appoggio dato a Monti, tutto qui. Se si fosse votato subito dopo le dimissioni di Berlusconi non saremo qui a fare questi discorsi. Di questo almeno bisognerebbe darne atto al pd.
    Bersani è poi tutto e il suo contrario “apparatnik” tassatore ma anche avendo votato il fiscal compact un liberista servo del potere finanziario (letta, lo giuro, su un sito “liberale”) .
    Insomma ha creato lui la crisi
    È il solito copione italiano la destra distrugge l’ Italia la sinistra la ricostruisce finché la destra non la risfascia.
    Attendiamo lo sfascio anche stavolta , magari in forma di nuove elezioni con governo Grillo (!) o Berlusconi (!!) e poi si ricostruirà

    P.S.
    avviso per Renzi:
    Blair passerà ala storia sopratutto per le menzogne sull’ Irak più che per i suoi “successi” economici
    Schröder invece passerà alla storia più come dipendente di Putin (Gazprom) che come riformatore, gli elettori infatti appena ne hanno avuto la possibilità gli hanno preferito una signora di apparato grigia senza una idea o un progetto ma efficiente e risoluta quando si tratta di rimanere al potere..una populista di centro

  6. Omar

    Be qui all’estero (Europa) si e sconcertati da come un 30% di Italiani possa ancora votare per un mister B(piccolo) dopo tutto quello che e stato in questi ultimi 10 anni. Dunque qui dicono che un terzo dei Italiani non e affidabile (ovvero non e il caso di prestarli alcunche).
    Questo e il dato di fondo di queste elezioni, anche se si tenta di ignorarlo!
    E smettiamola di dire che e colpa di questo o quello ovvero sempre dei altri, come i bambini piccoli. Anche li diamo l’idea di avere una maturita politica di un Bambino appunto. e questo che al mondo fa paura di noi. Non so cosa potra fare bersani, ma penso che sia meglio commissariare il paese e farlo governare da fuori, perche noi abbiamo gia dimostrato che non ne siamo capaci. Sara meglio per tutti noi Italiani. Ciao.

  7. Fulvia Steardo

    Condivido l’articolo. Pero’, nessun accenno al fatto che il grande burattinaio D’Alema, formula palesi atteggamenti anti-berlusconiani e poi favorisce la politica PDL da anni (dai tempi della bicamerle). Non solo ha fatto cadere Prodi dal governo ma non ha VOLUTO riconoscere in Renzi l’unico leader nato in seno al PD negli ultimi 30 anni ed in piu’ e’ comodamente seduto nella attuale poltrona di vertice dei servizi segreti. I fatti non corrispondono alle parole. Perche’ non lo smaschera nessuno, caro giornalista? Nel suo discorso alla riunione dei dirigenti post elezioni, all’inizio di questa settimana, ha riproposto sostanzialmente lo schema fallimentare della vecchia bicamerale………Con stima Fulvia Steardo

  8. Margherita

    Ho votato Bersani alle primarie, ho votato PD sempre per dare un voto utile. Non credo in Renzi, non credo nella gioventù e nello svecchiamento della Politica… Mi dispiace per Bersani… tanto… Ho visto il film “Viva la libertà” e la scena iniziale è cattivissima (bravissima l’attrice) … ma quello è il sogno di noi di sinistra di sentir parlare qualcuno di cose di sinistra…ed è, appunto, un sogno… nella realtà, abbiamo Pier Luigi, che almeno è una persona corretta, eticamente e moralmente, un politico della vecchia repubblica uscito indenne dalla prima repubblica… Forza PierLuigi! So già che farai del tuo meglio…

  9. Amerigo Cherici

    “Ora hanno modo di riflettere; è finita l’era fideistica del voto ideologico. L’elettore vuole benessere, anzi lo pretende, e vota di conseguenza”. E’ proprio così?. Non è meglio pensare che dopo tutte le bastonate economiche ed ecologiche che stiamo prendendo il popolo è ormai ricettivo verso proposte di cambiamento culturale? Quando si parla di morte del voto ideologico bisogna tener presente che ci si riferisce al superamento delle teorie ottocentesche, ma non che è venuta meno l’esigenza di un’ideologia. Della quale ci sono tutti i presupposti. Magari, se al posto di benessere mettessimo la parola felicità, sapremmo definire meglio gli obiettivi politici, e in piena autonomia, invece di cercare di imitare i comportamenti mediatici utili, per chi li sa mettere in pratica, al solo consenso di breve periodo (quello delle elezioni, per intenderci).

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