DOPO LE DIMISSIONI NON E’ PIU’ UN PAPA “DIMESSO”

Diciamo la verità,  Benedetto XVI  era un papa ‘dimesso’ prima di dimettersi,  mentre è diventato forte e persino squillante dopo le dimissioni: solo lasciando il soglio pontificio ha dimostrato al mondo d’essere stato l’ uomo più adatto ad occuparlo. Le dimissioni infatti salvaguardano l’ Istituzione, stabiliscono la differenza tra l’ Istituzione e il suo funzionario, tra la Chiesa e il papa, tra il Regno e il re, tra la Repubblica e il presidente, tra la Banca e il governatore, tra il generale e l’ Esercito, tra il direttore e il Giornale, ed è la stessa differenza che c’è tra la Specie e l’ individuo. Tanto più che Ratzinger , difensore della vita dalla prima cellula embrionale  alla malattia terminale di Eluana, se ne va per ridare vita alla Chiesa di Dio, come i capi spirituali indoeuropei, i Lama che abbandonano la guida delle anime per il romitaggio in attesa di reincarnarsi: la ‘renovatio’ come rivoluzione, come ‘revolvere’, tornare indietro per aiutare la circolarità del Cosmo o la linearità di Dio e trovarsi in qualsiasi momento dell’ esistenza al centro dell’universo.

Del resto si lascia non solo quando ci si sente ‘al di sotto, ma anche quando ci si sente ‘al di sopra’ , come fu, per esempio, il caso di De Gaulle che andò via senza dare spiegazioni e perciò permise a Raymond Aron di scrivere: <E’ un piacere ascoltare il silenzio di quest’ uomo>. E anche Ratzinger precipiterà nel silenzio, non avrà altro dialogo che con la sua coscienza, ma anche con il suo corpo, ascolterà il gorgoglio delle proprie viscere, la stanchezza  delle giunture, il fruscio del sangue in attesa che Dio venga a fargli visita.

E infatti Ratzinger non si è dimesso ma ha rinunziato – <declaro … renuntiare> – perché il verbo, ‘dimitto’, nella lingua madre – il latino – è solo transitivo: <mandare via, licenziare, congedare>. Non esiste la forma riflessiva ‘se dimittere’ e dunque , come scrisse De Sanctis di Napoleone, <non si dimette ma abdica all’ Impero di Francia, al regno d’ Italia e si ritira all’ Elba>.  Il latino è una lingua dove non c’ è il ‘dimissionario’ ma ci sono il ‘dimettitore’ e il ‘dimesso’ che  in italiano significa pure umile, modesto, pacato e mite. Dunque ci si può dimettere restando in carica: il Papa minore,  il conservatore stanco, il mozartiano, il gattaro, il bavarese ornato di ninnoli pseudorinascimnentali come le babbucce rosse e i cappelli …

Ci sono lavori che sono svolti con spirito dimissionario. Gli insegnanti, per esempio, demotivati e maltrattati, non potendosi dimettere dal lavoro, si dimettono dall’ attaccamento al lavoro. In questi casi le vere dimissioni suonano come il tributo della consapevolezza alla dignità.

D’altra parte le dimissioni possono essere liberatorie e redditizie, perché l’ ufficialità impedisce di coltivare l’ umanità. Ci si dimette per immettersi nella pienezza dei sentimenti, delle emozioni. Ci si può dimettere da manager per immettersi nel padre di famiglia, nell’ amico. Ci si può dimettere dalla direzione di un giornale per curare se stessi, i parenti, gli amori, la scrittura, i viaggi, lo studio, gli affari. Francesco Giuseppe fingeva di essere sordo, si dimetteva cioè dalla acusticità, per non dover commerciare verbalmente e intellettualmente con i suoi cortigiani. E lo scrittore Guido Morselli, che morì suicida, vale a dire dimissionario dalla vita, raccontò nel romanzo ‘Divertimento 1889’ che Umberto I di tanto in tanto si ‘dimetteva’ da re e si mescolava alla gente. Ne 1900 fu poi assassinato, vale a dire ‘dimesso’, dall’ anarchico Bresci, il quale, a sua volta, l’ anno dopo ‘si dimise’ togliendosi la vita in galera.

A Ratzinger non sarà concessa nessuna dimissione liberatoria. Del resto il prete può spogliarsi, mai dimettersi; ottiene la dispensa, non l’ annullamento. E il Pontefice non può ‘dismettere’ i suoi ponti. Non è previsto  un Pontefice Cincinnato in ritiro operoso, in romitaggio tra gli amati libri  elevati a feticci. L’uomo di Dio deve pregare e non potrà più cedere alla vanità dello studioso, un Pontefice non può tornare professore, il suo unico privilegio sarà denudarsi sino a diventare la propria anima ben prima della morte del corpo e l’arrivo nel Paradiso dove Dante incontra Beatrice: <Avete il Nuovo e Vecchio Testamento / e il pastor della Chiesa che vi guida / questo vi basti a vostro salvamento>.

Se è davvero raro trovare nella storia una rinunzia  vera come quella di Ratzinger, è quasi impossibile trovare un italiano che non sia stato dimesso, deposto, costretto alle dimissioni. Così Mussolini che il 25 luglio fu portato in galera (una clausura come il convento dove andrà Ratzinger). E così Berlusconi che fu accompagnato alla porta perché aveva trasformato il potere in un banchetto indecente. Dimessi furono il presidente Leone, minacciato di impeachment, e i tanti segretari dei partiti, da De Mita a Craxi a Occhetto, dimissionato da un ‘complotto’, e così Prodi, dimissionato da un ribaltone aritmetico-politico. Persino Celestino V,  secondo i pettegolezzi d’ epoca, veniva ossessionato durante la notte dai cardinali che, nascosti sotto il letto, gli mormoravano <dimettitti, dimettiti>.

Fratello maggiore delle dimissioni è il suicidio, condannato dalla Chiesa con la dannazione eterna. E spesso le dimissioni, proprio come il suicidio, sono ricatti, minacce retoriche: <O fate così o me ne vado>. In Italia abbiamo inventato le ‘quasi dimissioni’ che, come il tentato suicidio, sono un imbroglio morale. C’ è infatti una sola maniera, secca e definitiva, per uccidersi, come c’ è una sola maniera per dimettersi: tornarsene a casa e farsi dimenticare. Il paradosso di Ratzinger è che, al contrario, sono proprio le dimissioni a renderlo indimenticabile. E nessuno potrà più dire che fu un papa minore, un papa ‘dimesso’.

3 thoughts on “DOPO LE DIMISSIONI NON E’ PIU’ UN PAPA “DIMESSO”

  1. Luciano

    Caro Francesco, ti seguo da anni e bevo avidamente tutti i tuoi articoli.
    Tu sei il papa laico di noi lettori, le tue parole schiudono orizzonti e significati che da soli non riusciremmo mai a raggiungere. Come nella canzone Don Raffaè di Fabrizio de André, siamo tutti come il simpatico e umanissimo secondino: “Io mi chiamo Pasquale Cafiero/e son brigadiere del carcere oinè/io mi chiamo Cafiero Pasquale/sto a Poggio Reale dal ’53”. Il quale dice che “ma alla fine m’assetto papale/mi sbottono e mi leggo ‘o giornale/mi consiglio con don Raffae’/mi spiega che penso e bevimm’ò cafè”.
    Ecco, anche noi, dopo aver aperto e chiuso i numerosi, rumorosi e fastidiosi catenacci della nostra giornata che ci feriscono le orecchie col loro sbatacchiare e il loro cigolio, alla fine, stanchi e spesso nauseati da tanti carcerati che tengono noi stessi prigionieri del loro carcere e della loro pena, “Tutto il giorno con quattro infamoni/briganti, papponi, cornuti e lacchè/tutte l’ore cò ‘sta fetenzia/che sputa minaccia e s’à piglia cò me”, ci “dimettiamo” dalla stessa giornata, come ha fatto il Papa dal ruolo che lo teneva prigioniero, ci sediamo al tavolo, leggiamo il tuo fondo e finalmente tu ci spieghi quello che pensiamo.
    Un saluto affettuoso e riconoscente
    Luciano Caldirola

  2. Angelo Libranti

    Caro Luciano, se aspetti il fondo di Merlo per ragguagliarti devo considerare che stai “nu’ poco ‘nguaiato”, per dirla alla “don Raffaè”.
    Cerca di leggere più quotidiani per avere un’informazione completa, possibilmente di aree opposte.
    Se non “arrivi” a spendere una decina di euro al giorno, ti consiglio di leggere le rassegne stampa della Camera e del Senato. Sono in onda tutti i giorni, con la possibilità di recuperare anche qualche articolo che non hai potuto leggere i giorni precedenti.
    Se poi hai tempo e voglia, puoi navigare fra i link di tutti i quotidiani o leggere i comunicati dell’ANSA e di altre rassegne stampa: RAI, Treccani e gli archivi dell’Unità, del Corriere della Sera ecc.ecc.ecc.. Ciao

    1. Luciano

      Grazie Angelo, ma per me Merlo é come la Bibbia: non c’é bisogno di leggere altri libri, lì dentro c’é tutto. Se per aree opposte ti riferisci a Libero e Il Giornale, no grazie, non voglio farmi sangue amaro leggendo castronerie scritte da lecchini che mangiano nella ciotola di Isso e quindi devono ungerlo ogni giorno (Il Giornale) oppure da qualunquisti beceri ossessionati da qualunque cosa non sia di destra e abbia qualche sfumatura di rosso (Libero). In quanto a leggere le rassegne stampa di Camera e Senato, ho l’idea che abbiano la stessa piacevolezzza, leggibilità e chiarezza delle Gazzetta Ufficiale. In ogni modo non é che posso “…navigare fra i link di tutti i quotidiani o leggere i comunicati dell’ANSA e di altre rassegne stampa: RAI, Treccani e gli archivi dell’Unità, del Corriere della Sera ecc.ecc.ecc”. Ci sei o ci fai? La mia giornata é solo di 24 ore, non so la tua. Ciao.

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