LA TAMMURRIATA DEGLI IMPRESENTABILI

Dunque davvero Dell’Utri era la mafia e Cosentino la camorra? Alla Cassazione e ai tribunali di Napoli bisognerebbe portare la sceneggiatura della “Tammurriata degli Impresentabili” che è stata ballata a Palazzo Grazioli in queste misteriose notti delle liste elettorali. Ci sono infatti codici e linguaggi che valgono come prove di acciaio inconfutabilissime. Per esempio il “vorrei essere spiegato” pronunziato da Cosentino è come “le bugiarderie” che evocò Totò Riina, meglio di un fotogramma di Toni Servillo in “Gomorra” o del “Camorrista” di Tornatore. E il “mi candiderò fino alla morte” di Marcello Dell’Utri scandito un attimo prima di rinunziare è “la toccatina di polso” di cui parla Michele Pantaleone, il modo mafioso per sondare e capire sino a che punto ci si può spingere.

Più in generale tutto il film della messa fuori lista di Cosentino e di Dell’Utri – in gergo si direbbe che sono stati “posati” – è la riedizione o meglio ancora la riqualificazione della cerimonia mafiosa della punizione del perdente, come in passato fu la morte di Lima. La delinquenza infatti è come un albero che necessita la potatura anche di rami importanti e portanti pur di salvaguardare il tronco e le radici nascoste (e si capisce che uso qui, e in tutto l’articolo, le parole delinquenza, mafia e camorra, soltanto come simboli e metafore politiche).

Contro la mafia e la camorra ha dunque vinto la malavita padana, da Milano a Firenze, da Berlusconi a Verdini, da Formigoni a Bossi. I due boss meridionali sono stati “consegnati”. Il malaffare del Nord si è liberato del malaffare del Sud perché se il bottino comincia a restringersi è ovvio che scoppino le faide all’interno delle cosche e tra cosca e cosca. E così alla fine l’operazione pulizia del Pdl ricorda “la cessione” alla polizia di Riina da parte di Provenzano, è l’amputazione della parte più esposta. E lo scopo non è tanto quello di imbrogliare gli elettori, visto che le liste sono comunque gonfie di impresentabili e il più impresentabile di tutti è Berlusconi, carico di processi e di sospetti, di insinuazioni e di condanne cadute in prescrizione. No, il vero scopo è salvare la famiglia, la roba, il patrimonio. I soldati possono e devono essere sacrificati quando è in gioco il bene supremo del potere.

Ma Cosentino ha fatto il guappo e Dell’Utri il boss di “panza”. Cosentino insomma si è mangiato le schede, e alcune le ha risputate mentre altre se le è portate via, poi ha urlato e minacciato, ha tenuto in ostaggio Berlusconi per una settimana. Addirittura domenica notte “Nick o mericano” si è chiuso in una camera con Silvio e mentre questo cercava di comprarne il sacrificio quello gli rispondeva facendogli il gesto delle manette: <Se non mi candidate vi rovino>. E intanto le altre sontuose stanze di Palazzo Grazioli venivano ridotte a vicoli da una folla di questuanti, ex ministri ed ex sottosegretari in fila ad aspettare che il Signore medievale decidesse del loro destino.
Alla fine l’uscita di scena di Cosentino, con la sparizione delle firme e la tarantella contro il giustizialismo e contro “Berlusconi il burattinaio” all’Hotel Terminus e alla Stazione Centrale di Napoli, è stata così chiassosa e così volgare che forse il Pdl sarebbe stato più presentabile se Cosentino fosse rimasto in lista. Diciamo la verità: avrebbero fatto più figura a tenerselo dentro. Questa espulsione infatti non dà certo l’idea della pulizia visto che, andandosene , il guappo non ha mancato di sporcare tutto.
Lo stile di Dell’Utri è stato molto più raffinato. Si è ritirato o meglio ha tolto il disturbo e senza neppure tagliarsi le vene come fece Frank Pentangeli, il vecchio capomafia perdente del film “Il Padrino” che non volendosi degradare a pentito e non potendo infamare se stesso, decise di liberare gli altri della sua presenza. Si immerse come i senatori romani in un bagno d’acqua calda per aprirsi i polsi.
Tamurriata, quadriglia o tango che sia, questa ballata degli impresentabili, questa potatura di Cosentino e Dell’Utri (Scajola e Milanese sono solo comparse) dimostra come sia inesauribile il paradosso berlusconiano che doveva portare alla rivoluzione liberale e doveva far volare il popolo della partita Iva. E invece ha portato sempre più allo scoperto l’Italia delinquenziale.
Una volta nell’Italia politica i ceffi della guapparia e i mammasantissima erano tenuti in disparte e ricevuti durante le battute di caccia nelle masserie, al riparo degli sguardi della pubblica decenza. Adesso invece Berlusconi nella sua agonia ci sta mostrando i fuochi d’artificio.  Un tempo non riuscivamo ad abituarci ai comizi della Dc organizzati da Calogero Vizzini, e il presunto bacio di Andreotti ci sembrò un pagina postuma del “Giorno della Civetta”. Ma neppure Sciascia sarebbe riuscito a mettere in bocca a Dell’Utri frasi come quelle che ha detto al Corriere della Sera: “Tutti sanno dove io sono sempre stato” che vuole dire che di lui non si può fare a meno perché sa tutto e ha fatto tutto. E ancora: “Berlusconi sa di chi sono amico io”. Ed è raffinatissima minaccia mafiosa quel “me ne vado a Santo Domingo dove mi aspetta una fidanzata” detto da un monogamico tutto d’un pezzo che disprezza “tutti sti fimmini” che hanno imprigionato il suo vecchio amico.

Ecco perché in Cassazione bisognerebbe portare il linguaggio di questi giorni e di queste notti di Palazzo Grazioli, notti di buio e di incertezza, notti senza immunità. Ripeto: il “mi candiderò fino alla morte” di Dell’Utri voleva dire che qualcosa di veramente grande doveva essere preparata per farlo rinunziare. E noi tutti ora ci chiediamo: che cosa gli ha dato? Dell’Utri ha pure avvertito il suo amico che “le conseguenze di certi errori non finiscono mai”. Chissà se voleva dire che Berlusconi, rinunziando ai suoi due campioni impresentabili di Napoli e di Palermo, ha dimostrato che i giudici anticamorra e antimafia non sono comunisti. A meno che non sia comunista anche Berlusconi.

5 thoughts on “LA TAMMURRIATA DEGLI IMPRESENTABILI

  1. Vera

    D. Merlo è troppo bravo Farei degli immensi manifesti di certi suoi articoli come questo
    La speranza è che vengano letti dal maggior numero degli italiani ma mi pare che in una analisi sull’ intelligenza di questo popolo la conclusione era che sono o siamo furbi e capaci ma non intelligenti

  2. Lucia Aiello

    Caro Merlo,
    articolo bello come una trama di romanzo, per dire (ridire, nel tuo caso) una verità agghiacciante: che il secondo Berlusconi è andato al potere facendo accordi con tutte le malavite locali, e con tutti gli individui disposti a farsi corrompere e a corrompere. Che ha trasformato la cosa pubblica in una immensa cupola d’affari, divisa fra cosche organizzate e improvvisate (vedi Bertolaso e i suoi). Che è stato ora costretto a tornare, patetico fantoccio in preda ai suoi deliri, perché richiamato da questi stessi poteri malavitosi, che non hanno tollerato di essere esclusi e che gli hanno probabilmente chiesto di rendere conto. Veramente spaventoso, speriamo di salvarci questa volta.

  3. angelo41

    Francesco Merlo, quando scrive, dovrebbe essere ben conscio della responsabilità che si assume di fronte alle anime pie, che prendono tutto per oro zecchino.
    Il lettore medio non sa leggere fra le righe e non riesce a distinguere, in un articolo, la battuta dalla metafora, la cronaca dalla politica, che non sono verità assolute.
    Giancarlo Pajetta diceva: fra la verità e il partito (la politica), preferisco il partito. Il padre putativo di Merlo andava orgoglioso della sua militanza comunista ed ha vissuto una vita coerente alle sue idee, che prescindevano dalla verità.
    E pur vero che, onestamente, Merlo dichiara: “e si capisce che uso qui, e in tutto l’articolo, le parole delinquenza, mafia e camorra, soltanto come simboli e metafore politiche”, sorge il dubbio però che tale dichiarazione serve a pararsi le chiappe da eventuali querele, perchè sono usate verso persone chiacchierate, ma non ancora condannate. Ricordo che, secondo la nostra giurisprudenza, si è completamente innocenti fino a sentenza passata in giudicato.
    Poi va giù pesante: “Ci sono infatti codici e linguaggi che valgono come prove di acciaio inconfutabilissime. Per esempio il “vorrei essere spiegato” pronunziato da Cosentino è come “le bugiarderie” che evocò Totò Riina”.
    Caro Merlo “prove di acciaio inconfutabilissime”, ripeto INCONFUTABILISSIME, per errori grammaticali, vanno bene per la casalinga di Rocca Priora, abituata a “Chi” e “Novella 2000″; scritte sul giornale degli “intellettuali di sinistra” fa di quella frase una verità inconfutabilmente fasulla e ridicola.
    Tralascio il resto, come le frasi mai pronunciate da Dell’Utri e le battute di caccia nelle masserie, conosciute anche da Gerardo Chiaromonte che, da presidente della Commissione antimafia, non concluse nulla, come le altre numerose Commissioni, nominate per perdere tempo.
    Concludendo, l’articolo, pur interessante per le battute e gli spiccioli di cronaca, soffre della vecchia malattia della miastenia oculare, il cui muscolo indebolito, non riesce a far ruotare l’occhio nell’orbita, fisso sempre verso una direzione.

    Vengono fuori entusiasmi eccessivi ed orgoglio di appartenere

  4. Claudio VdA

    Io di solito sono abbastanza critico nei confronti degli articoli di Francesco Merlo, che ai miei occhi sovente appaiono deviare per la tangente rispetto all’oggetto in analisi (grande ad esempio fu il caso in cui per parlare di una riforma amministrativa riguardante le province si mise invece a ragionare sulla vita lontana dai grossi centri confondendo allegramente provincia = “distretto, dipartimento, suddivisione amministrativa” con provincia = “piccoli centri in opposizione alle grandi città”, ma non divaghiamo).

    In questo caso, invece, mi sento di condividere il suo pensiero riguardo all legame a doppio filo fra Berlusconi e alcuni esponenti delle varie criminalità organizzate, un qualcosa che nei cittadini onesti suscita disgusto e repulsione ma che probabilmente è stato funzionale al sistema in tutti questi anni.
    Ma oltre all’aspetto puramente legale, quello che colpisce di quest’ultimo giro di giostra è stato il linguaggio, i grotteschi sentieri sui quali la cronaca degli ultimi accadimenti sono andati a incedere e di come il linguaggio stesso dei protagonisti sia e sia stato rivelatore.

    Mi fa piacere leggere e condividere questo articolo perché vuol dire che le persone oneste, sebbene divise da giudizi “letterari”, possono convergere sui temi importanti.

  5. angelo41

    Attendiamo con ansia (non siamo pochi), un bel commento sulle vicende del Monte dei Paschi di Siena, a meno che non sia conseguenza della degenerazione che il Berlusca ha inflitto in tuttii settori della vita pubblica e privata.
    Qualora decida per un articolo completo ed esauriente, mi raccomando: tenere a bagno nel curaro la tastiera, per almeno un giorno.

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