Beppe Grillo dagli insulti alla paura, dal siete morti viventi al mi vogliono eliminare IL CORTOCIRCUITO DEL RIDICOLO

 

     La battuta più riuscita nella lunga carriera del comico Grillo è che lo vogliono ammazzare, e non dalle risate.  E’ vero che in Italia la politica è stata fatta anche con gli omicidi, ma non la commedia. Insomma , nella nostra storia anche recente  ci sono stati molti omicidi politici,  mai però omicidi comici. Certo, il linguaggio di Grillo è fatto di morti viventi e di zombie, sino al malumore acido del guitto andato a male che ride e invita a picchiare i marocchini immigrati. Mi raccontano che da giovane attore burlesco già Grillo parodiava i calabresi goffi e sproloquianti immigrati nella sua Genova, di cui rappresentava in teatro il fondo più cattivo. Prendeva in giro per bastonare, per tenere lontani i terroni: attenzione ai calabresi che si sforzano di sembrare genovesi. E tutto era giocato sulle vocali aspirate del catanzarese. Insomma, robaccia da gradasso sbruffone, <vanteria e palanche>, ma sempre con un linguaggio tecnico da palcoscenico comico dove il sangue è sugo di pomodoro e il cadavere respira. Dunque, l’unica novità preoccupante  è che Grillo sembra ormai aver perso la misura della sua dismisura lessicale. E’ l’unico attore che è ‘diventato’ la sua parte, come se Gassman si fosse convinto di essere davvero Brancaleone.

    E’ tutto qui il corto circuito verbale di Grillo che, praticando in politica il codice del suo precedente mestiere, far ridere con gli attrezzi del ridicolo, comincia a credere anche letteralmente a quel che dice, al punto da autoconvincersi di essere estremamente pericoloso e da autoiscriversi alla schiera dei morti ammazzati, dei Matteotti e dei Gramsci. Non più Totò, Macario e Nino Taranto ma Dalla Chiesa, Ambrosoli e De Mauro: il vittimismo come comica finale, dal marameo al ‘maramao perché sei morto’.

    Il linguaggio di Grillo e dei suoi corifei, ma anche quello di Di Pietro e dei suoi boys, è purtroppo il turpiloquio, lo strillo, la deformazione della rabbia. Ma è difficile immaginare che qualcuno voglia uccidere chi rutta e fa pernacchie, o chi insulta e chi denigra con la smorfie del teatro, o chi fa caricature dei nomi e dei cognomi. Se mi deridono, per dire, scrivendo che sono <un vero merlo> o peggio  <un uccellaccio nero che porta sfiga>, io  cerco di non arrabbiarmi troppo, di non dargli peso perché mi pare di essere, a seconda del carico di cattiveria che ci mettono, o alle elementari o in una taverna. La caricatura e lo sbraco, l’offesa stralunata e anche l’abusato ricorso al celebre repertorio di Fortebraccio (<si è spalancata la portiera dell’auto blu e non è sceso nessuno: era Renzi>)  non accendono la torva prosa degli assassini, i comunicati delle brigate rosse,  i papelli nichilisti… E  i servizi segreti deviati non mettono bombe nell’avanspettacolo, anche quando esso si fa politica. La farsa non è mai tragedia e alla fine della farsa non c’è il morto, c’è il sipario.  

    Ma fate attenzione ai cortocircuiti. Domenica il Giornale  di Sallusti ha pubblicato in prima pagina una foto di  Beppe Grillo vestito da fascista e con il braccio teso nel saluto romano. Il titolo, che cito a memoria, era  ‘Quando Grillo era fascista’. E la lunga didascalia era costruita non per  svelare  lo sberleffo di Grillo fotografato in un ruolo di buffoneria, ma per suggerire un’impostura. Grillo nella sua carriera di comico ha certamente interpretato la parte del ladro o del truffatore e insomma del maramaldo di varietà, ma questo non significa che le sue parti in commedia corrispondano al suo progetto politico.  Ecco:‘Il Giornale’ ha usato la stessa tecnica di Grillo, ha aperto una finestra di spettacolo nella politica ma con la malafede che forse Grillo non ha. Infatti Grillo utilizza gli strumenti del linguaggio e la capacità demolitrice del comico, per frastornare la politica, per denudarla e mostrare che è ridicola; loro invece rendono torva la politica utilizzando il linguaggio della dissimulazione disonesta e nascondono nelle didascalia il piccolo dettaglio della verità. E’ <un corto circuito omeopatico>, direbbe Totò. <omeo pat e omeo mam> era la battuta di Petrolini  perché <lo sbalordimento è polmonare>.

   Insomma voglio dire che il risultato di Grillo è quello di avere eccitato l’avanspettacolo che prevede altro avanspettacolo, sino al lancio degli ortaggi. Ma non prevede uno sparo nel buio. Grillo conosce certamente ‘La conferenza sulle parole sporche’ che è un classico dell’avanspettacolo italiano dove su 22500 barzellette 5400 sono a base di feci,4240 abase di deretani,3927 abase di membri virili,2370 abase di sessi femminili e ben7827 abase di testicoli <ed è da rivelare che questi ultimi contano il doppio>. Ecco Grillo, dunque. Ed ecco un pezzo sempre più altezzoso del giornalismo italiano. Ed ecco com’è ridotta la giornata politica.

   Come Alfieri scoprì che ai suoi tempi la politica grondava sangue,  Grillo ha scoperto che gronda ridicolezza  e strampalaggine. Ma il suo è un copione di paradossi e di sparate  che ogni giorno devono per forza diventare più grosse in crescendo di overdose di esagerazioni, orientate prima alla cosiddetta satira, poi all’insulto, poi ancora al rutto, poi alla trasformazione definitiva della politica in farsa. Mai però all’armeria. Le sole due maschere italiane che prendono vere botte di santa ragione sono Rugantino che è picchiato dalla guardia pontificia e Pulcinella bastonato dai gendarmi, uno in ragione della sfacciata fame e l’altro per mancanza di riguardo alla maestà del Santo Padre.

  Dunque stiamo certi che nessun invasato di Grillo  (e ahinoi, ce ne sono tanti), può essere ispirato né ispirare terrorismo o eversione armata, nessuno grillino si costruirà in casa un carro armato come fecero invece gli invasati di Bossi in piazza san Marco. E nessuno pensa di sparare a Grillo. Le sue parole infatti non sono pietre e nella sua utopia eversiva fa comizi non a militanti che fremono ma a militanti che ridono e irridono. E però come Robespierre che a forza di tagliare teste perse la sua, così a forza di ridicolizzare tutta la politica Grillo ha finito col ridicolizzare anche la propria politica. E adesso, persino se lo trovassimo steso per terra, penseremmo: guarda cosa deve fare per  tirare a campare  un povero professionista del ridicolo.

6 thoughts on “Beppe Grillo dagli insulti alla paura, dal siete morti viventi al mi vogliono eliminare IL CORTOCIRCUITO DEL RIDICOLO

  1. paolo

    era solo una provocazione…sbagliata ma pur sempre provocazione ! Grillo non può competere con giornali come repubblica e il corriere in fatto di informazione …ma può competerci con i fatti ! Beppe Grillo scrive di suo e non deve rendere conto ne a politici ne ad imprenditori ! Diciamolo, Grillo non è un giornalista ;-) !

  2. Angelo Libranti

    Il “fenomeno Grillo” è dovuto alla pochezza dei parlamentari, tutti, giunti alla funzione di ridicoli schiacciabottoni e neanche tutti, perchè ci sono pure quelli che in parlamento non ci vanno mai, attaccati all’appannaggio come neanche nella prima repubblica.
    Gli italiani, esasperati, non sanno a chi credere e si attaccano a Grillo che fa proprio il comico, sproloquia e si comporta come tale.
    Lo votano per dispetto dei politici di professione e non si preoccupano di programmi e competenze, perchè sarebbero disposti a votare pure un cesso, quello vero smaltato di bianco, pur di mandare a casa una massa di fannulloni voraci.
    In quanto a tecniche su come imbonire i lettori e gli elettori, il Giornale arriva buon ultimo dopo la nefasta scuola delle Frattocchie
    Quando si sostiene che Gramsci “è morto ammazzato” i casi sono due:
    o si ignora la storia oppure si è in malafede.

  3. antonio battaglia

    ho letto le prime quattro righe di questo articolo e ho smesso di leggere perché si capisce subito che chi lo ha scritto non è un giornalista serio. evidentemente non ha visto il video di grillo in cui parla di questo marocchino, se lo avesse visto non potrebbe scrivere che grillo invita a picchiare i marocchini immigrati. un vero giornalista è prima di tutto un investigatore, che deve scavare, indagare sulle notizie che intende far conoscere alla gente per essere sicuro che sia la verità, altrimenti tutti possiamo fare i giornalisti se basta scrivere quattro “MINCHIATE”. quando si scrivono notizie fasulle lo si fa o per incompetenza o per interessi. la gente è stanca di tutte le ingiustizie e ha voglia di una politica diversa e quindi vuole cambiare, questo anche un merlo lo capirebbe, chissà se il “Merlo” lo capisce….!!!!

    1. Mattia Bastasi

      Il malcelato fastidio di Grillo per meridionali, omosessuali ed extracomunitari credo non sia cosa nuova e – per chi lo conosce da anni – è anche discretamente accertata.

  4. Michele Biccari

    Dottor Merlo, il giorno dopo il suo editoriale, il Fatto quotidiano le ha riservato una bella bastonatura a mezzo stampa. E’ evidente che il metodo Boffo ha fatto scuola.

  5. Angelo Libranti

    Si continua a citare il “metodo Boffo” senza conoscere i fatti.
    Boffo non ha mai querelato nessuno, ne Feltri, ne quelle alte gerarchie della chiesa alle quali stava sulle palle.

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