Dal ‘rigore che ci piace’ al ‘cucchiaio contro la Merkel’, il calcio diventa il luogo del finto riscatto e delle gerarchie rovesciate ITALIA-GERMANIA, ABUSO DI METAFORA

Propongo una bella squalifica non per fuori gioco ma per fuori luogo del calcio  parlato e del calcio scritto, di questa epica da bar e da redazione, di Bersani che dice <mi aspetto da Monti un bel gol alla Pirlo>, della stiracchiatissima trovata da rotariani saputi che <Goethe ha battuto Omero 4 a 2>, che il cucchiaio sia <una geniale  alternativa allo spread>, che il troppo vispo Balotelli debba dare prova di sobrietà tecnica <perché lo vuole l’Europa>.

E chissà quali abusi di metafore ci aspettano adesso che  <dobbiamo spezzare le reni ai crucchi per battere i mercati> e sfoggiare  <la solidità della nostra difesa e del nostro centrocampo in faccia alla solidità di Borsa e banche di Francoforte>. Ammorbandolo di traslati, iperboli, metonimie, metasema ,spostamenti, sineddoche, allegorie e proposizioni figurate, il nostro calcio è diventato il luogo incantato delle gerarchie rovesciate,  l’alibi dell’incapace, il lamento dell’escluso. In questa palla-ubriaca, la nostra impresa ovviamente dovrà ora essere <storica>,  non un evento gioioso, ma <la vendetta  dell’Europa del sud  sui i panzer dal vigoroso carattere>,  la squadra di Prandelli  < misurerà la profondità di una nuova speranza italiana>,  e dobbiamo vincere  perché <non è vero che sappiamo solo fare debiti e truccare tutte le partite della vita dal tabaccaio sotto casa>, e non è neppure vero che  <l’unico fegato di cui siamo dotati è il fegato alla veneziana>

L’idea poi che Buffon sia l’angelo della storia che ferma finalmente ‘il rigore’ e che, molto più di Mario Draghi e Mario Monti, sia Mario Balotelli il nuovo approdo della ‘devozione mariana’  cui affidare lo stellone, non solo non fa più ridere, ma è persino più imbarazzante delle barzellette che raccontava Berlusconi. Riproduce infatti la stessa patologia. Il bisogno malsano di sostituire la politica estera  con le corna, le gag, le fughe nella goliardia e nella canzonatura  diventa adesso il calcio come utopia dello sconfitto, come riscatto finto e provinciale. E persino le volgarità sul corpo della Merkel sono state sdoganate da alcuni intellettuali italiani, tutti testa e testosterone.

E va bene che siamo un popolo che non sa resistere alla tentazione della cretinata, ma <ecco finalmente il rigore che piace all’Italia> se la batte alla pari (zero a zero, eh eh) con le vecchie insopportabili e ormai consunte locuzioni <nella misura in cui>, <il problema non è questo>, <la spiegazione è  a monte>, <la questione è un’altra>, <senza se e senza ma>.   Sono dunque calcistici i nuovi  tic del cretino cognitivo, è ‘euro-pallonico’ il suo nuovo armamentario linguistico: <Fuori Cameron ora tocca alla Merkel>, <l’lnghilterra è diventata mediterranea>…

Questa ineluttabilità tutta italiana di  surrogare la politica, l’economia, la letteratura, la storia  e persino la teoresi e la morale con le strategie del simpatico Prandelli, di simulare ad ogni partita di calcio uno scontro di civiltà è la stessa aria guasta che ci mettiamo tutti a respirare ogni volta che arriva il tempo di Sanremo. Come la canzone ha soppiantato il romanzo di formazione, e Battisti Gaber e Dalla vengono celebrati e ricordati più di Manzoni, Calvino e Sciascia  così il nostro Pirlo vale la loro Bundesbank, e De Rossi è il nostro incrollabile titolo di Stato, mentre  Rivera e Riva, che vinsero 4 a 3, sono la memoria della Patria, i Padri Fondatori dell’ Europa, più di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Alcide De Gasperi. E quella formazione  – <Albertosi, Burnich, Facchetti…> – merita i libri di storia  molto più del proclama di Armando Diaz. E tutto questo non nelle osterie, negli stadi e nei saloni da barbiere, ma in Parlamento, nelle redazioni di giornali  autorevoli, nei consigli di amministrazione e nelle stanze dei felpati sherpa  che avrebbero il dovere di promuovere all’estero un’idea vincente di Italia.

Sono troppi gli intellettuali italiani che  ricorrono a questa fenomenologia, a questo eccesso di metafora, a questo abuso di iperbole, Schweinsteiger come Heidegger,  Pirlo come Cavour e Diamanti come Garibaldi , Torres come Garcia Lorca …  Da due giorni ormai sui giornali, per radio e  in rete trionfa questa retorica  nazionalpopolare  che in fondo nasconde la pochezza delle argomentazioni e confina definitivamente  anche il nostro sport più amato e più bello nell’universo perduto della patacca. E senza la genialità e l’ironia dei tifosi napoletani che, per magnificare la gioia dello scudetto, scrissero  a Poggioreale, sul muro del cimitero: <Guagliò, non sapete che vi siete persi>. Ecco: scippato ai tifosi veri, il calcio come metafora è solo stupidità che avanza.  E Italia-Germania, trasformata in Kulturkampf  saccente , è come la pipa di Magritte: ‘questa non è una partita’.

 

6 thoughts on “Dal ‘rigore che ci piace’ al ‘cucchiaio contro la Merkel’, il calcio diventa il luogo del finto riscatto e delle gerarchie rovesciate ITALIA-GERMANIA, ABUSO DI METAFORA

  1. massimo ielasi

    A proposito di’Guagliù,nun sapite c’avite pers”,Merlo si è dimenticato la risposta dal cimitero:’E chi ve l’ha detto?’

  2. Federica

    Grazie di cuore per quest’analisi lucida di una mentalità tanto diffusa quanto irritante. Vivo in Germania e leggere certi quotidiani italiani online dopo le partite mi fa venire l’orticaria. Perché poi la gente si convince che sia così: persino i miei genitori, di per sé persone colte e informate, speravano in una vittoria della Grecia contro la Germania che offrisse qualche “possibilità di riscatto” alla popolazione ellenica. Come se i poveri Greci potessero salvarsi dalla bancarotta vincendo gli Europei. Panem et circenses, davvero.

  3. Yeyasu

    La tradizione parolaia e’ dura a morire e nasconde appunto la mancanza di idee e di ragionamento. E’ tanto piu’ facile sparlare a braccio e accozzare metafore che non usare la testa. Anche la scuola e l’universita’ non forniscono certo esempi preclari, ma spesso tra i giornalisti e gli scrittori vissuti all’estero si trova un po’ piu’ concretezza e meno aria fritta, anglice ‘waffle’.

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