Expo 2015 e affari con la Cina: la necessaria marcia indietro del sindaco di Milano che prima ha proposto e ora nega la cittadinanza onoraria al Dalai Lama PISAPIA E LA RETORICA DECLAMATORIA, MALATTIA INFANTILE DEI CONSIGLI COMUNALI
Sarebbe stato più facile concedergli la cittadinanza che negargliela. Ci vuole infatti coraggio a sfidare la forza dei luoghi comuni e non esibire con compiacimento il Dalai Lama come una medaglia al valore civile. Perché questo sarebbe stata la cittadinanza onoraria di Milano al Dalai Lama: non un aiuto reale e realista alla sacrosanta battaglia del Tibet contro la Cina imperiale, ma una posa provinciale, inutile alla libertà dei tibetani, un ‘beau geste’ di buona coscienza municipalista, un problema per il governo italiano, un surrogato di politica estera che ha pure un sapore separatista perché rivendica ad un ente locale la prerogativa principe di uno Stato nazionale. Hanno sbagliato dunque Pisapia e il consiglio comunale di Milano a proporre (all’unanimità, pensate) quella cittadinanza onoraria. Ed è ovvio che ritrovandosela ora, a ridosso dell’Expo, come polpetta avvelenata, il sindaco abbia scelto di non mangiarla perché, ha detto, <sarebbe un segnale di inimicizia verso il popolo cinese>.
Eppure persino noi, che non ci sentiamo cani di Pavlov, come prima reazione avevamo pensato all’ipocrisia della città più raffinata d’Italia che si fa schiava degli interessi economici. E’ facile banalità, insomma, dire che Milano, piegandosi al ricatto di Pechino, si priva del prestigio morale di diventare una città del Tibet, vale a dire una città autonoma dalla Cina, che, per la sua natura imperiale, non rispetta nessuna autonomia.
Ma il punto è che Pisapia non è il capo dello Stato né il presidente del Consiglio. Abbiamo un ministro degli esteri che con il Dalai Lama è molto cauto. E infatti Tenzin Gyatso (che significa ‘il Salvatore’) sarà accolto a Matera , dove c’è ‘la città della pace’; poi a Milano, dove Pisapia lo farà comunque parlare in Consiglio comunale; e infine a Mirandola dove donerà cinquantamila dollari alla Croce Rossa per aiutare i terremotati. Come si vede, pur avendo un rapporto speciale con l’Italia dei ‘bonzi’ radicali di Pannella, della scuola orientalista di Giuseppe Tucci, nonché un cotè modaiolo di tante marchese Marzotto, il Dalai lama non sarà ricevuto né da Monti né da Napolitano né da Terzi. E voglio dire che a Pisapia non è neppure applicabile quella realpolitik che, come un mal sottile dell’Occidente, ha costretto Obama a non incontrare il Dalai Lama a Washington, ha armato di riguardi filocinesi Cameron in Inghilterra, ha spinto Sarkozy ad affidare l’ingombrante ospite alla bella Carla in sciarpa bianca.
L’errore di Pisapia è nell’ aver pensato di prendere su di sé e della nostra povera e stremata Milano le sorti del Tibet, della Cina, del Dalai Lama e della libertà dei popoli… Già Flaiano raccontava dei consigli comunali italiani che votavano mozioni su Cuba e il Vietnam: non atti politici ma happening dove <ogni cretino è pieno di idee.>
D’altra parte Pisapia non avrà il Dalai Lama tra i cittadini della sua Milano ma, nel gioco dei simboli, ha ancora qualche strumento per non far perdere dignità alla grande cultura buddista. Le pose, la demagogia di facciata, la scelta del celodurismo – sia pure in versione di sinistra – che sempre nascondono una debolezza sostanziale, gli avrebbero fatto perdere affari e flussi finanziari, e forse non ci sarebbe stato l’apporto della Cina alla scommessa dell’ Expo che finalmente ‘espone’ Milano e la rimette in gioco. Come una scossa tellurica, l’Expo costringerà a rinascere o a morire la città devastata da Formigoni, Penati, Berlusconi e dal municipalismo separatista e corrotto della Lega.
E’ vero che la retromarcia adesso spegne il sorriso del Buddha e che forse senza l’Expo la retorica all’unanimità sarebbe stata innocuamente ‘eroica’. Ed è anche vero che a volte il coraggio porta a fare cose che l’intelligenza non immagina nemmeno perché le battaglie più belle sono quelle che si vincono contro il realismo. In questo senso non è solo per demagogia che la scelta di Obama di negarsi al Dalai Lama venne contestata negli Stati Uniti. E più in generale sono amarezze e malinconie le carezze opportunistiche dell’Occidente alla ferocia oppressiva della Cina, alla spietatezza del regime verso i dissidenti, alla violazione sistematica dei più elementari diritti civili.
E però in un consiglio comunale che molto fatica a governare Milano, questa storia del Dalai Lama non è politica e non è neppure idealità. Ricorda l’ossessione austriacante dell’ex sindaco Moratti che voleva fare della sua Milano un matriarcato ‘law and order’ come l’Inghilterra della Thatcher, o ancora la smodatezza ossessiva dell’ assessore-vate Vittorio Sgarbi che la voleva come la Fiume di D’ Annunzio. Prima ancora i barbari sognanti la volevano governata da un borgomastro, capitale della Padania con in testa il fermaglio di Lucia Mondello. E i socialisti la sognarono come paradiso degli yuppies, la Manhattan d’Europa. Insomma tutti a Milano si sentono mortificati dai limiti stretti di un bilancio da amministrare, sia pure con l’ ‘expo, e dal compito ingrato di far pulire le strade, manutenzionare i giardini, difendere la città dagli scippatori, dagli automobilisti indisciplinati, e tutti attivano i canali internazionali di una propria immaginaria città-Stato. Adesso adesso tocca alle fughe internazionaliste di Pisapia suonare infantili e declamatorie. Anche se, per lo meno, queste accarezzano il cuore.
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sbaglio o Bush lo ha ricevuto il Dalai Lama ?
Non tanto più facile, ma più giusto ed etico sì.
Ce lo aspettavamo dal nostro Sindaco, che mantenesse l’orizzonte di rinascita di un sentire di rispetto, di coraggio, determinazione nel prendere e mantenere a testa alta una scelta etica e morale.
Era solo un riconoscimento, d’accordo, ma di valore umano senz’altro, per noi, per tutti, vicini e lontani, quale segnale forte, della nostra città, del suo sentire.
Accondiscendere alle richieste della Cina è poco meno, o tanto quanto ha fatto il precedente presidente del consiglio abbracciando e sbracciandosi per i suoi amici dittatori, ospiti, obtorto collo di noi cittadini italiani, del nostro Paese.
Non ci aspettavamo, che per una manifestazione economica, che chi vive Milano non ha mai sostenuto, per lo spreco finanziario e l’assurdità di pensarla come un rilancio della città, il nostro Sindaco si astenesse in votazione e facesse marcia indietro a favore di motivazioni economiche, a causa di pressioni di un altro Paese, che calpesta e abusa i diritti dei suoi abitanti. Non è da qui e non è così che riparte Milano.
l’assimilazione di penati a formigoni è dettata solo dall’ignoranza della gravità delle imputazioni a carico solo del primo, o c’è dell’altro ?
brutto svegliarsi e scoprire quale è l’ubi consistam della rivoluzione arancione ?
caro Francesco Merlo,
ma pensi davvero che gli italiani siano tutti SCEMI???? ma come fai a scusare Pisapia???? è vergognoso quello che ha fatto. il nostro Pisapia si tira indietro sull’expo, sul Dalai Lama è proprio un “cagasotto” l’è buono solo di alzare le tasse: bilgietto, area C, etc….. come fa lei a difenderlo in questo modo spudorato. sta a vedere che se Pisapia non da il riconoscimento al Dalai Lama è colpa di Berlusconi Penati e Formigoni….. ma dai!!!! ma davvero pernsi che gli itlaiani siano tutti scemi??????
Cara signora Maria, se lei leggesse il testo si accorgerebbe di quel che c’e’ scritto e potrebbe magari criticarlo meglio, nel merito, invece di inventarsi un interlocutore che non esiste per il piacere di poterlo schiaffeggiare e dunque sentirsi meglio. Le ribadisco – ma so che e’ tempo perso – quel che penso.Pisapia non avrebbe dovuto offrire la cittadinanza onoraria al Dalai Lama.Penso che queste inutili cerimonie retoriche internanzionaliste sono pose provinciali. Gia’ Brancati raccontava che ogni volta che il Consiglio comunale di Macerata si trovava in difficolta’ per la linea del tram, votava all’unanimita’ un ordine del giorno di durissima condanna dell’ invasione dell’ Ungheria o del Vietnam o apriva una discussione dal titolo ‘Dove va la Cina?’.Penso che l’Expo dunque sia servito ad aprirgli gli occhi perche’ ci vuole piu’ coraggio a fermare un luogo comune che ad abbandonarvisi con l’applauso di tutti. Diverso e’il discorso su Obama o su altri Stati che si mostrano prudenti verso il Tibet. Lei ha tutto il diritto di criticare la loro realpolitik e considerarli, come lei dice, cagasotto. Ma Pisapia, e con lui i finti coraggiosissimi sindaci di Matera, Palermo, eccetera, sono soltanto ridicoli ad intestarsi politiche estere invece di governare il traffico, la sicurezza urbana, le metropolitante e ,nel caso di Milano, l’ Expo. Quella poi di fare di Milano una citta-stato e’ stata, come ho scritto, un’ossessione di molte altre sindacature.Ecco, in sintesi, di nuovo, il mio pensiero.Lei e’ libera di accontentarsi di raccattare gli insulti che trova sulla rete e su qualche giornale invece di leggermi. Per quanto mi riguarda: de hoc satis. Grazie.
È un’informazione davvero utile! Penso che a tutti piacerà! Sei fantastico.