Da Montale al Cavaliere, da D’Alema a Bersani… / IL PAESE SENZA QUID

  Con un guizzo linguistico malandrino che voleva solo ridimensionare il proprio delfino Alfano – <gli manca il quid> – Berlusconi ha implicitamente ammesso di aver perduto anche il suo di quid, che è stato plusvalore in economia e carisma in politica, benché molto spesso sia stato, quid unicum in Occidente, lontanissimo dal quid iuris dello Stato di Diritto.

   E così il quid,  monosillabo ad alta densità, che a Berlusconi arriva forse dal latino goliardico dei papelli e del proforma, nella politica italiana ha preso il  posto dello spread, finalmente ridimensionato dal quel miniquid (il sobrio è sempre piccolo) di Monti che tuttavia non è ancora <il quid definitivo>  cui agognava Montale e che vistosamente manca al diligente Bersani, come è mancato, sempre a sinistra, a Veltroni e a Rutelli e pure a D’Alema, che nella sulla lunga carriera o ha avuto troppo quid o ne ha avuto troppo poco.

   Perché il quid può essere mancato anche per eccesso: troppo quando appare senza essere evocato e troppo poco quando sparisce senza essere distrutto. Infatti il quid, indefinito e indefinibile  segnalatore della quantità che si muta in qualità,  in politica come in cucina è l’arte magica degli ingredienti: ‘sq’,  secondo quantità, prescrive la Bibbia dei ricettari, ‘Il Cucchiaio d’argento’.  Mia madre raccomanda <quanto basta>, <un pizzico> , <un anticchia> … E cosa vuole dire che <il burro deve fondere, ma non friggere?>. Vuol dire che il quid  <è il tempo di un Padrenostro> tagliava corto mia nonna, senza sapere che il quid misterioso dello sciogliersi senza friggere è anche la forza della leadership, ed è un quid che fa il carattere dell’uomo di carattere: quid, anime, titubas? cuore, perché vacilli? 

   Del resto sono disperatamente in cerca di quid anche Nichi Vendola e Matteo Renzi e persino ai tecnici difetta <il quid proprium della democrazia> di cui parla  Kelsen. E va bene che Sartori spiega che <il quid ideologico non descrive  ma prescrive> e dunque il presidente Napolitano ha conferito sì il quid di legittimità al governo tecnico, ma forse si tratta solo di quid facti e dunque kantiamente non deducibile, al punto che, se davvero passasse troppo tempo, gli si potrebbe evangelicamente porre la domanda che fu posta a Maria: Dic nobis, Giorgio, quid vidisti in via?

     E’ davvero un vecchio sciamano questo Berlusconi che inaspettatamente ripropone, nel triste fine carriera, il suo antico e solo talento, quell’ istintivo quid di artista dell’avanspettacolo che gli permette di sintetizzare  inconsapevolmente l’Italia in un solo pronome indefinito.  Il suo quid è  sicuramente un quid pluris, meglio ancora del famoso ‘basta la parola’ di Tino Scotti davanti al purgante, il confetto Falqui. Certo, Berlusconi voleva solo disfare quel che aveva fatto, aggiungere il suo quid malum  alla dissoluzione del mondo che pure ha creato e dove ormai Schifani chiama Alfano <l’Alfan prodige> e Alfano chiama Schifani <la seconda scarica dello Stato>. E invece senza volerlo ha trovato la parolina che contiene la nostra vita ed entra di diritto in quell’ elenco di frasette, battutine, libretti e canzoncine che racchiudono un’ epoca, come swing, come je je … come zero tituli, come <cchiù pilu ppi tutti>. Oggi  infatti un quid  ci impedisce di essere pienamente europei; per un quid non abbiamo battuto l’Inghilterra  nel rugby; le sconfitte della sinistra sono tutte per un quid; alle primarie  del Pd ci si stupisce ogni volta per un prevedibile quid di imprevedibilità; alle liberalizzazioni di Monti manca un quid di vero e definitivo liberalismo; un quid culturale ci impedisce di costruire la Tav: <Non amo / chi sono, ciò che sembro. E’ stato tutto un qui pro quo>. E’ un ‘osso di seppia’ e dunque è  perfetto, ma la formula corretta sarebbe quid pro quo, perche il quid indicibile  è anche la forza di ogni ambiguità,   la direzione di ogni doppio senso, la sostanza di ogni atto mancato. Per un quid  Berlusconi non è stato il nostro Reagan, aveva un quid di troppo per essere soltanto un mascalzone, un imponderabile quid di dissolutezza lo ha estenuato nella prostituzione di Stato.

     Intervistato da Ezio Mauro, anche Putin ha esibito il suo quid. Domanda: <Perche non rivelate i vostri redditi come in Occidente? Negli Usa un candidato deve addirittura quasi calarsi i pantaloni>. Risposta: <Calarsi i pantaloni darebbe forse qualche impulso al voto. (…)>.  Ecco, c’è stato in tutti questi anni un quid sovranazionale, uno storico quid  che, pur tra tante differenze di forma e di misura, ha reso simili Berlusconi, Gheddafi e Putin. Di quell’Asse Internazionale della Satrapia il quid ormai è rimasto solo a Putin. Berlusconi, che lo ha perso, lo va cercando nel povero Alfano: quid mihi agis, che mi combini?. Cerca con la lanterna spenta il Quid  metafisico  come Diogene  cercava l’Uomo con la lanterna accesa.

4 thoughts on “Da Montale al Cavaliere, da D’Alema a Bersani… / IL PAESE SENZA QUID

    1. Andrea

      Sì Manigoldo, (nomen omen?) ma le smentite di Berlusconi sono in genere insite nelle affermazioni stesse. Sono date: una cosa è il suo contrario. Ci abbiamo fatto il callo…
      Francesco, per me, sotto l’apparenza (molto sostanziosa) della ricognizione colta – che poi mi coglie spesso o vergognosamente impreparato o arruginito – si nasconde un altro grande gesto d’artista… sto “quid” è tutto! Bello-bello-bello.
      Hai proprio ragione Berlusconi ha dei momenti geniali, da grande clown. E poi, direbbe Fellini, anche se non lo avesse detto, che differenza fa!

      un caro saluto

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