Il ragioniere, la Lega, la Fallaci / IL RAZZISMO DI BOSSI E LA FOLLIA DI FIRENZE
Il governo Monti ci ha restituito la Lega nella sua oscena verità. Il Calderoli che urla e fa pernacchie in Parlamento è molto più vero del Calderoli vicepresidente del Senato lodato per la sua correttezza notarile persino da Anna Finocchiaro. Maroni e Gianluca Bonanno, Castelli e Fabio Rainieri sono molto più se stessi come ruspante ed eversivo presidio da osteria che come classe di governo. E bastava osservare la felicità e il piacere che provavano nell’ insultare Fini e le Istituzioni per capire che è un ritorno alla natura, lo stesso richiamo della foresta che spinge Bossi a liquidare Berlusconi con il massimo della raffinatezza di cui è capace: <Se lo vedo, mi metto a ridere>.
Ma se è vero che Berlusconi è grottesco è anche vero che l’altro è ormai patetico come randagio della politica italiana. La malattia trasfigura e persino affascina ma in politica è capriccio, piedistallo, messa in scena, indifferenza o pietà: non più consenso, ma colore. E bisogna ricordare come i due leader si toccavano, e gli sguardi d’intesa con i quali si scambiavano la pelle, e la tracotanza plebea con cui Bossi ogni lunedì faceva il suo ingresso nella villa pacchiana del brianzolo, e quando rifiutava il bitterino e le tartine al caviale e chiedeva invece coca cola e pizza.
Berlusconi, ogni volta che parlava alla Camera, se lo metteva al fianco per meglio rappresentare l’alleanza e l’amicizia. E Bossi gli offriva sì la sua attenzione ma involontariamente gli partiva un raffica di sbadigli alla quale rimediava con pugni di incoraggiamento sul braccio (dolente) di Berlusconi. Oggi Bossi è tornato ai tempi del Berluskaz e del Berlsuskaiser, i tempi dello slogan (strumentale?) dalemiano sulla Lega <costola della sinistra>, ma le loro facce non sono più le stesse, definitivamente corrose dall’acido del potere. Grottesco e patetico sono le due facce della stessa decadenza.
Ma gli altri leghisti sono di nuovo fedeli alle proprie facce mentre insolentiscono Monti, manipolo di piazza, movimentisti e situazionisti sbracati ma meno indecenti di quando al governo applicavano il delirio creativo e razzista: dal permesso di soggiorno a punti al reato di clandestinità, dall’anagrafe dei barboni alla banca del dna e alle ronde.
C’è una parentela di linguaggio, una complicità tribale tra l’eversione istituzionale della Lega e le tragedie di Firenze e di Torino. Non perché sia di per sé eversivo lo schiamazzo d’opposizione in Parlamento. Quella dei cartelli scritti con il computer è la stessa tecnica di folclore parlamentare usata dall’Italia dei Valori, e l’insulto è stato praticato anche nei tempi più nobili della Prima repubblica. Ma qui, nel marasma della crisi economica più grave del dopoguerra, c’è il contesto velenoso della secessione come orizzonte: l’interminabile brontolio razzista di Radio Padania Libera, gli sputacchi sugli immigrati e i poveri, l’isteria dell’ordine e della spazzatura umana che ingombra le strade. Dove hanno potuto, gli amministratori leghisti hanno proibito l’elemosina, vietato le panchine ai clochard, usato il dialetto come arma sociale. E ora in Lombardia hanno aperto i <caffè padani>, riservati alla clientela del nord: <Non vogliamo romani>, <Serviamo aperitivo a base di maiale>. Bossi ha annunziato che presto batteranno moneta padana <e Tremonti sarà con noi>. Un dirigente della Lega è stato costretto a dimettersi perché hanno scoperto che aveva affittato un locale ad un turco che ne farà una bottega di kebab.
Il razzismo non è più quello novecentesco: l’eugenetica, il segregazionismo, la purezza ariana, Lombroso e De Gobineau. Paghiamo il prezzo del nostro ritardo multietnico ed è probabile che la crisi economica ingigantirà il conflitto sociale mentre il nativismo di Bossi, che invita la plebe del Nord a gettare il tricolore nel gabinetto, assorbe il neomeridionalismo che si disperde in un inferno di sigle separatiste, movimenti neoborbonici, leghe autonomiste.
In questo scenario di babele plebea, il raid di Torino contro il campo dei Rom e le ossessioni del ragioniere di Firenze che ha ucciso due senegalesi e si è sparato, sono follia. Ma la ragione sociale di questa follia non è il fascismo, il saluto romano , la camicia nera. Nella testa del ragioniere non c’era la Firenze di Pavolini e Malaparte, e neppure le squadracce di Farinacci. C’era invece la Firenze deformata in città mussulmana da Oriana Fallaci che raccontava che gli immigrati facevano pipì sul Battistero, c’è la rabbia contro l’Eurabia e l’orgoglio del proprio territorio, l’ossessione dei barbari a Santa Croce, la voglia di armare il crocifisso, c’è Savonarola che non si scaglia più contro i vizi ma contro i forestieri africani. Ecco uno scampolo della Fallaci in crociata contro la moschea, in un’intervista al New Yorker: < Se sarò ancora viva andrò dai miei amici di Carrara, la città dei marmi. Lì sono tutti anarchici. Con loro prendo gli esplosivi e faccio saltare in aria la moschea. Non voglio vedere un minareto di 24 metri nel paesaggio di Giotto quando io nei loro paesi non posso neppure indossare una croce e portare una bibbia. Quindi lo faccio saltare per aria>. Ed è importante ricordare che gli anarchici di Carrara la smentirono con un comunicato di diffida. La Fallaci che, giovane e moderna, era stata un faro di cultura liberale e libertaria venne invece brandita come un manganello dalla Lega e da Forza Italia. Ecco: se un ragioniere triste e disturbato che si nutre di letteratura gotica e si sente un emarginato di destra, un esule in patria, insomma se un Casseri, con le sue pistole nascoste, prende sul serio quelle pagine della Fallaci su Firenze, ebbene quanto meno si sente in compagnia.
Va anche detto che un pamphlet razzista ben scritto è pur sempre un libro di qualità. E però la psicopatologia di massa non si specchia mai nella solitudine di un libro ma nelle battaglie giornalistiche che non solo a quel libro sono ispirate. Martellanti campagne stampa hanno avvelenato i pozzi al punto che non ci è più consentito distinguere. Non ci possiamo neppure permettere di studiare i rapporti tra la criminalità e l’immigrazione perché appunto la Lega e i tanti fallaciani di complemento hanno spacciato lo scontro di civiltà come droga quotidiana, e tutti si sentono in diritto di interpretare il proprio Clash of Civilizations, con la Santanché che strappa il velo alle ragazze che vanno in moschea, Calderoli che porta i maiali e sparge l’urina sul suolo della preghiera mussulmana, Borghezio che trovò le idee dello stragista Breivik <comunque condivisibili >.
Ecco perché c’e un rapporto tra la risata eversiva di Calderoli e delle truppe leghiste in Parlamento e le cupisssime follie di Torino e di Firenze. Non so se possiamo chiamarli cattivi maestri. Impegnati nella guerriglia parlamentare contro Monti sicuramente mettono al riparo le loro cattive coscienze dandoci in cambio quattro streghe neofasciste da bruciare.
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Che dire del cialtronismo leghista : gente che odia l’ Italia ma prende volentieri lo stipendio da Roma-ladrona. Squallidi !
Se la Lega creasse un piccolo staterello di ventimila abitanti (alla fine, in tanti rimarranno, non di più), aiutati da personale medico e paramedico in camice bianco, e portasse con sé tutto lo schifo, l’ignoranza e l’ottusità d’Italia… ma sì, che lo chiamasse pure “Padania” e coniasse pure la sua moneta, la Grana Padana; scegliessero pure una bella palude intorno a Legnano e ci si abbeverassero come animali al pascolo, diversi da questi solo perché i loro grugniti risultano molto più volgari e pecorecci dei loro versi.
L’articolo: Il richiamo della foresta di oggi “offende” i lupi e tutti gli animali che vi vivono e che hanno una dignità e comportamento a cui umani come certi leghisti dovrebbero invece ispirarsi. Ogni girno di più si fanno invece “apprezzare ” per quello che dimostrano di essere.
Enrico . Udine
Gentile Merlo,
grazie per l’articolo, come sempre, stilisticamente bello e intellettualmente stimolante. Non e’ pero’ vero che “non ci possiamo neppure permettere
di studiare i rapporti tra la criminalità e l’immigrazione” anche perche’ la sinistra
(una certa sinistra?) griderebbe alla xenofobia e al razzismo?
Il male comune sembra essere l’ideologia, che acceca e annebbia le menti.
Bossi “il richiamo della foresta”, l’articolo da lei scritto, esimio giornalista Francesco Merlo, è una riflessione speciale, di elevata considerazione. Ma i beceri leghisti capiranno? Lei ha scritto un capolavoro, di notevole portata nazionale e regionale. Questi poveri disgraziati mettono le armi nella mente e nelle mani di facinorosi come loro. Sono più pericolosi delle brigate fasciste e rosse. Eppoi, perchè se un povero cittadino bestemmia o offende una qualsiasi autorità può essere arrestato e multato, mentre la zizzania leghista dentro il parlamento, addirittura, fa di peggio e nessuna autotità interviene? Almeno per dare un esempio di serietà, di rispetto per il popolo italiano, di democrazia dimostrando l’alto tradimento del biego leghista “parlamentare” che mette in pericolo una nazione a maggioranza democratica.
Spero che Lei farà altri articoli nel merito. Abbiamo bisogno delle Sue analisi. Quotidianamente. Per me, siamo in pericolo. I leghisti sono un bubbone. Che deflagrerà all’improvviso. Sfuggendo di mano agli attuali zulù della foresta che hanno inquinato il parlamento italiano.
I migliori saluti – Remo Pelagatti – Pescara
Io nutro un sentimento di pietà solo per Bossi, che sembra il tronco ancora fumante di un albero devastato dal fulmine. Nessuna clemenza, invece, per chi gli sta vicino senza avere il pudore di spegnere gli ultimi sbuffi.
l’ho letta. rivoglio indietro 3 minuti della mia vita.